Domenico Russo - Pittore

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Da "PROPOSTE", Gennaio 1988, pag 7

MEMORABILIA a cura di RICCIOTTI MILETO

Memorizzare il passato

   In questa rubrica - aperta a tutti - vogliamo segnalare, in modo sobrio, figure e vicende del passato, degne di essere memorizzate.

    Pur se il passato non è più considerato maestro di vita, il recupero dei beni culturali può costituire una documentazione utile all'esistenza formativa dei giovani, nel progredire o regredire dell'uomo.

    L'aver posto attenzione fin dagli anni Venti allo svolgimento di vicende nostrane mi consente di poter iniziare questi appunti su quanto c'è di memorabile. Non essenzialmente saranno da memorizzare figure ed eventi di straordinario interesse, ma pur episodi che a suo tempo hanno, per un verso o per l'altro, incuriosito, come, ad esempio, la gherminella piuttosto malandrina ordita per spillare al buon Fra Carmelo i risparmi raggranellati nelle sue peregrinazioni questuanti per la chiesa del Poro. Si recarono in gruppo al Poro, muniti di pale, e finsero di scavare una fossa vicino al santuario. All'ingenuo frate prontamente accorso, «confidarono» che la fossa doveva servire per uno di loro, deciso a suicidarsi a causa dei debiti contratti, e tanto dissero finché fra Carmelo, commosso alle lagrime, non si spogliò di tutto il suo peculio; oppure (per evocare più lusinghiere circostanze) annotare l'ardimentoso atto del giovane Pasquale Lavalle, detto Patanna. che, a rischio della vita, nel 1850, si calò in un fatiscente palazzo, nei pressi del Duomo, di cui era crollato il tetto, per salvare, uno alla volta, i coniugi Marzano Francesco e Vigliarolo Rachele quest'ultima incinta; oppure richiamare alla memoria l'amena figura del medico Manduca, abituato a parlare in poesia (come si usava nel passato). Chiamato in una notte piovosa ad assistere una partoriente, preoccupandosi più della propria cavalcatura che di sé stesso, si affacciò alla finestra e diede a voce alta (intensa dai vicini) questa lapidaria risposta: «Quando piove lascia piovere /da dove sei non ti muovere / il cavallo di Manduca / non è pezza che si asciuga / se la signora figlia, figlia / se no il diavolo se la piglia.

    Un aneddoto faceto che ci riporta ad una battuta burlesca dell'ottimo medico Cavallari, dal linguaggio caustico e scherzoso. Di fronte ad una madre sdegnata per aver saputo da lui che sua figlia, da lei ritenuta illibata, aspettava un bambino, e continuava a ribattergli che certe cose nella sua famiglia non potevano succedere, perché la sua casa era un «convento», alla che ci sono passati li monaci!».

    Di episodi tipici e curiosi ce ne sono tanti ed alcuni meritano di essere

messi in luce, non dimenticando però fatti e persone che hanno onorato la terra natale, di cui è doveroso serbare duratura memoria.

    Accingendoci a commemorare qualche nostro concittadino vogliamo iniziare da coloro che son rimasti privi di eredità d'affetti e, per l'inevitabile disgregazione dell'unità familiare, non più sopravvive per loro un adeguato rimpianto e convenevole ricordanza.

Tra i primi da segnalare gli appartenenti alla famiglia RUSSO, di cui fu capostipite il grande pittore DOMENICO RUSSO, un nome rimasto durevolmente presente nella memoria di molti per la pregevole operosità artistica svolta, istoriando chiese ed eseguendo molti eccellenti ritratti. Forse meno nota è la sua figura umana, dotata di esemplari virtù civiche, e la sua multiforme genialità, una genialità, ch'egli trasmise a tutti i suoi discendenti, ai figli Raffaele (commediografo), Achille (accademico delle scienze, a cui è intitolato il nostro Ist. Tecnico), Vincenzo (letterato, acuto critico dantesco, dedito a illustrare il proprio paese nei due volumi sul «Luogo di Medma» e «Medma-Nicotera» meritevoli di ristampa). Cosmo (valente pittore e virtuoso di musica); ai nipoti Domenico (autore di apprezzati tratti tati di elettrotecnica). Cosmo (poeta garbato, autore di vari volumi di versi). Raffaele (doc. universitario, pres. sez. del Consiglio di Stato), Eugenio (scultore rinomato), Teresa in Paladino (valente docente di musica), ai pronipoti e Andreina, Enzo, Diego, Dora Pasquale, Anna Maria, ecc. ecc. (tutti pervenuti ad elevati traguardi).

    Ci auguriamo di aver modo di tratteggiare le singole doti di qualcuno di tali emeriti discendenti, pregando altri di volerlo fare, se possibile, in nostra vece, tanto più che nell'animo di ciascuno di loro mai fu disgiunto il pensiero per la terra natale.

 

L'arte figurativa di Domenico Russo

    DOMENICO RUSSO (1832-1907) Fu pittore sommo, ma, pur infervorato nell'arte, fu un Nicoterese autentico di stampo antico, dotato di grande civismo e di una vocazione intimamente profonda per la libertà. Questi tratti desumiamo chiaramente da una sobria e fedele biografia del figlio Vincenzo, inserita nel libro: «Note di letteratura ed arte», una biografia che varrebbe la pena di ristampare (come le due opere storico-archeologiche citate prima), perché ricca di notizie utili per chi ama il nostro paese.

    Domenico Russo nacque a Nicotera dal padre Raffaele e da Caterina Iannello. Unico figlio maschio, rimasto orfano di padre in giovane età, ebbe cure paterne dallo zio canonico Giuseppe e dallo zio materno decano Iannello. Fin dall'infanzia diede prova di spiccata inclinazione all'arte e venne invialo dalla famiglia a frequentare l'Accademia di Belle Arti in Napoli, ove si distinse fra gli allievi, ed un suo lavoro, ch'egli non aveva firmalo dubitando del successo, ebbe il primo premio, e fu esposto poi per tanti decenni in una sala dell'Accademia. Era suo maestro il grande pittore Domenico Morelli a capo della Scuola Napoletana, per un ritorno allo studio della natura, ma quando il Morelli esortò il Russo a non rientrare al suo paesello, dato il suo «bel talento d'artista» egli rispose che primo dovere di un figlio è quello d'ubbidire ai genitori, e tornò a Nicotera. richiamato dalla madre. Sposatosi nel I858 con Francesca Gargano, mise studio presso l'ex convento dei minori-riformati, poi, adibito a palazzo municipale. Attorniato da giovani influì sulla loro formazione spirituale, sempre con senso di civismo e con disinteresse ed equità. Elevati erano in lui i sentimenti di dedizione per il proprio paese, l'amore per l'Italia e per la libertà. Da questi sentimenti fu indotto a partecipare in primo piano alle lotte risorgimentali, a fianco del dr. Bruno Vinci, eletto poi deputato nel primo parlamento italiano, dell'avv. Stefano Mileto, eletto sindaco nella prima amministrazione del nuovo Regno ( 1861 ), di cui il Russo fu assessore. Lottò contro i borboni, contro i filoborbonici e non manco di spunti mordaci per clericali e codini. Improvvisatore di versi, inneggiava alla libertà, in un banchetto offerto dal sindaco Mileto per la prima leva militare del Regno: «Libertate a Cecco Beppe / che le braccia legar seppe / ..... / inviando al pingue desco / di Pio nono il re Francesco /..... / per finirla se vuol Dio / col Tedesco e con Pipio.

    Scrisse anche commedie e si adoperò tanto per istituire un teatro a Nicotera. Delle commedie si ricordano: "La Magia». «U Bau» (nomignolo di un popolano il cui fratello si chiamava «U Pàccaru», «La fanfara del Rosario». «La scuola antica» (canzonatura di metodi scolastici). «La ferrovia» (per beffeggiare un pezzo grosso che voleva deviare la strada ferrata).

    I ritratti eseguiti da Domenico Russo risultavano di una stupefacente assomiglianza, tanto che il figlio di Antonio Chindamo di Laureana usci fuor di senno per qualche mese nel vedere il padre redivivo, che il Russo aveva dipinto su una tela a grandezza naturale.

    A giudizio del figlio Vincenzo sono da ritenersi di ottima fattura quello eseguito per il senatore Zerbi, allora presidente del Consiglio Prov. di Reggio Calabria, effigiato nell'atto di leggere un discorso, sorprendente per l'atteggiamento, l'espressione, gli effetti di luce: altro ritratto eseguito alla maniera fiamminga fu quello per Orazio Cipriani, un nicoterese trasferitosi a Reggio ove divenne caposcuola di giornalismo, in cui si distinguono tutt'ora i suoi discendenti: infine da Vincenzo Russo viene riprodotto nella citata biografia il ritratto dell'avv. Stefano Mileto, le cui sembianze, somigliantissime, furono dipinte «a memoria» quale spontaneo «omaggio» verso l'amico e compagno di lotte risorgimentali, scomparso nel 1900. Il ritratto, del 1902, e corredato da una affettuosa dedica, quale

  « omaggio d'antica stima e d'incrollabile amicizia » per un « animo di tempra adamantina, sostenitore di libertà e di giustizia, nobile esempio di virtù domestiche e civili ».

   A questi ritratti magistralmente eseguiti si aggiungono i molti ritratti di superba fattura per Nicoteresi, quali l'arciprete Famà (1864), D. De Bella (1865), P. Gargano (1869), avv. F. Vinci (1870), A. Albino (1870), Giovinetto Montalto (1870), due giovinette Montalto (1874), F. D'Agostino (1874), signorina Corsi (1875), arciprete Prenestini (1875), arcid. D. F. Brancia (1875), F. Debella 1876), on. dr. Bruno Vinci (1877), R. Polito (1879), mons. L. Vaccari (1880), mons. De Simone (1880), giovinetta Montalto (1880), D. Scardamaglia (1882), decano Coppola (1883), C. Bragò (1883), mons.Girolamo Lacquaniti (1889), vescovo D. Taccone (1889), avv. S. Mileto (1902), giovinetto Mileto (1909), F. Lacquaniti (1904), C. Gargano (1904), arcid. A. Loiacono (1905), F. A. Brancia (1905).

   Molti ritratti furono eseguiti per persone dimoranti fuor Nicotera,. quali l'arc. Pullia di Caroniti (1863), il teol. Germano (1869), il can. Muratori (1859), sen. Zerbi (1876), signorina Grillo (1876), signora Zerbi (1882), tutti di Oppido; A. Chindamo(1870), signora Carlizzi (1875), signora Marzano (1876), avv. Carlizzi (1877), A. Proto 11895) tutti di Laureana: il sig. Ferrari (1877), signorina Ferrari (1886) di Galateo, il prof. M. Vitale (1880) di Catanzaro; il musicista Scarlatti (1892); il musicista Poniatowski (1866), P. Gargano (1869) di Napoli; la signora Bisogni (1877) di Briatico; la signorina Perticone di Catania (1894); mons. V. Brancia vescovo di Ugento (1892).

   I pregevoli dipinti del Russo si ritrovano in molte chiese da lui istoriate, tra cui la chiesa di Limbadi (l'Addolorata), di Rombiolo (S. Michele), di Oppido (S. Francesco che traversa il Faro, Visione di S. Elia ), nella chiesa di Monte Poro: (Il sogno di Fra Carmelo, Il sogno avverato); di Nicotera Marina: (quindi quadri sulla volta e pareti): a Nicotera. nella chiesa del Purgatorio: (Le anime del purgatorio); a Nicotera, nella chiesa del Rosario: (trentadue quadri sulla volta e pareti, coro di angeli nell'abside, transito di S. Giuseppe all'altare); a Castellace (S. Antonio) e altrove.

 

Capolavori distrutti

    Ma i migliori lavori del pittore Russo furono quelli che non possiamo più rivedere, perché incoscientemente distrutti da coloro ch'erano stati incaricati di restaurare la volta della Cattedrale, incrinata e pericolante. Tanto la volta che gli archi che la sostenevano e l'abside della cattedrale erano stati istoriati con magistrale perizia dal Russo in un lavoro paziente di ben sei anni, dopo preliminari studi biblici compiuti a Napoli. Sullo sfondo dell'abside aveva dipinto: Mosè che riceve le tavole della legge, poi, nella cupola, dodici quadri coordinati in un unico concetto, da L’Origine del peccato, alle Conseguenze del peccato, Isaia che predice la Vergine, l'Angelo Gabriele che annunzia la crocifissione di Cristo, l'Istituzione della Chiesa Cattolica, la Persecuzione della Chiesa, il Trionfo della Chiesa.

    Quando l'opera fu finita (dopo sei anni di lavoro) il vescovo Taccone Gallucci affermava che il tempio nicoterese era divenuto altamente pregevole per l'opera artistica dell'insigne pittore Domenico Russo.

    Purtroppo noi ora possiamo solo affermare che una così grandiosa opera artistica è andata perduta, non tanto per colpa di sprovveduti restauratori ma più ancora per l'ignavia di coloro che non si sono adoperati ad evitare lo scempio. Per ripristinare pareti incrinate e pericolanti non è necessario demolire gli affreschi. A Firenze, nell'alluvione del 1980, sono stati staccali gli affreschi in pericolo nei Chiostri e conservati in luogo sicuro.

    A Nicotera non solo gli affreschi non furono distaccali (neppure a pezzi), ma si operò tanto affrettatamente e con tale noncuranza (forse da noi «abituale») che non si ebbe tempo almeno per fotografare ciò che si andava a distruggere. Noi che da giovani avevamo ammirato con commozione i meravigliosi affreschi della Cattedrale, ci siamo dati ad una ricerca affannosa di fotografie e con difficoltà siamo riusciti a trovare un'istantanea scattata molti anni fa dal prof. Salvatore Calogero, una pellicola ormai logora e lacerata, sì che a Milano, pur con la bravura di esperti, si è riusciti a riprodurre solo una parte della cupola affrescata dal Russo, con due dei quattro pilastri di sostegno, in cui il Russo aveva effigialo gli Evangelisti. e cinque degli otto scomparti, in cui era rappresentala a raggiera la storia della Chiesa.

    Tale rappresentazione ha inizio, nella foto, dal riquadro al centro, in cui l'angelo scaccia Adamo ed Eva (origine del peccato), e poi verso destra si vede Geremia che piange sulle rovine di Gerusalemme, indi Isaia che predice l'avvento della Vergine, splendente in alto tra luce diafana. Mancano poi tre riquadri (in cui si predice il regno di Cristo, l'annunzio di Gabriele per l'istituzione della Chiesa, la consegna delle chiave a Pietro), poi è visibile nel settimo scomparto, anche se laceralo, il protomartire S. Stefano che simboleggia la persecuzione della Chiesa, infine nell'ottavo riquadro avviene il trionfo della Chiesa, con Cristo che regge la nave che fortunatamente procede.

    Questa fotografia ingrandita venne distribuita a concittadini ignari o immemori e poi venne esposta unitamente ad altre fotografie d'epoca che documentavano tante deturpazioni artistiche, evidenziandole con la scritta: «Quod non fecerunt saracini fecerunt nicoterini». Si trattava di una Mostra Fotografica Documentativa che si svolse nel 1982, presso il Miragolfo alla presenza di folto pubblico, del sindaco prof. Francesco Di Bella, del senatore Murmura, del prefetto Miceli, di altre autorità. Servì a premiare coloro che erano dediti alla fotografia, quali i defunti Vincenzo Proto, F. A. Mazza, Raimondo; giovani e bravi dilettanti, quali M. Rascaglia, Italo Gagliano, Pino Vardè, Pino Sorà, Antonio Furchì, Carlo Puntorieri, Antonio Lacquaniti: i professionisti Michele Contartese, Francesco Mazzitello. La Mostra Fotografica Documentativa fu l'ultima manifestazione di «Nicotera Nostra», ormai priva di aiuti e di collaborazione. Le centinaia di foto esposte, montate su cavalietti, furono poi consegnate, per cortese interessamento del prof. Gligora, al Museo Diocesano per essere custodite.