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Dal silenzio del tuo mondo
Hai preso la mia mano,
tastando la presenza
cercando l’abbandono.
Splendida nell’età del sorgere
Muta nella tua isola
Hai raccolto la bottiglia
Del mio eterno vagare.
Stringendo la mia mano
Tristemente
hai sussurrato alla mia anima
il peso dell’inquietudine,
il precoce dolore della tua vita,
la dolcezza della speranza.
Urlo d’amor silenzioso.
Pelle di ebano
Occhi di cerbiatto
Sguardo triste
Passo stanco
Sui tacchi a spillo.
Quanti anni ?
Quindici? Sedici?
La vita,
quella degli altri
ti scorre tra le gambe.
Ineluttabile,
sfugge la tua
strappata a poco prezzo
Silenzio
e fragore di onde, quello di cui necessito in una mattina di caldo anomalo e
soffocante.
Il sole regala un riflesso freddo platino sul mare increspato e gonfio di onde.
Il vento urla sulle orecchie una lontana rabbia, sembra voler travolgere tutto,
schiaffeggia l’aria , sospinge senza pietà , rendendo consapevoli di un
diverso peso di sé.
Spruzzi infinitesimali di acqua marina si alzano in colonne fragorose , eppure
gentili, quasi che lo sforzo per innalzarsi sottragga tutta la forza necessaria
ad andar oltre. Il profumo del mare giunge sin nelle narici, nella gola, sul
viso le gocce sono tonico rigenerante di vita.
Piccoli gabbiani saettano dinanzi allo sguardo , a favore di vento si
catapultano sfrecciando veloci , allegri come bambini sullo scivolo, per poi
poggiarsi con leggerezza sull ‘acqua , lasciandosi cullare dal maroso .
Un grosso gabbiamo dalle ali grigie al contrario, sfida il vento, piegando le
ali, forzandole in posizioni di intenso sforzo, in una improba fatica , fiero
della gioia selvaggia della sfida, del misurarsi con l’elemento amico , ora
avverso, ora compagno di giochi .
Si alzano altri compagni , cercando la corrente ascensionale giusta, si fermano
per interminabili secondi, immobili come in un fermo immagine, poi , una piccola
inclinazione laterale, mostrano il petto bianco di piume perfette e morbide e
scivolano via, ebbri di selvaggio, sazi di libertà.