TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

La roulette Russia

Di Giorgio Bongiovanni

 

 

Quella di Putin è già cronaca di una presidenza annunciata. “Il delfino di Eltsin” (come lo definisce Giulietto Chiesa) l’idolo di molti russi grazie al potere della propaganda televisiva e alla guerra in Cecenia è l’uomo giusto. Non per risolvere i problemi di un paese che soccombe sotto il peso del degrado politico e morale, si intende, ma per proseguire l’opera già iniziata da chi si eresse a salvatore della Russia dai sistemi corrotti della nomenklatura sovietica, ma che in quanto a corruzione non se l’è cavata poi tanto male. Tutto il mondo ha riso di Eltsin dopo la messa sotto accusa di quelle famose tre carte di credito e chi l’avrebbe mai detto che tutto si sarebbe risolto, per lui, così “tranquillamente”? Eppure non è stato difficile: è bastato dar vita ad un partito fantasma, “Unità”, guidato dal ministro delle Situazioni d’Emergenza. Un partito “inventato due mesi fa dagli strateghi del Cremlino per salvare la pelle, libertà e portafogli - dice Giulietto Chiesa su La Stampa il 20 dicembre del ‘99 -. ‘Unità’ aveva le sue carte: sostegno di un gruppo di fedelissimi governatori, due terzi delle televisioni pubbliche e private, una valanga di milioni di dollari, l’apparato presidenziale e di stato”. Eltsin sapeva, per esperienza, che quella dell’inganno era la strada più agevole nel cammino verso la vittoria. Una campagna elettorale truccata aveva avuto la meglio, nel 1996, sui suoi ratings scoraggianti e sull’alta percentuale di popolazione russa che ancora votava per i comunisti. In quell’occasione il nostro uomo ottenne tra l’altro l’appoggio di quattro americani, dei quali nessuno conosceva ovviamente l’esistenza, che per quattro mesi hanno lavorato in qualità di suoi consulenti politici. A loro disposizione un “budget indefinito”, che in Russia significa non importa quanto spendi ma il risultato che ottieni. Nessuno sa quindi quanto possa aver speso il team americano, probabilmente non lo sa nemmeno lui, come nessuno sa quanto denaro ci sia voluto per esercitare il quasi totale controllo di tutti i mass media. Il “budget indefinito”, dalla sua, aveva la totale collaborazione di tutto il mondo, incluso il Fondo Monetario Internazionale che, alla vigilia della campagna elettorale, aveva concesso alla Russia un prestito di 10,3 miliardi di dollari. E introdotto una clausola segreta che, si è saputo in seguito da fonti non ufficiali, sembra corrispondesse a una somma pari a qualche centinaio di milioni di dollari in contanti (che forse sono andati ad arricchire le tasche dello “zar”). Così, quando le cose, in tema di ratings di Eltsin, sembravano volgere al peggio i dirigenti televisivi pubblici e privati decisero che era meglio adottare lo stesso sistema che si rivelò più che efficace nel 1993, quando “i ‘riformatori’ tipo Aleksandr Jakovlev - l’ex ideologo della perestrojka, che avevano avuto in regalo da Eltsin la presidenza della prima rete televisiva - decisero che era meglio far spegnere i televisori e dare tempo alla Commissione elettorale di dare un’’occhiata più attenta’ alle cifre(1)”. Una serie di accordi bilaterali stipulati con le varie autonomie, alle quali nel corso degli anni fu concesso sempre più potere, permisero infatti al presidente di assicurarsi la poltrona. Era lui in persona, o in sua assenza la sua amministrazione, a gestire i rapporti centro - periferia e a elargire concessioni in cambio di “favori”. In questo modo è riuscito solo a consolidare il suo potere personale a scapito di quello dello stato. Dal 1997 in poi, quando nelle autonomie, che sono oggi 88, sono state realizzate le elezioni dirette dei governatori e dei parlamenti locali, le élite regionali e repubblicane hanno assaporato il gusto della democrazia non avendo il minimo sospetto del fatto che democrazia significa diritto alla libertà di espressione del voto da parte dei cittadini, diritto di accesso alle fonti informative, chiarezza sul piano finanziario ecc… “E poiché tutte queste condizioni non erano nemmeno lontanamente presenti nella quasi totalità delle autonomie russe, possiamo oggi registrare l’apparizione, sulla carta politica della Russia, di alcune decine di regimi corporativo-oligarchici, che hanno trasformato in farsa i diritti costituzionali dei cittadini, le libere elezioni, la libertà di stampa e l’indipendenza della magistratura. Le varianti di questi regimi fanno parte di un ampio spettro, in cui quelle democratiche sono un’infima minoranza, diciamo pure quasi inesistenti, mentre dominano regimi apertamente feudali, regimi definibili - con qualche generosità terminologica - mafioso-criminali, regimi a dominanza confessionale, regimi polizieschi (2)”. E ogni volta che al Cremlino hanno passato brutti momenti, Eltsin ha concesso un potere in più alle autonomie in cambio del loro appoggio nella lotta contro la Duma, messa fuori gioco dai veti. La situazione, inutile dirlo, è precipitata in una sfrenata corsa al potere da parte dei presidenti delle varie élite che si muovono in un clima molto più simile all’anarchia che alla democrazia e che hanno trasformato la Russia in un agglomerato di piccoli feudi divenuti covi di una delinquenza dilagante. L’unica legge vigente è quindi quella del più forte e in quanto alla necessità di ricreare uno stato unitario pare che nessuno ci pensi più: accumuliamo oggi, al domani penseranno i posteri. Ci troviamo quindi di fronte alla totale disgregazione di un impero, caduto nella trappola dell’occidente, ignaro di aver sacrificato al miraggio del potere economico la propria libertà, la propria storia, la propria cultura, la propria morale. “La Russia, erede involontaria dell’Unione Sovietica, grande potenza mondiale per circa tre secoli, si riduceva finalmente alle dimensioni che aveva avuto alla metà del Seicento. Mai, da prima dell’epoca di Pietro il Grande, la Russia era stata così trascurabile, così marginale, così poco temibile. L’autore di tale ritirata, il liquidatore di tanta tragica grandezza era stato Boris Eltsin. A differenza di Gorbaciov, che quella ritirata aveva cominciato, ma che aveva commesso l’imperdonabile errore - agli occhi degli occidentali - di farla in nome dell’Urss, Boris Eltsin l’aveva compiuta con la mentalità pragmatica di colui che deve svendere al più presto, per ‘chiusura di esercizio’ (3)”. La crisi della Russia si accentua poi, notevolmente, se la si colloca nel contesto storico nella quale si sta manifestando. Ossia in un momento particolarmente delicato per tutta la società mondiale che si trova a vivere il processo, tutto nuovo, della globalizzazione, dove gli interessi del singolo stato vanno a fondersi in un quadro generale molto più vasto. E’ chiaro che più è precaria la stabilità interna di un paese più esso sarà soggetto alla forza di agenti esterni e a questo punto anche al lettore meno smaliziato sorgerà spontanea la domanda: sarà forse per questo che Stati Uniti e occidente hanno appoggiato e incoraggiato la corsa sfrenata di Eltsin verso lo smembramento di quell’impero nucleare che dagli anni della guerra fredda ha sempre fronteggiato l’ovest del mondo? Nel saggio “A Geostrategy for Eurasia”, il polacco Zbigniev Brzezinski sostiene che “Ciò che avverrà nella distribuzione del potere dell’intera Eurasia sarà di decisiva importanza per la supremazia globale dell’America e per il suo destino storico”. E mentre ancora sospira di sollievo al pensiero che l’atroce dittatura comunista è ormai solo un ricordo, il mondo non si accorge che lo spettro di una dittatura molto più forte e generalizzata incombe sul nostro destino. Ora Eltsin ha passato il testimone a Putin, l’uomo creato a sua immagine e somiglianza. Uscendo dalla scena politica ha messo a tacere tutti gli scandali che orbitano intorno alla sua figura e, allo stesso tempo, si è assicurato l’immunità. Ciò che fa arrabbiare è che tutti tacciono. Ma è possibile che il mondo sia sempre dei più furbi?

Presentiamo ora le opinioni di Giulietto Chiesa riguardo al neo-presidente russo in un’intervista da lui concessa alla nostra redazione il giorno successivo all’insediamento di Valdimir Putin.

D. Può commentare l’improvvisa decisione di Eltsin di cedere a Putin la presidenza della Russia?

R. “Il mio commento è chiaro, semplice e sintetico. La decisione era non del tutto imprevedibile, comunque logica. La famiglia Eltsin, cioè il Cremlino, ha deciso di sfruttare la “privio”, cioè la situazione favorevole creata dal risultato della sostanziale truffa elettorale di dicembre e della guerra di Cecenia e ha anticipato i tempi. Aspettare fino a giugno per una successione normale avrebbe significato rischiare. In sei mesi molte cose possono cambiare, in tre mesi il rischio si riduce di molto più della metà e sarà più facile raccontare ai russi la favola della guerra vittoriosa. Così la famiglia Eltsin, che di fatto ha estromesso il presidente, si assicura la successione e la prosecuzione e anche i suoi conti nelle banche estere. Vladimir Putin, successore designato in anticipo di un potere che non ha più nulla di democratico è l’uomo del banchiere Berezowski che è ormai il vero padrone della Russia. Boris Eltsin esce dunque di scena e un po’ in anticipo come era ormai inevitabile. Lascia un paese in ginocchio dal punto di vista materiale e morale. Il suo posto nella storia sarà quello di un distruttore che non ha saputo creare nulla. 

D. Si verificheranno dei cambiamenti nell’attuale situazione in Cecenia?

R. La Cecenia andrà avanti per un po’ con il piano di guerra vittoriosa che Putin avrà bisogno di suonare fino a marzo, fino a elezioni compiute. Poi, comunque vada a finire, è indifferente. La guerra però non finirà per la Russia perché la Russia non è più in grado di riconquistare in nessun senso e in nessun modo il Caucaso del nord.

D. Ora che Eltsin non è più presidente che ne sarà di tutte le accuse mosse nei suoi confronti?

R. Il fatto che Eltsin non sia più presidente non vuol dir niente perché Eltsin e la sua famiglia si sono assicurati l’immunità dal momento che Putin è il loro uomo.

D. Qual è il ruolo dell’occidente in tutto questo?

R. Tutto è finito così perché l’occidente ha lasciato fare, perché l’occidente ha finto di riconoscere la validità di queste elezioni. Queste elezioni erano una truffa, se l’occidente avesse alzato il dito dicendo: queste elezioni non sono valide o sono pesantemente dubbie, probabilmente la situazione sarebbe stata diversa. Invece l’occidente ha detto che le elezioni vanno bene così. Tutto sommato gli americani sanno perfettamente che il signor Putin è l’uomo loro, è l’uomo di Eltsin, è l’uomo di Berezowski, è l’uomo dei corrotti, degli oligarchi. Siccome lo hanno messo in piedi loro, gli Stati Uniti, direttamente, il presidente Clinton in persona, non credo che abbiano nulla di che dolersi del fatto che questo potere persista. Quindi tutto questo comporta a dire che non è che fosse inevitabile, non era niente affatto inevitabile ma è stato costruito così dal potere mondiale, in particolare dal potere degli Stati Uniti d’America. Quindi questo è l’esito che è per loro più vantaggioso ed è l’esito a cui loro, pur senza entusiasmo, si uniformeranno. 
L’insediamento di Putin non porterà a nessun cambiamento drastico. Cambierà solo il fatto che invece che esserci un uomo malato e incapace di gestire, diciamo così, anche il potere elementare che era nelle sue mani, adesso ci sarà un presidente giovane, dotato di tutti i poteri. Quindi si va verso la soluzione apertamente autoritaria che, nello stesso tempo sarà pro-capitalista, pro-occidentale. Quindi, autoritarismo alla Pinochet, più mantenimento di uno stato di soggezione dei russi fino a che la Russia andrà in pezzi come inesorabilmente sta avvenendo.

D. Perciò anche la politica dell’energia nucleare rimarrà sulla stessa linea di prima.

R. Non c’è il minimo dubbio, se vuole il mio giudizio sì. Questa è la prosecuzione identica della linea di Eltsin, con un uomo più giovane, più energico che però non ha in mano nessuna possibilità autonoma nel senso che il sig. Putin è uno strumento nelle mani di un gruppo di banchieri e oligarchi.

D. Ma il popolo russo come reagirà?

R. Non le so dire come reagirà. Non reagirà probabilmente perché non ha strumenti per reagire. 


Bibliografia:

(1) - (3) Giulietto Chiesa “Russia Addio”, Roma, 1997, Editori Riuniti (vedi Terzomillennio n. 5, ottobre 1998)
(2) Giulietto Chiesa, “Roulette Russa”, Milano, 1999, Edizioni Angelo Guerini e Associati 

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