PARENZO
Dopo averla fatta rimuovere, ieri a sorpresa il sindaco Josip Pino Maras ha
fatto ricollocare il monumento alle vittime del ’43-’45
Riappare la lapide, ma
senza la parola «foibe»
E non è stata rimessa
al suo posto la targa bianca sottostante, apposta dal circolo «Norma Cossetto»
TRIESTE - Non c’è pace per la lapide, collocata dalla Famiglia Parentina nel
cimitero della città istriana in ricordo delle vittime delle foibe. Dopo averla
fatta rimuovere, il sindaco Josip Pino Maras ha deciso ieri di ricollocarla al
suo posto, però scalpellando piuttosto brutalmente la scritta sottostante,
dedicata appunto ai martiri delle foibe e non ha riposizionato la targa ai piedi
della lapide, eretta dal circolo culturale «Norma Cossetto». Riappaiono così
sul muro del camposanto i nomi delle vittime della seconda guerra mondiale dal
’43 al ’45. Una decisione a sorpresa e piuttosto contraddittoria perchè gli
strali degli antifascisti locali, che avevano esortato il sindaco a togliere la
lapide, erano diretti contro i nomi riportati, che secondo loro, erano di
fascisti. Ma evidentemente il termine tabù è quello delle foibe.
Piuttosto sorpreso dalla decisione il presidente della Famiglia Parentina,
l’ingegner Romano Roman, il quale rileva che la ricollocazione «non cambia
nulla». Il suo sodalizio è rimasto molto scosso, spiega Roman, e ha bisogno di
un po’ di tempo per valutare la questione. «Riuniremo il direttivo la
prossima settimana – afferma –. Per il momento aspettiamo e non abbiamo
nessun contatto con il sindaco Maras. Ci ha fatto comunque piacere la solidarietà
che abbiamo ricevuto».
Per quanto riguarda i nomi, molto pacatamente Roman rileva che certamente non si
tratta di fascisti colpevoli di crimini contro la popolazione. «Parliamo
soprattutto – sottolinea – delle vittime del ’43, dei primi infoibati,
quando non era ancora nata la Repubblica di Salò. E poi si tratta di gente che
è stata portata via dalle sue case ed è stata infoibata o è sparita, senza
alcun processo».
Secondo Silvio Delbello, presidente dell’Unione degli Istriani, promotrice
dell’iniziativa di collocare la lapide insieme alla Famiglia Parentina, il
comportamento di Maras è «doppiamente scorretto. Questo atto è peggiore di
quello di rimuoverla – afferma – perchè vuole imporre agli altri il modo di
ricordare i propri morti». Delbello ricorda che l’Unione degli Istriani vuole
investire della questione la autorità croate al massimo livello, tramite
l’intervento del governo italiano.
Intervento che viene invocato anche dal deputato triestino di Alleanza
Nazionale, Roberto Menia, il quale ha presentato un’interrogazione a risposta
orale al presidente del consiglio e al ministro degli Esteri. Menia chiede se il
governo è «a conoscenza di tale barbarico e disgustoso gesto (riferendosi alla
rimozione, non era ancora giunta notizia della ricollocazione, ndr.)». E, in
caso affermativo, quali passi siano stati mossi dalle rappresentanze consolari
italiane in Croazia. Menia chiede ancora come «si valuti l’accaduto, anche in
relazione alla prosecuzione della trattativa sul presunto accordo di amicizia
con la Croazia e se il governo croato abbia ritenuto di sconfessare e meno
l’azione del sindaco di Parenzo».
Una ferma presa di posizione contro l’iniziativa di Maras è stata presa pure
dal Comune di Trieste il quale ha inoltrato una nota ufficiale al capo dello
stato Carlo Azeglio Ciampi e al premier Berlusconi. Secondo il vice sindaco
Renzo Codarin si tratta di un «gesto sacrilego, indegno e irrispettoso dei
valori della memoria, delle sofferenze e dei tragici eventi che hanno
accompagnato la storia degli italiani dell’Istria».