Da Piazza Duomo ...

                            ... a Piazza del POPOLO

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   Questo numero de" l’Archivio" non intende essere uno studio sulla Nicotera antica e "popolare"; tanto meno vuole avere la presunzione di un lavoro di alto rigore scientifico o storico; né si deve intendere come una proposta di rivitalizzazione o valorizzazione della tipologia architettonica, anche se unica e irripetibile testimonianza del passato di quella Comunità, che proprio da questi luoghi ha sempre tratto linfa, vitalità e fecondità per il dinamismo e laboriosità dei suoi contadini, pescatori, cavallari, artigiani che, in un passato alquanto recente, animavano questi quartieri, oggi silenziosi ed in fase di fatiscenza; la nostra, invece, è una semplice passeggiata attraverso questi luoghi, solo per diletto, forse per una inconscia esigenza spirituale; per un ritorno nel tempo al fine di rivivere, anche se per un istante, in quell’ambiente dove generazioni passate sono vissute, spesso tra stenti, fatiche, ma certamente molto più felici di noi.

     Ed in questa occasione, si è voluto immortalare nell’immagine, come ricordo personale, e , ad futuram rei memoriam, quel che rimane di alcune espressioni artistico-ambientali, al fine di fare, anche nella intimità personale, delle riflessioni sul passato di quelle comunità e sul presente delle nostre popolazioni, cosi diverse da quelle che ci hanno preceduto. In ogni caso non intendiamo essere demagoghi, tanto meno sognatori e quindi vivere di ricordi, ma sognare un mondo migliore e diverso, forse come quello vissuto all’ombra di queste case, quando ci si accontentava di poco e si viveva in perfetta armonia e comunanza; questo si!

Piazza Duomo, con il suo verde, la mistica statua di Padre Pio e l’alta e solenne Cattedrale, costituisce il cuore della Nicotera Cattolica. La villa , molto frequentata, non solo per motivi religiosi, o per la sua frescura, ma soprattutto per la stupenda visione panoramica che è dato cogliere: lo Stromboli, le isole Eolie Basilicchio, Saline, Panarea, Lipari. Vulcano, l’Etna, lo stretto di Messina, l’Aspromonte; uno spettacolo mozzafiato; un misto di bellezza dell’animo, con la sua religiosità, e bellezza della natura che infonde un senso di pace ed eleva lo spirito "ovunque il guardo io giro immenso Dio Ti vedo"

      Sulla destra , in tutta la sua maestosa e solenne imponenza, il Palazzo Vescovile - oggi Museo Diocesano Provinciale, col caratteristico portale dell’ingresso principale; già, palazzo avito di Margherita Pellizza del XIV secolo, poi, Monastero di S: Caterina per i Padri Celestini; nel 1792 Episcopio per volere del vescovo mons. Giuseppe Vincenzo Marra e, dal 1975 il Museo Diocesano Provinciale di Arte Sacra e la Biblioteca Diocesana Provinciale. Attiguo il Palazzo del Seminario oggi adibito a sede della Pinacoteca Vescovile Provinciale e dell’Archivio Storico Vescovile. Queste Istituzioni Ecclesiastiche, alla luce e nel contesto del ruolo che svolgono rappresentano e costituiscono l’orgoglio della Città.

    Alta e solenne nella sua maestosità si eleva "quasi città sopra un monte" la Cattedrale che Roberto il Guiscardo edificò nel 1065 in stile normanno. Poi nel 1582 il vescovo Ottaviano Capece la ricostrui posizionò con la facciata rivolta verso il mare, sempre nello stile dell’arte normanna.

Sarà, nel 1792 Ermenegildo Sintes , allievo del Vanvitelli a ristrutturarla nello stile odierno. Il suo interno è tutta una esplosione di arte e di capolavori d’arte che spaziano dall’arte calabrese a quella siciliana, dalla romana alla napoletana con molte reminiscenze di quella normanna.

 

" Scesa Duomo": era una strada interna alla città che portava al porto e quindi alla Marina.

     E’ l’unica strada della parte bassa del paese che ha un nome, le altre sono delle strade anonime e quindi prive di denominazione.

     Su questa via, balza immediata alla attenzione uno dei più bei palazzi ottocentesco della città, appartenente alla famiglia Mileto.

     Questo mantiene intatta la sua peculiarità architettonica voluta dal suo committente e molto validamente eseguita dal suo costruttore; motivo per cui oltre ad impreziosirlo ulteriormente lo rende pressoché unico.

Sulle  facciate è dato cogliere lo stile della scaglia scoperta listata con mattoni rossi che dai tempi lontani caratterizzò l’architettura di queste contrade. Palazzo Mileto, la cui costruzione inizia sul finire del secolo XIX ad opera del costruttore edile che era anche "architetto" delle opere che andava ad edificare: Carmine Isaia , è un edificio che impone a tutto l’isolato un tocco di altera bellezza e di suprema eleganza che ascrive il suo autore fra i grandi artigiani della Città.

Attiguo il precedente palazzo Mileto, vi è poi, palazzo Mercuri, la cui costruzione inizia nel 1821, come è dato leggere sulla chiave di volta del bellissimo portale granitico. Palazzo Mercuri con la sua facciata intonacata, naturalmente contrasta con lo stile e la tipologia dell’altro contesto architettonico; anche perché recentemente è stato imbiancato, togliendo la sua originaria patina di antico che gli conferiva una certa preziosità.

 

 

Da qui iniziava la cosiddetta Via dei mulini che attraverso Porta Ioppolo, portava al mare e quindi ai "calamaci"  ed alle torri costiere.

     

 

 

 

 

 

   Di fronte a palazzo Mercuri la scala "o tamburru" a gradoni granitici che serviva di accesso alla chiesa Cattedrale per la popolazione che abitava nella città medievale,.

    Più in là il famoso carcere della Corte Vescovile, nel quale venivano rinchiusi coloro che attendevano di essere giudicati dalla autorità ecclesiastica al tempo in cui il Vescovo locale amministrava anche la giustizia.

 

 

 

 

Svoltando l’angolo i segni della cosiddetta civiltà moderna contrastano enormemente con tutto l’ambiente circostante che nonostante il degrado e le compromissioni mantiene inalterato il suo fascino antico ed il suo colore originario.

 

Un integrale intervento di restauro e di restituito in pristinum, darebbe a tutto il patrimonio edilizio circostante, patrimonio irripetibile ed insostituibile, quel fascino perduto ed ascriverebbe questi quartieri fra i manuali della grande storia dell’arte. Non per nulla anni or sono gli esperti hanno dichiarato questo centro uno dei cento borghi più belli d’Italia

 

Svoltando a sinistra……

… ci si immette in altra stradina su cui s’immettono altre due viuzze provenienti dall’alto.

Oggi la pavimentazione è tutta cementata.. Dopo la seconda guerra mondiale, il cemento ha sostituito le tradizionali pietre, magistralmente collocate con grande ordine e precisione.

 

 

 

 

 

 

 

La stradina continua . Ivi, sino a pochi anni addietro, si trovava una bottega artigianale di falegnameria. Oggi quel fiorente artigianato è totalmente scomparso anche se si nota una timida ripresa. In questi quartieri la popolazione conduceva una vita veramente a dimensione umana nel senso che si era uno per tutti e tutti per uno. Ancora oggi, nonostante il grosso degli abitanti è emigrato in alta Italia ed anche all’estero, fra coloro che sono rimasti vige questa regola diciamo di mutuo soccorso. Un’altra caratteristica che connota questi quartieri, oltre al calore umano, è il profumo che alita in tutto il contesto abitativo; un odore difficile a descriversi anche perché sa oltre che di casereccio anche di un misto di palchi, ginestre e zagara.

 

 

 

    Svoltando a sinistra, dopo il muretto, a poca distanza ci si imbatte nella strada più stretta della Città che può essere appena attraversata da una singola persona. La sua larghezza va da 60 cm. a 80 cm.; la lunghezza è di 8,50 m.

   Questo perché essendo la Città sempre soggetta ad attacchi ed assalti da parte dei Turchi e dei saraceni d’Africa, la costruzione delle case seguiva una certa logica ossia l’una sull’altra con stradine strette e pochi larghi per meglio proteggersi.

 

 

 

 

  In questo piacevole girovagare attraverso questo pregevole ed unico percorso ci si imbatte in arredi ed ornati architettonici di grande maestria per originalità e per capacità costruttiva. Ciò, naturalmente , ci fa pensare che gli artigiani del tempo non erano degli sprovveduti tanto meno degli improvvisati artigiani ma dei veri maestri d’arte.

  Analizzando i vari manufatti ed ammirando le varie espressioni arti- stiche ci si accorge che la statica era molto curata cosi pure l’estetica.

    Quel che connota questo interessante ambiente urbano oltre che alla par-ticolarità della stradina anche e so- prattutto la tecnica di costruzione della scaglia scoperta che qui assume connotati uniformi, segno evidente della validità artigianale dei suo costruttori. Nell’architettura delle facciate il capomastro, poi, aveva il buon senso di studiare oltre che l’edificio che andava a costruire anche l’impatto ambientale che l’edificio provocava nel contesto urbano. Ecco perché, qui abbondano i grandi fornici, le arcate a tutto sesto, le mensole dei balconi, il ferrobattuto delle ringhiere e cosi via.

Analogamente una cura particolare veniva riservata nella conformazione della strada  per quanto era attinente con la raccolta delle acque meteoriche; le strade dovevano essere percorribili con molta disinvoltura e senza alcun pregiudizio per cui bisognava che tutto fosse organi- camente strutturato. E siccome le finanze erano molto limitate occorreva che si facesse incetta del materiale che era a portata di mano ed a portata di tutte le borse, ecco perché le strade erano fatte con l’acciottolato in quanto esso era reperibile nelle fiumare e nei torrenti.

La messa in opera poi di queste pietre non richiedeva delle cure particolari o costose ma il tutto avveniva nel risparmio più assoluto e con l’utilizzo degli attrezzi che erano li alla portata di tutti. In questo contesto va vista la bellezza e la genuinità di questo centro storico che incanta visitatori, studiosi , ricercatori e semplici visitatori.

Trattasi di agglomerato urbano che nonostante tutto mantiene inalterato il suo fascino, il suo colore ed il suo calore. Se ci fossero manager capaci di valorizzare e propagandare questi centri allora si che l’economia locale potrebbe avere un altro ruolo.

Purtroppo la Città sta vivendo un periodo nero, forse il più nero della sua trimillenaria storia; tutto quindi potrebbe sembrare perduto, ma non è cosi; Nicotera non si è mai piegata; anche quando essa sembrata vinta e distrutto ha saputo sempre tirare fuori la sua grinta e risorgere più grande e potente di prima. Non è utopia, tanto mene facile retorica ,ma realtà, vera e cruda; basta leggere la sua storia passata per constatare che molte volte è stata piegata, affossata , ma sempre ha saputo rialzarsi per riprendere il ruolo che le spetta nello scacchiere regionale checchè ne pensano e ne dicano i suoi detrattori a tutti i livelli.

Nella costruzione di queste abitazioni vi si nota che quasi tutte come porta d’ingresso non il marcapiano ma la ghiera ad emulazione dei portali granitici ed anche perché esteticamente molto espressivi e significativi

Ammirando queste vecchie costruzioni, tenuto conto che siamo nel cuore della Città medievale e automaticamente all’interno del centro storico ci si accorge che il moderno ha preso il sopravvento sull’antico, compro- mettendo e degra- dando facciate sto- riche ed architet- tonicamente delle vere espressioni da conservare e preservare per le generazioni future. La sostituzione dei caratteristici coppi con le tegole marsigliesi ha ulteriormente compromesso l’originalità delle costruzioni la cu tipologia era articolata appunto anche sull’utilizzo del materiale locale. Qui da noi, infatti, in quel tempo, soprattutto nell’entroterra, c’erano delle fornaci che sfornavano non soltanto i coppi ma anche i mattoni che avevano diverse conformazioni la cui connotazione era data da certi canali che venivano eseguiti passando le quattro dita su una delle facce del mattone stesso. Queste canaline facevano bene aderire la malta per cui esse funzionavano anche da collante. Molte di queste espressioni, vi si trovano , ancora oggi, fra i reperti in deposito nel Museo Diocesano provinciale. Un’altra caratteristica di queste costruzioni erano i cosiddetti "passetti" vale a dire piccoli terrazzini posti sulla porta principale cui si accedeva per mezzo di uno o due gradini; oppure da un gradino che correva per tutto il perimetro della facciata principale che aveva il doppio uso e come deviazione dell’acqua meteorica e come sedile. La vita in quei tempi, data l’angustia degli ambienti di civile abitazione si svolgeva interamente all’esterno. Da non dimenticare, ancora, che generalmente il piano terreno era adibito a stalla per l’asino che rappresentava l’unico mezzo di trasporto.
    Indipendentemente da ciò tutte le facciate sia dei poveri che dei ricchi o dei nobili, avevano la loro dignità estetica.

    Su questa strada ci si imbatte in una costruzione dove sono state collocate due colonne di cui per meglio impreziosire l’ingresso di questa casa appartenente all’alta borghesia cittadina. Splendidi i due basamenti circolari in pietra granitica con bella cimasa bombata che conferisce un tocco di estrema eleganza e signorilità, il tutto naturalmente degradato dall’obbrobrio dell’attigua struttura

   

   All’interno di quella bella costruzione, muta testi-mone di uno splendido passato, fortunatamente integra nella sua confor- mazione e quindi recuperabile in tutta la sua splendida bellezza origina-ria, vi si trovava un forno a legna che serviva per la panificazione delle numerose famiglie che abitavano, un tempo questo quartiere.

 

 

 

Ingresso Piazza del Popolo.

Anche qui una stortura umana. La modernità, ma soprattutto le nuove esigenze, hanno compromesso seria- mente il vecchio ambiente.

 

 

 

 

 

 

 

    Piazza del Popolo: è stata costruita sul finire del settecento fuori le mura della Città e proprio sul limitare del Borgo, la strada che da Porta Grande andava al Porto. Su questo edificio che tappezza la piazza, così come su tutti gli altri, il degrado, la compro-missione, nonché la reminiscenza e quindi la testimo-nianza della architet-tura originaria fanno a gara per affermare la loro supremazia

 

 

La bella fontana di Piazza del Popolo, recentemente, con un valido lavoro di restauro, è stata restituita al suo originario aspetto, testifica e testimonia la beltà, la pregevolezza e la preziosità dei manufatti che la Città possiede. Strutture che se bene valorizzate potrebbero produrre economia .E’ questa la strada sulla quale la città dovrebbe incamminarsi. Turismo e Cultura è il binomio che potrebbe essere il volano di crescita di questa Comunità. Occorrono, però, uomini che sappiano gestire il patrimonio d’arte e cultura che possediamo, valorizzandolo per offrirlo al turismo. La gente, oggi, si muove , abbandonando le caotiche città di appartenenza , proprio per tuffarsi non solo nel mare ma anche per conoscere un mondo che non hanno mai conosciuto, rappresentato appunto da questi centri storici, da questi borghi che, grazie a Dio, nonostante tutto posseggono tanto patrimonio. E’ Nicotera è tutto questo ! Nicotera è una miniera di Arte e Cultura! Nicotera è una Città di Cultura nonostante tutto e nonostante tutti !

Da Piazza del Popolo ci si im-mette nella strada dove è ubicata la vecchia chiesa di San Giuseppe già San Sebastiano. Come si sa San Giuseppe unita-mente a Santa Maria Assunta in Cielo sono i Protettori della Città e della Dioce-si di Nicotera. Per questo motivo questa chiesa che è artisticamente una delle più belle di Nicotera, era gestita dalla Uni-versità Cittadina. Al suo interno vi si trovano numerose opere d’arte tra cui il cinquecentesco altare monu- mentale uscito dalla Bottega dei Gagini di Messina su commis- sione del Beato Paolo da Sinopoli ed il bell’acquasantiero in marmo bianco di Carrara anch’esso del XVI secolo proveniente dalla chiesa cattedrale. Sullo stesso vi si trova lo stemma del vescovo locale mons. Antonio Resta. Nel corso delle festività agostano la processione solenne cui partecipava il Vescovo , il Capitolo cattedrale, il Seminario, le Confraternite e l’intero clero regolare e secolare era caratterizzata dalla presenza delle statue dell’Assunta e di San Giuseppe . Precedeva il simulacro ligneo di San Giuseppe che è una bella statua lignea di Domenico de Lorenzo seguita dal complesso monumentale dell’Assunta che Domenico Mollo di Napoli scolpi nel 1764 , a Napoli, su commissione di mons. Vescovo Francesco Franco. La base lignea in stile barocco con pregevoli intagli eseguiti a bassorilievo è dei Fratelli Scrivo di Serra San Bruno che l’hanno eseguita unitamente alla cornice della nicchia della stessa Assunta nella seconda metà del secolo XIX su commissione del vescovo Filippo de Simone del quale riproduce lo stemma episcopale.

    Si nota il nuovo selciato, da poco ultimato, che dà un tono più suggestivo alla zona, anche grazie alle piante visibili a sinistra della foto. La presenza di questi pochi arredi urbani ci dà l’impressione di una timida volontà dei pochi abitanti del luogo di voler continuare a vivere nel proprio loco natio.

 

Bollettino a diffusione interna, senza finalità di lucro

Quanto riportato nel presente può essere, parzialmente o totalmente, riprodotto con la citazione della fonte.

A  cura di: Ernesto Gligora – Natale Pagano.

 

 

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Nucleo di Nicotera (Beni Culturali) – marzo 2007, a.IX, 2/38:

Contiene: l’Indice de il Foklore italianoArchivio delle tradizioni popolari diretto da Raffaele Corso – Il fascicolo può essere richiesto presso la Biblioteca Vescovile di Nicotera.

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