TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

Quello che non ci dicono sul conflitto jugoslavo

Di Roman Ribera
 

 

Le atrocità che si stanno commettendo in Jugoslavia non sono unicamente responsabilità di Milosevic, nonostante quanto trasmesso dalla propaganda che invade i mezzi di comunicazione. Si sta cercando di demonizzare solo i serbi, dimenticando che, secondo quanto assicura l’autore di quest’articolo, dietro l’intervento della NATO si cela un’oscura rete di interessi internazionali.

Hitler invase la Cecoslovacchia nel 1938 con il pretesto di fermare la guerra di sterminio che sembrava si stesse svolgendo contro la popolazione tedesca del Sud-Est, dove il partito tedesco eseguì alla perfezione il suo ruolo di agente provocatore, scatenando la reazione repressiva del governo ceco, immediatamente presentata dalla stampa nazista come una campagna di violazione alle madri tedesche e di crudeltà contro bambini indifesi.
Nei Balcani è accaduto qualcosa di simile. Le preoccupazioni umanitarie si sono trasformate, primo, in scuse per portare a termine un piano chiaramente precostituito e, poi, in annunci pubblicitari che alimentano l’industria dell’accordo. Le menzogne, le manipolazioni e i montaggi si susseguono senza tregua dall’inizio del conflitto.

UN MONTAGGIO PREMEDITATO.
Curiosamente, l’ipocrisia si riflette generosamente in uno dei principali attori del raggiro: William Walker, il capo dell’équipe degli ispettori della OSCE in Kosovo. Il rapporto che realizzò a metà gennaio su un supposto massacro di civili a Racak servì alla Nato per giustificare i suoi bombardamenti. L’indignazione espressa da Walker davanti alle telecamere della televisione non è stato che l’alibi per avviare il conflitto. Dettò la sentenza senza verificare i fatti e manipolò deliberatamente la realtà. Mentre i grandi mezzi di comunicazione di massa ripetevano il ritornello, il rapporto di un’équipe di medici forensi finlandesi, al quale solo il giornale francese “LE MONDE” ha prestato attenzione, demoliva l’imbroglio: gli albanesi-kosovari di Racak non erano civili indifesi, la prova della paraffina evidenziò chiaramente che erano morti sparando, vale a dire, erano membri dell’esercito del Kosovo (UCK) che dopo essere caduti combattendo contro le truppe serbe, furono svestiti e rivestiti con abiti civili.
Questi lavoretti non erano nuovi per Walker. Costui aveva perfezionato il suo curriculum lavorando come ambasciatore a El Salvador tra il 1988 e il 1992. All’alba del 16 nov. del 1989, “soldati d’élite” ecuadoriani attaccarono la sede dell’Università Cattolica Centroamericana (UCA), tirarono giù dai loro letti 6 sacerdoti - tra cui gli spagnoli Ignacio Ellacurta e Martin Baró- 2 impiegati e li crivellarono di colpi. Stando all’opinione dei compagni dei religiosi, William Walker fu silenzioso complice del massacro.
Se nel Salvador la raccomandazione ufficiale dell’ambasciatore statunitense fu di lasciar condurre all’esercito salvadoregno la sua propria investigazione su quegli omicidi, nel Kosovo non solo non è stato permesso questo all’esercito serbo, ma ai medici forensi finlandesi sopracitati è stata negata la possibilità di spiegare le loro conclusioni nel corso dei telegiornali.
L’immagine avvilente dei serbi, trasmessa continuamente dai periodici e dalle catene televisive, non è un dono della libera informazione, anche se la pulizia etnica e le atrocità commesse contro gli albanese-kosovari e anche contro l’opposizione interna al regime di Milosevic sono indubbie. Il fatto è che ci stanno raccontando solo una faccia del conflitto, apertamente manipolata al fine di portare l’opinione pubblica a pensare che solo i serbi siano colpevoli. Per Jacques Merlino, autore de “La verità sulla Jugoslavia” la realtà non si sta riferendo onestamente. Questo ex-editore di “France 2 TV” impattò con la reale dimensione della propaganda quando intervistò James Harff, direttore della “Ruder Finn”, una ditta di pubbliche relazioni implicata nelle manovre della CIA. Dopo aver ascoltato le spiegazioni di Harff su come era stata fabbricata la cattiva fama dei serbi - che sfortunatamente si appoggia su una base reale - Merlino confessò di sentirsi “rattristato e spaventato nel vedere tanti intellettuali intrappolati in una rete di inganni organizzata da mercanti di maschere, senza grande cultura, professionisti che svolgono bene il loro lavoro, che sanno dove andare, colpire, far del male, senza rimorsi, pensando solamente al proprio beneficio”.
I governi di Croazia e Bosnia e l’UCK sono clienti della “Ruder Finn”, tra i cui successi imprenditoriali figurano la diffusione mondiale di impatti televisivi che alimentarono l’avversione verso i serbi ai quali si attribuirono diversi attentati terroristici, come quello effettuato al mercato centrale di Sarajevo, opera in realtà dei musulmano-bosniaci di Alija Izetbegovic.
Quello di fomentare l’odio e, specialmente, di denigrare i serbi è un affare che ha un nome nell’agenda della CIA: Operazione Radici, che ricompensa con 200.000 dollari chiunque fornisca fotografie o video che mostrino atrocità commesse dai serbi. L’8 aprile Jurgen Reents, portavoce del SDP (Partito Social Democratico) tedesco portò alla luce documenti nei quali è chiara l’intenzione della NATO di prefabbricare la crisi dei profughi.

CI SONO ANCHE PROFUGHI SERBI.
Il programma stabilito dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), il quale esigette un durissimo rimpasto economico come condizione necessaria per la concessione alla Jugoslavia di una serie di crediti, scatenò la disintegrazione di questo paese. Nel 1991 si produssero le secessioni di Croazia e Slovenia ; fu poi il turno della Macedonia e della Bosnia - Erzegovina e le guerre successive resero più facile il raggiungimento dello scopo del FMI, la responsabilità del quale, nella catastrofe, è stata fedelmente esposta da Michel Chossudovsky, professore di economia all’Università di Ottawa.
Di fatto i serbi hanno subìto quasi in silenzio la sofferenza dell’esodo : centinaia di migliaia di rifugiati, dei quali 150.000 dovettero uscire dalla regione croata della Kraijna in soli quattro giorni nel mese di agosto del 1995. I mezzi di comunicazione di massa, oggi così tanto costernati, non si degnarono di appellarsi a nessun tribunale internazionale perché si occupasse dei responsabili: le forze croate, appoggiate e dirette dal Military Professional Resource, un paravento dei generali statunitensi e della CIA.

STANNO MANIPOLANDO L’INFORMAZIONE.
La lista delle falsificazioni e omissioni aumenta quotidianamente. L’international Action Center, un foro alternativo di dibattito che studia, tra gli altri, il tema delle conseguenze dei conflitti in Iraq e in Jugoslavia, presieduto dall’ex-procuratore generale statunitense Ramsey Clark, è ancora preoccupato per la somministrazione di notizie che funzionano come armi da guerra nelle coscienze, come è accaduto nelle crisi del Golfo. Come già accaduto in Iraq la pioggia di missili all’uranio lascia pochi dubbi sul destino di coloro che torneranno ad abitare in Kosovo: una condanna sicura al cancro e alla leucemia per intere generazioni. Prima di diventare celebre in seguito alle minacce proferite a Rambouillet, Madeleine Albright dichiarò a una giornalista (sembra che adesso nessuno ricordi il suo grado di “umanità”) che la morte di un milione di bambini iracheni era “il giusto prezzo che Saddam Hussein merita di pagare come punizione politica”.
In questa sede esponiamo solo alcuni stratagemmi disponibili sul catalogo. Per quanto riguarda il montaggio fotografico della NATO volto a mostrarci il lato diabolico dei serbi (non era forse già comprovato?) il giornale Algemen Dagblad si fece portavoce del rapporto di E. Burie un perito fotografico olandese : i massacri nei villaggi kosovari di Pusto, Selo e Izbica non sono esistiti, sono dei montaggi. In una delle fotografie si vede un palazzo nello stesso luogo in cui soltanto due giorni prima l’Alleanza Atlantica aveva scoperto una fossa comune.
Più di 30.000 profughi serbi di Croazia, alloggiati in alberghi serbi, sono rimasti di nuovo senza tetto a causa delle bombe della NATO. Ma questi fatti non hanno rilevanza informativa, sono invisibili. I bersagli superano la dozzina: Uranje, Prokuplje, Leskovac, Pristina, Gnjilanc, Prizren, Kraljevo, Lucani, Nis, Sremska, Mitrovica, Kursumlija...
Secondo informazioni reperite dall’International Action Center, a Rozaje (Montenegro) l’UCK registra i nomi dei rifugiati albanese-kosovari, molti dei quali, dopo aver attraversato la frontiera albanese, vengono obbligati dai soldati della Marina statunitense ad arruolarsi nella guerriglia. L’allenamento delle reclute spetta alla SAS britannica e alla Military Professional Resources Inc. Gli anziani, le donne e i bambini vengono portati nei campi profughi.
La NATO minaccia di bombardare la radiotelevisione serba se questa non le permette di trasmettere la buona novella degli alleati. Il 23 aprile le bombe distruggono questa emittente televisiva e uccidono 15 persone. Alla stessa ora del bombardamento un presentatore della CNN sollecita un’intervista via satellite al ministro dell’informazione serbo. Si tratta di un’operazione della CIA, in accordo con l’investigatore statunitense Sherman H. Skolnick, che potrebbe prendere il nome di “Esclusiva in diretta”.

SOLDI SPORCHI DAL TRAFFICO DI DROGA.
In questo momento il dibattito centrale della stampa consiste nel valutare la convenienza di un attacco di terra che, secondo alcuni, potrebbe portare ad un nuovo Vietnam nei Balcani. Come per il Paese asiatico gli interessi del narcotraffico giocano - questo è un altro lapsus dei grandi mezzi di comunicazione - un ruolo fondamentale nella storia del conflitto. In accordo con le molteplici fonti di polizia e giudiziarie l’UCK, aiutato dalla NATO, è attualmente la numero uno delle mafie dell’eroina in Europa anche se certi gruppi paramilitari serbi non sono da meno. L’osservatorio geopolitico delle droghe, organismo vincolato all’UE ha realizzato dei rapporti su questo tema.
Il maggior fornitore di morte mai esistito in Svizzera è, secondo il magistrato svizzero Marc Pelle, Musa Rifat Salmani, fornitore di munizioni dell’UCK. Nel corso di una conversazione registrata dalla polizia antidroga italiana si sente la voce di Agim Gashi, il re dell’eroina a Milano e capo mafia a Pristina, che dice: “Inondiamo i cristiani infedeli con la droga”. Gashi fornisce all’UCK lanciagranate e Kalashnikov. Simili racconti sono apparsi nel “Prague Post” e nel “Lidovi Noviny”, in riferimento ai collegamenti della rete mafiosa dell’UCK nella Repubblica ceca e in Norvegia.
Il 5 maggio la stampa portoghese (“El diario de Noticias “ di Lisbona e l’emittente radiofonica TSF) rivelò, tra le altre cose, che le mafie albanese e italiana stanno usando i camion della Croce Rossa Internazionale per fornire un vasto arsenale all’UCK. I carichi segreti etichettati come aiuti umanitari della Croce Rossa, sono organizzati dalle mafie albanese e italiana. Al posto degli alimenti, sotto la bandiera della Croce Rossa si nascondono, sempre secondo il giornale, “granate, bombe e missili. Più di trenta camion che partirono dalla Germania nel convoglio di aiuti per i rifugiati furono fermati nel porto di Bari con decine di tonnellate di armi destinati all’UCK”. Questa cooperazione non scopre niente di nuovo se facciamo riferimento a fatti che sono di dominio pubblico: il maggiore garante politico dell’UCK negli Stati Uniti è Bob Doll, leader del partito repubblicano e candidato alla presidenza nelle ultime elezioni, un’ambizione alla quale attualmente si dedica sua moglie, Elisabeth Doll, dopo aver lasciato recentemente la presidenza della Croce Rossa Internazionale.
Altri precedenti non sono meno curiosi: malgrado l’embargo decretato dall’ONU (che aveva proibito la vendita di armi a tutte le parti del conflitto di Bosnia) l’amministrazione Clinton fece una replica dell’Iran-Contra in Bosnia: armi e droga. L’ironia è che l’implicazione coinvolgeva il violatore dell’embargo, la forza militare degli Stati Uniti, e quelli che avrebbero dovuto controllarne l’osservanza, e quindi le truppe dell’ONU (secondo quanto spiegava Ben C. Vigden in Nexus Magazine). Nuova Zelanda, Pakistan, Israele e Indonesia chiudevano il cerchio (la trama). Due giorni prima che venisse pubblicato un articolo su questo tema nel “Los Angeles Times”, l’aereo in cui volava Ron Brown, ministro del commercio nordamericano - strettamente legato alla “Connection Indonesia” del presidente Clinton - precipitò in Croazia. La versione ufficiale della catastrofe era piena di punti oscuri. Quattro medici forensi dell’esercito nordamericano persero il loro posto di lavoro dopo aver spiegato la causa della morte di Brown: un foro da pallottola sulla testa. Il controllore aereo croato si suicidò un’ora prima del suo appuntamento con le autorità che lo avrebbero dovuto interrogare sulle circostanze dell’accaduto.
La relazione dei Clinton con l’Indonesia avviene tramite il gruppo “Lippo” del quale sono entrambi azionisti. Come è stato denunciato nel “Conspiracy Nation”, Sherman H. Skolnik, Lippo ha riciclato “centinaia di milioni di dollari provenienti dal traffico di droga mascherandoli da transazioni commerciali nei mercati della soia attraverso enti finanziari come il Chicago Board Mercantile Exchange”. Secondo Skolnik da questi soldi uscirono i contributi per la campagna presidenziale di Clinton il quale vista la mediazione dei Riady, proprietari del Lippo, sarebbe probabilmente vincolato alle società segrete che gestiscono il crimine organizzato in Asia.
Per esigenze di copione è necessaria l’esistenza di eroi e cattivi. In certe occasioni i nemici sono maggiormente utili, al raggiungimento dello scopo, degli amici più cari. Se non esistesse Milosevic, bisognerebbe inventarlo, come è stato fatto con Saddam o con Noriega.
Di fatto la CIA e l’organizzazione militare inglese e americana disegnarono in buona parte il loro percorso politico. La direzione federale di fornitura dell’esercito jugoslavo realizzava negli anni ‘80 le sue transazioni finanziarie attraverso “la Beobanka”, una banca con sede centrale a Belgrado. L’attuale presidente serbo Solobodan Milosevic era direttore della succursale di tale banca a New York, nello stesso periodo in cui Lawrence Eagleburger, presidente della “Kissinger Associates” rivestiva il ruolo di ambasciatore degli Stati Uniti in Jugoslavia. Tra i soci più rilevanti troviamo l’ex- segretario nordamericano Henry Kissinger e Lord Peter Carrington, ex- segretario britannico degli affari esteri e a capo di una missione di pace dell’Unione Europea in Jugoslavia.
Eagleburger, il quale fu direttore dell’ITT e assessore della delegazione statunitense nella NATO, sedeva anche nel consiglio direttivo di “Yugo America”, la cui reale proprietaria era Zavodi Crvena Zastava, una fabbrica serba di armamenti che esportava in Libia e Iraq. Nel 1989 la Ljublhanska, Banka Slovenia (LBS), una banca della quale lo stesso Eagleburger faceva parte del direttivo (secondo quanto spiega Ivo Skoric in “Una storia della guerra in Croazia”) fu protagonista di uno scandalo quando si rifiutò di restituire i depositi dei risparmiatori che non risiedevano in territorio sloveno; in totale 600 milioni di dollari. Quasi nello stesso periodo la filiale newyorkese dell’LBS fu citata in giudizio in un caso di riciclaggio di dollari provenienti dal narcotraffico. Una quarta parte degli affari dell’LBS proveniva dalla succursale della BNL di Atlanta, strettamente relazionata con Henry Kissinger, George Bush e Hillary Clinton.
Gli indizi della partecipazione nel narcotraffico della BNL di Atlanta, questa volta per il finanziamento dell’esportazione di armi a Saddam Hussein, emersero poco dopo in sede di commissione parlamentare italiana attraverso la quale venne alla luce una rete di operazioni sporche dirette dalla CIA. Nel novembre del 1996 Marianne Gasior, ex-avvocato della ditta “Kennametal Inc.” disse a “The American Spectator” che Hillary Clinton era direttamente vincolata all’operazione clandestina della CIA che esportò armi in Iraq”. Nel corso dell’operazione, la “Kennametal” lavorò con la “Lafarge Corporation al consiglio della quale si unì Hillary nel 1990 e nella quale erano azionisti anche Bush e i finanzieri Richard M. Scaife e Jackson Stephens, come rivelò l’esperto in riciclaggio di capitali Orlin Grabbe. Gasior assicurò che, per evitare un danno collaterale a Hillary Clinton, il Dipartimento di Giustizia ricevette l’ordine di seppellire l’investigazione.
Da alcuni mesi gli Stati Uniti bombardavano il Sudan e l’Afganistan. Il pretesto era quello di castigare un antico mercenario della CIA, Osama Bin Laden, “il terrorista più pericoloso dell’integralismo islamico”, secondo l’amministrazione nordamericana. Oggi, il principale appoggio dell’UCK in Albania è Bin Laden, il quale appoggiò anche un altro narcotrafficante protetto dalla CIA, il leader del Partito Islamico afgano Qulb-Ud-Din Hekmatyar, che raggiunse la carica di primo ministro. Questa incoerenza non è stata segnalata da nessun cronista. Osma Bin Laden, che ha conti in sospeso con la giustizia statunitense, gode di una protezione al più alto livello. L’investigatore Sherman H. Skolnick mi raccontava che John D. Rockefeller è socio di Bin Laden; nessun giudice statunitense oserà sequestrare i suoi conti bancari multimilionari.
Le conclusioni sono ovvie: quando questo conflitto terminerà l’FMI, le reti di narcotraffico e il resto delle organizzazioni e dei personaggi le cui attività e relazioni stiamo svelando in questo articolo, avranno il via libera per godere del controllo economico della zona. E’ duro da accettare il fatto che la NATO continui a dire che l’intervento armato in quel tratto d’Europa ricco di risorse quali lo zinco, l’oro, il magnesio e il petrolio, sia attuato solo in difesa della popolazione albanese-kossovara.

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