IL PLAID



Caricatura di luce.
Che restituisce alla normalità straordinarie caricature di
umanità.
Rimbalzi luminosi sui tavolini di laminato fintaradica accendono
volti spenti: ruvide maschere inspessite dalla pesantezza
dell’accidia.
Groppo d’ignavia truccato da viluppo decadente in un emporio
di alcool snaturato.
Bar della minchia: notte di sant’ambroeus.

Mi ritorni in meenteeeeeeeeeee
così canta Edo il cazzone.

Bella come seei forse ancor di piùùùùùùùù
-La smetti con quella voce quequera- gli fanno il verso gli amici di frutta pere

Edo. Da Edoardo.
Che nome!
Principesco.
Essì, sua madre leggeva Bolero e Grand Hotel, tra un cliente
e l’altro.
Lia.
Era un cesso già a vent’anni e non aveva molti clienti. Ma a
quei pochi lasciava il cadeau, un regalino.
La sifilide.
Smise i suoi donativi quando un marocco che aveva impestato
le tirò una coltellata, una sola e neanche molto precisa. Però
con uno squartavacche da macellaio.
E l’aprì in due.
Il caso volle che la lama non toccasse il cuore. E Lia ebbe
ancora il tempo di chiedere all’extracom il pagamento del credito
residuo. Poi s’accasciò, abbassò la testa a guardare il macello
e lentamente morì, senza chiedersi cos’erano quei rivoli, giallo
paglierino e vagamente puzzolenti, che le scorrevano lungo il viso.

Un angelo caduto in vooloooooooooo
-Buttato giù dalla contraerea. Con tutti quei cannoni in saccoccia.

In tutti i sogni mieiiiiiiiiiiiiii
-Ma se t’impasticchi tutto, che cazzo ti sogni? Hai le traveggole, vuoi dire

Come ti vorrei, come ti vorreiiiiiiiiii
-Hai già la scimmia, Edo?

Mi ritorni in mente bella come seiiiiiii
- Sì, ha il gorilla e l’orango, altro che scimmia.


E invece no. Non ha la scimmia, almeno non ancora.
Pensa a Betta.
La sua morosa.
Brutta come il culo.
Eppure quelli del bar se la sono fottuta, tutti.
E alla lista non mancano i compagni di buco: in tutti i sensi.
Quelli a cui l’aggeggio funziona ancora.
A dire il vero, il loro numero cala sempre di più, ma a quei
pochi o molti che siano, la voglia, con un tot di cattiveria
in omaggio, cresce man mano che ne diminuisce l’urgenza.
Comunque, tutti stupidamente malvagi.
E stasera sono proprio disperati.

Come ti vorrei, come ti vorreiiiiiiiiii
-Fa freddo. Andiamo a riscaldare Betta.

Caricatura di luce.
Che restituisce alla normalità straordinarie caricature di
umanità.
Rimbalzi luminosi sui tavolini di ciliegio parvenzalaminato accendono
volti spenti, ruvide maschere inspessite da pesantezza d’accidia.
Mazzo d’uomini: groppo d’ignavia truccato da viluppo decadente:in un emporio
di alcool snaturato.
Bar della minchia. Notte di sant’Ambroeus.

Mi ritorni in meenteee
così canta Edo il cazzone.

Bella come seei forse ancor di piùùùùù
-La smetti con quella voce quequeraaaaaaa- gli fanno il verso gli amici di pere

Edo. Da Edoardo.
Che nome!
Principesco.
Essì, sua madre leggeva Bolero e Grand Hotel, tra un cliente
e l’altro.
Lia.
Era un cesso già a vent’anni e non aveva molti estimatori. Ma a
quei pochi lasciava il cadeau.
Sifilide.
Esaurì i suoi donativi quando un marocco che aveva impestato
le tirò una coltellata, una sola e neanche molto precisa. Però
con uno squartavacche da macellaio.
E l’aprì in due.
Il caso volle che la lama non toccasse il cuore. E Lia ebbe
ancora il tempo di chiedere all’extracom il pagamento del debito
residuo. Poi s’accasciò, abbassò la testa a guardare il macello
e lentamente morì, senza chiedersi cos’erano quei rivoli, giallo
paglierino e vagamente puzzolenti, che le scorrevano lungo il viso.

Un angelo caduto in voolooooo
-Buttato giù dalla contraerea. Con tutti quei cannoni in saccoccia.

In tutti i sogni mieiiiiiiiiiiiiii
-Ma se t’impasticchi tutto, che cazzo ti sogni?

Come ti vorrei, come ti vorreiiiiiiiiii
-Hai già la scimmia, Edo?

E invece no. Non ha la scimmia, almeno non ancora.
Pensa a Betta.
La sua morosa.
Brutta come il culo.
Eppure quelli del bar se la sono fottuta. Tutti.
E alla lista non mancano i compagni di buco. Lo sono in tutti
i sensi, quelli a cui l’aggeggio funziona ancora.
A dire il vero, il loro numero cala sempre di più, ma a quei
pochi o molti che restano, la voglia, con un tot di cattiveria
in omaggio, cresce man mano che ne diminuisce l’urgenza.
Comunque, tutti stupidamente malvagi.

Come ti vorrei, come ti vorreiiiiiiiiii
-Fa freddo: andiamo a riscaldare Betta.

Per scoparsi Betta ce ne vuole.
Troppo brutta, talmente loffia da scoraggiare il fatto.
Ma hanno risolto il problema.
Quando le fanno il lavoretto la coprono con un plaid. Così non vedono.
E nella coperta hanno praticato un foro. Per far passare lo strumento.
Malvagi. Tutti stupidamente malvagi.
Meno uno, argutamente buono: Cristiano: nomen omen.
Si distingue nella crudeltà indistinta per slancio pietoso.
O cortesia, se si vuole.
All’altezza dello strappo nella lana, per salvarle l’anima, ha scritto ”Non lo fò per piacer mio”