Martedì
5 febbraio 2002.
Erano le 10.30 e io, come al
solito, stavo lavorando al mio computer. Dalla strada giungeva la voce
della portinaia che stava spettegolando, come al solito, con la signora
Giuliana sugli abitanti del condominio. Stavo lavorando da mesi ad un
nuovo programma, quando ad un tratto mi sembrò di avere una strana
sensazione di vuoto intorno a me. Per distrarmi un attimo dal lavoro
decisi di sorseggiare un po’ di tè dalla tazza accanto alla tastiera,
ma mi accorsi che non n’era rimasta neppure una goccia. Allora mi alzai
per prenderne un altro po’ dal frigorifero, ma una volta in piedi mi
sentii estraneo a quella stanza che mi aveva visto lavorare per anni. Non
ci feci caso inizialmente, ma quando andai in cucina non riuscivo a
trovare il frigorifero che era al posto del forno e la credenza al posto
del lavello. Ad un certo punto cominciò a ruotare tutto intorno a me e in
pochi secondi la cucina diventò una grande sala vuota. Andai nello studio
ma anche lì non trovai nulla di quanto avevo lasciato. Mi ricominciò a
girare la testa e svenni.
Quando mi risvegliai mi ritrovai seduto in mezzo ad una prateria. Ero
confuso. Non riuscivo a darmi una spiegazione di quanto accaduto. Mi alzai
di scatto, mi ripulii i pantaloni e incominciai a camminare cercando di
orientarmi in quella terra apparentemente non familiare. Guardai verso l’orizzonte
e vidi un enorme polverone seguito da un gran rumore, somigliante ad un
gran terremoto. Immediatamente mi misi a correre il più velocemente
possibile poiché vidi che una mandria di bufali impazziti stava venendo
verso di me.
Mi venne un dubbio. Ero finito nel Far West? Non feci in tempo a darmi una
risposta che due uomini vestiti in modo bizzarro mi vennero incontro;
erano due cow boy. Mi guardavano in un modo strano e sospettoso, come se
venissi da un altro pianeta; scesero da cavallo, ma non feci in tempo a
chiedere informazioni che fuggirono a gambe levate. Approfittai di avere
due cavalli, così montai su uno di essi e mi lasciai trasportare in cerca
di un villaggio dove potessi ricevere delle spiegazioni del mio
stranissimo ‘viaggio nel tempo’. Dopo alcune ore di viaggio mi
ritrovai svenuto sui gradini di una locanda, mi alzai lentamente ed entrai
con riluttanza a causa dell’odore d’alcool e tabacco. Andai al bancone
e chiesi una birra, anche se non avevo idea di come pagare.
Ad un tratto sentii un gran chiasso dietro di me, mi girai di scatto e
vidi due uomini sbronzi che si stavano massacrando.
La lite dei due coinvolse tutto il saloon, volavano da tutte le parti
oggetti vari, ma fortunatamente riuscii a svignarmela dal saloon. Ero
confuso, non riuscivo a spiegarmi come potessi essere finito lì.
Stavo girovagando senza meta, quando vidi la mia fotografia affissa ad un
muro con sotto scritto Wanted ed una taglia di $1.000.000.
Ero per caso un criminale?! Pensai.
Ad un tratto il caos nel saloon cessò. Dal saloon uscirono due uomini
vestiti di nero armati fino ai denti che mi puntarono addosso due
winchester, due cacciatori di taglie, pensai.
Istintivamente mi misi a correre e loro subito a sparare, i proiettili mi
sfioravano il corpo.
Ero stanco ma la paura di morire era forte e le mie gambe correvano
istintivamente.
Improvvisamente mi sentii di nuovo balordo e proprio quando mi sentivo
braccato, mi ritrovai seduto sul ponte di una nave con in mano un secchio
e uno spazzolone, vestito da marinaio. Ero un corsaro!
Alzai gli occhi e vidi niente poco di meno che il famoso ammiraglio
Nelson, il più temuto dall’armata spagnola. Ad un tratto sentii una
voce dall’albero di maestra. PIRATI! Pirati, pensai.
Ci preparavamo ad un arrembaggio e non avevo idea di cosa avrei potuto
fare per svignarmela, dalla probabile strage a cui non sarei riuscito a
sfuggire.
I pirati si stavano avvicinando rapidamente, un marinaio mi venne a presso
e mi diede una spada per combattere. Deglutii spaventato. Non avevo
speranze di sopravvivere ad un corpo a corpo con uno spietato filibustiere
senza scrupoli. I loro cannoni ci avvisarono della loro presenza e delle
loro intenzioni. Subito i nostri cannoni risposero ai loro.
Era il definitivo via alla battaglia. Stavo riflettendo su come avrei
potuto evitarla anche se non potevo scappare essendo su una nave. Dovevo
solo sperare di cambiare epoca, purtroppo non potevo controllare questo
fenomeno che era indipendente dalla mia volontà. Nel frattempo la
battaglia continuava e le cannonate diventavano sempre più cruente, la
paura era forte, ma ad un tratto un idea fulminea mi passa per la testa.
Dovevo procurarmi una scialuppa di salvataggio per riuscire a scappare
durante la confusione. Ma scartai subito quell’idea perché non sarei
mai riuscito a vivere più di una settimana senz’acqua e senza cibo
nello sterminato oceano. Dovevo affrontare la battaglia e sperare nella
benevolenza della sorte.
La nave dei bucanieri agganciò il veliero e così si scatenò il
putiferio. Riuscii a sfuggire ad una fine sicura nascondendomi sotto una
scaletta. Ad un tratto ricominciò a girarmi la testa. Ero balordo, si
viaggia, pensai e, in men che non si dica, mi ritrovai in una specie di
pub dove il cameriere, ‘un ciclope’ mi chiese se volevo da bere.
Lì per lì rimasi perplesso, poi gli chiesi una birra, mi girai e vidi
che accanto a me, seduto su uno sgabello, c’era un robot. Ero nel
futuro?! Pensai. Mi chiese da dove venivo, non sapevo cosa rispondere.
Egli capì che non ero di quelle parti così intavolò con me una
conversazione sulla vita di quei tempi. Avevo paura di rivelargli il mio
segreto perché non sapevo come poteva reagire. Ma avevo bisogno di
confidarmi con qualcuno e in quel momento il mio amico robot era l’ideale,
essendo un computer ambulante, probabilmente aveva anche una montagna di
risposte. Così dopo avergli svelato il mio segreto lui si mise a cercare
nei suoi file e trovò una notizia che mi sconvolse: la mia famiglia era
ricercata dalla polizia statale. Egli mi spiegò anche come controllare il
fenomeno che mi impediva di rimanere stabile nel tempo e aggiunse che
dovevo pazientare, perché prima o poi si sarebbe riaperto lo strappo da
cui ero uscito la prima volta. Solo riattraversandolo in verso opposto
sarei rientrato nella mia epoca.
Un giorno mentre stavo ripensando con nostalgia alla mia casa e ai miei
amici ricominciò a girarmi la testa, il paesaggio cominciò a sfumare in
una nebbiolina e si materializzarono intorno a me le pareti, una finestra,
la scrivania… ero tornato a casa! Mi ritrovai seduto davanti al mio
computer ad elaborare quel vecchio programma lasciato incompiuto tanto
tempo fa. Ma quanto tempo fa?
Mi girai verso l’orologio a pendolo. Erano le 10.30. Allora guardai il
calendario: martedì 5 febbraio 2002.
Dalla strada giungeva la voce della portinaia che stava spettegolando,
come al solito, con la signora Giuliana sugli abitanti del condominio.
Ripresi a lavorare sul programma, quando ad un tratto mi sembrò di avere
una strana sensazione di vuoto intorno a me.
Per distrarmi un attimo dal lavoro decisi di sorseggiare un po’ di tè
dalla tazza accanto alla tastiera, ma mi accorsi che non n’era rimasta
neppure una goccia…
Matteo M.
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