Marzo 2008 a. X, 1/44

l' Archivio   -    N I C O T E R A

NOTIZIARIO delle Istituzioni Culturali Ecclesiastiche

e del Movimento Cristiano Lavoratori – Nucleo di Nicotera (Beni culturali)

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                              Nicotera:

Gli antichi Granai a fossa - 2

Storia di un rinvenimento

1- Via Borgo n. 87 - Casa di civile abitazione

All’interno del piano terra dell’abitazione, qui accanto riprodotta, i legittimi proprietari, famiglia Leone-Marra, hanno ritenuto opportuno, con grande sensibilità civica e grande senso artistico, conservare una vecchia "fossa, adibita, nei secoli passati, a granaio. Il manufatto, uno dei pochi che ci perviene nella sua integrità, rappresenta e costituisce una testimonianza di enorme valenza storica e documentaristica per la conoscenza della conservazione delle derrate alimentari.

Scavato nella roccia, "murgia", è a forma di grossa anfora. Al suo interno veniva deposto per la conservazione, il grano ed altri prodotti alimentari provenienti dall’agricoltura.

La presenza di questa pregevole struttura ipogeica è stata, in un certo senso, non per noi, ma certamente, per tutti i cittadini, sino ad oggi all’oscuro per come venivano conservate nel tempo le derrate senza farle deperire. Il fatto si commenta da solo: delle "Fosse granaio", non si è mai parlato. I nostri storici locali, nel passato, non hanno mai preso in considerazione questi manufatti, eppure sono degli strumenti fondamentali per la conservazione di prodotti alimentari, frutto di grande fatica e degli immani sacrifici che il lavoro contadinesco comporta.

A far ritornare in luce questi documenti architettonici sono stati i lavori di scavo per la messa in opera del metanodotto e una nuova risistemazione delle strade interne. Senza alcun dubbio sono delle testimonianze incontrastate di una civiltà passata, non solo contadina, oggi, purtroppo, in fase di forte decadenza, ma anche dell’alta borghesia e della nobiltà locale, però sempre vitale per l’economia.

     Ciò che amareggia, in particolare, è il silenzio da parte degli studiosi-ricercatori che, in merito a questi rinvenimenti, anche se casuali, non ne hanno mai fatto menzione. Di queste "fosse" se ne conoscono diverse, dislocate in varie parti della Nicotera medievale; purtroppo, si hanno poche documentazioni storiche.

     Ciò che invece ci riempie di gioia e di speranza per il futuro, oltre al rinvenimento, è la sensibilità ancora di queste persone, che, senza titoli accademici o meriti culturali, con la loro semplicità e buon senso, hanno saputo amorevolmente, custodire un bene culturale che oggi vale più di tante pagine scritte. Questa è una lezione di vera cultura, e di enorme amore verso la propria città.

     Il ricordo di Luigi Aquilano, piccolo imprenditore edile emigrato, che ha lasciato la sua giovane vita in quel di Torino, impegnato anche, a livello dilettantistico, ma con grande amore e passione, nella ricerca di documenti inerenti la sua terra natia, ritorna sempre nei nostri pensieri a farci rimembrare le lunghe chiacchierate fatte, aventi, come sempre, il suo amore per la sua patria di origine e le sue ricerche fatte in Italia ed all’estero al fine di rintracciare quanto riguardava la sua Nicotera.

    In altra occasione, si è reso di pubblica conoscenza, la scoperta di simili rinvenimenti (l’Archivio, maggio 2004, n. 28); ma non si è mai , però, approfondito l’argo-mento analiticamente al fine di dargli un’esatta collocazione nel tempo e nella storia.

    Tuttavia si è fermamente convinti che questi manufatti abbiano una datazione piuttosto lontana, nel tempo .

   A parte il Fondo Criminalis dell’Ar-chivio Storico Vescovile di Nicotera, ove vi si trovano molti documenti in cui si fa riferimento a questi "luoghi" di conservazione ed in particolare alle "fosse" di Caroni, ove veniva conservato il grano di proprietà della mensa Vescovile, nell’Archivio Storico Comunale di Nicotera, per la prima volta troviamo presenti questi "granai a fossa" in una supplica di D. Francesco Saverio Polito del 18 ottobre 1861, indirizzata "Ai Signori Sindaco e Consiglieri di questo Corpo Municipale". In questo documento il Polito, tra l’altro, lamenta un incendio con la distruzione «di tutto il ricolto (=raccolto) ivi ritratto in sette buche di grano ed orzo del valore di D. 500,00 circa».

    Ci troviamo certo dinanzi ad un caso che non riguarda il singolo contadino, il lavoratore diretto della sua terra, ma di una famiglia di un certo ceto sociale il che giustifica un numero piuttosto elevato di "fosse".

La foto precedentemente riprodotta ci mostra come sapientemente è stato sistemato il manufatto,, invenuto all’interno di questo edificio, che svuotato dalla terra di riporto, diviene un particolare ed originale arredo dell’abitazione stessa. Coperto da una lastra in vetro, il suo interno è stato dotato di impianto di illuminazione elettrica, per cui è possibile vederlo. La fossa è a forma di grande anfora, ricavata con l’escavazione della particolare roccia, detta "murgia", che produce molta frescura e data la conformazione elimina l’umidità, rendendo possibile la conservazione dei cereali ivi depositati.

    Certamente desta sorpresa la mancanza in questa fossa, come nelle altre precedenti di cui è fatto richiamo (l’Archivio, n. 28), pur presentando tutte la stessa forma emisferica, non abbiano alcun rivestimento interno. Ciò fa pensare alla distruzione dei cocci dell’involucro interno allorquando queste son cadute in disuso, con successivo riempimento di terra per la creazione del nuovo pavimento. . Non si esclude però che le stesse potrebbero essere originali, prive di rivestimento , perché ritenuto non necessario trattandosi di terreno abbastanza asciutto e quindi idoneo alla conservazione senza altri congegni..

    I granai a fossa ermetica, denominati pure "silos" o "silo" nel linguaggio tecnico, rappresentano la più diffusa tecnica d’immagazzinamento di granaglie, non solo per ottenere una lunga durata, ma anche al riparo di possibili nemici quali: briganti, incendi, parassiti ed agenti atmosferici.

    Sono presenti già nel periodo neolitico, e sono stati i principali sistemi di conservazione a lungo termine sino ai tempi moderni (XVII-XIX sec.). Sono «conosciuti in un’area talmente vasta, che pare più semplice individuare le aree dove non se ne conservano tracce».

    Queste strutture ipogee, venivano create in un terreno non umido, ma altamente drenante. Quelle rinvenute in Siena si trovano in un terreno costituito da arenaria, mentre in Granarola ( località di Gradara – PU – Marche) sono scavati in un suolo tufaceo. « Vi veniva riposto sul fondo un abbondante strato di paglia ad ulteriore impermeabilità ed era spesso rivestire da una solida incamiciatura muraria in laterizio; alcune fosse, al contrario, erano rivestire soltanto in paglia. La successiva chiusura ermetica del granaio faceva il modo che l’ossigeno, presente all’interno dei granai a fossa, potesse trasformarsi in anidride carbonica eliminando gli insetti».

    La proprietaria del manufatto ci fa inoltre presente che quella fossa è stata ancora usata nel ventennio fascista e durante l’ultima guerra mondiale, per nascondere la loro produzione di derrate da eventuali sequestri o furti.

 

Sezione longitudinale

                  

Dis. Ach. Pina Lapa

 

 

Particolare della parete interna della fossa.

 

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E’ qui visibile, il riflesso del lampadario, sul vetro calpestabile di copertura.

 

 

Ancora altra immagine dell’interno.

 

 

Via Borgo- Questo "basso", come una volta veniva chiamata la zona posta al pianterreno, utilizzato a "parcheggio" dell’asino, mezzo allora di trasporto, si è trasformato in "parcheggio" dell’auto, novello mezzo di trasporto.

 

 

All’inizio dell’ingresso, di cui alla precedente illustrazione, era posta la fossa granaio, riempita poi di terra.-.

 

 

 

Da Piazza del Popolo ci si immette su Via Delle Belle che porta alla chiesa di S. Chiara, per proseguire poi sulla panoramica verso S. Francesco. All’interno del portone, indicato con la freccia, è segnalata altra fossa-granaio, riempita di terra; questa dovrebbe trovarsi nella zona, tra la scala e la parete (in bianco) (foto accanto) dove sono visibili tracce di umidità, dovute, secondo la proprietaria, alla presenza della fossa medesima.

 

 

 

 

Altra fossa sulla via che porta a Piazza del Popolo, all’altezza di questo ingresso. La casa si trova lateralmente fronte alla chiesa di San Giuseppe.

Da notare i piedritti e la ghiera in mattoni rossi della interessante facciata.

 

 

 

 

 

 

   A poca distanza da qui se ne trova un’altra. Data la loro vicinanza si ipotizza che facciano parte della stessa abitazione.

 

 

 

   Il fatto che queste si trovino sulla strada, ci fa ritenere che, nel tempo, ci sia stata una ricostruzione delle case con cambiamento di rito, lasciando fuori della zona abitativa i vecchi granai, in quanto, è inconcepibile l’esistenza di un granaio fuori dell’abitazione per ovvi comprensibili motivi..

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ALTRE SEGNALAZIONI

 

Via Borgo, nei pressi di Piazza del Popolo, già Casa Michelangelo Polito.

 

 

                       

Lungo via Borgo, in corrispondenza del portone e della finestra, si segnala l’esistenza di altri granai.

Terreno su sorgeva casa Gallo, tra via Borgo e via San Nicola. La chiesa, che dà il nome al rione S. Nicola, oggi è inesistente. Anche qui si ricorda un altro granaio.

 

 

 

 In questo giardino, Pino Leone fa presente di aver saputo dell’esistenza di altre fosse-granaio. Ci si augura che non siano state distrutte.

Si accede a questo giardino da via Secondo Dietro Borgo.

 

 

 

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   Ecco in sintesi e sommariamente quanto casualmente è ritornato in luce nel cuore della Città normanna. Se si tiene conto che la città attuale è stata costruita nel 1065, ad opera di Roberto il Guiscardo prima e del Gran Conte Ruggero, dopo, c’è da pensare che queste pregevoli testimonianze architettoniche sono da ascrivere all’XI e XII secolo. La loro presenza era necessaria ed indispensabile non solo per la conservazione del cereale, ma anche per la sopravvivenza della popolazione stessa, la quale, continuamente era soggetta alle incursioni saracene e turchesche.

   In tale contesto era vitale dotare le abitazioni di queste strutture che avevano quindi un duplice compito di conservazione e di sopravvivenza.

   Queste testimonianze, quindi, pongono sul tappeto della ricerca storica una serie di problematiche che giova affrontare e risolvere al fine di avere una visione completa sul come si viveva nell’alto medioevo.

 

PS. Simili fosse granaio vengono segnalate a Motta Filocastro, noto centro medievale.

 

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