LIONOR

 

“ e forse un giorno gioverà ricordare tutto questo “ – è una frase di Virgilio che Eleonora Pimental Fonseca mormorò sul patibolo nel 1799 prima di morire. E in modo incredibilmente moderno fu preveggente.
Donna di rara intelligenza, dignità, cultura e cuore Eleonora fu a Napoli la voce femminile, la sola, che fu convinta so-stenitrice della necessità di parlare la lingua del popolo, il vernacolo, per far sì, che questi disgraziati avessero la possi-bilità di comprendere i contenuti del gioco da sempre e per sempre sporco della politica .
Libertà, fraternità ,e uguaglianza sarebbero state vuote parole che non avrebbero sfamato o vestito il popolo , ma cer-tamente avrebbero aiutato la lotta verso un dignitoso vivere, un saper chiedere e conservare il proprio diritto, un saper cercare libertà e Giustizia. Ditemi, di quale anno stiamo parlando ? Ma torniamo a Eleonora.
Lei nobile, che non necessitava per origine e ceto a pronunciare parole di tanta forza civile, di tanta coraggiosa coscien-za!
Durante i giorni della gloriosa Repubblica Partenopea lottò come potè e come seppe, senza rinunciare ad essere donna, poetessa ed intellettuale, a promuovere attraverso il teatro di Pulcinella , il linguaggio della giustizia, e l’insegnamento della Libertà e della Dignità Umana, contro la restaurazione della monarchia e del diritto dei pochi.
Morì con nobili e notabili di grande prestigio, e i suoi versi ci dicono i suoi ultimi pensieri:
“E mò n’ce’ resta sulo ‘o riesto ‘e niente,
chesto me resta ‘e tanta passione,
sulo na’capa sbattuta d’’o viento,
comm’a campana,
comm’a campana ca’ sona… ca’ sona
Mena , viento a sona, e famme passà turmiente e paure,
sona, sona accussì, a faraje fernì, sta mala ventura”

( e ora ci resta solo il resto di niente,
questo resta di tanta passione,
solo una testa sbattuta dal vento,
come una campana,
come una campana che suona , che suona,
Soffia , vento a suonare, e fammi passare tormenti e paure,
suona, suona, così farai terminare la mala sorte )