TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

Continua l'allarme nucleare

Di Costantino           Paglialunga
 

 

Con l’attuale bombardamento NATO in Serbia è stato lanciato un drammatico appello affinché l’Istituto Vinca di Belgrado non venisse colpito dai continui raid aerei degli alleati, pena un disastro nucleare di enorme portata per i Balcani e l’Europa Intera. Via E-Mail è stato diffuso il seguente comunicato: “Cari amici, qualche volta quello che temiamo maggiormente sembra davvero sul punto di realizzarsi. Posso confermare che ci aspettiamo che gli aerei NATO bombardino l’Istituto Vinca. Nei giorni scorsi abbiamo anche ricevuto diversi avvisi in questo senso, ma oggi abbiamo avuto l’informazione come un serio avvertimento dalle più alte autorità. Il nostro reattore non sta lavorando da più di 15 anni, ma una quantità significante di U-235 arricchito e carburante non utilizzato, si trova ancora nel suo interno. Materiale altamente radioattivo è tuttora riposto in vari laboratori di ricerca. Ho paura che possa scatenarsi un grande disastro. E nel peggiore dei casi né i Balcani né l’Europa si salverebbero. Una catastrofe ecologica senza precedenti. Io continuo a sperare che il disastro possa essere evitato, prima che sia troppo tardi. Apprezzerei molto se ognuno provvedesse ad informare quanta più gente è possibile di questa eventuale tragedia”.
Petar Adzic

A prescindere se c’è stata o no strumentalizzazione da parte serba, dobbiamo ancora una volta convenire che l’umanità intera deve convivere con i gravissimi problemi ecologici causati dalla presenza di materiale radioattivo nel nostro pianeta.
Distinguere poi che tale materiale abbia finalità militari o civili non migliora assolutamente il discorso. Seppure non si sia ancora combattuta una guerra atomica vera e propria, non è più possibile al giorno d’oggi risolvere il problema del materiale nucleare in quanto molte nazioni, dalle più ricche alle più povere, posseggono ordigni nucleari. Finora sono stati costruiti migliaia e migliaia di missili atomici. Ci si chiede il perché, visto che ne basterebbero tre o quattro con le micidiali testate multiple per scatenare una progressiva ed irreparabile catastrofe e mettere così in ginocchio l’intera umanità. Dall’altro lato ci sono state e ci sono situazioni che vengono sistematicamente taciute o nascoste al grande pubblico. Come unico esempio riportiamo quello dell’esercito americano che ha “smarrito” decine e decine di bombe nucleari e addirittura alcune di esse sono rimaste seriamente danneggiate.
Se ripercorriamo la storia recente, a partire cioè dalla fine della seconda guerra mondiale, ci accorgiamo che l’attività tendente a sperimentare nuove tecnologie nucleari ha condotto l’uomo di questo pianeta ad effettuare ufficialmente 2070 esperimenti atomici così ripartiti: USA 1051, URSS 715, Francia 210, Gran Bretagna 44, Cina 42, India 6 , Pakistan 6. Molti di questi esperimenti sono stati effettuati sulla superficie del nostro pianeta ed altri nel sottosuolo e negli oceani. Ci si domanda ancora: ma dove è finita tutta l’energia liberata? Dove sono finite tutte le radiazioni sprigionate dalle bombe di spaventosa potenza?
Il nostro mondo sta attraversando un periodo di eccezionale gravità grazie a questo indiscriminato operare sulle sue risorse equilibratrici della sua natura cosmofisica. L’anello magnetosferico è stato minato nel suo processo fluidico e il nucleo igneo-cosmico è stato posto in uno stato vibrazionale anormale che potrebbe raggiungere il punto ipercaotico con conseguenze disastrose ed incalcolabili. L’asse magnetico terrestre compie oscillazioni paurose con il pericolo di una disastrosa fuga degli attuali poli. Tale pericoloso stress del pianeta ha avuto origine solo ed esclusivamente dall’attività nucleare e dalle forze energetiche negative da essa sviluppate.
Ad aumentare i pericoli nucleari c’è stata la dissoluzione della grande potenza atomica dell’URSS. Con il crollo del “muro di Berlino”, dalle repubbliche nuclearizzate dell’ex Unione Sovietica partirono colossali commerci di materiale nucleare con destinazione vari paesi mediorientali quali Iraq, Iran, Israele, Siria e Libano. Pure alcuni paesi asiatici ricevettero la loro dose di materiale nucleare e tra questi ricordiamo il Pakistan, l’India, l’Indonesia e la Corea del Sud. A questo commercio non mancarono nemmeno la Libia e il Sudafrica come pure l’Argentina.
I canali utilizzati sono stati gli stessi del traffico d’armi, di droga e di rifiuti tossici, con la differenza che in questo caso i materiali contrabbandati si chiamano Plutonio 239, Uranio 235, Uranio 238 e Mercurio Rosso, se non addirittura bombe nucleari. Gli Stati Uniti cercarono subito i ripari creando il Nest, cioè un gruppo di emergenza per la sicurezza nucleare, i cui membri cercarono immediatamente di comperare dalla Russia almeno 500 tonnellate di Uranio arricchito. A metà ‘92 il Presidente della Russia Eltsin cercò di affrontare definitivamente il problema nucleare. Egli propose un piano per riportare in Russia tutte le bombe e il materiale fissile stoccato nelle tre repubbliche nucleari. Con i soldi alla mano Eltsin convinse l’Ucraina, la Bielorussia e il Kazakistan a restituire le bombe ma nello stesso tempo la situazione si è aggravata. Anziché concentrare il tutto in arsenali vigilatissimi, la Russia ha sparpagliato le bombe in circa duecento località di cui nessuno, nemmeno il Presidente, può garantirne la sicurezza.
Una commissione occidentale che visitò uno di questi siti, rimase sbalordita per le scarsissime misure di sicurezza. Spesso i siti erano semplici capannoni industriali chiusi semplicemente a chiave. Il fatto più grave era già successo nell’Agosto del 1991 quando si arrivò ad una situazione di una pericolosità estrema. A Mosca si verificò una specie di golpe che costrinse Gorbaciov a sparire dalla scena mondiale. In occidente ci fu il panico! Che fine dovevano fare gli arsenali atomici e i missili balistici a testata multipla?
All’inizio del 1993 venne firmato a Ginevra tra USA e CSI (ex URSS) il trattato STAT II. Si doveva ridurre il numero dei missili strategici fino a 3500 complessivi per gli USA e 3000 per la Russia. Per far questo bisogna estrarre le sferette di Plutonio e Uranio 235, al ritmo di 8000 all’anno. Si è scoperto così che uscire dall’era delle armi nucleari è altrettanto difficile e pericoloso di quanto sia stato entrarvi. Questo perché non ci sarà sicurezza fino a quando non si sarà trovato il metodo per smaltire il Plutonio e renderlo definitivamente inutilizzabile a fini militari e non solo.
Tutte le sferette, per un peso complessivo di centinaia di tonnellate, saranno l’incubo della futura umanità. Lasceremo in eredità un quantitativo enorme di materiale fissile, cioè di una delle sostanze più radioattive, tossiche e difficili da smaltire esistenti nell’universo che è appunto il Plutonio 239.
Abbiamo assistito recentemente alla sfida nucleare tra Pakistan ed India. L’11 Maggio 1998 è iniziata una pericolosissima escalation di esperimenti nucleari in due stati asiatici dove tuttora regna grande povertà e miseria nella maggioranza della popolazione. Di nuovo si è temuto l’irreparabile: il governo dell’India ha compiuto esperimenti sotterranei nel deserto del Rajastan, facendo esplodere cinque bombe nucleari. Il governo pakistano ha risposto con cinque test nucleari. L’Inghilterra ha chiesto un summit delle otto nazioni più ricche del pianeta per porre fine all’insensato “duello”. Come risposta dopo due giorni il Pakistan ha fatto scoppiare una sesta bomba, mentre la popolazione festeggiava l’avvenimento.
Come se ciò non bastasse, con l’attuale guerra nella ex Jugoslavia, la NATO ha utilizzato munizioni composte nel loro involucro di uranio impoverito capaci di diffondere così scorie radioattive su tutto il territorio della Serbia. In verità gli americani hanno usato le stesse munizioni nella guerra del Golfo, scoppiata nel 1991 per liberare il Kuwait occupato dagli iracheni.
Risulta evidente che la contaminazione radioattiva proviene da molteplici fonti anche se possiamo riassumere il tutto con la provenienza di origine militare in quanto tutta l’attività nucleare è subordinata a tale richiesta.
Non è sfuggita a questa logica una nazione come Israele che già nel 1957 volle entrare in possesso dell’arma assoluta.
Con la complicità della Francia, strettamente legata militarmente, venne installato nel deserto del Negev un reattore atomico adatto alla costruzione di quest’arma terribile, supportato da un programma nucleare segreto. Il vero inizio di una simile collaborazione risale all’anno 1953, quando i due paesi firmarono un accordo di cooperazione nucleare che prevedeva, tra l’altro, il trasferimento di svariati scienziati israeliani a Saclay , fuori Parigi, ai quali venne data la possibilità di accedere ai dati tecnici necessari alla sperimentazione della bomba atomica. Il complesso del reattore di Dimona venne ultimato nel 1963 e fu gestito da almeno 2700 persone composte da scienziati e tecnici.
Le misure di sicurezza erano eccezionali: la sabbia all’interno del recinto che lo delimitava veniva spazzata ogni giorno per scoprire tracce di eventuali intrusi e qualsiasi velivolo lo avesse sorvolato sarebbe stato abbattuto prontamente. Il cuore dell’impianto per la lavorazione della bomba era una struttura sotterranea a sei piani. Secondo le informazioni dei servizi segreti americani dell’epoca, si venne a sapere che tale impianto avrebbe dato agli israeliani la possibilità di fabbricare almeno una bomba atomica all’anno. Anche gli Stati Uniti non erano estranei alla realizzazione di un simile impianto. Abbiamo riportato questo esempio eclatante, in quanto ci fa ricordare il patto che questo popolo fece con il nostro Creatore e per questo venne denominato il Popolo di Dio. Un popolo che avrebbe dovuto far proliferare il proprio spirito per il rispetto delle leggi Universali e per la difesa della vita sotto tutti i punti di vista.
Un popolo che oggi, con l’accettazione del nucleare così come viene attualmente gestito, si comporta in maniera nettamente opposta ai desiderati divini.
Nessuno di noi può dirsi immune dall’influenza della scienza nucleare asservita al potere egemonico militare ed economico che ha dato sino ad oggi nefasti risultati sotto tutti i punti di vista. Non è possibile continuare con l’attuale logica. Non è possibile arrivare a costruire un mondo migliore se si continua a persistere in queste nefaste applicazioni.
E soprattutto stiamo lasciando ai nostri figli un’eredità pesantissima e piena di oscuri presagi.
Le centrali nucleari, nonostante i gravi problemi di manutenzione e gli incidenti tipo Chernobyl o Tree Mile Islandm, creeranno gravissimi problemi ecologici quando dovranno essere smantellate.
Eppure la vera scienza aveva le capacità per non percorrere questa strada che ci porterà inevitabilmente alla vera sconfitta.

VANUNU, L’UOMO CHE SAPEVA TROPPO
Il 30 settembre del 1986 Mordechai Vanunu viene rapito in Italia dai sevizi segreti israeliani e rinchiuso nella prigione di Ashkelon, dove sta scontando da 12 anni, di cui 11 in isolamento, la sua colpa. Egli ha infatti commesso il tremendo errore di rivelare al mondo che Israele possedeva già allora almeno 200 testate nucleari prodotte nella centrale di Diona, nel deserto del Negev, dove Mordechai lavorava in precedenza.
Più volte il prigioniero ha fatto domanda per ottenere la libertà condizionale, ma gli è stata negata perché considerato un pericolo per la sicurezza nazionale.
“ In realtà Vanunu dopo tanti anni non ha più niente da rivelare; le ragioni della sua detenzione sono in parte la vendetta e soprattutto la deterrenza, rispetto agli altri interventi nuclearisti” ha dichiarato il premio Nobel per la pace Joseph Rotblat durante un intervento alla conferenza internazionale “ Libertà per Vanunu - per un mondo libero dal nucleare”. Rotblat si è detto inoltre convinto che “solo una pressione dall’esterno può far sì che Vanunu diventi per Israele più scomodo in carcere che libero.”
Sono molti gli scienziati che fanno parte del comitato per la liberazione di Vanunu e per la messa al bando delle armi nucleari, tra i quali il fisico italiano Francesco Calogero che ha dichiarato: “ Che lo stato ebraico sia una potenza atomica è un fatto noto, ma mai riconosciuto ufficialmente. Non già in ossequio al trattato di non proliferazione nucleare, che Israele non ha firmato, quanto per via dei rapporti con gli Stati Uniti. Una legge Usa prevede sanzioni per i Paesi
che pianificano il loro sviluppo nucleare. Ecco perché gli americani pretendono di non sapere che Israele ha la bomba.” Il timore è infatti che Vanunu, una volta uscito, sveli l’inghippo.
“Ferma il treno al capolinea c’è il disastro atomico”, recita una poesia di Vanunu dal carcere.
( fonte: Avvenimenti 9 maggio 1999 )

URANIO IMPOVERITO
L’uranio impoverito è un prodotto collaterale altamente tossico e radioattivo del processo di arricchimento dell’uranio. E’ chiamato così perché il contenuto dell’isotopo dell’uranio U-235 è ridotto dallo 0,7% allo 0,2%, durante il processo di arricchimento dell’uranio. (Durante il processo di arricchimento, l’U-235 che è fissionabile, viene separato dall’uranio naturale che ne contiene pochissimo). Sostanzialmente è un isotopo dell’uranio, l’U-238 che costituisce anche il 99% dell’uranio naturale. Questo uranio esausto ha una radioattività pari al 60% di quello naturale. Il tempo di dimezzamento è di 4,5 miliardi di anni. Questo tipo di ordigno è in realtà un’arma a lunga durata i cui effetti non si conoscono ancora.
Gli Stati Uniti, nella guerra del Golfo e nell’attuale guerra in Kosovo ha ammesso, sebbene a denti stretti di aver utilizzato proiettili all’uranio impoverito.
Dopo aver colpito il bersaglio, il proiettile rilascia nell’aria l’ossido di uranio che è altamente tossico per l’uomo e inquinante se disperso nell’ambiente. L’effetto delle radiazioni è di due tipi: irraggiamento e contaminazione. L’irraggiamento avviene quando si è esposti al bombardamento di particelle radioattive, mentre la contaminazione può avvenire tramite la manipolazione, l’inalazione o l’ingestione di materiale radioattivo. Prima di impiegarlo con questa metodologia gli Stati Uniti definivano i residui di uranio impoverito come “scorie nucleari”, oggi come “armamento convenzionale”.
Gli Stati Uniti, in conseguenza di cinquanta anni di arricchimento di uranio per le centrali nucleari e per la fabbricazione di armi nucleari ne detengono 2 miliardi di chili.

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