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IL GATTOPARDO

 

 

                      IL GATTOPARDO

 Anni fa, quando vidi il film, rimasi in dubbio se leggere o meno il romanzo per verificare le eventuali diversità tra l’autore, Giuseppe Tomasi di Lampedusa e, il regista del film di cui ricordo molto bene soltanto gli attori principali e cioè Burt Lancaster nel ruolo del principe di Salina, Alain Delon nel ruolo del nipote Tancredi, Claudia Cardinale nel ruolo d’Angelica e Rina Morelli nel ruolo della principessa.

Ebbene ho appena finito di leggerlo.

In merito al film, ricordo  una superba, grande interpretazione del Lancaster che ha colto veramente la personalità del principe il quale sa che  nel suo cuore  alberga solo l’amore verso  la bellezza della natura e delle donne e verso  la sua amica-nemica: LA MORTE.

Ma il libro è davvero un capolavoro. In esso ritrovo la fatalità di cui la  vita dei siciliani è intrisa, la lotta,impari, tra la vita e la morte, la severità puritana e quindi ipocrita dei rapporti uomo-donna, marito-moglie; le lunghe gonne nere delle donne che devono coprire le gambe, come cose mitologiche, fatali, impuri ma anche sacre; la seduzione della bellezza e l’insidia dei sensi; il desiderio carnale vivo, presente  e  perciò da soddisfare e, le stelle del firmamento tanto lontane e senza tempo, spettatrici indifferenti alla tragicità della vita mortale e quindi temporanea;stelle che il principe osservava ogni sera dal suo osservatorio quasi a voler annullare il tempo.

A proposito dei siciliani ecco cosa scrive l’autore del romanzo:<la nostra sensualità è desiderio d’oblio,le nostre coltellate desiderio di morte,la nostra pigrizia desiderio di immobilità voluttuosa,cioè ancora di morte.

Le novità ci attraggono solo quando le sentiamo defunte>.

 

Ed ecco lei, lì, sempre presente, sorridente, accattivante come una leggiadra fanciulla, invitante nella sua ineluttabilità: LA MORTE.

Don Fabrizio l’intravedeva in ogni momento, quando guardava il firmamento dal suo osservatorio, quando andava a trovare a Palermo la Mariannina (prostituta), quando nel giardino della villa si ristorava guardando lo zampillo della fontana, nella caccia all’alba e anche, sì, nell’amore di Tancredi per Angelica; quella splendida ragazza dalla capigliatura colore della notte, dagli occhi verdi di giada, dalla pelle odorosa di crema e di seduzione.

Il principe amava la bellezza nelle sue varie espressività: nella natura, nelle donne, nei quadri, nelle statue, in tutto ciò che gli procurava insieme con una seduzione dei sensi una gran nostalgia ed un profondo dolore al pensier della morte.

E quando si ritrova al gran ballo della famiglia PONTELEONE ecco accorgersi che il tempo dell’amore per la vita, fino ad allora tenuto a distanza, si sta perdendo nelle note di un valzer che sta ballando con Angelica.

Poco prima in uno dei saloni del palazzo aveva a lungo contemplato un quadro dal titolo LA MORTE DEL GIUSTO e si era detto LA MIA COME SARA’?

Il romanzo ha sullo sfondo la vicenda storica dello sbarco a Marsala di Garibaldi e delle sue conseguenti modifiche sociali e quando Tancredi si unisce ai MILLE contro il parere del principe, gli dice:  principe zio, se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi.

Il mutamento sociale conseguente all’annessione al Piemonte non è ben accetto dal principe perché nota che la ricchezza sta raggiungendo i ceti borghesi assetati di cupidigia e di poteri e perciò privi di ogni scrupolo, mentre i gattopardi muoiono si fanno avanti gli sciacalli e le iene.

I cafoni cercheranno di avere una parvenza di gentiluomini ma un saggio dice: che la  nascita è un caso,ma è cosa; non si diventa gentiluomini col denaro.

Ma la storia, come è noto, è fatta  senza i se e senza i ma; il mondo dei gattopardi sta finendo, ne sta arrivando uno nuovo, ma per  Don Fabrizio nulla cambia perché nel suo cuore ha sempre il desiderio della  bellezza, che è vita e, il pensiero della morte che lo assilla.        

La descrizione della scena finale è la conferma dell’ineluttabilità della vita o meglio della morte dinnanzi alla quale ogni uomo è solo.

 Ha amato tanto  il Gattopardo eppure è stato sempre solo perché non basta avere gente intorno se essa non condivide i tuoi valori, i tuoi principii, le tue idee, se non ama ciò che tu che ami, se non desidera ciò che tu desideri, e non per omologazione, guai, ma per vera profonda sincera osmosi spirituale.

 Tornando da Napoli, muore sulla terrazza di un albergo a Palermo,non riuscendo a ritrovare le forze necessarie per   ritornare a casa.

Reclina il capo, mentre guarda il mare, immenso e luminoso, e vede il suo corpo sfinito come quello di un naufrago alla deriva su una zattera in preda a correnti ormai ingovernabili e LEI, con la veletta in viso pronta a scoprirsi per lui con le braccia invitanti.

Una storia che doveva  durare pochi giorni o pochi mesi si dilata a tal punto da superare i 20 anni: inizia col principe 45enne brillante e nel pieno delle forze e finisce col 68enne  principe moribondo, senza forze e senza paura.Nel frattempo la Sicilia del principe di Lampedusa apparentemente era cambiata ma lui sapeva bene che i siciliani <tendono al sonno e non sopportano chi vuole svegliarli> (almeno in quel tempo, spero).

 

R.S.           

 

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