L'ex maggiore della polizia segreta di Tito assolto dall'accusa di aver ucciso gli autonomisti fiumani Skull e Blasich. Amnistia per la morte di Sincich
Piskulic esce indenne dal processo per le foibe
La rabbia di Menia: «Meritava di venir condannato come boia, alla stessa stregua di Priebke»
La sentenza è stata pronunciata dopo quattro ore di Camera di consiglio. Soddisfatta la difesa: smontata la tesi della pulizia etnica
Nessuna condanna per Oskar Piskulic, maggiore dell'Ozna, la polizia segreta di Tito, al termine del cosiddetto processo per le foibe che si è concluso ieri pomeriggio dinanzi alla Corte d'assise di Roma. L'unico imputato superstite del procedimento, che ha 81 anni e abita a Fiume, è stato assolto per non aver commesso il fatto riguardo agli omicidi, avvenuti nel '45 a Fiume, di Nevio Skull, cui venne sparato un colpo alla nuca, e di Mario Blasich, strangolato nel proprio letto. Relativamente alla terza ipotesi d'accusa, quella che si riferiva a Giuseppe Sincich, ucciso a colpi di mitra, è stata applicata nei confronti di Piskulic l'amnistia del '59 che riguarda delitti politici.
Secondo quanto rilevato dalla difesa, rappresentata dall'avvocato Livio Bernot, per poter applicare l'amnistia la Corte non solo ha escluso le aggravanti dei motivi abbietti e futili e della crudeltà, ma anche quella della pulizia etnica. In questo modo avrebbe anche escluso l'ipotesi che i tre autonomisti fiumani siano stati uccisi in quanto italiani, smontando, sempre a detta della difesa, la tesi del genocidio.
La reazione più furente alla notizia della sentenza è stata quella del deputato di Alleanza nazionale e assessore alla cultura, Roberto Menia: «E' una notizia che mi rattrista profondamente - ha dichiarato a caldo - tutta la gente dell'esodo conosceva il famigerato 'Zuti' (significa 'biondo' ed era il soprannome di Piskulic, ndr.) si tratta di un boia a tutti gli effetti che andava condannato come giustamente è stato fatto anche con Priebke. Quando però si tratta di condannare un comunista, nella fattispecie è anche un genocida degli italiani, la giustizia italiana non ha il coraggio di farlo. E' ridicola la motivazione che non sono state trovate prove della partecipazione diretta agli omicidi perchè 'Zuti' decideva, pianificava e ordinava le esecuzioni.»
Moderatamente soddisfatto invece Renzo Codarin del Ccd, vicesindaco e vicepresidente nazionale dell'Associazione Venezia Giulia e Dalmazia. «Già essere riusciti a fare questo processo e a evitare l'assoluzione per uno degli omicidi - ha dichiarato - è un mezzo successo. Nessuno voleva che Piskulic finisse i suoi giorni in carcere. Ma se cento boia sono ancora vivi è giusto che si facciano ancora cento processi. Anche grazie a questa causa penale le foibe e l'esodo sono fenomeni che ormai la stragrande maggioranza dell'opinione pubblica condanna duramente.»
«A prescindere dal giudizio di carattere penale - è anche la coraggiosa, ma ormai ben nota opinione di Stelio Spadaro, segretario dei Ds - è netto e definitivo il giudizio storico su quelle che sono state le efferatezze sistematiche compiute non da singoli, bensì da autorità jugoslave nei confronti di tutti coloro che venivano considerati nemici della politica di annessione di quelle terre alla Jugoslavia.»
Piskulic è rimasto l'unico in vita dei tre indagati nell'inchiesta che era stata avviata dal sostituto procuratore di Roma, Giuseppe Pititto. Nelle «more» del procedimento infatti erano morti quello che sembrava l'indagato principale e cioè Ivan Motika, noto come il boia di Pisino, morto nell'ottobre '98 all'età di 91 anni, e Avijanka Margitic, l'ex convivente di Piskulic. Qualche settimana fa al termine della propria requisitoria, il Pm Giovanni Malerba aveva chiesto per Piskulic l'assoluzione per i casi Skull e Blasich, ma la sua condanna all'ergastolo per l'omicidio di Giuseppe Sincich.
Ieri, dopo quattro ore di Camera di consiglio, la Corte ha deciso per l'amnistia mentre uno sparuto gruppetto di esuli ha accolto in silenzio la sentenza.