Organizzazione criminale di matrice mafiosa costituitasi in provincia di
Agrigento e ramificatasi nel nisseno (Campofranco, Mussomeli, Sutera), nell'ennese
(Barrafranca, Pietraperzia), nel catanese e nel siracusano. Ma anche al Nord (Milano,
Genova, Torino) ed all'estero. Uno dei presunti assassini del giudice Livatino, per
esempio, è stato arrestato a Roma al suo arrivo a Fiumicino con un volo proveniente da
Toronto, in Canada, dove aveva trascorso parte della sua latitanza. È un'associazione
semisconosciuta. Pare che abbia radici antiche. Il primo a parlarne con il giudice Falcone
è stato il pentito Francesco Marino Mannoia nel 1989. Nei paesi intorno a Caltanissetta
sono conosciuti come "stiddari", nella provincia di Agrigento come
"stiddaroli".L'organizzazione non è centralizzata, non ci sono commissioni, non
si sa chi sono i capi, qualche volta fanno affari con le "famiglie" mafiose e
qualche altra volta le fronteggiano con le armi, come di recente è accaduto nella piana
di Gela con lo scontro tra Piddu Madonia e Salvatore Iocolano. Molti fuoriusciti di Cosa
Nostra, quelli che non hanno accettato il diktat di Totò Riina, sono entrati a far parte
della Stidda. Il simbolo di riconoscimento è una piccola macchia scura, cinque segni
verdognoli disposti a cerchio fra il pollice e l'indice della mano destra. Loro li
chiamano i punti della malavita. Hanno anche un rito di iniziazione, ma senza santini che
bruciano o particolari formule da ricordare. Nel 1991 uno degli affiliati al clan
Cavallo-Ianni s'è presentato a Milano a un altro componente della setta e dopo averlo
salutato gli ha detto : "tu m'accanusceri intra e fora stu paisi" (tu mi
devi riconoscere - come membro di questa organizzazione, nda - dentro e fuori questo
paese). |