Pisa, 17 luglio, dal ponte di mezzo.

 

Carissimo Stefano,

affido questa lettera ad una tartaruga modello spyder che mi farà il favore di consegnartela previo versamento di 14 tonnellate di insalata, 147 carote e mezzo ravanello.

Dopo molti tentativi di farci capire dall'ippopotamo , finalmente, attraverso uno scambio frenetico di biglietti e bigliettini il dialogo è instaurato.

Il nostro ospite ci spiega che è immensamente ricco e che ha dedicato questa ricchezza alla lotta ai moscardoni.

Per fare questo ha finanziato le ricerche del prof. Astento Faccioiconti, autore del noto volume "Botti, bottoni, bottino e bottinaio nella cura della filossera col filtro.".

Le ricchezze personali dell'ippopotamo, investite in queste ricerche erano state ottenute esportando tappi di Coca - Cola seminuovi nelle isole Carramba, popolate dagli indigeni Carruba. Questi, che usano mangiare i tappi arrostiti e ricoperti di salsa di crisantemi, gli davano in cambio corna di cervi volanti Watussi che egli rivendeva in Cina, dove ,tritati, vengono usati dai mandarini più corrotti come lassativi.

Mentre ci spiegava non senza difficoltà, questo complesso sistema di scambi , da una porticina laterale sbucava un ometto, alto all'incirca 45 cm, 14 millesimi i 3/4, vestito di un povero ma lindo camice bianco, con un enorme naso, sormontato da un paio di potentissimi occhiali a carbonella, calibro 12 a palla.

Nella tavola fuori testo potrai ammirarne il ritratto giovanile, eseguito dal celebre maestro Fronzuto Capitello per la grande centrale dei gabinetti pubblici della stazione di Cadelbosco di sotto.

L'ometto, abbracciato l'ippopotamo cominciò a gridare "Eureka, eureka ho trovato!" poi, calmatosi così rispose a noi che lo sottoponevamo a un fuoco di fila di domande.

"La scoperta che ho fatto diverrà - fondamentale per l'umanità

e corona una vita ritirata - allo studio e alla scienza dedicata.

Fin da bambino, infatti, appena nato - sentii di dover fare lo scienziato

sostituendo la balia friulana - con un robot di latta, gomma e lana

che erogava, spingendo dei bottoni - caffé e latte con panna e bomboloni;

la culla non veniva dondolata - ma, essendo tutta transistorizzata,

andava dolcemente in su e in giù - cullata al dolce suono di un cucù.

All'asilo portai non il cestino, - ma un robot raffinato e piccolino

che serviva, a richiesta programmata, - bistecche o pesce, pollo od insalata.

A scuola poi, la cosa è sintomatica, - studiavo quasi solo matematica

somme ed insiemi, numeri, frazioni - radici quadre e moltiplicazioni.

Sempre studiando ed esplorando il nuovo - ho scoperto, a vent'anni, il chiaro d'uovo

e dopo una ricerca prolungata - giunsi a scoprir che l'acqua è assai bagnata.

Mentre a trent'anni, grazie alla mia scienza - scopri che se non c'è si farà senza

e un bel giorno, aiutato, in verità - trovai che sono qui, se non son là.

Altre invenzioni ho fatto, altre scoperte - nuove strade al sapere ho sempre aperte

ma l'ultima scoperta, lo so già, - fama ricchezze e onori mi darà:

ho scoperto stranissimi bottoni - che fan fuggire tutti i moscardoni.

 

La notizia ci riempie il cuore di gioia: febbrilmente sostituiamo tutti i bottoni dei nostri abiti con i nuovi prodotti e, risalendo dalle fogne usciamo all'aperto.

Subito torme di moscardoni ci aggrediscono, ma, oh meraviglia, in un attimo fuggono lasciandoci indenni. Tutti ci guardiamo: nessun bottone è perduto: l'invenzione funziona, l'umanità è salva!

Ora bisogna produrre i nuovi bottoni a migliaia, milioni, miliardi di esemplari.

Il benefico ippopotamo ha deciso di investire le sue ricchezze nelle nuove fabbriche.

E' la salvezza della nostra civiltà.

Un abbraccio dal tuo esultante genitore.

 

EPILOGO

 

 

Pisa, qualche tempo dopo, da un cantiere.

 

Ormai non scrivo più a Stefano che è ritornato dal soggiorno in colonia ed ha ripreso la sua vita normale.

Giorni di festeggiamenti, orazioni, discorsi hanno seguito la sconfitta dei moscardoni; poi, svelti, bisogna rapidamente costruire le nuove fabbriche per produrre i bottoni inattaccabili, le case in cui ospitare migliaia di nuovi operai necessari e scuole per i loro figli, negozi e quant'altro è necessario ad una nuova città che sorge.

Pisa è tutta un cantiere. Da tutta la città si innalza un canto , iniziato da uno solo a cui pian piano si univano decine, centinaia, migliaia di voci in un coro possente. Ne riporto le parole:

"Presto presto, lavorate - nuove fabbriche innalzate;

dove ora c'è quel prato - costruite un fabbricato

le sue fogne, immantinente - scarichiam nella sorgente!

Abbattete anche quei pioppi - che la fabbrica raddoppi!

Calpestate tutti i fiori! - Niente ostacoli i lavori!

Pale, ruspe, betoniere, - camion, calce, ciminiere,

una fila d' officine - che si estende senza fine,

là un recinto, qua un cancello, - non c'è niente di più bello!

Tutto questo si confà - alla nuova umanità.

Lavoriamo con gran lena - che ogni prezzo, che ogni pena

si sopporta con passione - se aumentiam la produzione.

Più produci e più guadagni - e nessuno più si lagni,

più guadagni e più tu acquisti, - son finiti i tempi tristi.

Più lavori e più consumi - questo è il secolo dei lumi;

quindi a torto od a ragione - lode sia alla produzione

 

.....parecchio tempo dopo, in una bottiglia galleggiante sull'Arno fu trovato questo messaggio:

 

Alle sei mi risveglio anchilosato: - stanotte molto male ho riposato.

Zanzare, vespe, mosche e calabroni - mi han riempito di pinzi e di bubboni.

Gli insetticidi ed i disinfestanti - le fanno diventare più prestanti.

Corro a lavarmi, ma dal lavandino - d'acqua non esce manco un gocciolino:

quella che c'era adesso non c'è più: - le fabbriche ne assorbon sempre più.

Così per ripulirmi un pò la pelle - finisco per usar la Ferrarelle;

bevo svelto un caffè liofilizzato - sintetico e decaffeinizzato

che ha un sapore un po' strano che mi stucca - a metà strada tra cipolla e zucca.

Poi corro a piedi verso l'officina, - la macchina non va, non c'è benzina;

non posso respirar, debbo star zitto - avvolto da un gran fumo nero e fitto

che dalle ciminiere s'è calato - e in tutta la città s'è sparpagliato.

Allo otto comincia la mia pena: - in fabbrica lavoro alla catena

svelto, senza respiro e senza aiuto - devo far dieci pezzi in un minuto

senza pause e riposo, con dolore - lavorerò così per otto ore.

Alla sera più in piedi non mi reggo - mi sembra di morir, se non mi seggo

Mi dolgon piedi, schiena, testa e petto - meglio che corra a riposarmi a letto

che troppo presto arriva la mattina - e l'ora di tornare in officina.

I prati intorno non ci sono più - l'acqua del mare è gialla a chiazze blu

al posto delle piante dei lampioni: - si stava meglio con i moscardoni!

 

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