Viaggio in un buco nero |
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L’astronave Altris stava navigando nell’oscurità dello spazio profondo. Era di ritorno da una missione ai confini della galassia. Era una missione abbastanza importante, dedicata alla ricerca di nuovi mondi da colonizzare. Infatti la Terra era ormai allo stremo delle possibilità di sviluppo: le sue risorse erano ormai quasi esaurite, ancora pochi anni e la vita sulla Terra sarebbe stata impossibile. Il cielo era perennemente coperto da dense nuvole di smog, le piogge erano acide al punto da corrodere il cemento, l’acqua era un bene ormai prezioso, poiché i corsi d’acqua erano ridotti a canali di scolo traboccanti di schiume ed esalavano vapori nauseabondi. Le uniche speranze erano riposte nella ricerca di nuovi mondi abitabili. C’erano state gravi sommosse tra le popolazioni e specialmente nelle grandi città grandi manifestazioni tra gruppi favorevoli alla ricerca spaziale e altri che invece ritenevano i viaggi di ricerca spaziale un inutile spreco delle ultime risorse terrestri ed erano convinti che si potesse ridurre l’inquinamento e cercare di risanare l’ambiente. La missione non aveva avuto successo, nessun pianeta era stato scoperto e l’equipaggio dell’astronave, continuava a svolgere le consuete operazioni a bordo senza avere più l’entusiasmo dei primi giorni del viaggio. Durante il suo turno di servizio il tenente Paul stava osservando gli schermi degli strumenti del pannello di comando, quando la sua attenzione fu attratta da una luce intermittente sullo schermo del segnalatore di massa. Rivolse la sua attenzione allo strumento, sorpreso poiché durante tutto il viaggio non aveva segnalato nulla. Il segnale indicava la presenza di una enorme massa in un punto dello spazio che già avevano esplorato senza risultato. Paul pensò che si trattasse di un guasto dell’apparecchiatura, ma nel dubbio chiamò il comandante. Dopo aver controllato insieme il funzionamento dell’apparecchio ed eliminato il dubbio di un guasto, il comandante diede ordine al pilota di fare rotta verso il misterioso oggetto. Dopo qualche ora di navigazione e inutili tentativi di localizzare la fonte del segnale gravitazionale con il telescopio, apparve chiaro che poteva solo trattarsi di un buco nero. Il comandante ritenne prudente non avvicinarsi troppo alla sorgente delle forti onde gravitazionali per evitare di essere risucchiati nel vortice che tutto assorbiva nel suo interno. Solo il rivelatore di raggi X rilevava di tanto in tanto alcune scariche di energia provenienti dal centro del buco nero. Piccole particelle di materia che risucchiate nel vortice e attratte a velocità sempre crescenti finivano per collidere con il nucleo del buco nero, un piccolo ammasso di materiale cosmico, talmente concentrato che produceva una gravità talmente forte che nemmeno la luce riusciva ad allontanarsi, determinando la completa invisibilità dell’oggetto. Il comandante decise di entrare nell’orbita del buco, ma per non essere risucchiati dalla forza attrattiva dello stesso, dovevano richiedere ai motori la massima potenza. L’operazione stava procedendo bene, ma all’improvviso risuonò l’allarme, i motori si erano surriscaldati. Il comandante intuendo la gravità della situazione, ritenne più opportuno cercare di allontanarsi, ma il sistema di sicurezza automatica disattivò i motori. La navetta era ancora nel campo attrattivo del buco nero e perciò continuarono a precipitare con una traiettoria spiraliforme. Più si avvicinavano più la loro velocità aumentava. Il comandante chiamò tutto l’equipaggio a rapporto per analizzare il problema. Per prima cosa stimarono che il tempo residuo a loro disposizione non superava una settimana. Ma come risolvere il problema? Non potevano comunicare con la Terra perché le onde radio venivano risucchiate dal buco nero, per cui la soluzione di richiedere soccorsi via radio era da scartare. Non potevano neanche andarsene con la navicella di salvataggio per due motivi: l’ossigeno veniva prodotto durante il funzionamento dei motori, ma poiché erano guasti, c’era solo una piccola riserva d’aria che non sarebbe bastata per tutti. Il secondo motivo era il loro peso eccessivo, e il motore della scialuppa non sarebbe riuscito a portarli lontano abbastanza: sarebbero stati comunque risucchiati dal buco nero. Però al tenente Paul venne un’ottima idea. Potevano registrare le loro coordinate e la situazione in cui si trovavano, costruire una piccolo razzo e poi inviarlo verso la stazione spaziale più vicina. Avevano tutto il materiale che serviva: carburante, dei piccoli motori, il computer dove inserire le coordinate e il messaggio di soccorso. Per costruire il razzo impiegarono poco meno di due giorni. Il tempo stringeva e dovevano sbrigarsi. Quando fu pronto il comandante e il tenente Paul si misero la tuta, presero la macchina e dal portellone la lasciarono cadere nel vuoto. Dopo alcuni istanti si accesero i motori e la navicella partì. All’inizio non viaggiava molto velocemente, perché era attratta dal buco, ma appena cominciò ad allontanarsi la sua velocità crebbe. Tutto l’equipaggio stava festeggiando, ma il tenente Paul era tutt’altro che contento, infatti aveva notato sul radar che la navicella era nella traiettoria di un meteorite, e nel giro di qualche ora gli si sarebbe schiantata contro. Ormai erano spacciati, sarebbero stati risucchiati dal buco nero. Ma ad un certo punto si sentì un rumore strano, un rumore metallico. Tutto l’equipaggio si spaventò, allora si radunarono in squadre, per esplorare tutta l’astronave che era molto grande. Il tenente che stava lavorando al computer, si accorse che il sistema di sicurezza automatica aveva fatto estendere i pannelli solari. Ma non c’era nessun sole lì vicino e i pannelli non servivano a niente. Il tempo stringeva e ormai restavano solo 24 ore prima che il buco nero li ingoiasse. L’equipaggio ormai era demoralizzato e alcuni tentarono la fuga con la scialuppa di salvataggio. Intanto il tenente e il comandante esaminavano la situazione: cosa sarebbe successo una volta entrati nel buco nero? Il comandante era convinto che una volta giunti in prossimità del nucleo avrebbero subito il processo di ‘spaghettificazione’: il tenente asseriva che in vicinanza del buco nero l’intensità del campo gravitazionale sarebbe stata tale da alterare in maniera sensibile lo spazio-tempo. In particolare, il tempo rallenterebbe man mano che ci si avvicinasse, dall’esterno all’orizzonte degli eventi, e si fermerebbe completamente sull’orizzonte. Dal punto di vista teorico un corpo che subisce una contrazione entro il raggio di Schwarzschild collassa in una singolarità dello spazio-tempo, cioè in un oggetto senza dimensioni e di densità infinita. Ormai mancavano poche ore, e tutti erano rassegnati. All’improvviso tutto si fece buio, la nave fu scossa da forti vibrazioni che stordirono l’equipaggio. Dopo qualche tempo una forte luce entrò dagli oblò e agli spauriti viaggiatori apparve tutto il sistema solare e poi la Terra come non l’avevano mai vista dallo spazio: una splendida palla verde-azzurra con qualche fiocco bianco: l’atmosfera limpida non recava traccia delle nubi pestilenziali che loro avevano sempre visto. Tutto l’equipaggio era sbigottito. Il tenente allora ipotizzò che quel buco nero fosse un worm-holes, cioè “buco di vermi”, che li aveva proiettati verso la salvezza, nel passato. Dopo essere entrati in orbita e non essere riusciti ad individuare lo spazioporto dal quale erano partiti, decisero di atterrare all’aeroporto di Chicago, che era l’unico ad avere la pista sufficientemente lunga per permettere l’atterraggio della loro grande astronave. Appena atterrati, mentre si preparavano a lasciare l’astronave, videro che erano stati circondati da tutte le forze di sicurezza dell’aeroporto e una squadriglia di caccia li stava sorvolando pronta ad intervenire. I militari che salirono a bordo si sorpresero nel vedere che erano umani e non alieni extraterrestri come avevano temuto vedendo atterrare quello strano veicolo. Gli spaziali si sorpresero a loro volta della meraviglia dei visitatori e delle loro antiquate uniformi. Gli esploratori spaziali capirono alla fine che attraversando il buco nero erano stati soggetti ad una distorsione spazio–temporale, che non solo li aveva riportati sulla Terra, ma anche nel passato. Il racconto del loro viaggio avventuroso e del motivo per il quale lo avevano intrapreso, cioè l’inquinamento estremo della Terra nel futuro, convinse i terrestri del passato a prendere subito provvedimenti per evitare il disastro ecologico. I terrestri del futuro, volevano ritornare nel futuro da dove erano venuti. La navetta era però danneggiata e non era pronta per un viaggio spaziale. I militari e la Nasa ripararono l’astronave. Il comandante voleva passare per il buco nero da cui erano venuti per arrivare nel loro tempo. Tutto l’equipaggio salì a bordo e il comandante ordinò di partire per il buco nero. Il tenente aveva registrato le coordinate del buco nero da cui erano arrivati. Quando lo raggiunsero però non trovarono niente, provarono ad azionare il rilevatore a raggi X però neanche quello rilevava alcunché. Cercarono il buco nero nel raggio di chilometri e chilometri, senza trovare niente. Allora il tenente Paul ipotizzò che il buco nero quando loro erano arrivati si era disintegrato. Però non si arresero e continuarono a girovagare di galassia in galassia. Dopo qualche giorno si arresero, e ritornarono sulla Terra. Lì aiutarono i loro antenati a progredire più velocemente senza inquinare eccessivamente il pianeta.
Paolo P.
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