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STORIA DELL'ENERGIA
La storia
dello sfruttamento delle fonti di energia da parte dell’uomo coincide in larga
misura con la storia della tecnologia. Ogni innovazione introdotta nel coso dei
millenni ha sempre comportato un diverso e, spesso, maggiore ricorso
all’energia. E, di converso, l’individuazione e la capacità di sfruttare sempre
più numerose fonti di energia hanno permesso di sviluppare nuove modalità di
operare e nuove macchine. Le prime fonti di energia che l’uomo ha utilizzato
durante il corso della sua evoluzione erano costituite dalla forza muscolare
propria e degli animali (che derivava dall’energia chimica contenuta negli
alimenti) e dal fuoco.
Le tracce
più antiche dell’uso del fuoco, probabilmente utilizzato soltanto per
riscaldarsi, per cuocere i cibi, per illuminare e per difendersi dagli animali,
risalgono al paleolitico (fino a 10 mila anni fa). Il fabbisogno energetico
dell’uomo primitivo era dunque circoscritto alla necessità di sopravvivere. Con
l’avvento del mesolitico e poi del neolitico, l’uomo apprese gradualmente a
coltivare la terra ed allevare gli animali. Molte popolazioni, che fino ad
allora erano essenzialmente nomadi, iniziarono ad occupare stabilmente quelle
aree dove più efficacemente si poteva produrre il cibo necessario al loro
sostentamento. Nacquero i primi villaggi (5000 a.C.), nei quali si iniziò a
lavorare il legno e a costruire i primi utensili per la coltivazione, i primi
aratri con il vomere di pietra. In quella fase, la fonte di energia prevalente,
oltre al fuoco, era costituita dall’energia muscolare, soprattutto degli animali
dedicati alla trazione e al movimento di macine e mole. A partire dal terzo
millennio, muta radicalmente l’uso del fuoco: da semplice strumento di
riscaldamento, illuminazione e cottura, esso diviene la forma di energia utile
anche per produrre i primi manufatti metallici.
La legna,
fonte energetica primaria dell’uomo primitivo, viene utilizzata in misura sempre
crescente. Ciò durerà per molti secoli, fino all’alba della rivoluzione
industriale. Ma almeno altre due fonti di energia, annoverabili tra quelle
rinnovabili, apparvero e divennero di primaria importanza in quelle epoche: il
vento ed il moto dei corsi d’acqua. Le prime imbarcazioni a vela risalgono
infatti al 2500 a.C., mentre nella stessa epoca gli egizi presero a sfruttare il
moto delle acque per muovere le prime macine. Fino al basso Medioevo, comunque,
il ricorso al moto delle acque e al vento era circoscritto a specifiche
funzioni,mentre l’energia muscolare, spesso offerta da una moltitudine di
schiavi, costituiva la gran parte dell’energia disponibile ed utilizzata. Oltre,
naturalmente, al fuoco utilizzato per cuocere le ceramiche e fondere i metalli.
Le prime innovazioni di carattere tecnologico, che permisero di fare
significativi passi in avanti nell’emancipazione dell’uomo dalla necessità di
sfruttare in misura così prevalente l’energia muscolare, risalgono al decimo
secolo dopo Cristo, con l’introduzione di nuovi sistemi di bardatura degli
animali da tiro e la costruzione dei primi mulini a vento. Nel primo caso, si
tratta di un’innovazione capace di migliorare l’efficienza di una fonte di
energia (quella muscolare degli animali); nel secondo, di un’innovazione capace
di sfruttare anche sulla terra ferma una fonte di energia altrimenti riservata
soltanto al trasporto via mare. La nascita dei primi mulini a vento permise,
unitamente ad un sempre più efficace sfruttamento del moto delle acque dei
fiumi, di introdurre ulteriori nuove tecniche: grazie alle pale sospinte
dall’energia eolica o dai corsi d’acqua fu possibile costruire i primi magli
meccanici per la lavorazione dei metalli, muovere le prime macchine per il
taglio del legname, dare fiato ai mantici necessari per ottimizzare la
combustione della legna utilizzata per riscaldare i forni per fondere i metalli
e quelli per cuocere le ceramiche, muovere i primi rudimentali macchinari di
tessitura.
A partire
dal Cinquecento in Europa, ma da quasi venti secoli prima in Cina, prese ad
essere utilizzato anche un nuovo combustibile, capace di sostituire, almeno in
parte, la legna: il carbone. Il suo uso fu inizialmente molto limitato dalla sua
relativa scarsa disponibilità, fino a quando in Inghilterra non furono messe a
punto nuove e più efficaci tecniche di ricerca e coltivazione dei giacimenti. Il
grande impulso che, dal Seicento in poi, ebbe la produzione di manufatti
metallici, si deve in gran parte alla sempre crescente disponibilità di questo
combustibile, particolarmente adatto per il riscaldamento dei forni di fusione
dei metalli. Si giunse così alla cosiddetta rivoluzione industriale, che vide la
nascita delle prime vere industrie in Inghilterra verso la fine del Seicento e
successivamente, anche se in maniera molto disomogenea, in tutta Europa.
Le
macchine utilizzate in quell’epoca erano assai rudimentali e la produzione di
manufatti esigeva ancora l’apporto di molta mano d’opera. Il salto tecnologico
successivo e determinante fu costituito dall’invenzione, nel 1769, da parte di
James Watt (l’unità di misura della potenza porta il suo nome) della macchina a
vapore. Una parte sempre crescente del lavoro manuale fu sostituita dal lavoro
delle macchine. Ciò determinò una rapida crescita dell’attività industriale e
della quantità di manufatti prodotti, tanto da comportare un ricorso crescente
alla mano d’opera destinata non più alla produzione diretta delle merci, ma
piuttosto alla conduzione delle macchine e alla manipolazione
dei prodotti.
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