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Per inciso, trovo divertente che lo stesso attore che interpretò
Shakyamuni nel "Piccolo Buddha" di Bertolucci, anche
qui debba impersonare un Risvegliato: Neo Anderson, Neo Aner-Andros,
l'Uomo Nuovo, l'Eletto. Ciò che nel film di Bertolucci
è la lotta del Buddha con i dieci potenti eserciti di
Mara e con Mara stesso, il Demone dell'Illusione, in Matrix
è riproposto e trasfigurato nelle deliranti immagini
biotecnologiche di una guerra psicocibernetica. In definitiva
la vicenda di Matrix non è altro che questo: la descrizione
delle veglie di meditazione del Tathagata sotto l'Albero della
Bodhi. Nel film troviamo, inoltre, una interpretazione in chiave
fantascientifica del Demone, il cui mondo, visto come una realtà
virtuale, come un programma computerizzato, è una sorta
di trappola atta a privare l'uomo delle facoltà di risveglio
e di liberazione. Il mondo reale, invece, è "Sion",
e si trova - queste le parole di uno dei protagonisti - "vicino
al centro della terra, dove c'è ancora calore residuo".
Cioè, probabilmente
nel cuore!
Una parte del racconto cinematografico, inoltre, è dedicata
all'addestramento del nostro eroe e al rapporto maestro-discepolo,
cioè all'imparare: in particolare imparare come riconoscere
e combattere il Demone. Il Maestro è Morpheus, il Signore
della forma mutevole e liberata, e anche Colui che induce il
sonno salvifico, il sonno dell'ego. Come si combatte il Demone?
Con disciplina, determinazione e, soprattutto, con la conoscenza
di sé e dei propri condizionamenti. Consapevolezza è
liberazione: là dove gli uomini preda dell'illusione
e dell'oscurità sono definiti "programmi senzienti"
di Matrix, cioè esseri indistinguibili dal sistema, l'atto
di conoscere i propri meccanismi significa, di per sé,
cominciare a scioglierli, a superarli. Tutta la disciplina e
l'addestramento non fanno altro che rimandarci allo specchio,
a quel "conosci te stesso" che rappresenta il vero
oracolo: nessuno può metterci di fronte al nostro vero
Sé, nessuno può mostracelo o donarcelo. Inoltre,
nessuno può riconoscersi nello specchio dell'auto-osservazione
quale Eletto o Risvegliato, se non dopo un passo importantissimo:
morire a sé stessi, superare il piccolo io mettendo in
gioco la propria vita, cioè accettando di mettere alla
prova le proprie convinzioni: l'Uomo Nuovo comincia a divenire
davvero tale allorché - nella metafora del film - crede
fermamente di poter salvare il Maestro, cioè la sostanza
dell'Insegnamento, nonostante gli ostacoli insormontabili, non
ultimo quello di affrontare il traditore della situazione, cioè
il dubbio distruttivo, l'attaccamento all'ignorare, la resistenza
al cambiamento; insomma sembra che il primo sostanziale salto
di qualità verso l'Illuminazione si faccia con la
fede! Grazie ad essa il nostro Neo Anderson riesce a padroneggiare
le realtà illusorie create dal Demone, a confrontarsi
apertamente con lui, ad avere la sua stessa forza. Per batterlo
veramente, però, inserendosi - in un certo qual modo
- nell'hardware del Samsara decrittandone il codice cibernetico
e la programmazione, è necessario un altro elemento -
definitivo ai fini della vera Liberazione: l'Amore. La resurrezione
del protagonista, che nel suo processo di autotrasformazione
transita anche per lo stato di morte, avviene infatti in virtù
di una grande conjunctio oppositorum: l'unione salvifica con
l'Anima, che nel film ha nome Trinity forse per sottolinearne
la tripartizione in mente, energia e materia e l'aspetto sovrapersonale.
L'Eroe, infatti, sperimenta la totalità dell'abbraccio
non soltanto con la sua anima individuale, ma anche e in particolar
modo con l'Anima del Mondo: e questo è, appunto, Amore.
A testimonianza di questa avvenuta unione e di questa apertura
del cuore, l'avventura cinematografica si conclude con il proposito
del novello 'Buddha' di girare, per così dire, la Ruota
della Legge, cioè di guidare possibilmente tutti gli
altri esseri umani verso i suoi stessi raggiungimenti, continuando
la lotta non più e non soltanto per sé stesso.
Tratto da www.taote.it

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