Yoni Greatbrain, fin da quando era bambino, era
molto appassionato di scienza: stava ore e ore ad osservare il cielo,
scrutandone i minimi dettagli, in attesa che qualcuno venisse, qualcuno di
molto speciale. Passava giorni stando sui libri di fantascienza. Era bello
vederlo: seduto su una vecchia poltrona si lasciava trasportare dalla
musica delle parole e immaginava, immaginava… Un giorno pensava a una
pioggia di asteroidi, un altro a dimensioni che si potrebbero srotolare,
un altro al big crunch… Gli piaceva l’idea che esistesse qualcuno
oltre all’uomo nell’universo. Aveva assistito al lancio delle varie
sonde spaziali, alla spedizione nello spazio di onde radio e al tentativo
di contattare qualcuno inviando nello spazio un video con musiche,
immagini, eccetera riguardanti il pianeta Terra.
Il suo sogno era di superare la realtà, l’immaginabile, viaggiando
nello spazio alla ricerca di qualcosa che non sapeva neanche lui cosa
fosse. Col passare degli anni Yoni cresceva e crescevano anche le sue
conoscenze nel campo della scienza. Coltivava sempre lo stesso desiderio e
sperava che un giorno si materializzasse.
Divenuto ormai grande, Yoni diventò uno scienziato famoso per la sua
competenza ma anche per la sua “grande immaginazione” come la
chiamavano le persone. Ormai non lo possiamo chiamare più Yoni ma ‘professor
Greatbrain’.
Costruì una navicella spaziale in grado di assorbire energia dal mondo
esterno (dallo spazio) e trasformarla in idrogeno: era un’energia
inesauribile. Era ormai pronto alla partenza: non vedeva l’ora. 3…2…1…0…GO!
La navicella uscì dall’atmosfera terrestre e cominciò ad assorbire
energia dallo spazio: rubava energia al sole, ai pianeti tutt’intorno,
alle supernove, viaggiando alla velocità di 269.813,25 Km/sec – poco
sotto di un decimo alla velocità della luce.
Aveva ormai superato Urano quando una pioggia di asteroidi e di frammenti
incandescenti si riversò sulla sua navicella… Cambiò rapidamente rotta
uscendo dalla traiettoria prestabilita e viaggiando nello spazio senza una
direzione, senza una meta. L’eccelso professor Greatbrain non si perse
mai d’animo, stava vedendo cose che nessuno, prima di lui, aveva visto.
Vide pianeti incandescenti, altri variopinti, altri ancora di colori che
sulla Terra non hanno nome. Perse il contatto radio con la Terra e i
viveri cominciarono a scarseggiare.
Dopo giorni e giorni di viaggio non aveva incontrato ancora nessuna forma
di vita, quando, ad un certo punto, vide una navicella spaziale
incredibilmente veloce che seguiva una traiettoria a spirale: non riusciva
a seguirla, spariva e riappariva, era stata costruita con una tecnologia
molto avanzata. Questo era sicuro!
Per le sue grandi capacità o forse per un colpo di fortuna, il professor
Greatbrain riuscì ad accodarsi alla misteriosa navicella e fu risucchiato
dalla sua orbita. Un grande vortice fece fare mille giri su se stessa alla
sua astronave, che venne improvvisamente attratta da uno strano corpo
celeste con una gravitazione cento volte superiore a quella terrestre.
Dopo essere “atterrato” fortunosamente sul misterioso pianeta avverte
una difficoltà estrema nel compiere le azioni abituali come il camminare
o il gesticolare. Qui la vita si svolge a pochi metri dal suolo. Gli
esseri viventi, pur non facendo grande fatica a muoversi, come invece
succede al nostro professor Greatbrain, sono molto lenti, ma hanno
imparato una tecnica molto complicata per adeguarsi: la tecnica del
teletrasporto.
Gli abitanti che aveva visto lontano 100 vr (vr significa VRITEX, la loro
unità di misura, pari a circa 200 m) in un istante lo avevano raggiunto
usando questa tecnica. Che strane creature! Le gambe erano di colore blu
mentre il capo era pallidissimo. Il professor Greatbrain capì subito che
era il sangue che non circolava bene a rendere il corpo di quel colore; il
cervello doveva trovarsi sicuramente nella gamba.
Si mise la sua tuta spaziale e scese dall’astronave. Cominciò a dire
qualche parola agli abitanti.
Con suo grande stupore, degli strani occhiali che indossavano tradussero
la sua lingua in quella locale. Era incredibile! Uno di loro regalò un
paio di questi magici occhiali al professor Greatbrain e così
cominciarono a dialogare.
Si trovava sul pianeta Lost e loro appartenevano al popolo dei Knowledge.
Il professore disse da dove veniva, chi era…
Parlarono molto dei problemi della Terra e lo scienziato si stupì
parecchio quando pronunciata la parola guerra si rese conto che nella loro
lingua non esisteva la traduzione. Dopo un dialogo molto costruttivo per
lui, ma soprattutto per il pianeta Terra, si azzardò a chiedere la loro
storia e i molti perché che lo arrovellavano, come il mistero della sua
entrata in questa dimensione. Il più vecchio di loro, molto saggio,
cominciò allora a raccontare…
“Discendiamo dai primi abitanti
del pianeta Terra - il professore ascoltava, esterrefatto – circa 40
milioni di anni fa siamo partiti con le nostre astronavi alla volta dello
spazio. La nostra sete di conoscere era immensa e nulla ci trattenne. Devi
sapere che allora il pianeta Terra era immenso, ma uno sfortunato giorno
una grande forza energetica lo sconvolse riducendolo al minuscolo pianeta
di oggi. Ecco perché non avete trovato nulla della nostra civiltà. Così
i coraggiosi che partirono persero i contatti con la Terra. La meta era il
pianeta Wonderfull — descritto in una nostra leggenda — ma, a causa di
quel disastroso incidente, vagarono nello spazio e arrivarono proprio nel
punto in cui hai incontrato la nostra navicella. Il vortice che ti ha
risucchiato è dovuto alla grandissima forza gravitazionale di questo
pianeta.
Quindi noi ci siamo dovuti abituare a vivere in questo ambiente.
Abbiamo sviluppato una grande tecnologia (ne sono un esempio le nostre
città), voi terrestri siete indietro di almeno 15.000 anni.”
Il professor Greatbrain chiese: “Come fate a conoscere le nostre
condizioni?”
“Siamo riusciti a ristabilire i contatti con il nostro caro, vecchio
pianeta e abbiamo mandato una nostra navicella proprio per attirarti verso
il vortice che ti ha condotto qui. Mi sono reso conto dei gravi problemi
che affliggono la Terra e sono riuscito a trovare la soluzione…”
“Come già saprete – immagino – la Terra è afflitta da guerre,
fame, inquinamento…e una gran parte dei suoi abitanti è in grave
pericolo…”, disse Greatbrain.
“Sappiamo già tutto, è la nostalgia che ci lega al caro pianeta d’origine
che ci ha spinto a pensare alla sua salvezza. Eccoti, questo strumento.
Esso permetterà di stabilire un contatto tra il pianeta Lost e la Terra.
Sappi che il nostro è un universo a sette dimensioni ed è per questo che
abbiamo superato da tempo i problemi che vi affliggono”, riprese a dire
il vecchio saggio, “ecco la chiave che ti consentirà di manovrare
questo oggetto e fanne buon uso. Ora devi partire e ritornare sul tuo
pianeta. Ormai il contatto è stabilito. Tu continua la tua missione, ci
sentiamo presto!”
Così Greatbrain ritornò sulla
Terra ansioso di provare lo strano strumento regalatogli dal vecchio
saggio. Introdusse la chiave nell’apposita fessura e la girò
lentamente; ma non si aprì nessun portellino.
In compenso divenne trasparente lasciando intravedere all’interno un
piccolo schermo che subito si illuminò facendo apparire una breve frase:
<< Il vostro è un mondo con solo quattro dimensioni – tre
spaziali ed una temporale – noi ne abbiamo sette, a voi mancano le altre
tre! Gira ancora la chiave e troverai la soluzione>>.
Greatbrain girò ancora la chiave e la frase precedente fu sostituita da
quest’altra:
<<Le dimensioni che vi
mancano sono:
Sapienza – Amore – Uguaglianza
Seguitele! E i vostri problemi si
dissolveranno!>>
Vittorio R.