TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

Anna Katharina Emmerick: stimmatizzata, mistica, veggente

di Paola Giovetti

 

 

Per gentile concessione di Silvio Ravaldini, direttore della rivista trimestrale "luce e ombra" che da ben 98 anni tratta con serietà e professionalità temi di parapsicologia e problemi connessi.

Un recentissimo (marzo 1999) convegno svoltosi presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma dedicato alla monaca stimmatizzata tedesca Anna Katharina Emmerick (1774-1824), della quale è in svolgimento il processo di beatificazione, offre l’occasione di parlare di questa eccezionale figura mistica, ancora poco nota nel nostro Paese in quanto la pur vasta letteratura a disposizione è quasi tutta in lingua tedesca. Nel corso del convegno, al quale hanno partecipato specialisti e devoti della Emmerick venuti quasi esclusivamente dalla Germania (la manifestazione si è svolta in lingua tedesca), è stata tratteggiata la storia della veggente in rapporto al suo tempo, la sua vita mistica e il significato sempre attuale della sua spiritualità e della sua fenomenologia. Uno spazio particolare è stato dedicato al rapporto col poeta romantico Clemens Brentano, che per quasi sei anni - gli ultimi della vita di Anna Katharina - si dedicò alla trascrizione delle visioni che la monaca aveva fin dall’infanzia. Anna Katharina Emmerick nacque a Coesfeld in Westfalia (Germania Settentrionale) nel 1774, quinta di nove figli dei coniugi Emmerick, contadini che lavoravano un podere di un loro parente, gente povera ma laboriosa e devota. Poté frequentare la scuola soltanto per pochi mesi e fin da bambina dovette abituarsi a lavorare duramente nei campi e in casa. Molto presto cominciò ad avere visioni in cui le apparivano figure sacre: l’angelo custode, la Madonna che le presentava Gesù Bambino, i santi. Lei credeva che quello che le capitava fosse naturale e che tutti vedessero le stesse cose; soltanto col tempo si rese conto di costituire un’eccezione. D’istinto conosceva le proprietà delle erbe medicinali che trovava nei campi e che poi trapiantava nel suo orticello, e distingueva gli oggetti sacri da quelli profani, qualità che le fu propria per tutta la vita.
Ho avuto recentemente occasione di visitare i luoghi di Anna Katharina Emmerick , oggi restaurati e ottimamente conservati e presentati, e ne ho riportato un’impressione incancellabile. La casa dove la veggente nacque e visse per molti anni è la tipica casa contadina del luogo, dal tetto grande e spiovente, e consiste essenzialmente in un grande stanzone nel quale, separati da una grata, avevano trovato un tempo alloggio anche gli animali, pecore e mucche. Al centro il focolare: non esisteva canna fumaria e la stanza reca ancora le tracce del fumo che la impregnava quando veniva acceso il fuoco per scaldarsi e preparare il cibo. Poche rustiche suppellettili costituiscono l’arredo. L’unico ambiente separato dalla casa era la camera dei genitori: una stanza piccolissima con un modesto giaciglio. Qui nacquero tutti i nove figli dei coniugi Emmerick. I bambini dormivano nel soppalco sovrastante la zona destinata agli animali, sulla paglia. Un altro piccolo ambiente separato era stato costruito in un secondo momento dal padre di Anna Katharina per consentire alla figlia di eseguire tranquillamente i suoi lavori di cucito. Il poeta Clemens Brentano così descrisse nel suo diario la prima visita alla casa natale di Anna Katharina Emmerick:
“Sono andato in questi giorni a visitare la casa paterna della Emmerick. Volevo vedere il luogo in cui era nata e dove era stata la sua culla. Trovai un fienile cadente, con le pareti di fango e il pavimento coperto di paglia. Qui, in questo luogo povero e buio, era nata e cresciuta questa creatura delicata, pura, lieve, luminosa, spirituale; qui e da nessun’altra parte ella coltivò i suoi pensieri, le sue parole e le sue opere innocenti. Non potei fare a meno di pensare alla greppia di Betlemme…”
Anna Katharina Emmerick ebbe una vocazione precoce a avrebbe voluto entrare presto in convento, ma per molti anni non le fu possibile per mancanza di dote; lavorò quindi come sarta prima alle dipendenze di altri poi autonomamente a casa sua.
A 28 anni, grazie all’aiuto di una famiglia amica, riuscì a realizzare il suo sogno e ad essere accolta nel convento delle Agostiniane di Dülmen, un paesino a pochi chilometri da Coesfeld. Ci rimase per nove anni, che furono per molti aspetti molto difficili, ma che lei definì i più felici della sua vita. Una notte, mentre stava pregando, le apparve Gesù che le offrì una corona di rose e una di spine. Lei scelse quella di spine e Gesù gliela pose sulla testa: intorno alla fronte le apparvero subito le prime stigmate. In seguito, dopo un’altra apparizione di Gesù, vennero anche le ferite alle mani, ai piedi e al costato. La sua salute, minata dalle veglie, dai digiuni, dal pesante lavoro svolto fin dall’infanzia, dalle sofferenze provocate dalle stimmate, venne sempre più declinando. Intanto gli ordini religiosi furono sciolti per ordine di Napoleone e anche il convento in cui viveva Anna Katharina dovette chiudere i battenti. Come le sue consorelle, anche la Emmerick dovette andarsene e per alcuni anni fu la governante di un anziano sacerdote francese, che fu a lungo il suo padre spirituale. In seguito, quando la sua salute peggiorò al punto da costringerla permanentemente a letto, fu sistemata in una povera stanza presso una famiglia del luogo, assistita da una burbera e bisbetica sorella. Anche questa stanza, dove Anna Katharina visse per anni e nella quale raccontò a Brentano le sue visioni, è stata ricostruita a Dülmen in un piccolo museo dedicato alla veggente. Grande non più di due metri per tre, interamente rivestita di legno, contiene anche i modesti arredi del tempo; commuove in modo particolare il letto di Anna Katharina, piccolo, di giunco, fatto come una culla. Nel museo sono conservati anche i lavori di cucito e gli abiti della monaca, le stoviglie di casa, i ritratti suoi e di Brentano eseguiti da contemporanei, tra cui quelli qui riprodotti. Intanto la fenomenologia mistica della Emmerick diveniva sempre più imponente e difficile da nascondere. Le stimmate, che si aprivano e sanguinavano periodicamente, furono controllate al di là di ogni dubbio dal dottor Wesener, un medico dapprima molto scettico e poi devotissimo della veggente, al quale si deve un accuratissimo e interessantissimo diario quotidiano della vita di Anna Katharina; e in seguito anche da una commissione ecclesiastica e statale, che con metodi spesso indelicati ma efficaci operò un controllo di molte settimane. Nel frattempo la monaca stigmatizzata aveva praticamente smesso di nutrirsi: qualche goccio d’acqua o succo di frutta e l’ostia consacrata che le veniva portata quotidianamente furono sufficienti a tenerla in vita per anni. Grandiosi i suoi fenomeni di veggenza, sia con riferimento ad avvenimenti della storia sacra che ai fatti del tempo: vide per esempio nei dettagli tutta la rivoluzione francese. La fama della veggente stimmatizzata intanto si diffondeva e numerose personalità vennero a visitarla. Tra queste anche il poeta Clemens Brentano, una delle figure più rappresentative del romanticismo tedesco, che aveva allora quarant’anni, due matrimoni alle spalle e un passato burrascoso.
Venne per trattenersi pochi giorni, ma rimase talmente colpito dalla personalità della monaca che si stabilì a Dülmen e vi rimase per quasi sei anni, annotando giorno dopo giorno ciò che lei gli raccontava: diciassettemila pagine che soltanto in parte sono state pubblicate e che descrivono nei dettagli la vita di Gesù, ampliando e integrando i Vangeli e la vita della Madonna. Così il poeta descrive il primo incontro con Anna Katharina Emmerick:
“Fui condotto dalla sorella di Anna Katharina nella piccola stanza d’angolo dove ella viveva, per raggiungere la quale bisognava raggiungere la cucina. Lei mi salutò cordialmente. Il suo volto puro e innocente mi commosse, allo stesso modo delle sue parole semplici, totalmente prive di tensione ed esaltazione. Ciò che ella dice non assomiglia in alcun modo ad una predica, ma è ispirato a dolcezza. Ogni sua parola è breve, semplice, naturale; ma piena d’amore, di profondità, di vita. Io mi sentii subito a casa”.
Brentano rimase enormemente colpito dall’incontro con la monaca anche perché lei lo riconobbe subito: l’aveva infatti già visto nelle sue visioni. Quando lui fu introdotto per la prima volta nella sua stanza, lei lo accolse festosamente e gli porse subito con grande cordialità la mano stigmatizzata, ma non gli disse niente. In un secondo momento però, quando fra loro si fu stabilito un rapporto di fiducia e confidenza, gli rivelò di avere subito riconosciuto in lui l’uomo destinato da Dio a metter per iscritto ciò che le appariva fin dalla primissima infanzia e di cui, con suo grandissimo rammarico, fino a quel momento nessuno dei suoi amici e conoscenti aveva accettato di occuparsi. Nelle sue visioni le era stato mostrato un uomo bruno, dal colorito scuro, seduto accanto al suo letto intento a scrivere. Clemes Brentano era di origine italiana e la descrizione gli si attagliava perfettamente. Anna Katharina gli disse anche di essere convinta che, se era vissuta fino a quel momento, era stato solo per aspettare lui. Queste parole confermarono Brentano nella decisione che aveva già preso: mettere la sua mano e il suo genio al servizio di quella che considerava ormai una missione, fissando sulla carta tutto ciò che la monaca stigmatizzata diceva. E così l’acclamato poeta romantico, l’uomo ricco e famoso ricercato dalle donne, abituato ai fasti della società e al successo letterario, dimenticò ogni altra cosa e per anni condusse una vita da certosino in un piccolo paese pur di non perdere una sola delle parole della veggente.
“Io sento che qui sono a casa mia e intuisco che non posso abbandonare questa creatura meravigliosa prima della sua morte. Questo è il compito della mia vita: Dio ha ascoltato la mia preghiera di indicarmene uno in suo onore, adatto alle mie possibilità e alle mie forze. Voglio fare il possibile per custodire e proteggere il tesoro di grazie che ho trovato qui”;
così scriveva Brentano qualche tempo dopo aver conosciuto Anna Katharina Emmerick. Clemens Brentano, che per anni era stato lontano da Dio ma non aveva mai cessato di cercarlo, ritrovò la fede grazie ad Anna Katharina, che lo chiamava “il pellegrino”. La collaborazione tra i due avveniva così: di notte Anna Katharina faceva dei “viaggi dell’anima” e si ritrovava in Terra Santa dove assisteva agli episodi evangelici come se stessero avvenendo in quel momento. La mattina dopo li descriveva a Brentano, che prendeva nota di ogni parola e con domande appropriate cercava di far emergere ogni dettaglio alla memoria della veggente. A casa poi dava forma adeguata a ciò che la monaca gli aveva riferito in - plattdeutsch -, il dialetto locale; la sera tornava da lei per leggerle quanto aveva elaborato, correggerlo ed avere la sua approvazione. Tra gli studiosi è ancora in atto una diatriba con riferimento agli scritti raccolti da Brentano e alla loro reale provenienza: quanto viene direttamente dalla veggente e quanto è uscito dalla penna del poeta? Non manca chi sostiene che Anna Katharina Emmerick, della quale sono state riconosciute le virtù eroiche, sarebbe già stata canonizzata se Clemens Brentano non si fosse assunto il compito di trascrivere le sue visioni. Essendo intervenuto lui, si obietta, non si sa più con sicurezza che cosa viene da lui e che cosa viene da lei. Per far si che il processo di canonizzazione proceda, qualche anno fa gli scritti sono stati stralciati dagli atti, con la motivazione che essi non apparterrebbero a lei, bensì al poeta. Resta tuttavia da chiedersi se tale modo di procedere, probabilmente opportuno in vista dello scopo che si vuole raggiungere, renda giustizia al complesso dei fatti. Thomas Wegener, il più importante biografo di Anna Katharina, scrive:
“Dio rivelò ripetutamente alla sua serva che la conoscenza delle sacre verità le era concessa non soltanto per sé stessa, ma per l’edificazione dei fedeli, a dimostrazione del fatto che Egli continua a vivere con la sua Chiesa e ad essere presente. Per questo motivo Anna Katharina cercò sempre di comunicare le sue visioni, ma fino al 44° anno di età non trovò nessuno al quale raccontare fedelmente ciò che le veniva concesso di vedere. Spesso aveva pregato il suo confessore e altri sacerdoti di ascoltarla, però nessuno si era mai preso la pena di trascrivere dettagliatamente ciò che lei diceva e di analizzare più da vicino il valore e l’attendibilità delle sue visioni”.
Wegener, che fu buon amico della Emmerick, ne riporta anche le esatte parole:
“Le tante meravigliose informazioni che ho avuto per la bontà di Dio non mi sono state date soltanto per mio ammaestramento, in quanto molte cose io non le potevo capire, ma perché le trasmettessi ad altri, spesso anzi mi è stato ordinato di farlo”.
Come si è detto, Anna Katharina riconobbe immediatamente in Brentano l’uomo destinato a trascrivere le sue visioni. Questo compito ebbe l’approvazione dei contemporanei: i molti amici, anche altolocati, di Anna Katharina permisero che Brentano le stesse accanto per anni. Tra questi il vescovo di Münster, la città da cui dipende Dülmen, e il padre spirituale pastore Overberg, che assicurarono sempre al poeta che il suo compito era gradito e in armonia con la Chiesa. Dopo la morte della monaca, avvenuta nel 1824, Clemens Brentano si dedicò all’immane compito di dare ordine alle migliaia e migliaia di pagine scritte nei sei anni di permanenza a Dülmen; e prima di morire lui stesso riuscì a dare alle stampe alcuni libri, i quali hanno avuto un impatto straordinariamente positivo nel pubblico (di lingua tedesca e francese, in italiano non è stato pubblicato quasi nulla), in particolare quello dedicato alla passione e morte di Gesù. Un altro testo fondamentale descrive la vita della Vergine; c’è poi un libro sui primi anni di vita di Gesù e un altro sull’antico testamento. Una parte di queste opere è stata portata a compimento, sulla base degli appunti di Brentano, dal fratello e da alcuni studiosi. Come si è detto non tutto quanto è stato scritto da Brentano è stato pubblicato: migliaia di pagine manoscritte attendono ancora di essere trascritte e rese note e potrebbero riservare ancora molte sorprese. Gli originali sono conservati a Francoforte, agibili agli studiosi ma estremamente difficili da decifrare. Uno degli aspetti più straordinari di questi testi è l’enorme quantità di informazioni storiche e ambientali che contengono: gli abiti, le suppellettili, le abitazioni, i luoghi, le consuetudini di vita, i personaggi sono descritti con una precisione e una aderenza al reale che lasciano sbalorditi, soprattutto se si pensa che Anna Katharina Emmerick non si era mai mossa dal luogo in cui era nata e non aveva una cultura specifica. Neppure Brentano era mai stato in Terra Santa e nella sua biblioteca non c’erano libri che ne parlassero. Le descrizioni di Anna Katharina Emmerick hanno trovato notevoli conferme, la più interessante delle quali è questa: grazie alle parole della veggente è stato possibile individuare la casa della Vergine a Efeso. In base alla tradizione, dopo la morte di Gesù la Madonna si stabilì a Efeso, nell’attuale Turchia, insieme all’apostolo Giovanni. Qui visse gli ultimi anni della sua vita e qui morì. La sua casa si trovava sulle colline non lontano dalla città, in una località appartata. Di questo edificio si erano però da molto tempo perdute le tracce e nessuno sapeva più dove sorgesse. Oggi l’ultima dimora della Madonna è stata ritrovata, restaurata e in parte ricostruita e chi va ad Efeso può visitarla. Davanti alla casa un grande cartello informa che ciò che ne restava, cioè le mura perimetrali col focolare centrale, era stato ritrovato grazie alle visioni della monaca stigmatizzata tedesca Anna Katharina Emmerick. Gli appunti di Brentano sono corredati anche da un disegno, per cui per trovare la casa fu sufficiente aver fiducia nelle indicazioni della monaca e seguirle. Il ritrovamento è stato ufficialmente riconosciuto dagli archeologi e dalle autorità civili e religiose. Il caso di Anna Katharina Emmerick e del poeta che trascrisse le sue visioni è tuttora aperto e la conclusione del processo di canonizzazione, attesa ormai a breve, potrebbe indurre ad affrontare di nuovo con serenità e senza timori il complesso discorso della paternità delle opere. A giudizio di non pochi esperti, il confronto tra i testi originali approvati dalla Emmerick e quelli pubblicati dopo la sua morte consente di constatare una completa corrispondenza, così che viene spontaneo pensare che il poeta si sia limitato a dare forma adeguata a ciò che la veggente gli raccontava. E non si possono dimenticare le parole di uno dei più originali studiosi di questo caso, il professor Arnold Guillet, che nel suo commento al libro della Emmerick sulla passione e morte di Gesù scrive:
“Al posto di Dio, a chi avreste affidato l’incarico di trascrivere le visioni della Emmerick?”

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