Gestione aziendale e accrescimento di manze frisone

 

L’allevatore di vacche da latte per poter rimanere competitivo sul mercato, deve trovare il sistema che gli consenta di diminuire la possibilità di operare scelte manageriali inadeguate. Se tale fatto è oggi compreso da gran parte degli allevatori quando trattasi della bovina in lattazione, non sempre si verifica per gli animali in asciutta o ancor più per il periodo che va dalla nascita al primo parto. Quindi l’allevamento delle rimonte in vista della futura carriera produttiva non può non essere d’interesse dell’allevatore che deve però tenere presente numerosi fattori: innanzitutto va ricordato che gli errori, sia gestionali che alimentari, che si commettono in fase di allevamento della rimonta si ripercuoteranno fortemente sulla carriera produttiva della futura lattifera. D’altro canto, non si può dimenticare che l’allevamento degli animali giovani costituisce un considerevole costo (oltre 5 centesimi di euro per kg di latte prodotto) per l’azienda, che diviene più elevato quanto meno è razionale il management aziendale, dove l’alimentazione risulta essere la voce più importante. Per ridurre i costi complessivi dell’allevamento delle rimonte si deve puntare alla riduzione dell’età al primo parto, sino ai 24 mesi come obiettivo ottimale.

I criteri per stabilire l’epoca migliore di fecondazione sono fondamentalmente l’età ed il peso vivo, ma è più importante, per poter condizionare positivamente la produzione di latte nella prima lattazione, il peso al parto piuttosto che l’età. Infatti aumentando il peso vivo al primo parto si ottiene generalmente un aumento della produzione di latte, indipendentemente dall’età al parto.

Lo scopo del presente lavoro è stato di studiare le curve di crescita di manze di razza Frisona Italiana e comparare questi risultati con gli standard americani e con alcuni aspetti del management aziendale. Le misurazioni morfologiche hanno coinvolto l’altezza al garrese e la circonferenza toracica di 2862 manze distribuite in 60 aziende della provincia di Brescia. Il peso di ogni soggetto è stato stimato a partire dalla circonferenza toracica attraverso l’equazione lineare proposta da Heinrichs et al. (1992). Tutte le misure sono state successivamente comparate con gli standard proposti dalla Pennsylvania State University (1998), i quali mostrano valori minimi e massimi per la crescita in altezza e in peso di manze Holstein. I dati relativi al management aziendale, raccolti attraverso un questionario, comprendevano i componenti della dieta, il numero di gruppi di alimentazione, il numero dei box delle manze, il tipo di struttura, la frequenza del cambio lettiera e l’età al primo intervento fecondativo.

Le 2862 manze osservate hanno presentato un’età compresa tra 5 e 33 mesi di vita, con una media di 17,2 mesi (DS = 5,4), ed il campione maggiormente rappresentativo aveva 14 mesi. La regressione del peso corporeo delle manze sull’età è risultata lineare e rappresentata dall’equazione: PV = 70,71 + 20,16 età (mesi) (r2 = 0,83; DSR = 49,9). La regressione dell’altezza al garrese sull’età viene invece indicata da una curva quadratica, la cui equazione è risultata: AG = 87,925 + 3,5236 età – 0,0629 età2 (R2 = 0,80; DSR = 3,62). Dalla comparazione del peso corporeo con le curve proposte dalla Pennsylvania State University sono emerse tre classi: manze con peso ottimale (1195 capi, pari al 41,8% del campione), manze sottopeso (725 capi, pari al 25,3% del campione) e manze sovrappeso (942 capi, pari al 32,9% del campione). Il 59% dei soggetti con peso ottimale ha mostrato anche un’altezza ottimale, mentre il 59% delle manze sovrappeso ha mostrato un’altezza superiore ai valori massimi consigliati dalla Pennsylvania State University. Dato interessante è rappresentato da un 3% di manze con altezza inferiore ai minimi suggeriti all’interno della classe di soggetti sovrappeso. L’accrescimento lineare del peso in funzione dell’età indica per le manze sovrappeso un incremento ponderale giornaliero di 737 g/d, rispetto ai 603 g/d delle manze sottopeso. Considerando i 400 kg di peso vivo come valore ottimale per effettuare il primo intervento fecondativo, è emerso che tale peso viene raggiunto dai soggetti sovrappeso a 14 mesi di vita, dai capi con peso ottimale a poco più di 16 mesi ed infine le manze sottopeso raggiungono i 400 kg a quasi 20 mesi d’età. Dalla classificazione delle aziende in base alla maggioranza di capi rientranti in una classe di peso è emerso che: 14 aziende avevano più del 50% di manze sovrappeso, 15 aziende avevano più del 50% di manze con peso ottimale e 8 aziende avevano più del 50% di manze sottopeso. La differente distribuzione delle manze nelle differenti classi di peso non ha mostrato una chiara relazione con i parametri della fertilità. Infatti l’età al primo intervento fecondativo era leggermente più bassa nelle aziende con soggetti con peso ottimale (16,0 mesi; DS = 1,1) mentre nelle aziende con soggetti sovrappeso è risultata di 16,4 mesi (DS = 1,9). Nelle aziende con soggetti sovrappeso il cambio lettiera viene effettuato con una media di 24,4 giorni (DS = 18,0), contro i 29,3 giorni di media delle aziende con soggetti con peso ottimale ed i 36,3 giorni per le aziende con manze sottopeso. Altro fattore che sembra influenzare la condizione corporea delle manze è il criterio con cui avviene il cambio del box, infatti la maggior parte delle aziende con soggetti con peso ottimale presenta come discriminante la dimensione dei soggetti piuttosto che l’età. Le aziende che scelgono come criterio la dimensione delle manze mostrano anche un leggero anticipo nell’età media al primo intervento fecondativo, pari a 15,6 mesi (DS =0,9) contro i 16,4 mesi (DS =2,2) per le aziende che si basano su entrambi i parametri.

Il numero di soggetti presenti in azienda non sembra avere effetti sul peso corporeo o sull’altezza al garrese, mentre la stagione di nascita ha mostrato che le manze nate durante la stagione invernale ed autunnale presentano altezza al garrese inferiore rispetto alle manze nate in estate e autunno, rispettivamente 127,6 cm vs 128,6 cm.

Per quanto riguarda l’aspetto alimentare 26 aziende hanno adottato una razione unica per tutte le manze, 29 aziende due differenti razioni in funzione dell’età (sopra e sotto i 12 mesi) e solo 5 aziende effettuavano tre differenti razioni. Le differenze rilevate tra le caratteristiche delle razioni nelle aziende con due gruppi alimentari sono apparse molto piccole, sia in termini di sostanza secca ingerita (8,2 vs 9,3 kg/d) che di proteine grezze (13,7 vs 12,1% s.s.) e di contenuto energetico (0,84 vs 0,80 UFL/kg SS). La maggior parte delle aziende che presentavano manze con peso ottimale hanno adottato due gruppi alimentari, mentre quelle con manze sovrappeso presentavano un'unica razione. Questo confermerebbe la tendenza delle manze ad ingrassare dove sia presente una eccessiva semplificazione della gestione aziendale. Dall’analisi dei componenti della razione si evidenzia che tutte le 60 aziende utilizzano silomais per le manze e solo 35 aziende fanno uso di mangime commerciale. Inoltre in tutte le aziende, la razione delle vacche in lattazione rappresentava la principale componente della razione delle manze, spesso associata con fieno somministrato a volontà.

La misurazione morfometrica delle manze da rimonta potrebbe essere utilizzata per di tracciare curve di accrescimento più vicine alla realtà italiana, per una migliore definizione del momento più opportuno per il primo intervento fecondativo, per una migliore definizione dei fabbisogni nutritivi, per una verifica delle strategie alimentari in atto, per un controllo del corretto sviluppo scheletrico delle manze e per un controllo della risposta delle manze ai fattori ambientali. 

 

Dott. Rossano Dadomo