TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

Sono stato ad Auschwitz

Di Giorgio Bongiovanni

 

 

Prefazione di Mara Testasecca

Dal 26 al 29 novembre del 1999 Giorgio Bongiovanni è stato invitato in Polonia dagli organizzatori di un congresso spirituale incentrato sulle numerose manifestazioni della Vergine Maria nel mondo. Il 27 novembre, immediatamente dopo una conferenza stampa alla quale hanno preso parte circa 100 giornalisti delle più importanti testate, televisioni ed emittenti radiofoniche polacche, in una sala che ospitava circa 500 persone, Bongiovanni si è così presentato: “Io sono il figlio di Fatima da quando, nel 1989, ho risposto alla chiamata di quell’essere sublime che mi ha stigmatizzato e mi consola sempre in questa piccola odissea che sto vivendo”. Numerose e profonde le domande dei presenti ai quali Giorgio ha parlato, tra le altre cose, dell’importanza di abbattere i muri del nazionalismo, della necessità di impartire una nuova educazione alle future generazioni, della realtà extraterrestre e del ritorno del Cristo: “Il Cristo ritornerà con potenza e gloria. E’ scritto. In questo tempo è all’opposizione, è con Lui che dobbiamo schierarci”. Il giorno seguente, a Cracovia, al termine di un’intervista concessa a Polskie Radio Krakov, inizia la sua seconda conferenza in terra polacca. Anche in quest’occasione il pubblico lo accoglie con un caloroso abbraccio e ascolta attento il suo intervento al termine del quale Giorgio si reca negli studi di TVN e registra un programma televisivo che sarà trasmesso, il 19 dicembre, in tutta la Polonia. Il 29 novembre 1999 decide di visitare Auschwitz. In quest’area delimitata da un infinito recinto di filo spinato (all’epoca elettrico) un non ben precisato numero di persone ha sperimentato l’orrore delle torture, delle umiliazioni, delle più blasfeme e ciniche prevaricazioni. E il microfono della videocamera registra l’unico commento di Giorgio: “Mai più!”

Il 14 giugno 1940 giunse ad Auschwitz il primo trasporto di prigionieri. Si trattava di 728 polacchi, i quali avevano l’unica colpa di abitare un territorio che fungeva da ponte tra la Germania e le duecento divisioni tedesche impegnate nella guerra in Unione Sovietica. In seguito all’ordine di Hitler di spopolare la Polonia per insediarvi i tedeschi Otto Tierach, ministro della giustizia del Terzo Reich, dichiarò che “l’organismo tedesco doveva essere liberato da polacchi, ebrei, zingari, russi” ed ebbe così inizio quel sistema di terrore che avrebbe caratterizzato gli anni della guerra nazista e che avrebbe colpito, in particolar modo, il popolo ebreo. Nell’estate del 1941, infatti, il capo delle SS Himmler, come ricorda il comandante Höss nella sua autobiografia, disse solennemente: “Il Führer ha ordinato la soluzione finale della questione ebraica e noi SS dobbiamo eseguire quest’ordine. I centri di sterminio attualmente esistenti ad oriente non sono assolutamente in grado di far fronte alle grandiose azioni previste. Ho per ciò scelto Auschwitz”. Il 20 gennaio del 1942 fu programmato lo sterminio di massa degli ebrei che prevedeva la soppressione di circa 11 milioni di persone. Inizialmente gli ebrei vennero ammassati nei ghetti, privati di ogni dignità, obbligati a portare la stella di David e, come prevedevano le leggi di Norimberga, veniva loro vietata ogni forma di relazione con chi non era della loro stessa razza. L’abbandono del ghetto era punito con la fucilazione o l’impiccagione e la stessa sorte toccava a chiunque si mostrasse solidale con gli stessi ebrei.
Il 3 settembre 1941, ad Auschwitz, ebbe luogo il primo assassinio di massa tramite il gas: in quell’occasione persero la vita 600 prigionieri di guerra russi e 250 infermi, la maggior parte dei quali di origine polacca. In seguito a tale massacro il comandante del campo, Höss, scriveva: “Il loro avvelenamento da gas è per me di grande conforto perché presto si sarebbe dovuto cominciare lo sterminio in massa degli ebrei e né Eichmann né io sapevamo ancora bene in qual modo vi avremmo provveduto. Ma avevamo scoperto il gas e il modo di usarlo”. Agli inizi del 1942 si passò così all’attuazione del progetto di sterminio degli ebrei e, ben presto, il campo, troppo piccolo per il gran numero di deportati che vi venivano condotti, fu ingrandito e in seguito costruita una “sede distaccata”, Birkenau 2.
La maggior parte dei prigionieri veniva uccisa nelle camere a gas già al momento del suo arrivo nel campo poiché non ritenuta abile al lavoro. Con queste parole Rudolf Höss ricorda quei terribili momenti: “Gli ebrei destinati alla morte venivano condotti con la maggior calma possibile ai crematori. Dopo la svestizione gli ebrei entravano nelle camere a gas provviste di docce e lavandini per dare meglio l’impressione di stanze da bagno. Per prima entravano le donne con i bambini, quindi gli uomini. Si chiudevano ermeticamente le porte e il gas veniva immediatamente fatto uscire dagli appositi serbatoi e immesso attraverso fori praticati nel soffitto. Un terzo circa moriva subito, gli altri cominciavano ad agitarsi, a urlare, a lottare in cerca di aria. Dopo pochi minuti tutti giacevano a terra. Non passavano 20 minuti e già più nessuno si muoveva. A questo punto gli uomini del commando estraevano ai cadaveri i denti d’oro e tagliavano i capelli alle donne”.
Gli ebrei giudicati dai medici delle SS come abili al lavoro venivano invece mandati al campo, dove ricevevano un uniforme e sull’avambraccio sinistro veniva loro tatuato il numero da detenuto. Venivano poi costretti ad estenuanti turni di lavoro che portavano ricchezza nelle casse delle SS e in quelle di grandi industrie quali la la Krupp e la Siemens. Le loro abitazioni consistevano in fatiscenti baracche, stracolme, nelle quali pativano a causa di fame, freddo, malattie, epidemie. Molti di loro furono sottoposti ad atroci torture, ad esperimenti medici, molti di loro morirono di inedia, molti di loro vennero fucilati, molti di loro uccisi con un’iniezione letale. Furono circa 400 mila i prigionieri registrati e forniti di numero ed è impossibile stabilire il numero totale delle vittime di questa macchina mortale. Si sa che solo a Birkenau vennero uccisi un milione di ebrei. All’estero circolavano pochissime informazioni sui campi di concentramento nonostante i primi avversari del regime fossero scomparsi già nel 1933 e quando alcuni prigionieri riuscirono ad evadere l’opinione pubblica mondiale inorridì di fronte alle loro dichiarazioni. Il 27 giugno 1945 divisioni dell’armata rossa liberarono il campo di Auschwitz nel quale trovarono circa 7000 persone scampate alla morte. Alla fine della guerra i principali gerarchi nazisti furono sottoposti a processo di fronte a un tribunale militare internazionale formato da giudici provenienti da Gran Bretagna, Francia, Usa e Urss. Molti degli imputati non si pentirono per le azioni commesse mantenendo il giuramento di fedeltà al Führer.
Io ho visitato il campo di sterminio di Auschwitz, il luogo simbolo dell’umanità che stermina se stessa. E tra quelle mura spoglie mi è parso di udire le grida disperate degli innocenti, dei bambini, delle donne, degli uomini che lì hanno trovato la morte. E mentre passeggiavo tra le baracche, calpestando la neve ghiacciata ho sussurrato: mai più! Ed ora invito tutti a gridare MAI PIU’. Mai più a dittatori sanguinari come Hitler, i quali si incarnano affinché l’uomo stesso possa espiare il karma del feroce odio atavico che nutre per se stesso. Solo unendoci e lottando insieme per l’instaurazione di una nuova cultura universale e pacifista che si ispiri ai veri valori di Cristo potremo far sì che il sacrificio di quegli innocenti non sia stato vano. E allora ripeto: Mai più!

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