Sarebbe strano non facesse freddo alle quattro e trenta del mattino, del ventiquattro dicembre, a Parigi. Non era proprio nelle mie aspirazioni lavorare alla vigilia di Natale, la festa dell’anno che più amo. L’alba è lontana e l’assenza di stelle promette tempaccio. In questo cortile, in cui il grigio sporco dell’acciottolato e del muro rimanda allo squallore di vite bruciate e consumate in un attimo, io sto aspettando. Non riesco, però, a concentrarmi sulla faccenda da concludere; l’attenzione alla festività mi distrae, m’inibisce la concentrazione.E’ una ricorrenza troppo importante; è il giorno in cui i vecchi godono del riconoscimento della loro saggezza, gli adulti del privilegio della loro maturità e i bambini dei vantaggi delle loro speranze. Il tutto da tutti scambiato e concordemente accettato. Anche per me il Natale è il giorno più importante dell’anno, il momento in cui tutta la famiglia si riunisce; interamente e senza eccezione alcuna. Viene preparata la tavola; è distesa la tovaglia rossa con le decorazioni in pizzo bianco a forma di stella; al centro è sistemata la composizione dei fiori, con il rosso delle bacche e l’iride dei ciclamini annegati nel verde dell’agrifoglio. I posti sono assegnati da tigri di quarzo, ninnoli che con l’argenteria, i piatti di porcellana e i bicchieri di cristallo di boemia conoscono nell’occasione l’annuale giorno di libertà. Nell’attesa mi viene da pensare al menu, alla lista delle prelibatezze che madame puntualmente ci elargisce: horse-d'oeuvre d’aragosta in conchiglia ed entrée di salmone con un sorso di Chateau Reillanne Grande Reserve, bouillon alla parisienne accompagnato da un Chateau Margaux, dentice al burro d’acciuga associato ad un Chablis d’annata, anitra Napoléon con l’immancabile Romanée-Conti, in omaggio a lontane origini piemontesi un gran bollito esaltato da un Barolo Cannubi e per finire il dolce del pittore nobilitato da un Saint-Peray. Sono questi piaceri che mi riconciliano con la vita e che rendono accettabili i sacrifici imposti dal mio ufficio. Ecco, vedo il bianco di una camicia spuntare dalla porticina. Finalmente. Siamo agli sgoccioli della funzione, me lo stanno portando. Gli potevano almeno mettere un cappotto sulle spalle, con questo freddo. Il momento più delicato sarà quando me lo legheranno alla tavola basculante. Fatto quello, fatto tutto! La mannaia può rendermi il servigio. Perfetto. Eccolo infornato. A proposito, chissà se quest’anno madame si ricorderà di mettere la testina di vitello nel bollito, è il mio boccone preferito. Sì, devo proprio dirlo: amo il Natale, il più bel giorno dell’anno.
Nell'ombreggiar presago,
mormorante
e ondivaga, sbrecciata anima la mia,
alla muta Sibilla soccombe fascinante.
Nerasfissìa, irrefrenabile raggela
il cuor biaccato.