|
|
La trattazione degli
aspetti emergenti della crisi sociale e spirituale delletà contemporanea offre il
panorama buio e sconfortante di una cultura, la nostra, basata su una violenza che ha
profonde radici storiche. Guardando retrospettivamente al nostro passato non potremmo che
scorgervi un susseguirsi di guerre, stermini, deportazioni e assassinii di massa
perpetrati, a seconda dei casi, dalluno o dallaltro popolo. E purtroppo non
possiamo esimerci dal constatare che il millenovecento è da considerare il secolo
peggiore in quanto alle catastrofi umane, poiché testimone di due guerre mondiali, di
genocidi in Armenia, Biafra, Ruanda, Jugoslavia, Etiopia, Vietnam nonché nel
concretizzarsi di grandi ideologie politiche sfociate nelle più crudeli forme di
dittatura. Lo stesso sviluppo in campo tecnologico, principale conquista dei nostri tempi,
viene impiegato essenzialmente nella creazione di materiale bellico dalla sempre più
raffinata potenza devastatrice. Ci troviamo quindi di fronte al ciclico e sconfortante
ripetersi di eventi diversi ma sostanzialmente uguali. Lantico Egitto, limpero
romano, le varie monarchie o, per chi ha conoscenze esoteriche, la stessa Atlantide sono
esempi che confermano in modo eloquente la formula di R. Queneau la storia è la
scienza dellinfelicità degli uomini. Le grandi ideologie politiche,
filosofiche o spirituali succedutesi nellarco dellevoluzione umana, sono state
quasi sempre usate dal potere per ingannare e manipolare le masse, soccombenti di una
realtà culturalmente debole. Lesempio a noi più prossimo è sicuramente quello del
comunismo nato, come filosofia politica, migliaia di anni fa. Platone o Tommaso Campanella
non sono stati forse i precursori del concetto di una città ideale dominata dalla
giustizia, dallintelletto e dalla sapienza? E non sono forse questi i valori ai
quali si appellarono i primi socialisti nella loro lotta contro il capitalismo? Nel XIX
secolo essi individuavano nel modo di produzione capitalista la radice delle
ingiustizie sociali e la proprietà privata dei mezzi di produzione era considerata la
premessa dello sfruttamento da parte di pochi delle grandi masse dei proletari che, per
vivere, si trovavano costretti a vendere se stessi e il proprio lavoro. La rivoluzione
socialista intendeva quindi raggiungere labolizione della divisione di classe e
creare le condizioni per una società nella quale non ci fossero più sfruttati né
sfruttatori bensì uomini liberi. Ma si può parlare di libertà nel regime comunista? In
seguito alla caduta del regime zarista, travolto dalle manifestazioni operaie, le forze di
opposizione si dimostrarono piuttosto impreparate allevento poiché suddivise in
differenti correnti politiche, da quella liberale del Partito costituzionaldemocratico
fino alla socialdemocrazia. I tre governi provvisori protagonisti della scena politica tra
il 2 marzo e il 25 ottobre del 1917 si trovarono impreparati di fronte ai problemi del
vecchio regime ma sorpresero per laspetto pacifico della loro rivoluzione. Il
principe Lvov, capo dei primi due governi provvisori, nei quali i liberali del
Partito costituzionaldemocratico rappresentavano la maggioranza (nel terzo la maggioranza
era composta dai socialisti rivoluzionari), dichiarò in occasione di uno dei suoi primi
discorsi pubblici: Lo spirito del popolo russo ha rivelato la sua natura
universalmente democratica, e appare pronto non soltanto a fondersi nella democrazia
universale, ma a mettersi alla guida di essa, lungo il cammino del progresso segnato dai
grandi principi della Rivoluzione francese: Libertà, Uguaglianza, Fraternità. Ma
la guerra, la conseguente crisi economica, laumento della disoccupazione, problemi,
per citarne alcuni, che il governo provvisorio non riuscì a risolvere nellarco
della sua breve vita, indussero il popolo ad organizzarsi in soviet, comitati di fabbrica,
di quartiere, di contadini, di casalinghe alla ricerca di una diversa forma di governo. La
loro lotta divenne sempre più incisiva tanto che giunsero a pretendere il controllo
operaio sulla produzione. Nellautunno del 1917, quando lo stato aveva ormai
perso la sua autorità e un numero incalcolabile di piccoli comitati la faceva da padrone,
il Partito bolscevico, su pressione di Lenin, che non intendeva aspettare la convocazione
del II Congresso panrusso dei soviet per paura che questo avrebbe portato alla nascita di
un governo di coalizione nel quale i bolscevichi avrebbero dovuto dividere il potere con
altri gruppi socialisti, organizzò il colpo di stato che lo portò al governo. Gli
scontri che ben presto nacquero tra il nuovo potere e grandi settori della società
portarono allinstaurazione di un regime di violenza e terrore. Oggi sappiamo che il
numero delle vittime di tale sistema politico si avvicina ai 100 milioni tra le quali,
solo per citare un caso, annoveriamo un quarto dellintera popolazione cambogiana che
Pol Pot ha eliminato mediante tortura e carestia generalizzata. Lo stesso Stalin ha
ordinato o permesso unenorme quantità di crimini di guerra che, in riferimento
allarticolo 6b dello statuto del tribunale di Norimberga, includono le
violazioni delle leggi e dei costumi della guerra. Queste violazioni comprendono,
senza limitarvisi, lassassinio, i maltrattamenti o la deportazione ai lavori forzati
o ad altro scopo di popolazioni civili nei territori occupati, lassassinio o i
maltrattamenti dei prigionieri di guerra o delle persone in mare, lesecuzione
capitale degli ostaggi, il saccheggio dei beni pubblici e privati, la distruzione senza
motivo di città e paesi o la devastazione non giustificata da esigenze militari.
Quanti di questi delitti ha commesso la dittatura di Stalin? Nel 1939 la quasi totalità
degli ufficiali polacchi fatti prigionieri venne assassinata (solo a Katin si parla
di 4500 persone) e la stessa sorte toccò, tra il 1943 e il 45, a centinaia di
migliaia di militari tedeschi. Questo per non parlare dei saccheggi alle strutture
industriali e degli stupri di massa. Ma fin dal principio il comunismo di Lenin manifestò
la sua natura violenta e a suo modo razzista in quanto intraprese una spietata lotta di
classe nella quale i nemici erano i borghesi. Nel libro La Terreur rouge
en Russie, Sergej Melgunov, storico russo, riportava le direttive imposte il
1° novembre 1918 da Lacis, allora capo della polizia politica sovietica, ai suoi uomini:
Noi non facciamo la guerra contro singole persone. Noi sterminiamo la borghesia come
classe. Nelle indagini non cercate documenti e prove su ciò che laccusato ha fatto,
in atti e parole, contro lautorità sovietica. Chiedetegli subito a che classe
appartiene, quali sono le sue origini, la sua educazione, la sua istruzione e la sua
professione. Venne in questo modo messo in atto lo sterminio dei cosacchi e, con la
stessa cinica freddezza, Stalin massacrò tutti i kulak (contadini benestanti) che
resistevano alla collettivizzazione. In quanto ai crimini commessi dal leninismo e dallo
stalinismo ne Il libro nero del comunismo leggiamo un primo bilancio globale:
fucilazione di decine di migliaia di ostaggi o di persone imprigionate senza essere state
sottoposte a giudizio e massacro di centinaia di migliaia di operai e di contadini insorti
fra il 1918 e il 1922;
carestia del 1922, che ha provocato la morte di 5 milioni di persone (le riserve
alimentari erano controllate dal regime ndr.);
deportazione ed eliminazione dei cosacchi del Don nel 1920;
assassinio di decine di migliaia di persone nei campi di concentramento fra il 1918 e il
1930;
eliminazione di quasi 690.000 persone durante la Grande purga del 1937-1938;
deportazione di 2 milioni di kulak (o presunti tali) nel 1930-1932;
sterminio di 6 milioni di ucraini nel 1932-1933 per carestia indotta e non soccorsa;
deportazione di centinaia di migliaia di polacchi, ucraini, baltici, moldavi e bessarabi
nel 1939-1941, poi nuovamente nel 1944-1945;
deportazione dei tedeschi del Volga nel 1941;
deportazione-abbandono dei tatari della Crimea nel 1943;
deportazione-abbandono dei ceceni nel 1944;
deportazione-abbandono degli ingusceti nel 1944;
deportazione-eliminazione delle popolazioni urbane della Cambogia fra il 1975 e il 1978;
lento sterminio dei tibetani per mano dei cinesi dal 1950 ecc..
La violenza sistematica, le deportazioni di massa, i campi di sterminio, i lavori forzati
richiamano alla memoria i crimini nazisti, quegli stessi che il mondo comunista aveva
combattuto e contribuito ad eliminare durante la seconda guerra mondiale. Quegli stessi
che i sovietici sono riusciti a nascondere allopinione pubblica internazionale per
più di settantanni nonostante il fenomeno non si fosse limitato allUnione
Sovietica ma avesse riguardato, e in alcuni casi ancora riguarda, la Cina, la Corea del
Nord, Cuba, la Cambogia, Laos e il Vietnam. Ancora oggi in Cina, nonostante questa non si
possa paragonare allex-URSS, i prigionieri dei campi di concentramento sono detti
studenti, poiché impegnati a studiare il pensiero del partito e a correggere
il proprio.
Questa è, in estrema sintesi, la storia del fallimento di unideologia che si era
proposta, nei secoli XIX e XX come sistema politico deciso a neutralizzare le tensioni
distruttrici della grande divisione sociale derivata dallo sviluppo capitalista.
E questo a ragione poiché lo stesso capitalismo, nonostante in seguito alla caduta del
muro di Berlino e al definitivo crollo del comunismo sovietico si sia eretto a portatore
della pace nel mondo, poiché da sempre impegnato nella battaglia contro la dittatura dei
paesi dellest, il capitalismo, dicevo, non è certo estraneo a quelli che vengono
definiti crimini contro lumanità. Nel suo senso politico - ideologico tale voce
viene utilizzata sostanzialmente per indicare un regime ed un modo di vita caratterizzati
dalla libera espressione delle qualità personali, dalla rapida accumulazione della
ricchezza sociale, dal progresso in campo tecnico, dallo sviluppo delle istituzioni
politiche di democrazia formale, dalla ricerca di un più armonioso equilibrio tra valori
pratici e valori spirituali. La sua nascita risale ai secoli XVI, XVII e XVIII, che Marx
definiva lepoca dellaccumulazione primitiva e che in economia
viene detta accumulazione originaria. Le ingenti somme di denaro necessarie a
conseguire una migliore organizzazione del lavoro, la costruzione di edifici adibiti alla
produzione, lacquisto di una migliore attrezzatura, la divisione in più mansioni di
un processo lavorativo prima affidato ad un solo lavoratore (in modo da aumentare la
produzione per lavoratore e quindi i guadagni), vennero raccolte grazie:
ai guadagni ricavati dallo sfruttamento delle risorse dei territori scoperti durante le
esplorazioni del XV e XVI secolo;
alla colonizzazione dellAfrica, dellAsia e del Nuovo Continente;
ai profitti ottenuti, nei paesi europei dallappropriazione e dallo sfruttamento, dei
grandi proprietari, delle terre comuni;
ai profitti ottenuti grazie alle tradizionali forme di commercio e manifattura.
Come è riportato ne Il libro nero del capitalismo, In un pamphlet
apparso nel 1814, Vastey, segretario di re Christophe (Henri Christophe, effimero
re nero di Haiti dal 1811 al 1820) enumera i supplizi inflitti dai coloni agli
schiavi, in particolare allepoca della loro insurrezione: schiavi bruciati vivi o
impalati, membra segate, lingua, orecchie, denti, labbra tagliati o cavati; schiavi
impiccati a testa in giù, affogati, crocifissi, sepolti vivi, legati a formicai; schiavi
gettati vivi dentro caldaie da zucchero, fatti precipitare da pendii dentro botti irte di
chiodi, infine fatti divorare vivi da cani addestrati a tale scopo. A criticare le
tratte, la schiavitù, i monopoli, gli ordinamenti corporativi penserà poi il capitalismo
industriale, la cui nascita fu accompagnata dallavvento dellideologia
liberale. Tuttavia questa ideologia liberale - come leggiamo nel libro
precedentemente citato - è geometria variabile: trionfa nel Regno Unito del XIX secolo
con labrogazione, nel 1846, delle leggi protezionistiche sul grano, che rispondevano
agli interessi dei landlords, ma disturbavano gli industriali rincarando il prezzo del
pane e aumentando il livello dei salari. Ma, in contraddizione con i principi del
libero scambio, lo stesso Regno Unito impose allIndia una politica
doganale discriminatoria, penalizzando le esportazioni indiane di prodotti finiti e
incoraggiando le importazioni di prodotti industriali britannici. Combatté la tratta
degli schiavi con la sua squadra navale, ma sostenne i sudisti schiavisti, e fornitori di
cotone, durante la guerra di Secessione. Gli USA e la Germania realizzeranno la loro
industrializzazione al riparo di una politica protezionistica e la fine del XIX secolo
vedrà il trionfo, anche nel Regno Unito, dal protezionismo imperiale. [
] Sistema
coloniale, esazioni fiscali, debito pubblico, depauperamento ed espropriazione dei
contadini, prepararono a diverso titolo lavvento del capitalismo industriale.
E con lavvento del capitalismo industriale migliaia di bambini, di unetà
compresa tra i sette e i quattordici anni, venivano e purtroppo ancora oggi vengono,
costretti a lavorare nelle fabbriche, frustati, incatenati, malnutriti, insomma nuovamente
schiavizzati. Alla base del capitalismo vi è inoltre la corsa agli armamenti, la stessa
che ha accompagnato la rivoluzione francese, la guerra di secessione statunitense o gli
attuali conflitti. Nel 1827 il generale e pensatore prussiano Karl von Clausewitz scriveva
in Della guerra che la guerra è un conflitto di grandi interessi che si
risolve soltanto con leffusione del sangue e che differisce precisamente in questo
da tutti gli altri conflitti che sorgono fra gli uomini. Essa ha molto meno rapporti con
le arti e le scienze che con il commercio, che costituisce ugualmente un conflitto di
grossi interessi, ma si avvicina ancora di più alla politica, essa stessa una sorta di
commercio dalle dimensioni allargate, nella quale la guerra si sviluppa come il bambino
nel seno della madre. Era lepoca di sviluppo del capitalismo europeo e von
Clausewitz già presagiva il collegamento tra lindustria bellica e questo regime
economico, ed è proprio la corsa agli armamenti che, da sempre, alimenta il capitalismo.
Durante la pericolosa crisi del 1929 i Krupp, i Thyssen, gli Hugenberg e gli Schacht
favorirono lascesa al potere di Hitler e beneficiarono del riarmo. Testarono poi
lefficacia delle armi, dei carri armati e degli aerei di loro produzione nel corso
della guerra di Spagna (1936 1939). Durante il secondo conflitto mondiale le
industrie statunitensi fornirono le armi a tutti i paesi alleati e le due opposte fazioni
si ingegnarono nella costruzione di materiale bellico sempre più sofisticato fino ad
arrivare, alla fine della guerra, alla bomba atomica e quindi allinizio
dellera nucleare. Al termine del conflitto cominciò la corsa agli armamenti della
guerra fredda. Nel 1975 si spendevano, a fini militari, risorse maggiori alla totalità
della produzione mondiale del 1900. Alla fine degli anni settanta 500 mila, tra
scienziati, ingegneri e ricercatori lavoravano al progetto di ricerca a scopi bellici e di
questi, 350 mila nei paesi capitalisti. Furono inventati armamenti sempre nuovi tra i
quali i missili a testate multiple indipendenti, i missili da crociera, le armi a neutroni
e se nel 1948 le spese militari mondiali annue ammontavano a 146,3 miliardi di dollari
statunitensi (quotazione del 1980), nel 1987 i miliardi erano 701,4. Con la caduta del
comunismo e quindi con la fine delle tensioni tra est e ovest molti pensarono che le spese
dedicate agli armamenti sarebbero progressivamente sparite ma ciò non è accaduto:
sebbene siano notevolmente diminuite, nel 1996, solo gli Stati Uniti, hanno speso la
bellezza di 226 miliardi di dollari nellindustria bellica; il totale delle spese
Nato ammonta a 395 miliardi di dollari.
nel gennaio 1993 è stata firmata a
Parigi la convenzione che vieta le armi chimiche, nel maggio 1995 è stato prorogato
indefinitamente il trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) e nel
settembre 1996 è stato approvato il trattato sulla proibizione totale degli esperimenti
nucleari (CTBT). Questi trattati hanno la duplice caratteristica di adottare provvedimenti
auspicabili sulla via del disarmo che uomini di pace non possono che approvare, e di
costituire limitazioni imposte dalle potenze capitalistiche che possiedono armi nucleari a
quelle del Terzo mondo che ne sono sprovviste, mentre queste stesse potenze non applicano
larticolo VI del TNP sul disarmo nucleare. Inoltre, sette paesi capitalisti (Usa,
Regno Unito, Francia, Germania Federale, Italia, Canada, Giappone) si sono accordati fra
loro fondando nel 1987 il Missile Technology Control Regime (MTRC) per impedire agli altri
paesi di accedere alle tecnologie che consentirebbero loro di dotarsi di missili
strategici (attualmente aderiscono allMCTR 25 stati).1
Le esportazioni di armi dei paesi capitalisti ha inoltre raggiunto punte massime dal 1982
al 1984 e nel 1987. Con la guerra del Golfo si è addirittura pensato di moralizzare
il commercio delle armi, cosa che è avvenuta anche nellultima guerra
umanitaria combattuta contro il regime di Milosevic. Il capitalismo, quindi,
continua la corsa agli armamenti e lattuale sistema mondiale farà in modo che non
manchino mai gli acquirenti delle industrie belliche. Dove scoppieranno le prossime
guerre? Quanto sangue dovrà ancora essere versato? Quanti martiri andranno ad arricchire
le casse dei mercanti di morte? Perché i popoli non fanno nulla per opporsi a questa
finta democrazia nel quale il sistema economico esercita una forma di atroce dittatura?
A somiglianza di quelle bombe moderne che uccidono tutto quello che vive preservando
i fabbricati e le attrezzature, la pubblicità uccide ogni attività intellettuale e
cittadina lasciando vivere nellindividuo i soli riflessi del consumo, come i cani di
Pavlov. Dubbio, pensiero, idee, disinteresse, sviluppo spirituale e personale, interesse
pubblico, senso collettivo e solidarietà, tutto viene spazzato via in quanto ostacolo al
pensiero unico: acquistare. La cultura mercantile non si distingue più dalla cultura tuot
court, come uno spot pubblicitario non si distingue più da un cortometraggio o da un
videoclip musicale: stessi personaggi, stessi riferimenti, stessa messinscena, stesso
montaggio, stessi cliché, stessa estetica, stesso contesto da sitcom: e naturalmente
anche i registi sono gli stessi.2
Questa è la risposta. La televisione, oggi, è lunica fonte di verità: è lei che
separa i buoni dai cattivi, è lei che alle immagini atroci di una guerra fa seguire
quelle del corpo perfetto e attraente di Naomi Campbell o di Claudia Schiffer, simboli dei
veri valori della vita: la bellezza, il successo, la ricchezza. Il fine ultimo della
nostra esistenza deve essere quello di eguagliare gli eroi senza macchia delle sale
cinematografiche e, se ciò non è possibile, limitarsi ad adorarli poiché loro sono
ormai lunica verità rimasta. E mentre il mondo occidentale si scandalizza di fronte
alle denunce di Monica Lewinsky, un terzo della popolazione mondiale vive in condizioni
paragonabili al medioevo europeo, in costante lotta per la sopravvivenza. Le favelas, le
bidonvilles, lo sfruttamento del lavoro minorile, i genocidi in Ruanda, le guerre non sono
le scene di quel commovente sceneggiato che chiamiamo telegiornale, sono le vittime di un
processo di colonizzazione dellintera popolazione mondiale ormai schiava di un
potere economico che deforesta, inquina, distrugge, uccide nascondendosi dietro il viso
sorridente impresso su un manifesto pubblicitario.
A questo punto sorge spontanea una domanda: cè differenza tra il regime comunista e
il regime capitalista? Non sono entrambe forme di dittatura pronte a tutto per conquistare
e mantenere il proprio potere? I recenti scandali scoppiati in Russia hanno evidenziato le
profonde carenze di un sistema politico mondiale che coopera con le organizzazioni della
malavita organizzata. In più di unoccasione i servizi segreti governativi hanno
chiesto aiuto alla mafia per raggiungere determinati obiettivi
antiterroristici (vedi caso Moro) o hanno semplicemente stretto rapporti di
collaborazione commerciale o si sono coalizzati con lei per eliminare dalla scena politica
personaggi scomodi quali John Fitzgerald Kennedy, Martin Luther King, Robert Kennedy (vedi
Terzomillennio n. 5). La verità è che ancora una volta, anche e soprattutto
oggi, il desiderio di potere ha superato qualsiasi credo ideologico. Non sono le ideologie
comunista o capitalista ad essere sbagliate, è sbagliato il modo in cui luomo le ha
sfruttate allo scopo di sottomettere il prossimo. E tutto questo nella quasi totale
indifferenza delle religioni, conniventi o apatiche. Ai tempi del fascismo si determinò
una commistione tra stato e Chiesa per cui lerede di Pietro si assicurò
linsegnamento della religione cattolica nelle scuole di stato, il valore civile del
matrimonio religioso, il trattamento tributario di favore per i beni della Chiesa, il
finanziamento dei parroci da parte dello stato, come funzionari e chissà
quantaltro. Ed è forse per non perdere questa tranquillità economica che il
Vaticano non si pronunciò mai, in modo incisivo, contro i regimi totalitari, nazismo
compreso, i quali hanno falciato lesistenza di milioni di figli di Dio. E questo
piccolo esempio può essere esteso a tutte le religioni del mondo e a tutte le epoche
storiche. Il silenzio dei vari culti di fronte alle sempre attuali stragi degli innocenti
non può che far rabbrividire e fornire la giusta dimensione di una realtà squallida e
opprimente, sintomo del definitivo crollo di ogni principio morale. Ma per quanto ancora
potremo continuare così? Quali altri capri espiatori troverà il capitalismo per coprire
le proprie mancanze ora che il comunismo è quasi definitivamente scomparso? Personalmente
credo che questo sistema di cose sia destinato a finire poiché non opera nel rispetto
delle leggi universali e non potrà quindi sfuggire allinesorabile legge di causa -
effetto.
Lesempio di quanti hanno sacrificato o stanno sacrificando la propria vita per
riportare le masse sulla via della spiritualità non è bastato a cambiare la storia. Il
sogno di Martin Luther King, la battaglia non violenta di Gandhi, lamore di Madre
Teresa di Calcutta, la lotta di Nelson Mandela però, hanno rappresentato e rappresentano
la speranza che esiste ancora chi è capace di lottare per gli ideali che luomo
crocifisse con Cristo. E perché la speranza sopravviva a tutte le guerre è necessario
non dimenticare il sacrificio di Isac Rabin, di Mons. Conedera, del cardinal Romero, di
Padre Pio, dei vari missionari di frontiera. Personaggi come Steiner,
Tolstoij, Yogananda, padre Zanotelli, incarnati allinterno di quegli stessi sistemi
politici divenuti macchine di morte, sono riusciti a mantenere vivi gli insegnamenti di
Cristo, quegli stessi per i quali tutti dovremmo lottare. Perdonatemi lardire, ma
sono convinto che solamente sulla base dei valori spirituali sia possibile costruire una
società in cui il liberalismo e il comunismo si possano fondere per creare quella che io
definisco antropocrazia, ossia il governo delluomo. Il diritto alla libertà, alla
proprietà privata intesa come coordinamento e gestione delle risorse nel pieno rispetto
della legge di Dio, la meritocrazia, lindividualità, la giustizia, la pace, la
fratellanza, la solidarietà, lamore, sono valori ai quali luomo nuovo dovrà
aspirare. I grandi maestri spirituali che si sono avvicendati nel corso della storia hanno
cercato di riportare lunione in un mondo basato sulla formula dividi et impera.
Non dimenticate che abbiamo bisogno gli uni degli altri- diceva Madre Teresa -. Ogni
essere umano ha una coscienza naturale che lo aiuta a distinguere il bene dal male. Ho a
che fare con migliaia di cristiani e non cristiani e vi assicuro che in loro è possibile
vedere come funziona questa coscienza, che li avvicina a Dio. Ogni uomo ha unimmensa
fame di Dio. Se tutti fossero capaci di scoprire la Sua immagine negli altri pensate che
generali e carri armati servirebbero ancora?3
Io credo che nel terzo millennio si verificherà un grande evento umano e spirituale: la
seconda venuta di Cristo. Ciò comporterà linstaurazione sulla terra di una nuova
generazione che perseguirà i valori della giustizia, della pace e dellamore. Ma
quale sarà il prezzo da pagare per essere testimoni di questo evento? Dipende da noi.
Dovremo lottare anche a costo della vita. Giuseppe Fava, un grande giornalista, un martire
per la libertà diceva: A che serve vivere se non si ha il coraggio di
lottare?
Mai più un mondo di dolore di guerre, di fame, di razzismi.
Mai più un mondo di mafia e di crimini
ma un mondo migliore. |
|
Mappa
del sito
Home Page
Indirizzi di
mail
Ultimissime
Altri
articoli
Conosci
l'altra nostra rivista?
|