TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

DOSSIER USTICA

di Umberto Telarico
 

 

UN CASO IRRISOLTO

Critica alle ipotesi conclusive formulate dagli inquirenti sulle cause dell’incidente aereo avvenuto nel cielo di Ustica.

La sciagura aerea del DC-9 nel cielo di Ustica: Un ennesimo incidente "anomalo" avvenuto nel triangolo del Mar Tirreno

Le ipotesi conclusive formulate dagli inquirenti, sulle cause del disastro di Ustica, non trovano riscontro negli elementi a disposizione; i principali motivi che spingono ad affermare ciò sono i seguenti: l’aereo-bersaglio é un piccolo velivolo in scala, senza pilota, che viene lanciato da un aereo in volo e radioguidato da un aereo in volo o da un’unità navale. Qualora tale aereo-bersaglio si fosse avvicinato all’aerovia civile "Ambra 13", e quindi al jet dell’ITAVIA, l’addetto al suo controllo lo avrebbe immediatamente rilevato sullo schermo radar e, di conseguenza, avrebbe modificato la sua rotta, e se le circostanze lo richiedevano, avrebbe avvertito il pilota dell’aereo civile del pericolo. Se poi, per cause tecniche, l’aereo-bersaglio non avesse risposto alla modificazione di rotta, l’addetto al suo controllo avrebbe potuto inviare al meccanismo un radiosegnale per la sua autodistruzione in volo. Ora, solo ammettendo che la radio del bersaglio si fosse guastata al pari del meccanismo per l’autodistruzione, che per una "fatale coincidenza" il piccolo velivolo si fosse immesso sulla rotta del DC-9 e lo tallonasse, che nessuno avesse avvertito di ciò il pilota del jet militare in esercitazione e, infine che quest’ultimo non si fosse reso conto di trovarsi in prossimità dell’aerovia civile, e di avere sul proprio schermo radar due segnali, di cui uno di dimensioni molto maggiori rispetto a quelle di un congegno bersaglio, solo considerando tali circostanze valide, l’ipotesi formulata dagli inquirenti potrebbe essere accettabile. In ogni caso, pur ammettendo il verificarsi di una simile serie di "coincidenze", il che statisticamente é poco più che assurdo, resterebbero da chiarire i seguenti interrogativi:

  1. Se la traccia rilevata dal radar-Roma, avente la velocità di circa1250 Km/h, indica un missile intercettore, lanciato dall’ipotetico jet militare e transitato, senza esplodere tra i 5 e gli 11 Km, dalla prua del DC-9, cosa ha determinato l’esplosione dell’aereo civile?

  2. Se, invece, la traccia avente la velocità di 1250 Km/h rappresenta un caccia militare in un’azione d’intercettazione, dov’é il segnale indicante il missile diretto contro il cargo civile?

  3. Secondo un comunicato rilasciato dall’Aeronautica Militare Italiana (1°can. Tv, telegiornale ore 20,00 ediz. Del 17 dic. ‘80) se la traccia, viaggiante a circa 1250 Km/h fosse stata quella di un missile, sullo stesso schermo radar si sarebbe dovuto vedere, necessariamente, anche la traccia indicante il velivolo da cui sarebbe partito. Inoltre, segue il comunicato, per quanto riguarda la base aerea militare di Perdasdefogu (in Sardegna), al momento del disastro, non svolgeva attività, né vi erano in volo caccia italiani. Pertanto, conclude il comunicato, qualora venisse accertata l’ipotesi del missile, esso potrebbe essere stato lanciato solo da bordo di un’unità navale con il preciso scopo di abbattere l’aereo civile, in quanto tale tipo di proiettile ha bisogno di essere guidato sul bersaglio dal radar di bordo del natante stesso. Perché gli inquirenti non si sono espressi sulla veridicità, o meno, delle affermazioni contenute nel suddetto comunicato militare?

  4. Se la traccia radar, viaggiante a circa 1250 Km/h, indica un caccia militare in esercitazione, resta da spiegare perché il pilota avrebbe effettuato una manovra di intercettazione errata, avvicinandosi al bersaglio con un angolo di circa 90°, mentre, la manovra corretta, affinché il missile non andasse perso nel vuoto, sarebbe stata quella di lanciare tale proiettile in rotta di collisione con il bersaglio, o al massimo con uno strettissimo angolo acuto rispetto a questi. Ciò significa, quindi, che il caccia in questione, sia che fosse armato con missili a testata autocercante, sia che disponesse di missili teleguidati dal proprio radar di bordo, avrebbe dovuto, in entrambi i casi, eseguire la manovra di lancio di uno dei propri missili tenendosi in coda all’aereo da colpire; ma da un angolo di 90°, come risulta, invece, dalla misteriosa traccia del radar-Roma. Traccia che, in effetti, a questo punto identificheremo come UFO, ossia oggetto volante non identificato. A questo proposito gli inquirenti hanno affermato che gli esami effettuati sui tracciati radar a disposizione di Enti qualificati come l’americana N.T.S.B (National Transport Safety Board) e della McDonnell Douglas (Società costruttrice del DC-9), avrebbero identificato, nella traccia misteriosa, un caccia nella tipica manovra d’attacco. In realtà ciò é falso in quanto un anno dopo, esattamente il 19/08/1981, lo scontro aereo tra caccia americani e libici sul Golfo della Sirte, in occasioni di manovre militari USA, ha dimostrato che la tipica manovra d’attacco di un caccia intercettore é ben diversa da quella effettuata dall’oggetto misterioso rilevato sui tracciati radar riguardanti il caso Ustica. Difatti, da quanto illustrato dagli stessi piloti americani coinvolti nello scontro aereo, in una pubblica conferenza stampa tenutasi sulla portaerei USS Nimitz ancorata nella rada di Napoli, si rileva che mentre il missile lanciato dal caccia libico ha mancato il bersaglio in quanto lanciato da una posizione quasi frontale rispetto agli intercettori USA, i missili di questi ultimi hanno centrato il bersaglio, rappresentato dai due caccia Libici, in quanto lanciati dopo che caccia americani si erano posti in coda ai Su-22 in fuga verso il sole per abbagliare gli avversari; lanciati da una tale posizione é stato uno scherzo per i missili agli infrarossi americani, seguire e centrare i loro bersagli. Un ulteriore convalida al fatto che il presunto caccia aggressore di Ustica non ha effettuato una corretta manovra d’attacco nei confronti del DC-9, contrariamente a quanto si afferma negli ambienti ufficiali, ci viene dal tragico caso d’abbattimento di un Boeing 747 sud coreaneo da parte di un caccia intercettore sovietico SU-15, avvenuto ad ovest dell’isola di Sakhalin (URSS) il 31/08/1983. Difatti, anche in questa occasione, come si rileva dalle registrazioni delle conversazioni tra gli aerei Sovietici e la loro base a terra, il caccia sovietico si é posto in coda al Jumbo della Kal prima di lanciargli contro i suoi missili aria-aria agli infrarossi, aventi un raggio d’azione di 10 Km. Per quanto riguarda la distanza tra l’UFO e il DC-9 Itavia, quest’ultimo era chiaramente visibile ed identificabile (come cargo civile) dal suo presunto aggressore sin dal suo, primo rilevamento radar che lo posizionava tra 3,7 e 7,6 miglia nautiche dal DC-9 (tra Km 6,859 e Km 14,090).Difatti, nel caso dello scontro sul golfo della Sirte tra aerei USA e libici i primi identificarono visivamente i secondi ancora quando si trovavano a 8 miglia nautiche di distanza, cioé a 14,832 Km. Ciò significa che qualora l’oggetto volante non identificato del caso Ustica (qualunque sia stata la sua natura) fosse direttamente responsabile della distruzione del cargo civile, la sua azione sarebbe stata premeditata e volontaria, non un "incidente" come, invece, affermano le autorità ufficiali. Si precisa, altresì, che le condizioni meteo e di visibilità erano ottime in ambo i casi sopra citati. Un ulteriore enigma é rappresentato dal fatto che qualora l’oggetto sconosciuto rilevato dai radar civili e militari a terra fosse stato un aereo intercettore questi sarebbe stato certamente rilevato dal radar di bordo del DC-9; in questo caso, data anche la sua esigua distanza dal cargo civile, il pilota del jet in questione avrebbe immediatamente richiesto la sua identificazione al più vicino centro di assistenza o aeroporto; invece nessuna segnalazione in tal senso è stata mai effettuata dai piloti del DC-9; o forse, più semplicemente, non é stata mai ammessa ufficialmente?Gli inquirenti sembrano ignorare tutto ciò: grave incompetenza, o voluta negligenza?

  5. Come riferisce il quotidiano "Il Corriere della sera" (organo di stampa poco incline alla pubblicazione di notizie incontrollate) nella sua edizione del 10 Agosto 1980, sui tracciati radar si rilevano, in particolare, almeno due tracce "spurie", cioé non riconducibili al DC-9, disposte una a destra e l’altra a sinistra del bireattore Itavia; tali tracce vengono rilevate dal radar sia prima che dopo l’esplosione del cargo civile. Se tali tracce fossero pezzi del DC-9 esploso, la loro distanza sul grafico farebbe pensare che sono stati "sparati" a migliaia di Km/h, cosa, questa, improbabile, se non impossibile. Tali tracce, invece, potrebbero essere due aeromobili con una velocità compresa tra gli 800 ed i 950 Km/h. La presenza di queste tracce "spurie" sul radar-Roma è stato tanto clamorosa da richiedere, nei mesi seguenti, un controllo incrociato, con sofisticate apparecchiature, presso enti americani, quali il Federal Aviation Administration (F.A.A), il National Transport Safety Board (N.T.S.B.) e la stessa McDonnell Douglas, rispettivamente organi governativi statunitensi e la casa costruttrice del DC-9. I risultati di tali controlli sulle registrazioni radar trapelarono alcuni mesi dopo. In proposito, il serio organo di stampa, "Washington Post", nella sua edizione del 18 dicembre 1980 (come riportato dal quotidiano "Il Giornale d’Italia" ediz. del 19 dicembre 1980), in un servizio sugli sviluppi in Italia della vicenda del DC-9 precipitato nel Mar Tirreno, affermava che, "ad aumentare il mistero vi erano notizie, diffuse a Washington, della presenza di un segnale inspiegato sulle registrazioni dei rilevamenti radar dell’apparecchio dell’Itavia".
    Esperti americani che hanno indagato su invito del governo Italiano - continuava il giornale statunitense - hanno detto che "i segnali spiegano ben poco con certezza, sebbene indichino che, in effetti, qualcosa si trovava nel cielo, vicino all’aereo, immediatamente prima che questi precipitasse in mare". A questo punto, il giornale riepiloga anche le varie ipotesi avanzate in merito in Italia. Pare, per esempio, che stando almeno ad alcuni esperti, pochi minuti prima del disastro, dinanzi al DC-9 Itavia, come risulterebbe dalle registrazioni radar, sia passato un aereo, forse militare. Fra i due velivoli, comunque, non ci sarebbe stata collisione. Subito dopo, poi, vi sarebbe stata l’esplosione in volo del DC-9 Itavia.
    Dopo aver riepilogato queste ipotesi, il giornale riporta poi le conclusioni a cui é giunto, dopo vasti studi sulle registrazioni radar, il " Consiglio Nazionale sulla Sicurezza dei Trasporti" (N.T.S.B.). Secondo gli esperti del N.T.S.B., un qualche oggetto, diverso dal DC-9 Itavia, si trovava nelle immediate vicinanze del cargo civile subito prima che questi scomparisse dagli schermi radar. "Vi era qualcosa lì che non avrebbe dovuto esserci", hanno detto fonti del N.T.S.B. Sul radar compare un oggetto che, proveniente da dietro il DC-9, finisce, poi, per passare attraverso i frammenti del cargo Itavia esploso. Però sarebbe una pura congettura interpretare, tale oggetto, come un proiettile o un missile". Inoltre, continua il "Washington Post", non vi é nessuna indicazione per affermare che l’oggetto in questione fosse su un percorso di volo intercettante l’aereo civile. Uno schema, questo, che ci si attenderebbe qualora si fosse trattato di un missile". Insomma, secondo il Comitato Nazionale per la Sicurezza dei Trasporti, nelle vicinanze del DC-9 Itavia,  poco prima del disastro, vi era un "oggetto". Non si trattava, però, di un missile. Inoltre, la traiettoria di questo "oggetto", di qualunque tipo esso fosse, non coincideva né intercettava quella del DC-9 Itavia. Ricalcando il modo di agire degli organismi ufficiali statunitensi, in altre simili, imbarazzanti, circostanze, le affermazioni rilasciate dal N.T.S.B. sembrano dire, tra le righe: "Questi sono i fatti; chi vuol capire capisca, noi non possiamo essere più espliciti di così". A questo punto viene spontaneo chiedersi: quali sono stati i motivi che hanno indotto gli inquirenti italiani a non tenere in alcun conto, nel loro rapporto finale, le conclusioni a cui erano giunti gli enti governativi americani, quali l’N.T.S.B., il F.A.A. e la McDonnell Douglas? Perché i nostri inquirenti hanno rinnegato le affermazioni, rilasciate prima che venissero eseguite le analisi in questione, nelle quali dichiaravano di dare molta importanza alle conclusioni a cui sarebbero giunti gli esperti degli enti d’indagine americani?

  6. Il fatto che i frammenti del DC-9 cadano orientati verso est, in dissimetria, quindi, con l’asse direzionale del velivolo che é verso sud, viene considerato, dagli inquirenti italiani, come un ulteriore indizio a favore dell’ipotesi che ritiene l’aereo civile colpito da un missile proveniente da ovest. In realtà, invece, tale "indizio" potrebbe avere una spiegazione molto più semplice e... naturale. Difatti, come ha fatto rilevare l’ing. Lotti (Direttore del Registro Aeronautico Italiano), in un articolo apparso su "il Giornale" del 18 dicembre 1980, l’aereo civile, in rotta per Palermo, era investito, sul lato destro, da un vetro di una forza notevole proveniente da ovest, la cui velocità venne calcolata in 200 Km/h circa. Ciò significa che, la dissimetria, riscontrata nella direzione di caduta dei frammenti del DC-9, può non essere, necessariamente, il prodotto dell’esplosione di un missile avvenuta sul fianco destro del cargo Itavia, ma che, tale deviazione vettoriale dei frammenti, potrebbe, benissimo, essere dovuta alla sola forza d’urto del vento sulle loro superfici.

  7. Se un missile fosse esploso contro il DC-9, a causa della tremenda onda d’urto da questi prodotta e a causa della decompressione esplosiva che, di conseguenza, avrebbe dilaniato l’intera fusoliera del jet Itavia, si sarebbero dovuti rilevare evidenti lacerazioni e mutilazioni su tutti i corpi delle vittime, inoltre, si sarebbe dovuto rilevare la distruzione del velivolo in una moltitudine di frammenti aventi diverse dimensioni. Non va dimenticato, infine, che, data la quota del trasporto civile, circa 8.000 metri, e l’alta velocità del vento, calcolata in circa 200 Km/h, i corpi e i frammenti del velivolo si sarebbero dovuti spargere su di una superficie marina di vaste proporzioni. Nella realtà, invece, gli eventi mostrano caratteristiche nettamente differenti da quelle sopra descritte, e cioé: lo stato dei corpi, appartenenti alle vittime, é, per la maggior parte, integro, mentre, solo alcune parti di esso presentano mutilazioni di vario genere e gravità. I riscontri autoptici eseguiti sulle 42 salme recuperate, espletati dai sanitari dell’Istituto di Medicina Legale di Palermo, parlano, tutti, di lesioni da precipitazioni, o meglio, di sconquasso. I corpi sono quasi tutti nudi o seminudi, tipico effetto, questo, di una violenta decompressione (ma anche di una preparazione ad una evacuazione in caso di ammaraggio), come del resto prova la lacerazione del timpano destro, riscontrata su tutti i corpi. Per quanto riguarda i corpi mutilati, fa rilevare il Prof. Antonio Caruso, "bisogna tener presente che l’impatto con l’acqua deve essere stato tremendo. Presumendo che tali corpi siano stati sbalzati fuori dal velivolo al momento della improvvisa decompressione, sono precipitati da un’altezza di 7.000-8.000 metri. Per un corpo che precipita da tali altezze, l’acqua diventa una barriera di cemento armato. I corpi ritrovati integri, invece, sarebbero rimasti intrappolati all’interno della carlinga durante, e dopo, i pochi attimi della caduta, ciò avrebbe ammortizzato l’urto con il mare". Il fatto che, un gruppo di circa venti corpi e diversi altri relitti (come parti di sediolini, giubbotti di salvataggio, giornali, etc.), siano stati ritrovati a poca distanza gli uni dagli altri in una ristretta area di mare, porta a concludere che il jet Itavia ha raggiunto quasi integro la superficie marina. Eguale parere, in proposito, hanno espresso coloro che, a bordo della nave ricerca del C.N.R. "Bannock", hanno partecipato al recupero delle salme e dei relitti dell’aereo precipitato; tra questi c’é il Dott. Paolo Colantoni, ricercatore geologo che, insieme a Pietro Zucchini, scese in acqua ad imbracare il cono di coda del jet Itavia (come riferisce "Il Mattino" nella sua edizione del 30/06/1980). Solo ammettendo tale ipotesi, infatti, si può spiegare come, circa metà dei corpi dell’equipaggio del DC-9, non sia stata recuperata, in quanto sarebbe rimasta prigioniera in quella parte di fusoliera del velivolo inabissatasi nel profondo Tirreno. Il fatto che altri frammenti e cadaveri siano stati ritrovati, dispersi, in unlontana dal luogo dei precedenti ritrovamenti, sarebbe da imputare alle correnti marine e all’azione di scarroccio prodotta dal vento sui relitti. Inoltre va ricordato che la notte del disastro, il mare Tirreno era in burrasca con moto ondoso fino a forza sette; solo verso il mattino seguente il moto ondoso discese a forza quattro. In tutto questo, appare chiaro come gli inquirenti ignorino, sistematicamente, sia i pareri di coloro che sono stati sui luoghi della tragedia, che le dichiarazioni aventi il "difetto" di non appoggiare l’ipotesi del missile o dell’esplosione a bordo del DC-9 Itavia: perché?....

  8. La preconcettività degli inquirenti italiani é oltremodo lampante se si considera che hanno totalmente ignorato la testimonianza dei coniugi Maffini, circa l’osservazione di un oggetto volante sconosciuto effettuata, poco dopo le ore 21.00 del 27/06/1980, da un campeggio sito in località Praia a mare, sulla costa calabra (da "Oggi"n.41dell’8/10/1980). Se, a quanto appena detto, si aggiunge il "dettaglio" secondo il quale, già due giorni prima dell’incidente, gli uomini-radar avrebbero segnalato, nella stessa zona, la presenza di aeromobili non identificati, come riferisce il "Roma" del 7/07/1980, si può giustamente concludere che, la "miopia" di cui sono afflitti i nostri inquirenti é tale da poterli giudicare totalmente ciechi! Ora, perché, nelle indagini svolte dagli inquirenti, é stato usato un tale criterio di preconcetta selettività, se non per occultare le vere cause del disastro di Ustica?

 

I fenomeni anomali registrati nel Tirreno

A questo punto, al fine di chiarire ulteriormente lo scenario, teatro del drammatico evento di Ustica, occorre collocare questi nel contesto di una serie di avvenimenti anomali registratisi nel sud della penisola italiana a partire dagli anni cinquanta ed il cui apice é registrato negli anni a cavallo del 1980/81 . In effetti se si inserisce il disastro del DC-9 Itavia nel quadro di una casistica di eventi, marittimi ed aerei, più generale aventi, però comuni caratteristiche di inesplicabilità, e la prerogativa di essere tutti avvenuti nel Tirreno, si rileva che la maggior parte di essi, é avvenuta, e continua ad avvenire, in un’area i cui vertici geografici approssimativi sono: Cagliari, Napoli e Palermo. Tale superficie marina, poco più estesa della regione Sicilia, è, da diverso tempo, teatro di una intensa attività fenomenologica di tipo anomalo. Detta attività, tuttora riscontrabile anche se scemata negli ultimi anni, comprende la frequente registrazione dei seguenti fenomeni:

- Diversi incidenti, marittimi ed aerei, inspiegabili in termini razionali.

- La presenza di unità subacquee di nazionalità sconosciuta (USO).

- Numerose segnalazioni di UFO emergenti dalle acque marine.

- Scomparsa di navi con relativo equipaggio o ritrovamento del solo natante.

- Scomparsa di aerei.

- Improvvisi episodi di isolamento radio (impossibilità di ricevere o trasmettere via radio).

- Esplosioni fantasma registrati nell’area Tirrenica.

E' fuori dubbio che alcuni dei casi contemplati, possano trovare spiegazione con l’attività di mezzi militari. La restante maggior parte, però, resta di difficile interpretazione in termini razionali, evidenziando, tra l’altro, una causa comune quale fattore scatenante dei diversi tipi di eventi stessi. La fenomenologia anomala, registrata nel basso e medio Tirreno, trova sorprendenti analogie, correlazioni, con quanto si registra, con frequenza, nel noto "triangolo delle Bermuda", e in altre aree marine, sedi, anch’esse, di inesplicabili fenomeni ed incidenti aeronavali.

 

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