I call center della Doxa, dove si vive una situazione molto simile all'Atesia di Roma, e poi altri call center (Omnia Network, Europ Assistance, E-care, Team Promotion ecc...).

"BUONGIORNO DOXA,
COME POSSO ESSER-MI UTILE?"

Noi siamo quelli dei call center, quelli che rispondono o chiamano tutto il giorno migliaia di persone.
Siamo quelli dall'altra parte della cornetta dove nessuno ci vede e nonostante parliamo tutto il giorno, siamo i senza voce.
Contratti interinali, a progetto, a tempo determinato...precari sotto continuo ricatto di non rinnovamento del contratto. Questa è la componente maggiore dei lavoratori dei call center.
Stare zitti ci farà rimanere qualche mese in più in azienda ma ci farà anche perdere sempre di più quelli che per ora sono ancora i nostri diritti.
Le sigle sindacali più "rappresentative" (Cgil, Cisl e Uil), al posto di difenderci firmano accordi e protocolli con Confindustria per dividerci definitivamente fra "inbound" e "outbound". Il governo inserisce addirittura in Finanziaria l'art. 178 che condona le aziende che dichiarano di aver fatto ricorso in maniera illegittima a personale precario, senza garantire ai lavoratori l'assunzione a tempo indeterminato.
Quello che stiamo perdendo ogni giorno che passa, e non solo nei call center, non sono unicamente diritti e garanzie ma è la nostra dignità come persone.
Essere soggetti ad una vita priva di una qualsiasi sorta di stabilità economica e lavorativa porta con se la conseguenza di doversi continuamente adattare a quel poco di lavoro che c'è e la nostra vita passa continuamente in secondo piano tra i ritagli di tempo libero lasciati da assurdi orari di lavoro in continuo cambiamento.
Quindi non solo non possiamo programmare il nostro futuro (per esempio avere dei figli, una casa stabile, continuare gli studi ecc.), ma non siamo neanche in grado di gestire il presente a causa degli assurdi orari e ritmi di lavoro che ci impongono.
E tutto questo per cosa? Per degli stipendi da fame rispetto al costo della vita!
Per aziende che in base ai loro interessi si permettono di chiudere e spostare i call center senza tener conto di chi ci lavora dentro.
Fino a che punto possiamo alzare il nostro livello di accettazione?
Qual è il limite oltre il quale ci rifiutiamo di scendere ancora?
Per noi questo è decisamente troppo ed è per questo che il 17 Novembre del 2006 saremo in piazza, per ribadire che la vita è nostra e per conoscere altri lavoratori che come noi non ci stanno più a questa concorrenza al ribasso delle condizioni di lavoro.
 

Siamo un piccolo gruppo di lavoratori dei call center che si preoccupa oltre che della propria situazione lavorativa anche di quello che ci ha portato ad arrivare a questo.
Vogliamo provare ad invertire la rotta e vedere che con il tempo le cose migliorano al posto di peggiorare. Ci siamo resi conto che lamentarci senza attivarci in prima persona non porta a nulla.

Autorganizziamoci, riprendiamoci la nostra vita.
O lo facciamo noi o non ce lo fa nessuno.
 

L'AZIENDA SFRUTTA, IL GOVERNO CONDONA
E NOI AUTORGANIZZIAMOCI!
 

Alcuni Lavoratori dei call center