NOGARA EUROPA - ASSOCIAZIONE CULTURALE

LA GIUSTIZIA E' UGUALE PER TUTTI?

LA GIUSTIZIA E' UGUALE PER TUTTI - Luca Tescaroli, Francesco Moroni.

Sabato 12 MAGGIO 2007 - Ore 16.15
ISOLA DELLA SCALA - SALA CIVICA, VIA CAVOUR
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La giustizia e’ uguale per tutti?
... 5 anni dopo
A 5 anni dall'omonima rassegna svoltasi a Nogara nel 2002, l'Associazione 'Nogara-Europa' e la Libreria 'Piccolo Principe' ripropongono un'occasione di dibattito ed approfondimento per capire cosa è nel frattempo cambiato - e cosa dovrebbe cambiare - per una Giustizia più rapida ed efficiente, e per ricordare le Vittime di mafia
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Saranno presenti:

Luca TESCAROLI, Sostituto Procuratore della Repubblica - Roma
Pubblico ministero nel processo relativo alla morte del banchiere Roberto Calvi

Guariente GUARIENTI, Avvocato

Francesco MORONI, Autore del libro “Soltanto alla legge”

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Saranno presentati i seguenti libri

“Soltanto alla legge: l’indipendenza della magistratura dal 1945 a oggi”
di Francesco Moroni, prefazione di Nicola Tranfaglia, Effepi Libri ed.

“Le voci dell’oblio... il silenzio di coloro che non possono più parlare”
di Luca Tescaroli, introduzione di Rita Borsellino, Di Girolamo ed.

SI RINGRAZIA PER LA COLLABORAZIONE LA LIBRERIA PICCOLO PRINCIPE di ISOLA DELLA SCALA (VR)

L’abbraccio al giudice-eroe

SCHEDE DI APPROFONDIMENTO DEI LIBRI CHE VERRANNO PRESENTATI NEL CORSO DELL'INCONTRO
Soltanto alla legge L’indipendenza della magistratura dal 1945 a oggi

Francesco Moroni

Soltanto alla legge
L’indipendenza della magistratura dal 1945
a oggi

Effepi Libri editore
www.effepilibri.it

“Francesco Moroni, colmando una lacuna ancora oggi esistente negli studi e solo in parte colmata da alcune ricerche di questo sessantennio, offre oggi con questo libro, chiaro e rigoroso, una ricostruzione attendibile del cammino compiuto dopo il 1945 per adeguare fino in fondo l’ordinamento giudiziario ai principi costituzionali. [...] Moroni ricostruisce con grande precisione le fasi diverse del rapporto tra i mutamenti intervenuti nell’ordinamento giudiziario e quelli della società italiana, il ruolo eccezionale svolto dai giudici di fronte ai terrorismi come alle associazioni mafiose e, in particolare, nella crisi finale del vecchio sistema politico, quando l’esplosione degli scandali legati alla pubblica corruzione fa dei magistrati simboli popolari (come il pm Antonio Di Pietro) di una lotta all’intreccio tra politica e affari che ha caratterizzato gli ultimi decenni della storia repubblicana”
(dalla prefazione di Nicola Tranfaglia)

 

Francesco Moroni (1978), laureato in giurisprudenza, ha collaborato ai periodici on-line Caffè Europa e Web Magazine. Questo è il suo primo libro.


UN GRAVE PASSO INDIETRO PER LA DEMOCRAZIA
Nicola Tranfaglia

Il pensiero liberale, ancor prima di quello democratico del ventesimo secolo, aveva visto con lucidità come, accanto alla separazione dei poteri teorizzata da Locke e da Montesquieu, l’autonomia e l’indipendenza dei giudici, come la libertà dei mezzi di comunicazione, fossero i due pilastri essenziali di un moderno stato di diritto. Basta pensare alle pagine assai chiare e lapidarie, nella loro nettezza, di Alexis De Tocqueville nella sua Democrazia in America per rendersene conto.
Ma, mentre nel caso della libertà di informazione, come avevano già scritto, nel 1786, gli autori del Federalist, nessuna norma costituzionale avrebbe potuto essere effettivamente applicata se la società civile e la pubblica opinione non avessero esercitato una costante pressione e vigilanza, nel caso della magistratura è indispensabile che la costituzione e le leggi indichino con precisione i principii e le procedure che devono garantire l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati.
La storia italiana è, da questo punto di vista, assai significativa giacché nel sessantennio liberale che segue al processo di unificazione nazionale, ispirandosi al modello piemontese, derivato a sua volta dall’esempio napoleonico, l’esecutivo conserva, nello Statuto Albertino e nelle leggi a esso legate, la gerarchizzazione e la dipendenza della pubblica accusa dal potere esecutivo. E, con ciò, rende impossibile l’autonomia e l’indipendenza dei giudici intese, come deve essere, in autonomia e indipendenza interna ed esterna dagli altri poteri.
Gli studi e le ricerche, dedicati negli ultimi decenni soprattutto da Pietro Saraceno e da Guido Neppi Modona alla magistratura dell’età liberale, mostrano con chiarezza come la dipendenza si realizzi in parte per i vincoli fissati dal punto di vista legislativo, in parte, soprattutto in certe materie come lo sciopero, per l’estrazione sociale e culturale dei giudici che sentono di appartenere alla medesima classe dirigente che esprime i poteri esecutivo e legislativo e applicano criteri nati da una medesima visione della società.
Con l’avvento della dittatura fascista il modello si irrigidisce a poco a poco, pur se l’oscillazione del regime tra istanze di classe e istanze populiste lascia margini di cui la magistratura approfitta per far la sua politica giurisprudenziale, anche qui soprattutto in alcuni settori come quelli che riguardano, ad esempio, le cause di lavoro (a proposito delle quali disponiamo di un’analisi esauriente nello studio di Giancarlo Jocteau). D’altra parte, la magistratura ordinaria collabora, sia pure parzialmente, alla persecuzione processuale degli oppositori che il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, creato dal regime, persegue, anche nell’ultimo e sanguinoso epilogo della repubblica sociale italiana.
Ma la riforma dell’ordinamento giudiziario, compiuta dal ministro fascista Dino Grandi, porta nel 1941 a una ristrutturazione autoritaria del sistema, destinata a durare assai oltre la conclusione della dittatura fascista. Arriviamo così, dopo un itinerario tormentato e caratterizzato a lungo da un’ispirazione autoritaria e da un legame innaturale tra l’esecutivo e il giudiziario, ai lavori preparatori dell’Assemblea Costituente e all’approvazione di un ordinamento democratico nella Carta del 1948. Si tratta - è bene sottolinearlo - di una rottura e di un salto legati all’ispirazione democratica dei partiti politici che hanno costituito il Comitato di Liberazione Nazionale e che intendono dar vita, per la prima volta nel nostro paese, a uno stato democratico di diritto.
Gli articoli della Costituzione, a cominciare dall’articolo 101 che ritiene i giudici sottoposti «soltanto alla legge», recepiscono in pieno l’ispirazione democratica delle forze che scrivono la carta costituzionale e sottraggono al potere esecutivo il governo della magistratura, decidendo con chiarezza che ad essa spetti un vero e proprio autogoverno affidato al Consiglio Superiore della Magistratura, eletto per due terzi dagli stessi giudici e per un terzo dal potere legislativo.
Ma le norme costituzionali devono, fin dall’inizio, fare i conti con una legislazione ordinaria fascista che non viene abrogata ma sottoposta soltanto, ove ci siano le condizioni processuali previste, al giudizio della Corte costituzionale che può dichiarare l’illegittimità di norme contrarie al dettato costituzionale, o alla sostituzione da parte del parlamento di quelle leggi con norme nuove e aderenti ai nuovi principi dell’ordinamento.
Francesco Moroni, colmando una lacuna ancora oggi esistente negli studi e solo in parte colmata da alcune ricerche di questo sessantennio, offre oggi con questo libro, chiaro e rigoroso, una ricostruzione attendibile del cammino compiuto dopo il 1945 per adeguare fino in fondo l’ordinamento giudiziario ai principi costituzionali. Un cammino (si può comprendere assai bene leggendo le pagine del libro) che è stato lento e oscillante negli anni del centrismo con tentativi, provenienti in parte dall’esecutivo in parte dai vertici della magistratura fascistizzata, di passi all’indietro, poi più rapido e spedito nel periodo del centrosinistra e del compromesso storico, infine di nuovo oscillante negli anni Ottanta e Novanta fino al tentativo, tuttora in atto, con buone probabilità di riuscita da parte del secondo governo Berlusconi, di ritornare all’indietro e, coerentemente con l’ispirazione autoritaria del disegno di revisione costituzionale numero 2544 bis, in via di approvazione definitiva presso le due Camere, fissare di nuovo la gerarchizzazione e la dipendenza del pubblico ministero, e fatalmente di tutta la magistratura, a un potere esecutivo tutto concentrato nella nuova figura del primo ministro.
Nel suo libro, Moroni ricostruisce con grande precisione le fasi diverse del rapporto tra i mutamenti intervenuti nell’ordinamento giudiziario e quelli della società italiana, il ruolo eccezionale svolto dai giudici di fronte ai terrorismi come alle associazioni mafiose e, in particolare, nella crisi finale del vecchio sistema politico, quando l’esplosione degli scandali legati alla pubblica corruzione fa dei magistrati simboli popolari (come il pm Antonio Di Pietro) di una lotta all’intreccio tra politica e affari che ha caratterizzato gli ultimi decenni della storia repubblicana.
La classe politica non ha superato la crisi che ha colpito le istituzioni repubblicane dopo la crisi del centro-sinistra e il 1968, ma ha riguadagnato in compenso la centralità della scena mediatica e, in buona parte, ha considerato i giudici (piuttosto che le proprie pratiche corruttive assai estese) come i responsabili della tempesta che ha squassato i palazzi nei primi anni Novanta e, in gran parte, ha assunto verso la magistratura un atteggiamento ostile e punitivo, trasmesso attraverso i mezzi di comunicazione di massa a una parte assai estesa della società.
La coalizione di centro-destra, oggi al potere, ha interpretato questa ostilità secondo il proprio generale progetto autoritario e di qui è nata una riforma dell’ordinamento giudiziario, che ha preso il nome del ministro leghista Castelli. Una riforma, questa del governo, attenta a non affrontare nessuno dei gravi problemi di efficienza e funzionalità della giustizia dal punto di vista dei cittadini-utenti ma, nello stesso tempo, tesa, con norme che riguardano sia la struttura e i poteri del Consiglio Superiore della Magistratura sia la carriera dei magistrati, a ripristinare, contro l’ispirazione e la lettera della costituzione vigente, la situazione che di fatto e poi anche di diritto esisteva nel periodo liberale e in quello fascista.
Una legge, per di più, costellata all’ultimo momento di norme ad personam per impedire a magistrati indipendenti dall’esecutivo di assumere incarichi di grande rilievo come quello del procuratore nazionale antimafia. Il Capo dello Stato, come in seguito la Corte costituzionale, si troveranno così di fronte a una legge che conserva, pur dopo il messaggio presidenziale di rinvio alle Camere, chiari profili di incostituzionalità e il tempo dirà quali saranno le conseguenze di un simile comportamento dell’attuale maggioranza parlamentare.
Resta, per chi è consapevole del lungo cammino storico del problema, indagato lucidamente da Moroni, la preoccupazione di un inaspettato ritorno all’indietro di una situazione di scarsa autonomia e indipendenza dei giudici di cui pure la storia ha già mostrato in abbondanza i pesanti aspetti negativi.

Corredato da una preziosa testimonianza introduttiva di Rita Borsellino, il volume cLUCA TESCAROLIontiene una raccolta di scritti di Luca Tescaroli, pubblicati dall’edizione palermitana di “Repubblica” che consente di far rivivere una pagina di storia del nostro Paese attraverso la rievocazione di una serie di stragi, attentati ed omicidi. Delitti che hanno consentito a Cosa nostra di eliminare in Sicilia, nell’indifferenza della comunità nazionale, alti esponenti delle istituzioni regionali, vertici della Procura della Repubblica e dell’Ufficio Istruzione di Palermo, giudici d’appello, attivi esponenti delle forze dell’ordine, prestigiosi esponenti dei partiti politici, imprenditori, familiari di collaboratori di giustizia, vittime innocenti, donne, bambini, servitori dello Stato. Scritti che danno voce al ricordo di uomini e donne trucidati. Un tributo alla memoria di una mattanza che l’autore ha saputo attualizzare, con attente analisi dell’attuale fase di calo nella lotta al crimine organizzato ed inviti accorati a non dimenticare. Storie di mafia, di collusioni e di delegittimazioni bisognose di verità si intrecciano con vicende giudiziarie ed esperienze professionali del narratore, che consentono di riflettere sulla situazione odierna.

 

Luca Tescaroli (1965), attualmente sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma, da molti anni svolge indagini su fatti rilevanti di criminalità organizzata che hanno interessato il nostro Paese. Si è per molti anni occupato delle stragi di Capaci e di via Mariano d’Amelio, del fallito attentato dell’Addaura, ed ha sostenuto l’accusa nel processo di Capaci nel corso dei giudizi di I e II grado. Oggi lavora alle indagini e segue il processo relativo all’omicidio di Roberto Calvi.

Le voci dell’oblio

Luca Tescaroli

Le voci dell’oblio
... il silenzio di coloro che non possono più parlare

Di Girolamo editore
www.digirolamoeditore.com


Carissimo Luca,

mi hai chiesto di scrivere poche righe per accompagnare questa raccolta di tuoi scritti che ridanno voce a chi non ne ha più, a chi la mafia, le mafie, hanno pensato di poter mettere a tacere togliendogli la vita.

RITA BORSELLINOLo faccio volentieri, e intanto ritorno con il pensiero ad una serata di non molti anni fa nella tua città, quando una amica comune ci aveva invitati alla consegna di una borsa di studio intitolata a Paolo. Per me era ancora una delle prime volte in cui partecipavo ad una cerimonia ufficiale: i tanti personaggi importanti che erano presenti mi intimidivano, mi facevano vivere con la mia consueta timidezza quel momento così bello; la sera a cena (c’era anche Lucia, la figlia maggiore di Paolo: ti ricordi?) mi colpì la tua espressione riservata e un po’ timida, ma soprattutto il tuo sguardo sereno e sorridente.

Seppi anche che avevi da alcuni anni iniziato il tuo lavoro di pubblico ministero a Caltanissetta. Guardavo i tuoi genitori, tua sorella, e ne avvertivo la trepidazione e l’orgoglio. Pensavo a mia madre: quando Paolo aveva iniziato la sua carriera non sapeva ancora che avrebbe affrontato pericoli e dolore; sapeva del senso di responsabilità e della forza morale necessari, ma questo era nel conto. Certo non pensava di dover diventare un “eroe” per fare il suo dovere con coerenza e professionalità, e mia madre lo aveva sempre accompagnato con il suo amore fino all’ultimo, fino a quell’ultimo appuntamento.

Negli anni successivi ti ho seguito con attenzione, con affetto e con stima crescenti; quando ho avvertito i pericoli che correvi ho partecipato dell’affetto, dell’orgoglio e della trepidazione della tua famiglia e ho pensato che saresti piaciuto a Paolo proprio per com’eri, per la tua storia così normale.

Oggi rileggere le tue parole chiare, senza mezzi termini, che con forza ridanno voce ai tanti che ti hanno preceduto sulla strada dell’impegno e della giustizia è un dono per tutti, e soprattutto per chi come me sa quanto sia bello e importante che queste voci continuino a farsi sentire attraverso la voce di altri, attraverso soprattutto le azioni di altri che con la stessa forza e con una spinta morale in più percorrono quelle strade. Nessuno credo più o meglio di te può, deve farlo così come fai, senza perifrasi, senza “mezze parole”, senza “mandarlo a dire”.

Grazie allora, grazie anche a nome di Paolo e dei tanti di cui sei voce, ma grazie anche per l’esempio che dai a tutti noi perché possiamo diventare cittadini responsabili, consapevoli del nostro compito nella società, e perché a partire dalle voci dell’oblio impariamo a tenere gli occhi aperti per costruire giustizia.

Lo auguro a tutti noi anche a nome di LIBERA.

Rita Borsellino

Introduzione a
“Le voci dell’oblio ... il silenzio di coloro che non possono più parlare”
di Luca Tescaroli – DG editore

PER CHI VOLESSE APPROFONDIRE SI CONSIGLIA LA LETTURA DELLE SEGUENTI PAGINE:


(Articolo in formato )

ISOLA DELLA SCALA. Domani alle 16,15
Incontro con Tescaroli
giudice in prima linea
(Da L'ARENA - 11/05/2007)

Isola della Scala. Un incontro importante sulla legalità e sulla giustizia. È quello che si terrà domani a Isola della Scala, alle 16,15, nella sala civica di via Cavour (ex Pretura, ingresso libero). Provocante il titolo: «La giustizia è uguale per tutti?». A organizzare l’incontro sono l’associazione Nogara-Europa e la libreria Piccolo Principe per capire come sta cambiando la giustizia e per ricordare le vittime di mafia. Interverranno un magistrato di altissimo livello come Luca Tescaroli; l’avvocato Guariente Guarienti; l’avvocato Francesco Moroni. Luca Tescaroli, 42 anni, da tempo svolge indagini su fatti rilevanti di criminalità organizzata che hanno interessato il nostro Paese. Si è per molti anni occupato delle stragi di Capaci e di via Mariano d’Amelio, del fallito attentato dell'Addaura ed ha sostenuto l’accusa nel processo di Capaci nel corso dei giudizi di primo e secondo grado. Oggi è pubblico ministero del processo relativo all'omicidio di Roberto Calvi.
Tescaroli, oltre a raccontare il suo impegno nella lotta alla mafia, parlerà del suo libro «Le voci dell'oblio. Il silenzio di coloro che non possono più parlare» (introduzione di Rita Borsellino, Di Girolamo editore). L’avvocato Moroni presenterà il suo libro «Soltanto alla legge: l’indipendenza della magistratura dal 1945 a oggi» (prefazione di Nicola Tranfaglia, Effepi Libri editore).
Per avere informazioni sull’incontro rivolgersi alla Libreria "Piccolo Principe" Via Cavour, 30; telefono 045.6631277 o consultare il sito http://digilander.libero.it/nogaraeuropa (f.pin.)

(Articolo in formato )

ISOLA DELLA SCALA. Il coraggioso magistrato, originario della Bassa, ha raccolto l’eredità di Falcone e Borsellino
L’abbraccio al giudice-eroe
Luca Tescaroli e l’impegno antimafia: «Ognuno può fare molto»
di Ferruccio Pinotti
(Da L'ARENA - 13/05/2007)

Isola della Scala. C’era una volta un giudice ragazzino, con solide radici «bassaiole» (tra Isola e Caselle) e innamorato della legalità. A 27 anni - appena vinto il concorso in magistratura - chiese di andare a combattere contro la mafia insieme a Falcone e Borsellino. Sapeva che rischiava la vita, ma non gli importava.
Quel ragazzino timido e ben educato vide morire i suoi maestri. E divenne uno dei magistrati di punta nella lotta contro la criminalità organizzata.
Ieri quel giudice, che negli occhi ha ancora la passione dei vent’anni anche se ne ha 42, è tornato alla sua terra per parlare di giustizia, per spiegare come ognuno di noi può combattere la sua piccola grande battaglia civile.
Per questo, l’incontro «La giustizia è uguale per tutti?», organizzato presso la sala civica dall’associazione Nogara-Europa, guidata da Michele Turazza insieme alla la libreria Piccolo Principe di Isola, è stato di grande significato. Insieme a Tescaroli sono intervenuti l’avvocato Guariente Guarienti e l’avvocato Francesco Moroni, autore del libro «Soltanto alla legge: l’indipendenza della magistratura dal 1945 a oggi» (Effepi Libri editore).
Luca Tescaroli si è per molti anni occupato delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, così come del fallito attentato dell'Addaura. Ed ha sostenuto l’accusa nel processo di Capaci, nel corso dei giudizi di primo e secondo grado. Oggi è L’abbraccio al giudice-eroe pubblico ministero del processo relativo all’omicidio di Roberto Calvi e segue altre importanti indagini.
L’analisi di Tescaroli sulla situazione della giustizia è stata lucida e severa: «La riforma dell’ordinamento giudiziario proposta dalla scorsa legislatura rischia di creare una struttura gerarchica atta a controllare la magistratura inquirente. Se a questo scenario si sommano le lentezze della giustizia, le prescrizioni, gli indulti e gli abbattimenti di pena, c’è il pericolo di un serio indebolimento della lotta alla mafia e alla criminalità organizzata».
Dopo la «primavera di Palermo» che vide importanti vittorie contro la mafia, seguite dall’omicidio di Falcone e Borsellino nel ’92, si è tornati - ha spiegato Tescaroli - a una «normalità preoccupante».
«Il rapporto mafia-politica continua ad esistere, Cosa Nostra si è inabissata per continuare ad operare senza la luce dei riflettori. Metà Italia vede una forte infiltrazione mafiosa. In Parlamento vi sono esponenti politici che hanno coltivato rapporti con la mafia e che hanno subìto condanne». ha osservato il magistrato.
Nonostante questo quadro, Tescaroli ha invitato a «mantenere viva la speranza». «Ma serve una nuova primavera dell’antimafia, una repressione dura da parte dello Stato, che ha i mezzi e gli uomini per vincere».
Il coraggioso magistrato ha invitato ciascuno a fare la propria parte, ad assumersi la responsabilità civile del cambiamento. «L’esempio di Falcone e Borsellino è più vivo e forte che mai. E l’impegno collettivo nei confronti della legalità sta crescendo».
Insieme ce la possiamo fare. Ma abbiamo tutti bisogno di simboli, di esempi da seguire. Grazie, Luca Tescaroli, per ciò che rappresenti.


Da IL VERONESE: Intervista radiofonica al PM Luca Tescaroli


Da GRILLONEWS (05/06/2007)

GIUSTIZIA. «IL RISCHIO DELLA NORMALIZZAZIONE»

[Marco Scipolo • 05.06.07] Il magistrato Luca Tescaroli, sostituto procuratore della repubblica di Roma, è stato ospite, nei giorni scorsi, dell’incontro pubblico «La giustizia è uguale per tutti?… Cinque anni dopo», tenutosi nella sala civica di via Cavour, ad Isola della Scala. L’iniziativa, promossa dall’associazione culturale Nogara-Europa e dalla libreria Piccolo Principe di Isola, è stata organizzata per discutere ed approfondire i temi della giustizia e per ricordare le vittime di mafia.

Il magistrato Luca Tescaroli, sostituto procuratore della repubblica di Roma, è stato ospite, nei giorni scorsi, dell’incontro pubblico «La giustizia è uguale per tutti?… Cinque anni dopo», tenutosi nella sala civica di via Cavour, ad Isola della Scala. L’iniziativa, promossa dall’associazione culturale Nogara-Europa e dalla libreria Piccolo Principe di Isola, è stata organizzata per discutere ed approfondire i temi della giustizia e per ricordare le vittime di mafia. Al dibattito sono intervenuti anche l’avvocato scaligero Guariente Guarienti e Francesco Moroni, autore del libro intitolato «Soltanto alla legge: l’indipendenza della magistratura dal 1945 ad oggi» (Effepi Libri editore).

Guarienti ha affermato che «la magistratura italiana è sana, indipendente e quasi totalmente costituita da persone perbene». Per l’avvocato veronese «c’è una diffusa moralità nella categoria dei magistrati italiani che fa ben sperare». Moroni ha poi sostenuto che l’indipendenza della magistratura «non è un privilegio di casta ma è un valore strumentale: il giudice è imparziale se è indipendente».

Il giovane Luca Tescaroli (42 anni), che indagò sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio, sul fallito attentato Nella foto, da sinistra: Francesco Moroni, Guariente Guarienti e Luca Tescarolidell'Addaura ed che ha sostenuto l’accusa nel processo di Capaci nel corso dei giudizi di primo e secondo grado, oggi è pubblico ministero del processo relativo all'omicidio di Roberto Calvi e da tempo svolge indagini su fatti rilevanti di criminalità organizzata che hanno interessato il nostro Paese. Nel corso dell'incontro egli ha condannato i rapporti tra mafia e politica, che del fenomeno malavitoso costituiscono «il profilo più riprovevole». Il magistrato ha anche criticato i mezzi di informazione, colpevoli di silenzio sulla gravità di queste relazioni esterne della criminalità organizzata «che sono così difficili da provare». Tescaroli ha detto che oggi la mafia resta «un mero strumento di aggregazione e di consensi per il politico in vista del bieco potere e rappresenta uno strumento per coltivare l’ambizione di classi dirigenti senza scrupoli, alcune delle quali nate anche sulle ceneri delle stragi di Capaci e di via D’Amelio o che si sono successivamente sviluppate».

Per il coraggioso magistrato è tempo che al Paese «giunga un segnale di maturità istituzionale e che il passato criminale di violenza politico-mafiosa sia cancellato» come le relazioni tra Cosa Nostra ed i potenti. Tescaroli è apparso fiducioso, ritenendo l’obiettivo raggiungibile grazie proprio ai cittadini, che devono essere consapevoli di avere un grande potere: il voto.

Dopo l’assassinio dei giudici Falcone e Borsellino -ha ricordato il magistrato- furono adottati provvedimenti legislativi efficaci. «Una legislazione -ha però dichiarato Tescaroli- che purtroppo, nel corso degli anni, è stata smantellata al punto che oggi il grosso problema è proprio quello della normalizzazione, il rischio che noi viviamo». Il sostituto procuratore, oltre a raccontare il suo impegno nella lotta alla mafia, ha parlato del suo libro «Le voci dell'oblio. Il silenzio di coloro che non possono più parlare» (introduzione di Rita Borsellino, Di Girolamo editore).

Marco Scipolo


Da COMINCIALITALIA.NET (12/05/2007)

INTERVISTE
"Soltanto alla legge", Moroni e l'indipendenza della magistratura
di Marco Scipolo

Francesco Moroni, classe 1978, è un giovane di Foligno, laureato in giurisprudenza, che ha scritto il libro “Soltanto alla legge” sull’indipendenza della magistratura dalla fine della guerra ad oggi ( Effepi Libri editore: www.effepilibri.it ).
Il volume, che nel titolo fa preciso riferimento ad un articolo della Costituzione (“I giudici sono soggetti soltanto alla legge”), vanta la prefazione dello storico Nicola Tranfaglia e tratta un argomento d’attualità, considerate le riforme dell’ordinamento giudiziario in atto soprattutto in questi ultimi anni che costituiscono terreno di scontro politico. Il libro di Moroni sarà presentato nell’incontro pubblico “La giustizia è uguale per tutti?… Cinque anni dopo”, organizzato dall’associazione culturale “Nogara-Europa”, che si terrà sabato 12 maggio alle 16,15 ad Isola della Scala (in provincia di Verona) nella sala civica di via Cavour. All’iniziativa, promossa per dibattere sui temi della giustizia e per ricordare le vittime di mafia, parteciperanno anche il magistrato Luca Tescaroli, sostituto procuratore di Roma, e l’avvocato veronese Guariente Guarienti.

Comincialitalia ha intervistato Francesco Moroni che ci ha illustrato il suo saggio.
Fortemente contrario alla riforma Castelli, che definisce come il frutto legislativo più avvelenato, egli è critico anche su alcuni aspetti del ddl di riforma del ministro Mastella. E ricorda, inoltre, che il prossimo 31 luglio scadrà la sospensione del decreto attuativo della legge Castelli sulla separazione delle carriere in magistratura...

Dottor Moroni, quali sono le motivazioni principali che l’hanno condotta a scrivere “Soltanto alla legge”?
La "controriforma" Castelli, approvata dal centrodestra nella scorsa legislatura, è destinata ad interrompere il lungo e faticoso cammino percorso negli ultimi cinquant’anni per dare piena attuazione ai princìpi costituzionali di autonomia e indipendenza dell’ordine giudiziario. Per comprenderne le probabili ripercussioni negative sugli equilibri istituzionali e le garanzie dei cittadini ho ritenuto opportuno fare tesoro della lezione del passato, analizzando le radici storiche dell’indipendenza della magistratura, la sua evoluzione anche culturale, i mutamenti ordinamentali dal dopoguerra ad oggi e, soprattutto, le disastrose conseguenze già prodotte da vecchie soluzioni normative che qualcuno vorrebbe riproporre oggi, dando il colpo di grazia ad una macchina giudiziaria già abbondantemente disastrata.

La riforma “Castelli” cosa ha rappresentato per la giustizia italiana?
La legge Castelli è il più avvelenato dei frutti legislativi generati dalle preordinate aggressioni che una parte consistente del ceto politico ha mosso nei confronti della magistratura. Il suo disegno controriformatore, ben lungi dall’introdurre misure di efficienza tese ad abbreviare i biblici tempi processuali, è palesemente volto a limitare l’autonomia del potere giudiziario attraverso una surrettizia separazione delle carriere, lo svilimento delle competenze del CSM, il rilancio di una carriera selettiva che imbriglierebbe i giudici in un’intricatissima rete di concorsi interni e la gerarchizzazione delle Procure della Repubblica.

Qual è l’aspetto più clamoroso contenuto nel suo libro?
Nulla di clamoroso, semmai l’ambizione di offrire una ricostruzione rigorosa e attendibile del lungo, accidentato e non sempre coerente percorso evolutivo compiuto dopo il 1945 per adeguare fino in fondo l’ordinamento giudiziario ai princìpi costituzionali e per radicare nella magistratura un nuovo habitus culturale finalmente alieno dalla tradizionale sudditanza nei confronti dell’establishment politico ed economico. Vorrei solo riportare un po’ di logica e di memoria storica nel dibattito sui rapporti fra politica e magistratura, un dibattito ormai intossicato da troppi calunniosi stereotipi che una stordente propaganda politico-televisiva ha lasciato sedimentare nell’opinione pubblica. Con effetti devastanti per la fiducia dei cittadini in un’istituzione giudiziaria costantemente criminalizzata a fronte di una complessiva riabilitazione dei corrotti, in quello che Giancarlo Caselli chiama “il tempo delle verità rovesciate”.

Come valuta il ddl di riforma dell’ordinamento giudiziario dell’attuale ministro della giustizia Mastella?
Più ombre che luci. Il ddl varato dal nuovo Guardasigilli prevede l’abbandono dell’ingestibile meccanismo dei concorsi architettato da Castelli in favore di un più serio sistema di valutazione della professionalità dei magistrati e riporta finalmente a trenta il numero dei componenti del CSM. Nulla però è stato ancora fatto né per eliminare l’inaccettabile obbligatorietà dell’azione disciplinare, né per ricondurre nell’alveo della legittimità costituzionale la regolamentazione dell’istituenda Scuola della magistratura, impropriamente dotata di forti poteri di condizionamento della carriera giudiziaria a scapito delle prerogative del CSM. Inoltre, resta la forte gerarchizzazione degli uffici requirenti, con il Procuratore della Repubblica titolare esclusivo dell’azione penale e attributario di ampi margini di discrezionalità nell’assegnazione e revoca delle indagini ai suoi sostituti. Infine, si avvicina la data del 31 luglio 2007, quando scadrà la sospensione dell’ultimo decreto attuativo della legge Castelli, quello relativo alla separazione delle carriere. Gli altri decreti sono già entrati in vigore con meri ritocchi cosmetici sulla base di un accordo bipartisan e la controriforma Castelli rischia di divenire pienamente operativa se l’attuale maggioranza non avrà la forza, la coerenza e l’onestà di iniziare a marcare una precisa discontinuità rispetto alla politica giudiziaria degli ultimi anni.


Da COMINCIALITALIA.NET (14.06.2007)

Il Pm Tescaroli denuncia: "Big della politica difendono gli inquisiti per mafia"
di Marco Scipolo

“Ciò che continua a mostrare invalicabili resistenze all’usura del tempo è il rapporto mafia-politica-giurisdizione”. Lo afferma Luca Tescaroli, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma. “Cosa Nostra e le altre strutture mafiose del nostro Paese continuano in maniera imperterrita a coltivare quelle odiose relazioni”, dichiara il magistrato che indagò sulle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Tescaroli sostenne l’accusa nel processo di Capaci in primo e in secondo grado, e si occupò anche del fallito attentato al giudice Giovanni Falcone all’Addaura. Oggi è pubblico ministero nel processo per l’omicidio di Roberto Calvi nel quale ha chiesto la condanna all’ergastolo, tra gli altri, di Pippo Calò, ritenuto il cassiere della mafia.

“Questo fenomeno di convivenza purtroppo esiste ancora e resiste più forte che mai”, spiega il magistrato, costretto a vivere sotto scorta. Tescaroli prosegue nella sua lucida analisi: “Autorevoli esponenti della politica hanno fatto quadrato attorno agli inquisiti anziché prenderne le distanze, evidentemente perché permane l’interesse a coltivare la connivenza, foriera di aggregazione di consensi di un Mezzogiorno che è attanagliato da un sottosviluppo oppressivo”.

Il coraggioso magistrato striglia anche la stampa che non informa i cittadini su queste relazioni pericolose: “Una correlativa azione mediatica, poliedrica per estrazione ideologica, ha creato un circolo virtuoso capace, per un verso, di denigrare e di raffigurare i magistrati inquirenti, protagonisti di una stagione sviluppatasi nel decennio successivo alle stragi, come delle vere e proprie figure demoniache e poi, dall’altro, di esaltare quei procuratori (ed è ciò che avviene oggi, purtroppo) che hanno improntato il loro agire concreto alla massima prudenza ogni qualvolta si sono imbattuti in personaggi dal peso politico di livello nazionale”.

Tescaroli evidenzia come nessun scalpore susciti la presenza nel Parlamento di numerosi soggetti risultati legati ad esponenti mafiosi: “Nel nostro Parlamento vi sono non solo soggetti sospettati di appartenere alla mafia ma anche soggetti condannati per reati di corruzione, e si assiste per di più alla beatificazione e alla riabilitazione di politici di rango che sono risultati certamente legati a personaggi appartenenti alla mafia”.

Il silenzio dell’informazione su questi rapporti fa pensare, secondo il Pm, ad una volontà di farli cadere “nel dimenticatoio”. Per Tescaroli la politica non accetta di essere giudicata. Essa “rivendica il suo primato sulla giurisdizione e spinge l’azione della magistratura verso derive garantiste che richiedono, solo per i potenti, prove inconfutabili e titaniche suscettibili di una generale impunità”, commenta il magistrato. Che aggiunge: “E’ fin troppo evidente che le azioni giudiziarie non debbano essere strumentali per rappresentare il viatico per esprimere giudizi morali ma non è accettabile che la giurisdizione faccia dei passi indietro o, peggio ancora, accetti compromessi con l’illegalità facendo venire meno il fondamentale presidio della legalità, garanzia di uguaglianza per tutti i cittadini”.

Per il sostituto procuratore di Roma sono necessari una rivoluzione morale e culturale nel modo di concepire la politica da parte delle classi dirigenti e “l’abbandono di quella prospettiva clientelare che, soprattutto al sud, permea il rapporto tra i candidati-elettori”.
Secondo il magistrato i cittadini, esercitando il diritto di voto, possono porre “in disparte quegli esponenti che non offrono garanzie di trasparenza, di certa moralità e di buona amministrazione, e che hanno fatto dei favori e dei ricatti una regola di gestione della cosa pubblica”.

“E’ sul binomio della repressione e della prevenzione che la disputa può essere vinta” dichiara Tescaroli, che vorrebbe da parte dello Stato “un investimento straordinario delle ricchezze, fuori dalle logiche dell’emergenza, per incrementare la repressione al fine di terrorizzare il mafioso sottraendogli il controllo sul territorio, depauperandolo delle sue ricchezze e creando delle speciali strutture carcerarie per costoro, in modo da assicurare il totale isolamento tra il mafioso e l’ambiente esterno”. Ciò, precisa Tescaroli, per evitare che dal carcere i boss della mafia continuino a perpetuare il loro potere, come spesso ora accade. Per il magistrato della procura di Roma bisogna, inoltre, vigilare sull’attuale normalizzazione, il rischio che si corre oggi. Anche di fronte a questa stagione preoccupante, per Tescaroli, si deve comunque lasciare aperta “una speranza” perché riprenda “una nuova primavera dell’antimafia”.

Marco Scipolo

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