TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

5° Congresso Internazionale Pro Africa

Di Lorenzo Baldo

 

 

Nei giorni 7 e 8 agosto 1999 presso la sede dell’Associazione Culturale Giordano Bruno si è svolto il 5° Congresso Internazionale Pro Africa. Così come è stato sin dalla prima edizione, la manifestazione ha avuto lo scopo di raccogliere fondi da destinarsi a piccole comunità in Camerun, Congo, ex Zaire. Con il ricavato delle precedenti edizioni sono stati fatti grandi passi avanti, per fare in modo che l’azione di aiuto non terminasse con l’esaurirsi dei fondi, ma potesse continuare nel tempo, per restituire la dignità del lavoro ad un popolo che possiede una fierezza ed un’aristocrazia innata. Promotore e organizzatore Giorgio Bongiovanni che ogni anno è riuscito a portare personalmente gli aiuti raccolti. In ogni edizione si sono avvicendati diversi relatori di grande prestigio che per la causa stessa della manifestazione hanno dedicato tempo ed energie incondizionatamente, con un grande riscontro del numeroso pubblico intervenuto. La dott.ssa Maria Falcone e Giorgio Bongiovanni durante un momento della conferenza.L’edizione di quest’anno ha avuto come ospite d’eccezione la Dott.ssa Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, presidente della Fondazione “Giovanni e Francesca Falcone”. Fra gli altri relatori va sottolineata la presenza dell’antropologo Michael Hesemann, che ha portato a conoscenza dei numerosi intervenuti il frutto delle sue ricerche sulle profezie, soprattutto in riferimento all’eclisse di sole dell’ 11 agosto 1999. Molto apprezzato l’intervento di Luigi Sirtori, uno dei fondatori della Comunità di San Patrignano, che ha presentato un filmato sulla storia di Vincenzo Muccioli, rispondendo poi alle domande del pubblico. Importante testimonianza è stata quella di Bell Hagbe Just e di Moise Ndjeng, rappresentanti delle comunità del Camerun. Per descrivere l’incontro con la Dott.ssa Maria Falcone, è bene iniziare proprio con le parole del nostro amico Bell Hagbe Just del Camerun, che nell’atto di porgerle il suo regalo personale dall’Africa si è così espresso: “… Quando ci saranno momenti nei quali si sentirà scoraggiata, non si fermi, vada avanti e ripensi a questo momento qui con noi… le saremo vicini…”. E’ il saluto che più di ogni altro sentiamo di dovere a Maria Falcone, una donna che dopo aver superato il dolore, non si è persa d’animo e raccogliendo una pesante eredità come quella lasciata da Giovanni, ha continuato a portare avanti quelle stesse idee per le quali il fratello è stato assassinato. Il servizio di sicurezza intorno a lei è stato una presenza costante, cinque uomini e due donne, oltre alla vigilanza all’hotel dove era alloggiata. E’ arrivata all’Associazione Giordano Bruno intorno alle ore 19 di sabato 7 agosto, in perfetto orario per la conferenza stampa. Presenti numerosi giornalisti provenienti dall’estero; Sudamerica, Messico, Spagna... è stata invece vergognosa l’assenza dei mezzi di informazione locali e nazionali e delle varie autorità. Grazie alle domande, comprese quelle del folto pubblico, si ha avuto modo di conoscere la sua grande e infaticabile determinazione ad andare avanti per portare una nuova cultura che possa abbattere definitivamente quella mafiosa. Questi i tratti più salienti dei suoi interventi alla manifestazione.
“… Per Giovanni l’ingiustizia più grande della morte sono state le grandi battaglie della vita, i contrasti che da tutte le parti gli impedivano di fare bene il suo lavoro. Diceva sempre che per poter lavorare bene in una situazione del genere, era fondamentale l’appoggio della società civile… una società che avesse voluto il suo lavoro… ma c’erano i giornali… quegli stessi giornali che erano a servizio del potere e che cercavano l’occasione per creare dei contrasti… Giovanni non si batteva solamente contro la mafia, ma bensì contro tutto quell’insieme di poteri occulti che, ‘dietro’ la mafia, lavoravano e lucravano grandi guadagni… La vera giustizia ci sarà quando saranno finalmente scoperti tutti i collegamenti con la politica e l’alta finanza. Dopo la morte di Giovanni è esploso finalmente il consenso della gente ed è proprio il consenso che ha aiutato i magistrati ad andare avanti… ma la gente dimentica con il passare degli anni ed è per questo che sono qui oggi a parlare, per non dimenticare… Se Giovanni non fosse morto, sarebbe l’uomo più perseguitato d’Italia… nessuno avrebbe potuto dire o fare quello che è stato fatto in questi anni… a Caselli non sarebbe stato permesso nemmeno di aprire la bocca…”. Oltre un’ora di domande e risposte che non hanno fatto altro che aumentare nel pubblico il desiderio di sapere, di conoscere. Il giorno seguente, dopo il saluto che dal cuore dell’Africa le veniva rivolto, Maria Falcone ha iniziato il suo dialogo con le persone intervenute: “…I giovani sono sempre gli stessi in tutte le epoche… ma adesso vedo dei giovani demotivati… noi dobbiamo lottare per sostituire nei giovani i valori come la giustizia a quelli del Dio denaro. Giovanni è morto perché credeva nella giustizia e credeva nella voglia di cambiamento della società… Alla base della mafia c’è il desiderio di denaro… Quando si pensa di aver risolto il problema ci si rende conto che non è così… la mafia si ricompatta, si riforma, è difficile combatterla a lungo… Quella più potente attualmente è la mafia russa. Una delle soluzioni per sconfiggerla è quella di togliere la povertà per fare in modo che non ci sia la ‘manovalanza’ e fare così il vuoto intorno all’organizzazione. Vi si potrà riuscire solamente quando sarà avvenuto un cambio generazionale, capace di creare una cultura giovanile che rigetti tutti quei ‘valori’ che sono alla base della cultura mafiosa. Una cosa è ‘mafia’ e un’altra è ‘mafiosità’ e cioè cultura mafiosa...
E’ estremamente importante il rapporto fra le polizie di tutto il mondo. Mi chiedo se è mai possibile che ci sia bisogno di un Giovanni Falcone ogni 10 anni per arrivare a fare una lotta istituzionale necessaria…?! Sei mesi prima di morire Giovanni disse <io mi chiedo sino a quando lo Stato italiano riterrà necessario fare alla criminalità organizzata una lotta degna della società civile… e quanti servitori dello Stato dovranno ancora morire?..>. Dopo la morte di Giovanni, quando dicevano <è tutto finito> io mi sono detta che non poteva essere finito… mi sono venute in mente le immagini del suo funerale… non potreste mai immaginare la ‘violenza’ di quei momenti… per tutta Palermo c’erano manifesti che recavano scritto una frase di Giovanni <Gli uomini passano, ma le loro idee restano… restano le loro emozioni che continuano a camminare sulle gambe degli altri>. Ognuno di noi deve fare la sua parte, piccola o grande che sia… Mi ricordo che una volta mi guardò e mi disse <… dobbiamo far presto, perché con le notizie che abbiamo, possiamo riuscire a fare grandi passi avanti…>… I legami tra Cosa Nostra, la politica e la finanza avrebbero potuto distruggere la democrazia italiana, abbiamo corso il pericolo di essere assoggettati ad una criminalità a livello di politica-finanza-mafia. Nel libro ‘Cose di Cosa Nostra’ Giovanni diceva che a volte all’interno della mafia, i ‘pezzi grossi’ avevano ‘voglia di Stato’ che non trovano nello Stato in cui siamo… Lo Stato siamo noi, sono le regole che devono essere rispettate. Giovanni aveva capito che la mafia si poteva combattere attraverso un insieme di iniziative diverse su diversi fronti, sul fronte della repressione attraverso l’opera dei magistrati e delle forze dell’ordine, attraverso gli insegnamenti, attraverso la cultura e soprattutto attraverso il risanamento economico-finanziario soprattutto nelle zone più povere d’Italia sempre per evitare la manovalanza della mafia… Se io sono qui adesso è anche per un motivo di fede, in un Dio… in una giustizia che gli uomini non possono garantire… Dopo la strage, abbiamo trovato sul collo di Giovanni una catena con una croce, se non avesse creduto completamente io penso che quella croce l’avrebbe levata. Non ci potrà essere giustizia fino a quando non saranno scoperti i mandanti occulti, è importante scoprire accanto alla Massoneria quella parte di politica, di finanza, quella parte delle istituzioni deviate alla quale Riina e Bagarella si appoggiavano per agire indisturbati sostenuti da quei poteri. Se ripenso alla strage di Via D’Amelio, mi viene in mente l’arrivo a Palermo dei carri armati, dell’esercito… dopo il primo momento di grande sconforto tutti noi palermitani capimmo che era importante per lo stato riconquistare il territorio che gli era stato tolto dalla mafia…”. Alla domanda <di chi si può avere fiducia> dopo un momento di riflessione la dott.ssa Falcone ha così risposto: “… Dell’altro. L’altro è per noi una risorsa importantissima… <io non sarei io se non ci fossi tu.>… noi non siamo dei soggetti che possono vivere isolati… bisogna cercare di avere fiducia e avere il coraggio di denunciare, andare avanti senza chiudersi nel proprio orticello… Quando penso alla storia dell’umanità, piena di ingiustizie, credo che ci vorrà molto tempo per creare una società diversa da quella che stiamo vivendo: una società che ha permesso la guerra in Jugoslavia o le stragi in Africa. Giovanni era convinto che si poteva vincere la mafia perché non c’era mai stata una vera e propria ‘lotta alla mafia’… La paura di morire?… Nei confronti della morte, noi siciliani, abbiamo una specie di fatalismo… con Giovanni non si parlava mai della ‘paura’, io credo che la paura sia una normale componente umana… a Giovanni era stato insegnato da piccolo che un uomo non doveva mai piangere… In un momento di grande tristezza, durante l’attentato all’Addaura, percepì la fine imminente e mi disse <…non è solo mafia, ci sono ‘alti poteri’ nascosti dietro…>. Il ‘comandamento’ che ci ha lasciato Giovanni è quello di fare il proprio dovere e di essere a posto con la propria coscienza…”. Si concludeva così il Pro Africa ‘99, l’incontro con la Dott.ssa Maria Falcone, con un applauso scrosciante come simbolico abbraccio di tutti i presenti. La lotta alla mafia non si può ancora dire vinta, <Calati juncu che passa la china> dice un proverbio siciliano, ma questa volta, se l’impegno cittadino sarà compatto, nessun ‘giunco’ si potrà rialzare dopo ‘l’onda della giustizia’, solo allora vorrà dire che il sacrificio di Giovanni Falcone, di Paolo Borsellino e dei tanti servitori dello Stato, non è stato vano.

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