Vivevano in Istria, Croazia e parte della
Dalmazia: vennero uccisi dai comunisti slavi. E 350 mila di loro furono
costretti all’esilio.
La chiamano «l'altra shoah», per indicare il genocidio e l'esodo degli
italiani che vivevano in Istria, Croazia e parte della Dalmazia. Dalle 10 alle
12 mila persone uccise o gettate nelle foibe tra il 1943 e il 1956, circa
350.000 costrette all'esilio. Ora si battono per fare memoria di quegli eventi,
«prima che il nuovo assetto dell'Unione Europea getti un definitivo velo su
quella tragica vergogna, compiuta verso i nostri connazionali dagli slavi
comunisti con la collaborazione di alcuni partigiani comunisti italiani». Chi
parla è Maria Renata Sequenzia, presidente del Movimento nazionale Istria,
Fiume e Dalmazia di Milano, relatrice al convegno «L'altra shoah e la nuova
Europa» svoltosi l'altra ieri a palazzo Erbisti, nella sede dell'Accademia di
agricoltura, scienze e lettere. Un convegno promosso dall'assessorato comunale
alle Politiche giovanili, di cui è titolare Massimo Mariotti, con il sostegno
della Provincia (assessorato alla Cultura) e organizzato dall’associazione
culturale-economica Orizzonti, presieduta da Claudio Beccalossi.
Un incontro per fare memoria di un «olocausto che seppure molto limitato per
numero di vittime rispetto a quello compiuto verso gli ebrei dai nazisti», ha
aggiunto Sequenzia, «è comunque stato compiuto con una persecuzione etnica nei
confronti di chi non apparteneva a una razza, quella slava. Esclusione dalle
scuole e dal lavoro, nazionalizzazione delle loro terre, e poi le uccisioni e
l’esilio: ecco l’olocausto di quegli italiani». Marco Pirina, autore di 13
libri sull’argomento, presidente del Centro studi e ricerche storiche Silentes
loquimur di Pordenone riconosciuto come Istituto di storia moderna dalla Regione
Friuli-Venezia Giulia, ha tracciato le coordinate storiche di quei fatti: «Nel
1911 gli italiani in Istria, Croazia e parte della Dalmazia erano 390 mila, oggi
sono 30 mila; gli esuli, che fuggirono fino al 1956 durante il periodo del
terrore, furono 350 mila, 10 e 12 mila le persone uccise, infoibate e mandate in
campo di concentramento. Lo sterminio degli ebrei fu una cosa ignobile, ma anche
quello nei confronti degli italiani in Istria fu un genocidio, programmato e
realizzato».
Pirina da 13 anni sta raccogliendo migliaia di schede sulle vittime delle foibe,
con fotografie, documenti e nomi dei responsabili degli eccidi.
«Il procuratore militare di Padova» annuncia « Sergio Dini, consulterà i
nostri archivi per avere informazioni sui crimini di guerra compiuti in quelle
terre nei confronti di carabinieri, guardie di finanza e poliziotti italiani».
«È giusto che la Slovenia e la Croazia vogliano entrare nell’Unione Europea,
ma prima riconoscano il genocidio compiuto nei confronti dei nostri connazionali
italiani nelle foibe. Da molto tempo il presidente della repubblica italiana e
quello croato hanno deciso di porre un monumento come ricordo di quei martiri;
che si faccia, allora».
A dirlo è stato Dino Giacca, presidente dell’associazione nazionale
socioculturale Continuità Adriatica, che ha sede a Monfacolone. Giacca, figlio
di esuli e parente di varie persone infoibate, con la sua associazione si è già
recato in diverse foibe istriane per depositare una croce con una poesia
dedicata alle vittime e una bandiera tricolore.
«Nelle celle dell’Istituto di medicina legale di Lubiana, in Slovenia», ha
aggiunto, «sono depositati 360 chilogrammi di ossa, che si fanno risalire a
circa 130 persone, ritrovate nel 1993 intorno alla cavità carsica di
Capodistria slovena: chiediamo che tornino nella loro patria».
Al convegno hanno partecipato anche Denis Visintin, rappresentante della Comunità
italiana di Buie d’Istria, in Croazia, Stefano Mattiussi, segretario di
Continuità Adriatica, Paolo Spadafora, che ne è vicepresidente e il
parlamengare di Alleanza nazionale Adolfo Urso, fra i fondatori
dell’Osservatorio parlamentare. Interverrà anche Scipione Caneva, addetto del
consolato generale della Regione Croazia a Trieste, che ha portato il saluto del
console generale Viekoslav Tomasic e ha rilevato il clima di grande distensione
da parte delle associazioni di esuli istriani. (e.g.)
(Da L'Arena di Verona)