Le
ipotesi conclusive formulate dagli inquirenti, sulle cause del disastro di Ustica, non
trovano riscontro negli elementi a disposizione; i principali motivi che spingono ad
affermare ciò sono i seguenti: laereo-bersaglio é un piccolo velivolo in scala,
senza pilota, che viene lanciato da un aereo in volo e radioguidato da un aereo in volo o
da ununità navale. Qualora tale aereo-bersaglio si fosse avvicinato
allaerovia civile "Ambra 13", e quindi al jet dellITAVIA,
laddetto al suo controllo lo avrebbe immediatamente rilevato sullo schermo radar e,
di conseguenza, avrebbe modificato la sua rotta, e se le circostanze lo richiedevano,
avrebbe avvertito il pilota dellaereo civile del pericolo. Se poi, per cause
tecniche, laereo-bersaglio non avesse risposto alla modificazione di rotta,
laddetto al suo controllo avrebbe potuto inviare al meccanismo un radiosegnale per
la sua autodistruzione in volo. Ora, solo ammettendo che la radio del bersaglio si fosse
guastata al pari del meccanismo per lautodistruzione, che per una "fatale
coincidenza" il piccolo velivolo si fosse immesso sulla rotta del DC-9 e lo
tallonasse, che nessuno avesse avvertito di ciò il pilota del jet militare in
esercitazione e, infine che questultimo non si fosse reso conto di trovarsi in
prossimità dellaerovia civile, e di avere sul proprio schermo radar due segnali, di
cui uno di dimensioni molto maggiori rispetto a quelle di un congegno bersaglio, solo
considerando tali circostanze valide, lipotesi formulata dagli inquirenti potrebbe
essere accettabile. In ogni caso, pur ammettendo il verificarsi di una simile serie di
"coincidenze", il che statisticamente é poco più che assurdo, resterebbero da
chiarire i seguenti interrogativi:
Se la
traccia rilevata dal radar-Roma, avente la velocità di circa1250 Km/h, indica un missile
intercettore, lanciato dallipotetico jet militare e transitato, senza esplodere tra
i 5 e gli 11 Km, dalla prua del DC-9, cosa ha determinato lesplosione
dellaereo civile?
Se,
invece, la traccia avente la velocità di 1250 Km/h rappresenta un caccia militare in
unazione dintercettazione, dové il segnale indicante il missile diretto
contro il cargo civile?
Secondo
un comunicato rilasciato dallAeronautica Militare Italiana (1°can. Tv, telegiornale
ore 20,00 ediz. Del 17 dic. 80) se la traccia, viaggiante a circa 1250 Km/h fosse
stata quella di un missile, sullo stesso schermo radar si sarebbe dovuto vedere,
necessariamente, anche la traccia indicante il velivolo da cui sarebbe partito. Inoltre,
segue il comunicato, per quanto riguarda la base aerea militare di Perdasdefogu (in
Sardegna), al momento del disastro, non svolgeva attività, né vi erano in volo caccia
italiani. Pertanto, conclude il comunicato, qualora venisse accertata lipotesi del
missile, esso potrebbe essere stato lanciato solo da bordo di ununità navale con il
preciso scopo di abbattere laereo civile, in quanto tale tipo di proiettile ha
bisogno di essere guidato sul bersaglio dal radar di bordo del natante stesso. Perché gli
inquirenti non si sono espressi sulla veridicità, o meno, delle affermazioni contenute
nel suddetto comunicato militare?
Se la
traccia radar, viaggiante a circa 1250 Km/h, indica un caccia militare in esercitazione, resta da spiegare perché il pilota avrebbe effettuato una manovra
di intercettazione errata, avvicinandosi al bersaglio con un angolo di circa 90°, mentre,
la manovra corretta, affinché il missile non andasse perso nel vuoto, sarebbe stata
quella di lanciare tale proiettile in rotta di collisione con il bersaglio, o al massimo
con uno strettissimo angolo acuto rispetto a questi. Ciò significa, quindi, che il caccia
in questione, sia che fosse armato con missili a testata autocercante, sia che disponesse
di missili teleguidati dal proprio radar di bordo, avrebbe dovuto, in entrambi i casi,
eseguire la manovra di lancio di uno dei propri missili tenendosi in coda allaereo
da colpire; ma da un angolo di 90°, come risulta, invece, dalla misteriosa traccia del
radar-Roma. Traccia che, in effetti, a questo punto identificheremo come UFO, ossia
oggetto volante non identificato. A questo proposito gli inquirenti hanno affermato che
gli esami effettuati sui tracciati radar a disposizione di Enti qualificati come
lamericana N.T.S.B (National Transport Safety Board) e della McDonnell Douglas
(Società costruttrice del DC-9), avrebbero identificato, nella traccia misteriosa, un
caccia nella tipica manovra dattacco. In realtà ciò é falso in quanto un anno
dopo, esattamente il 19/08/1981, lo scontro aereo tra caccia americani e libici sul Golfo
della Sirte, in occasioni di manovre militari USA, ha dimostrato che la tipica manovra
dattacco di un caccia intercettore é ben diversa da quella effettuata
dalloggetto misterioso rilevato sui tracciati radar riguardanti il caso Ustica.
Difatti, da quanto illustrato dagli stessi piloti americani coinvolti nello scontro aereo,
in una pubblica conferenza stampa tenutasi sulla portaerei USS Nimitz ancorata nella rada
di Napoli, si rileva che mentre il missile lanciato dal caccia libico ha mancato il
bersaglio in quanto lanciato da una posizione quasi frontale rispetto agli intercettori
USA, i missili di questi ultimi hanno centrato il bersaglio, rappresentato dai due caccia
Libici, in quanto lanciati dopo che caccia americani si erano posti in coda ai Su-22 in
fuga verso il sole per abbagliare gli avversari; lanciati da una tale posizione é stato
uno scherzo per i missili agli infrarossi americani, seguire e centrare i loro bersagli.
Un ulteriore convalida al fatto che il presunto caccia aggressore di Ustica non ha
effettuato una corretta manovra dattacco nei confronti del DC-9, contrariamente a
quanto si afferma negli ambienti ufficiali, ci viene dal tragico caso dabbattimento
di un Boeing 747 sud coreaneo da parte di un caccia intercettore sovietico SU-15, avvenuto
ad ovest dellisola di Sakhalin (URSS) il 31/08/1983. Difatti, anche in questa
occasione, come si rileva dalle registrazioni delle conversazioni tra gli aerei Sovietici
e la loro base a terra, il caccia sovietico si é posto in coda al Jumbo della Kal prima
di lanciargli contro i suoi missili aria-aria agli infrarossi, aventi un raggio
dazione di 10 Km. Per quanto riguarda la distanza tra lUFO e il DC-9 Itavia,
questultimo era chiaramente visibile ed identificabile (come cargo civile) dal suo
presunto aggressore sin dal suo, primo rilevamento radar che lo posizionava tra 3,7 e 7,6
miglia nautiche dal DC-9 (tra Km 6,859 e Km 14,090).Difatti, nel caso dello scontro sul
golfo della Sirte tra aerei USA e libici i primi identificarono visivamente i secondi
ancora quando si trovavano a 8 miglia nautiche di distanza, cioé a 14,832 Km. Ciò
significa che qualora loggetto volante non identificato del caso Ustica (qualunque
sia stata la sua natura) fosse direttamente responsabile della distruzione del cargo
civile, la sua azione sarebbe stata premeditata e volontaria, non un "incidente"
come, invece, affermano le autorità ufficiali. Si precisa, altresì, che le condizioni
meteo e di visibilità erano ottime in ambo i casi sopra citati. Un ulteriore enigma é
rappresentato dal fatto che qualora loggetto sconosciuto rilevato dai radar civili e
militari a terra fosse stato un aereo intercettore questi sarebbe stato certamente
rilevato dal radar di bordo del DC-9; in questo caso, data anche la sua esigua distanza
dal cargo civile, il pilota del jet in questione avrebbe immediatamente richiesto la sua
identificazione al più vicino centro di assistenza o aeroporto; invece nessuna
segnalazione in tal senso è stata mai effettuata dai piloti del DC-9; o forse, più
semplicemente, non é stata mai ammessa ufficialmente?Gli inquirenti sembrano ignorare
tutto ciò: grave incompetenza, o voluta negligenza?
Come riferisce il
quotidiano "Il Corriere della sera" (organo di stampa poco incline alla
pubblicazione di notizie incontrollate) nella sua edizione del 10 Agosto 1980, sui
tracciati radar si rilevano, in particolare, almeno due tracce "spurie", cioé
non riconducibili al DC-9, disposte una a destra e laltra a sinistra del bireattore
Itavia; tali tracce vengono rilevate dal radar sia prima che dopo lesplosione del
cargo civile. Se tali tracce fossero pezzi del DC-9 esploso, la loro distanza sul grafico
farebbe pensare che sono stati "sparati" a migliaia di Km/h, cosa, questa,
improbabile, se non impossibile. Tali tracce, invece, potrebbero essere due aeromobili con
una velocità compresa tra gli 800 ed i 950 Km/h. La presenza di queste tracce
"spurie" sul radar-Roma è stato tanto clamorosa da richiedere, nei mesi
seguenti, un controllo incrociato, con sofisticate apparecchiature, presso enti americani,
quali il Federal Aviation Administration (F.A.A), il National Transport Safety Board
(N.T.S.B.) e la stessa McDonnell Douglas, rispettivamente organi governativi statunitensi
e la casa costruttrice del DC-9. I risultati di tali controlli sulle registrazioni radar
trapelarono alcuni mesi dopo. In proposito, il serio organo di stampa, "Washington
Post", nella sua edizione del 18 dicembre 1980 (come riportato dal quotidiano
"Il Giornale dItalia" ediz. del 19 dicembre 1980), in un servizio sugli
sviluppi in Italia della vicenda del DC-9 precipitato nel Mar Tirreno, affermava che,
"ad aumentare il mistero vi erano notizie, diffuse a Washington, della presenza di un
segnale inspiegato sulle registrazioni dei rilevamenti radar dellapparecchio
dellItavia".
Esperti americani che hanno indagato su invito del governo Italiano - continuava il
giornale statunitense - hanno detto che "i segnali spiegano ben poco con certezza,
sebbene indichino che, in effetti, qualcosa si trovava nel cielo, vicino allaereo,
immediatamente prima che questi precipitasse in mare". A questo punto, il giornale
riepiloga anche le varie ipotesi avanzate in merito in Italia. Pare, per esempio, che
stando almeno ad alcuni esperti, pochi minuti prima del disastro, dinanzi al DC-9 Itavia,
come risulterebbe dalle registrazioni radar, sia passato un aereo, forse militare. Fra i
due velivoli, comunque, non ci sarebbe stata collisione. Subito dopo, poi, vi sarebbe
stata lesplosione in volo del DC-9 Itavia.
Dopo aver riepilogato queste ipotesi, il giornale riporta poi le conclusioni a cui é
giunto, dopo vasti studi sulle registrazioni radar, il " Consiglio Nazionale sulla
Sicurezza dei Trasporti" (N.T.S.B.). Secondo gli esperti del N.T.S.B., un qualche
oggetto, diverso dal DC-9 Itavia, si trovava nelle immediate vicinanze del cargo civile
subito prima che questi scomparisse dagli schermi radar. "Vi era qualcosa lì che non
avrebbe dovuto esserci", hanno detto fonti del N.T.S.B. Sul radar compare un oggetto
che, proveniente da dietro il DC-9, finisce, poi, per passare attraverso i frammenti del
cargo Itavia esploso. Però sarebbe una pura congettura interpretare, tale oggetto, come
un proiettile o un missile". Inoltre, continua il "Washington Post", non vi
é nessuna indicazione per affermare che loggetto in questione fosse su un percorso
di volo intercettante laereo civile. Uno schema, questo, che ci si attenderebbe
qualora si fosse trattato di un missile". Insomma, secondo il Comitato Nazionale per
la Sicurezza dei Trasporti, nelle vicinanze del DC-9 Itavia, poco prima del
disastro, vi era un "oggetto". Non si trattava, però, di un missile. Inoltre,
la traiettoria di questo "oggetto", di qualunque tipo esso fosse, non coincideva
né intercettava quella del DC-9 Itavia. Ricalcando il modo di agire degli organismi
ufficiali statunitensi, in altre simili, imbarazzanti, circostanze, le affermazioni
rilasciate dal N.T.S.B. sembrano dire, tra le righe: "Questi sono i fatti; chi vuol
capire capisca, noi non possiamo essere più espliciti di così". A questo punto
viene spontaneo chiedersi: quali sono stati i motivi che hanno indotto gli inquirenti
italiani a non tenere in alcun conto, nel loro rapporto finale, le conclusioni a cui erano
giunti gli enti governativi americani, quali lN.T.S.B., il F.A.A. e la McDonnell
Douglas? Perché i nostri inquirenti hanno rinnegato le affermazioni, rilasciate prima che
venissero eseguite le analisi in questione, nelle quali dichiaravano di dare molta
importanza alle conclusioni a cui sarebbero giunti gli esperti degli enti dindagine
americani?
Il fatto che i frammenti
del DC-9 cadano orientati verso est, in dissimetria, quindi, con lasse direzionale
del velivolo che é verso sud, viene considerato, dagli inquirenti italiani, come un
ulteriore indizio a favore dellipotesi che ritiene laereo civile colpito da un
missile proveniente da ovest. In realtà, invece, tale "indizio" potrebbe avere
una spiegazione molto più semplice e... naturale. Difatti, come ha fatto rilevare
ling. Lotti (Direttore del Registro Aeronautico Italiano), in un articolo apparso su
"il Giornale" del 18 dicembre 1980, laereo civile, in rotta per Palermo,
era investito, sul lato destro, da un vetro di una forza notevole proveniente da ovest, la
cui velocità venne calcolata in 200 Km/h circa. Ciò significa che, la dissimetria,
riscontrata nella direzione di caduta dei frammenti del DC-9, può non essere,
necessariamente, il prodotto dellesplosione di un missile avvenuta sul fianco destro
del cargo Itavia, ma che, tale deviazione vettoriale dei frammenti, potrebbe, benissimo,
essere dovuta alla sola forza durto del vento sulle loro superfici.
Se un missile fosse
esploso contro il DC-9, a causa della tremenda onda durto da questi prodotta e a
causa della decompressione esplosiva che, di conseguenza, avrebbe dilaniato lintera
fusoliera del jet Itavia, si sarebbero dovuti rilevare evidenti lacerazioni e mutilazioni
su tutti i corpi delle vittime, inoltre, si sarebbe dovuto rilevare la distruzione del
velivolo in una moltitudine di frammenti aventi diverse dimensioni. Non va dimenticato,
infine, che, data la quota del trasporto civile, circa 8.000 metri, e lalta
velocità del vento, calcolata in circa 200 Km/h, i corpi e i frammenti del velivolo si
sarebbero dovuti spargere su di una superficie marina di vaste proporzioni. Nella realtà,
invece, gli eventi mostrano caratteristiche nettamente differenti da quelle sopra
descritte, e cioé: lo stato dei corpi, appartenenti alle vittime, é, per la maggior
parte, integro, mentre, solo alcune parti di esso presentano mutilazioni di vario genere e
gravità. I riscontri autoptici eseguiti sulle 42 salme recuperate, espletati dai sanitari
dellIstituto di Medicina Legale di Palermo, parlano, tutti, di lesioni da
precipitazioni, o meglio, di sconquasso. I corpi sono quasi tutti nudi o seminudi, tipico
effetto, questo, di una violenta decompressione (ma anche di una preparazione ad una
evacuazione in caso di ammaraggio), come del resto prova la lacerazione del timpano
destro, riscontrata su tutti i corpi. Per quanto riguarda i corpi mutilati, fa rilevare il
Prof. Antonio Caruso, "bisogna tener presente che limpatto con lacqua
deve essere stato tremendo. Presumendo che tali corpi siano stati sbalzati fuori dal
velivolo al momento della improvvisa decompressione, sono precipitati da unaltezza
di 7.000-8.000 metri. Per un corpo che precipita da tali altezze, lacqua diventa una
barriera di cemento armato. I corpi ritrovati integri, invece, sarebbero rimasti
intrappolati allinterno della carlinga durante, e dopo, i pochi attimi della caduta,
ciò avrebbe ammortizzato lurto con il mare". Il fatto che, un gruppo di circa
venti corpi e diversi altri relitti (come parti di sediolini, giubbotti di salvataggio,
giornali, etc.), siano stati ritrovati a poca distanza gli uni dagli altri in una
ristretta area di mare, porta a concludere che il jet Itavia ha raggiunto quasi integro la
superficie marina. Eguale parere, in proposito, hanno espresso coloro che, a bordo della
nave ricerca del C.N.R. "Bannock", hanno partecipato al recupero delle salme e
dei relitti dellaereo precipitato; tra questi cé il Dott. Paolo Colantoni,
ricercatore geologo che, insieme a Pietro Zucchini, scese in acqua ad imbracare il cono di
coda del jet Itavia (come riferisce "Il Mattino" nella sua edizione del
30/06/1980). Solo ammettendo tale ipotesi, infatti, si può spiegare come, circa metà dei
corpi dellequipaggio del DC-9, non sia stata recuperata, in quanto sarebbe rimasta
prigioniera in quella parte di fusoliera del velivolo inabissatasi nel profondo Tirreno.
Il fatto che altri frammenti e cadaveri siano stati ritrovati, dispersi, in unlontana dal
luogo dei precedenti ritrovamenti, sarebbe da imputare alle correnti marine e
allazione di scarroccio prodotta dal vento sui relitti. Inoltre va ricordato che la
notte del disastro, il mare Tirreno era in burrasca con moto ondoso fino a forza sette;
solo verso il mattino seguente il moto ondoso discese a forza quattro. In tutto questo,
appare chiaro come gli inquirenti ignorino, sistematicamente, sia i pareri di coloro che
sono stati sui luoghi della tragedia, che le dichiarazioni aventi il "difetto"
di non appoggiare lipotesi del missile o dellesplosione a bordo del DC-9
Itavia: perché?....
La preconcettività
degli inquirenti italiani é oltremodo lampante se si considera che hanno totalmente
ignorato la testimonianza dei coniugi Maffini, circa losservazione di un oggetto
volante sconosciuto effettuata, poco dopo le ore 21.00 del 27/06/1980, da un campeggio
sito in località Praia a mare, sulla costa calabra (da
"Oggi"n.41dell8/10/1980). Se, a quanto appena detto, si aggiunge il
"dettaglio" secondo il quale, già due giorni prima dellincidente, gli
uomini-radar avrebbero segnalato, nella stessa zona, la presenza di aeromobili non
identificati, come riferisce il "Roma" del 7/07/1980, si può giustamente
concludere che, la "miopia" di cui sono afflitti i nostri inquirenti é tale da
poterli giudicare totalmente ciechi! Ora, perché, nelle indagini svolte dagli inquirenti,
é stato usato un tale criterio di preconcetta selettività, se non per occultare le vere
cause del disastro di Ustica?
I fenomeni anomali registrati nel
Tirreno
A questo punto, al fine di
chiarire ulteriormente lo scenario, teatro del drammatico evento di Ustica, occorre
collocare questi nel contesto di una serie di avvenimenti anomali registratisi nel sud
della penisola italiana a partire dagli anni cinquanta ed il cui apice é registrato negli
anni a cavallo del 1980/81 . In effetti se si inserisce il disastro del DC-9 Itavia nel
quadro di una casistica di eventi, marittimi ed aerei, più generale aventi, però comuni
caratteristiche di inesplicabilità, e la prerogativa di essere tutti avvenuti nel
Tirreno, si rileva che la maggior parte di essi, é avvenuta, e continua ad avvenire, in
unarea i cui vertici geografici approssimativi sono: Cagliari, Napoli e Palermo.
Tale superficie marina, poco più estesa della regione Sicilia, è, da diverso tempo,
teatro di una intensa attività fenomenologica di tipo anomalo. Detta attività, tuttora
riscontrabile anche se scemata negli ultimi anni, comprende la frequente registrazione dei
seguenti fenomeni:
- Diversi incidenti, marittimi ed aerei,
inspiegabili in termini razionali.
- La presenza di unità subacquee di
nazionalità sconosciuta (USO).
- Numerose segnalazioni di UFO emergenti
dalle acque marine.
- Scomparsa di navi con relativo equipaggio
o ritrovamento del solo natante.
- Scomparsa di aerei.
- Improvvisi episodi di isolamento radio
(impossibilità di ricevere o trasmettere via radio).
- Esplosioni fantasma registrati
nellarea Tirrenica.
E' fuori
dubbio che alcuni dei casi contemplati, possano trovare spiegazione con lattività
di mezzi militari. La restante maggior parte, però, resta di difficile interpretazione in
termini razionali, evidenziando, tra laltro, una causa comune quale fattore
scatenante dei diversi tipi di eventi stessi. La fenomenologia anomala, registrata nel
basso e medio Tirreno, trova sorprendenti analogie, correlazioni, con quanto si registra,
con frequenza, nel noto "triangolo delle Bermuda", e in altre aree marine, sedi,
anchesse, di inesplicabili fenomeni ed incidenti aeronavali. |
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