Il sindacato giapponese All Ntt Nippon Telegraph and Telephone Corp ha dichiarato recentemente che rinuncerà a perseguire un aumento dei salari per i dipendenti delle compagnie di telecomunicazione appartenenti all'omonima corporation. Questa decisione contraddice le dichiarazioni di altri sindacati: la federazione All Toyota Workers' Unions, ad esempio, o la Confederazione dei sindacati dei lavoratori dell'automobile Jaw (Japan Automobile Worker's), il Sindacato dell'elettricità, elettronica e informazione (Denki Rengo), la Japan Federation of Basic Industry Workers' Unions (Jbu) detta anche Kikan Roren e così via.
Dopo quattro anni le organizzazioni dei lavoratori riportano l'aumento dei salari mensili al centro dei loro programmi in vista delle tradizionali negoziazioni (Shunto) che si tengono in primavera. Il sindacato della Toyota chiederà un aumento tra i 1000 e i 2000 yen mensili, la Jbu rivendicherà 3000 yen includendo anche l'aumento dell'anno precedente. Tali dichiarazioni sono state rilasciate a seguito dell'ultimo rapporto della Japan Business Federation Nippon Keidanren – la Confindustria giapponese – che dopo quattordici anni lascia aperto uno spiraglio al tema dell'aumento dei salari – il giornale Asahi Shimbun ricorda che il rapporto della Nippon Keidanren non solo non parla di contenimento delle retribuzioni ma accenna anche a un “incoraggiamento dei lavoratori” –.
Il vero e proprio braccio di ferro avverrà durante lo Shunto; protagonisti, Nippon Keidanren e la confederazione sindacale giapponese, comunemente chiamata Rengo, che si prefigge di unificare la voce dei vari sindacati sulla questione dell'aumento dei salari.
Non sarà un obiettivo facilmente raggiungibile per Rengo. Infatti, per contrastare la cosiddetta offensiva del lavoro di primavera, la Nippon Keidanren ha stabilito che durante le negoziazioni Shunto saranno le singole imprese ad avere l'ultima parola sugli aumenti retributivi. Questo significa che spetterà ai sindacati delle diverse società decidere se inserire nel proprio programma la richiesta di aumento. Nippon Keidanren ha enfatizzato così la tradizionale divisione della struttura del sistema sindacale giapponese dove le organizzazioni dei lavoratori non sono di settore ma aziendali. Rengo reagisce e critica la decisione di Nippon Keidanren. Secondo la confederazione dei sindacati “la natura sociale del salario viene distorta se si accetta l'idea che spetti alla singola impresa determinare il livello del salario”.
Tuttavia Rengo risulta indebolita da questa divisione. Soprattutto perché nel sistema giapponese le relazioni tra management e sindacati sono assai diverse dalle nostre. In Giappone la maggior parte dei dirigenti delle imprese sono stati membri del sindacato; il che porta, come dire?, in maniera fisiologica a una forte politica di collaborazione. Non casualmente, dopo il crollo della Borsa nel '98, Rengo ha evitato per vari anni di spingere i diversi sindacati a chiedere aumenti salariali. Quest'anno, però, la ripresa economica che ha interessato le imprese più grandi ha modificato anche gli orientamenti di Rengo. “Il ruolo delle compagnie nel mantenimento della stabilità sociale si è ridotto”, ha dichiarato il presidente Tsuyoshi Takagi; così si è deciso di chiedere a tutti i sindacati di rivendicare un aumento mensile delle retribuzioni dell'1 per cento.
Il presidente della Nippon Keidanren Hiroshi Okuda – che è anche presidente della Toyota – si è affrettato a gettare acqua sul fuoco. Okuda ha sostenuto che “per quest'anno non possiamo, e non dovremmo, aspettarci un miglioramento netto nei guadagni come a quello a cui abbiamo assistito lo scorso anno”. Ma l'organizzazione degli industriali non esclude che alcune imprese potrebbero soddisfare le richieste sindacali.
Le aziende, dal canto loro, rimarcano il problema della competitività internazionale escludendo la possibilità di trattative per l'aumento dei salari. La stessa Toyota di Okuda, nonostante abbia conseguito per il terzo anno consecutivo utili per più di un trilione di yen, dichiara di non potersi permettere un aumento dei salari perché i costi domestici sono rimasti invariati. Quindi molte imprese reputano irrealistico l'obiettivo di Rengo di un aumento simultaneo e uguale per tutte le aziende.
Ma per Rengo la competitività internazionale non è un problema collegato all'aumento dei salari bensì al potenziamento delle risorse umane. Il problema, quindi, non riguarda i lavoratori ma il management.
20 gennaio 2006