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6 GIUGNO 1996: Con una riduzione di pena per numerosi imputati (in alcuni casi consistente, in altri di pochi mesi), si è concluso a Potenza, in Corte di Appello, il processo contro 51 persone, la maggior parte delle quali dichiarate colpevoli anche dai giudici di secondo grado di associazione per delinquere di tipo mafioso e finalizzata al traffico di stupefacenti, di estorsioni ed altri reati collegati, per episodi di criminalità avvenuti a Montescaglioso (Matera) nel triennio 1988-1991. Le pene più severe sono state inflitte a Pierdonato Zito (18 anni e due mesi di reclusione ; 19 anni in primo grado) ed ai pregiudicati Alessandro Bozza (17 anni e dieci mesi ; 18 anni in primo grado) e Giuseppe D'Elia (13 anni ; 14 anni in primo grado). Nei riguardi dei fratelli Riccardo e Gianfranco Modeo, elementi di rilievo della criminalità tarantina, è stata confermata la sentenza di primo grado (13 anni di reclusione ciascuno). I collaboratori di giustizia Salvatore Annacondia e Marino Pulito sono stati condannati a sei anni e otto mesi di reclusione il primo (sette anni in primo grado), e quattro anni e sei mesi il secondo (cinque anni in primo grado). I giudici, infine, modificando la sentenza di condanna emessa dal tribunale, hanno assolto sette imputati per non aver commesso i fatti loro contestati : Maria Buonpastore, Francesco Petrozza, Michele e Agostino Perrone, Vito Lella, Grazio Mazzoccoli, Francesco Venezia. Il processo ha riguardato numerosi episodi di criminalità avvenuti a Montescaglioso, nella cui area - è scritto nella sentenza di primo grado - sul finire degli anni Ottanta, intorno alla figura dei fratelli Modeo, allora latitanti, si era insediata una vera e propria "cosca mafiosa". La sua origine è stata fatta risalire ad un omicidio avvenuto nel 1986, rimasto impunito, che aveva indotto il convincimento di una possibile più ampia impunità in un nucleo di pregiudicati locali, tra i quali emergeva Pierdonato Zito. Proprio in quel periodo era arrivato a Montescaglioso anche Alessandro Bozza, pregiudicato di Ginosa (Taranto), allora latitante, legato ai fratelli Modeo. Questi ultimi, assumendo il vertice dell'organizzazione, avevano risolto alla base ogni conflitto tra Zito e Bozza ; conflitto rimasto sempre latente, che esplose, in modo violento, con una stagione di omicidi e di "lupara bianca", dopo l'arresto dei Modeo, avvenuto a Montescaglioso nel 1990. Proprio nel periodo della "pax mafiosa" mediata dai Modeo si era sviluppato in paese un periodo di terrore (descritto da 11 collaboratori di giustizia, tra i quali gli stessi Modeo, Annacondia e Pulito), fatto di attentati, estorsioni e spaccio di stupefacenti: attività violente e non, messe in campo dall'organizzazione per realizzare ingenti guadagni e conseguire il predominio nelle attività economiche e imprenditoriali (ANSA).