LETTERA APERTA AI LAVORATORI TLC

 

 

 

Care compagne e cari compagni,

 

Come delegati SLC-CGIL sottoscrittori della presente esprimiamo il nostro dissenso riguardo al raggiungimento dell'Ipotesi di Contratto del comparto delle Telecomunicazioni da presentare nelle assemblee, a causa delle ricadute negative di considerevole importanza per la vita di decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori.

 

Consideriamo insoddisfacente il risultato conseguito innanzitutto perche' segnato da forti cedimenti su alcuni importanti principi di carattere squisitamente sindacale. Determina un considerevole arretramento su molti e rilevanti elementi rispetto al vecchio CCNL e perche', ancora una volta, ha concesso troppo a quelle “cattive normative” del mercato del lavoro emanate negli ultimi anni, aumentando le gia' consistenti flessibilita' e precarieta' presenti in questo settore.

 

Registriamo un vero e proprio passo indietro rispetto all'elemento strategico del governo dell'orario e dell'organizzazione del lavoro e rispetto all'incisivita' che l'azione sindacale deve produrre riguardo questo tema, a causa del combinarsi di due elementi quali l'allungamento del segmento temporale utile per calcolare la durata media dell'orario di lavoro (che va' addirittura oltre quanto stabilito dalle leggi emanate dall'attuale governo) e l'eliminazione del tetto trimestrale delle ore di straordinario, consegnando cosi' alle imprese una piu' ampia discrezionalita' di regolamentazione di tali materie.

 

Riteniamo decisamente insufficienti i risultati ottenuti in materia di inquadramento in quanto non e' stato raggiunto il dichiarato fine di uniformare i livelli in relazione alle mansioni ricoperte nei luoghi di lavoro e troviamo inadeguato, nella forma e nella sostanza, il ricorso ad altri accordi aziendali per la loro regolamentazione; regolamentazione, per altro, che non solo non centra l'obiettivo di equiparare lavoro svolto e il relativo trattamento normativo, ma che anche sotto il profilo salariale, nell'ottica di una omogenizzazione di un settore dalle macroscopiche differenze, tradisce le aspettative precedentemente create (i passaggi dal III° al IV° livello, che dove previsti comunque, verranno applicati unilateralmente dalle aziende perche' non stabiliti attraverso criteri trasparenti; non sono previste, inoltre, formule successive di verifica e controllo).

 

Consideriamo preoccupante l'introduzione di alcune tipologie contrattuali nelle forme proposte, quali ad esempio l'apprendistato, soprattutto se applicato a particolari contesti tutt'altro che marginali sotto il profilo del numero degli addetti (quali i call center).

 

Analogamente non vincolanti si rivelano i limiti sul ricorso all'appalto e alle esternalizzazioni, laddove non si sono ottenuti l'obbligo di applicazione del CCNL di settore, l'estensione dei trattamenti aziendali, nè la creazione del bacino di servizio, ma unicamente una dichiarazione di intenti, non cogente, da parte delle imprese.

 

Le modifiche attuate alla tipologia contrattuale dell'apprendistato professionalizzante si configurano come un altro accoglimento dei punti salienti della nuova normativa in materia. Assistiamo, rispetto al vecchio CCNL, a un notevole allungamento dei tempi di permanenza nella condizione di apprendista, davvero stupefacente quando si pensa alla professione di operatore telefonico, e a una diminuzione delle ore da dedicare alla formazione e al meccanismo di certificazione della stessa; estremamente negativa inoltre l'assenza di concrete garanzie di riconferma.

 

Consideriamo negativa la concessione di ulteriori strumenti di flessibilita' per il part time, poichè vengono eliminate le casistiche di eccezionalità per le quali le aziende possono chiedere e ottenere la variazione o l'allungamento della prestazione lavorativa.

 

Riteniamo debole la formulazione relativa al capitolo “Festivita' e Ferie” , la fruizione delle quali diviene sempre piu' una “graziosa concessione”, con grave arretramento dal punto di vista della cultura sindacale.

 

Altri aspetti altrettanto negativi sono costituiti dall'evidente arretramento in relazione al Diritto allo Studio (forte riduzione dei giorni fruibili per i permessi per gli esemi universitari) e la debole formulazione del capitolo “Trasferimenti” in particolar modo sotto il profilo dell'individuazione di soluzioni alternative.

 

Inoltre, questa Ipotesi, manca di una definizione di quali siano i settori essenziali per lo svolgimento del servizio, in relazione alla legge 146 (autoregolamentazione dello sciopero) di cui tutti conosciamo gli effetti e le conseguenze.

 

 

Il nostro giudizio sull'intesa è critico anche nel merito della parte salariale perché. Benchè le cifre concordate non siano disprezzabili, non si è tenuto in considerazione l'importante aspetto della alta produttività che il settore ha conseguito in questi anni e che continuerà a conseguire per i prossimi anni, in controtendenza con la crisi che la maggior parte degli altri settori sta vivendo. Nonostante questa crisi, molti dei Contratti gia' rinnovati vedono le cifre concordate estremamente vicine a quelle condivise in questa Ipotesi.

A tutto cio' va aggiunta una insufficiente individuazione dell' ”Una-Tantum” per il periodo di vacanza contrattuale, da riparametrare - aspetto inedito e curioso – anche questa a seconda dei livelli di inquadramento.

 

 

 

**********

 

 

Riteniamo che non si sarebbe dovuti arrivare a siglare questa Ipotesi di Contratto:

Non realizza l'obiettivo primario che questa vertenza doveva soddisfare, anche alla luce di una Piattaforma che ha creato sofferenza nei luoghi di lavoro, e cioe' una ricompattazione reale del settore delle TLC (un settore ancora in crisi di identita', quindi, e per alcuni aspetti in grave fase di desindacalizzazione) ;

Non costituisce un generale innalzamento della media complessiva dei diritti e soprattutto;

Si poteva proseguire la trattativa sulla base della riuscita degli scioperi e delle mobilitazioni di novembre, caratterizzate da una consapevolezza e una determinazione da parte delle lavoratrici e dei lavoratori ai quali si dovevano garantire risultati migliori, anche perché si era in periodo natalizio e una eventuale agitazione avrebbe prodotto seria preoccupazione nella controparte.

 

Per questi motivi ci impegneremo a cercare di riaprire la vertenza sul Contratto Nazionale promuovendo un punto di vista negativo di questa Ipotesi, certi che si possa giungere a conquiste maggiori attraverso una ripresa della mobilitazione e alla riapertura della trattativa.

 

Fraterni Saluti.

 

 

 

 

 

 

 

Democrazia, salario e flessibilità:

le vittime di questo rinnovo contrattuale?

 

Come valutare l'ipotesi d'accordo per il rinnovo del

contratto collettivo nazionale delle Telecomunicazioni?

 

A queste due domande risponderanno le prossime assemblee dei lavoratori.

Resta il fatto che il testo dell'accordo siglato è insufficiente rispetto ai contenuti della piattaforma rivendicativa ed alle aspettative dei lavoratori, in particolare sui temi primari come il recupero salariale, le condizioni di lavoro, la precarietà e le relazioni industriali riferite al ruolo delle RSU.

 

Esiste però un aspetto, determinante per le nostre prospettive occupazionali e professionali, che preoccupa più di ogni altro ed attiene al rilancio del carattere industriale del settore. Su questo nodo di fondo l'azione sindacale non può rimanere neutrale, non esercitare la propria competenza in merito ai piani industriali delle aziende, che di fatto, definiscono i livelli occupazionali in un settore in fase di profonda trasformazione.

In questi anni le aziende hanno ridotto gli investimenti, attuato scorpori, esternalizzazioni, forti accentramenti organizzativi ed una continua riduzione di costi, soprattutto quello del lavoro. A fronte di tutto ciò, e favorite dal sistema di relazioni industriali introdotto con il contratto del 2000, le principali aziende del settore (Telecom Italia e Vodafone) hanno ottenuto importanti profitti - sconosciuti ad altri settori - che però non trovano riscontro in un miglioramento dei servizi, in uno sviluppo dell'apparato produttivo e nelle condizioni salariali e di lavoro dei propri dipendenti.

 

A tutto questo l'ipotesi di accordo sul rinnovo contrattuale non fornisce risposte, semmai, adeguandosi al contenimento dei costi subisce l'impostazione padronale. Esito preannunciato dalla condivisione delle organizzazioni sindacali (a un mese dalla sigla dell'intesa contrattuale) del piano industriale di Telecom Italia, azienda che rappresenta oltre il 70% del settore, che prevede un ulteriore ridimensionamento attraverso una mobilità professionale in uscita di circa 3500 lavoratori. Un piano industriale di pura impronta congiunturale.

 

Non si trattava quindi, con il rinnovo contrattuale, di contrastare una richiesta di flessibilità - del resto già altissima nel nostro settore - o di intralciare possibili prospettive di sviluppo delle aziende, ma di attivare un legittimo diritto di contrattazione degli aspetti che riguardano la vita lavorativa e di salvaguardare e garantire i posti di lavoro.

 

Chiedevamo maggiore sovranità su orari, organizzazione del lavoro, condizioni di lavoro e invece ci sembra d'averne ceduta - con il calcolo della settimana lavorativa su 6 mesi invece che gli attuali 4 e l'aver eliminato il vincolo delle 80 ore di straordinario nel trimestre aumenta la discrezionalità delle imprese sull'uso della forza lavoro - e le modifiche apportate non vengono neanche bilanciate da un maggiore potere negoziale delle Rsu per le quali viene invece confermato il solo ruolo di consultazione.

 

Chiedevamo più salario e invece abbiamo lasciato sul campo un bel pezzo della nostra rivendicazione nonostante i lavoratori del settore l'avessero già giudicata insufficiente, tanto, che in Lombardia avevamo richiesto 130 euro contro i 115 della piattaforma.

 

A nulla è servita la forte critica riservata alla piattaforma rivendicativa, approvata da poco più del 10% dei lavoratori del settore. Questo avrebbe dovuto indurre le organizzazioni sindacali a impegnarsi per la concretizzazione di risultati all'altezza dei problemi esistenti nel settore e per ricomporre un rapporto sindacato lavoratori già compromesso dall'accordo del 2000 ma anche da una pratica sindacale successiva del tutto inadeguata.

E' vero, il rinnovo di un contratto contempla delle scelte, ma a noi non sembra che gli aspetti positivi di questa ipotesi contrattuale giustifichino l'introduzione di aspetti regolatori della legge Biagi, una insufficiente soluzione salariale e la mancata conquista di potere negoziale sulle condizione di lavoro soprattutto nei call-center.

 

Parallelamente al giudizio sul merito dell'accordo, esprimiamo anche un giudizio sul metodo, ossia sulla partecipazione dei lavoratori e delle Rsu in tutta questa vicenda contrattuale.

 

Di fatto ci troviamo per l'ennesima volta a giudicare un atto negoziale senza che prima le segreterie nazionali abbiano verificato i mandati con le Rsu e i lavoratori.

Ora i lavoratori possono solo “prendere o lasciare”, assumendosi una responsabilità che sarebbe giustificata solo se prima fosse stato verificato con loro il mandato a sottoscrivere l'ipotesi d'accordo.

Di fatto perdura in questo settore una pratica che nega il concorso dei lavoratori e delle Rsu e il rammarico è tanto più forte se si pensa alla riuscita dello sciopero nazionale e alla grande manifestazione di Milano.

Pertanto, la questione è che chi ha firmato l'ipotesi d'accordo l'ha fatto per conto dei lavoratori e non con loro e quindi è stato sottratto a questi ultimi il diritto di decidere se la vertenza contrattuale andava chiusa o lasciata aperta fino a quando i risultati fossero stati considerati soddisfacenti.

 

Non si è voluto fare neanche il referendum, che avrebbe coinvolto sicuramente più lavoratori e avrebbe certificato il valore dell'intesa raggiunta. Questo pone senza dubbio un problema circa la validazione degli atti negoziali del sindacato.

 

A prescindere da come andrà la consultazione invitiamo le segreterie nazionali del settore a convocare una assemblea nazionale di tutte le Rsu per affrontare i problemi relativi al sistema di relazioni industriali esistenti nel settore e i percorsi democratici garanti dell'effettiva rappresentanza dei lavoratori.

 

Milano, gennaio 2006