DIARIO D'ESTATE

 

  IL MARE

La pioggia è sottilissima, quasi a volersi scusare dell’inderogabile dovere che deve compiere.
Per tutta la larghezza del mio sguardo c’è solo una natura selvaggia eppure dolce. Dolce come la malinconia delle ore della partenza, dell’arrivederci, dell’addio.

Il mare ancora rimbomba nella potenza delle sue onde. Non posso far a meno di pensare che la spuma marina mi rammenta un velo nuziale , lo spumeggiare dello champagne versato nei flute, o meglio i fili spezzati di una collana di perle che rimbalzano, si srotolano, sorridono, rombano di nuovo, arrotolandosi , schiantandosi ora con leggerezza ora con prepotenza sulla spiaggia , spezzandosi sugli scogli in mille suggestivi spruzzi dall’indefinibile geometria.

“all’ombra dell’ultimo sole si è addormentato un pescatore, aveva un’ombra lungo il viso come una specie di sorriso ….” Canticchio questa canzone di De andrè in modo immediato, come risposta dell’anima al bisogno di esprimere una poesia che non è mia, ma propria del bello che mi circonda.
Arrivederci , sole d’agosto , che giochi all’orizzonte con le ultime nuvole grigie del furioso temporale di poco prima, colorandone i margini foschi con la tinta dell’oro brillante.
Sfido con lo sguardo la luminosità del disco ormai all’orizzonte, fino ad avere male agli occhi , ma finalmente percependone il calore nell’anima.
Senza avere il tempo di poter contare fino a dieci tramonta il sole, e la mia estate.

IL TRENO

“aranciata,cocacola,panini, acqua, chi beve ?” un ritmo serrato nella cadenza che di dialettale ha poco, somigliante piuttosto ad una di quelle noiose e gracchianti voci provenienti dall’altoparlante delle stazioni ferroviarie.
Una figura dalla stazza piuttosto imponente, un viso abbronzato dai tratti pronunciati e decisi, due robuste braccia che sostengono una per ciascuno due grandi secchi azzurri contenenti bibite immerse nel ghiaccio.

Si inchioda all’altezza del sedile dove sono accomodata e dandomi le spalle si siede sul bracciolo e subito si rivolge a due giovanissimi ragazzi dall'altra parte della corsia , rivolgendo loro la parola in un inglese fluido , proponendo acqua, coca o " a cold beer " .
I ragazzi rifiutano timidamente, ma l'uomo continua nel suo inglese, spiegando che ha vissuto molti anni negli USA, nello stato del New Jersy, e chiede loro da dove provenissero(mi accorgo ora che su uno degli zaini c'è lo stemma del Canada).
Forse la sua parlata fluida, forse il suo sudore o la rapida considerazione che l'euro chiesto a fronte dell'acqua avrebbe ristorato il venditore ancor più che gli acquirenti , insomma la trattativa va a buon fine, regalando un sorriso anche a me, che in silenzio avidamente rubavo la scena ai protagonisti.
Andare in America carichi di speranze.
Tornare a casa per vendere abusivamente bibite sui treni....

I CAPELLI

C'è un magico mistero in quel gesto che fa penetrare i dentini della grande spazzola nella massa color castano ramata che termina in bobboli aperti e allegri, che sembra che vivano di vita propria e di propria volontà.
C'è un magico, unico, irripetibile movimento nell'ondeggiare fluente e vitale dei suoi capelli.
un movimento leggero ed elegante, allo stesso tempo innocente e malizioso come di sensuale energia che si traveste in un ordine raccolto , trattenuto a stento dal mollettone.
Fissa i suoi grandi occhi scuri nei liquidi occhi riflessi nello specchio, rimandando un critico consenso a se stessa.
Spio la sua gioventù : non conosce ancora quale magnetico fascino inizia a trasudare.

LA BARCA

Il mare rotola su se stesso con fragore assordante, la spiaggia inerme ne accoglie rassegnata e intimorita il furore.
i colori vividi del blu cobalto, dell'azzutto brillante, del verde oliva non fanno altro che risaltare la violenza dell'impressionante massa d'acqua che, indomita si riprende fieramente i territori ceduto momentaneamente .
Colonne alte di migliaia di litri cubi d'acqua salata si precipitano con forza indomabile sugli scogli, scomponendosi in nuove geometrie di liquide solidità, vaporizzandosi in suggestivi spruzzi d'acqua di consistenza infinitesimale.
Tutti osservano in silenzio quello spettacolo superbo , non trovando sufficienti parole per commentare il panico e il fascino di una natura che troppo spesso viene imbrigliata dal capriccisos disegno umano.
L'azzurrissima barchetta di resina, spezata dall'aggressività di un'onda più forte delle altr si allontana, metro dopo metro dalla riva , vegliata dallo sguardo incredulo e costernato di taluni.
In pochi minuti viene rapita definitivamente alla visuale, nascosta e mimetizzata nell'azzutto del largo marino.
E ci pare cosa crudele non poterla salvare, abbandonandola al suo breve destino.

IL CASTELLO

Uno stretto e lungo nastro d'asfalto costeggiato da un bianco muretto basso tirato a secco con grosse pietre.
Ovunque l'occhio possa vagare distese di olivi, mossi da un vento gagliardo, che sotto questo cielo bizzarro ora carico di nuvole grigie, ora di uno splendente azzurro, regalano movimenti di colori argentei.
L'ansia dell'arrivo rende più attento lo sguardo : ecco, dopo l'ennesimo falsopiano la collinetta si staglia dinanzi agli occhi nel suo verde cupo ed in cima la sua corona magica : Castel del Monte.
Nell'aria si avverte una tensione , come ansia ad una rivelazione a lungo attesa . Il silenzio del luogo è cosa sacra :solo il vento e gli alberi hanno facoltà di movimento e di suono.
Mi sento sospesa a mezz'aria, dinanzi alla maestosa e leggiadra costruzione.
Piccola tutto sommato, ma percepita grande per la sua storia, per la magia che ogni singola sala, ogni singola finestra, porta, passaggio e pietra rimanda.
e con gli occhi della mente non si fa fatica ad immaginare le storie più fantasiose, tutto è possibile, anzi certo in quell'Ottagono esoterico.
E' lo stesso Federico e il suo pensiero a guidare in modo istintivo e intuitivo la visita al suo castello.
Rispettosa e incantata testimone dello splendore e della leggiadria, lascio quel luogo con un rimpianto mai sperimentato.
Gli intrecci delle stelle sono ormai impigliati nella mia anima.
Per sempre.