Oggi 12/05/2006 alle ore 15:30 circa si è consumata la mia delusione e la mia tristezza in merito all'accordo sui 17 turni. Per la validità dell'accordo si è proceduti al referendum consultivo, dove la stragrande maggioranza dei lavoratori, tra Pomigliano d'Arco ed Acerra, si è espressa, invitando tutto il sindacato ad andare a ratificare l'accordo, precedentemente siglato in maniera tecnica dalle parti sindacali. In realtà la sigla tecnica era inizialmente stata apposta, al termine della trattativa, solo dalle organizzazioni sindacali di Pomigliano ed Acerra FIM, UILM, FISMIC e CISAL, mentre la FIOM decise di non farlo perchè riteneva che l'accordo doveva essere proposto ai lavoratori ed esaurirsi quindi in un percorso democratico. Il non aver siglato tecnicamente l'ipotesi di accordo rappresentava però un problema, visto che tale azione era ostativa allo stesso referendum, a parere delle altre organizzazioni sindacali. Allora la Fiom ha deciso di "tagliare la testa al toro", con mia decisa contrarietà, andando, nella giornata di ieri ad apporre la sigla tecnica, proprio per consentire e quindi garantirsi almeno lo strumento referendario.
Nonostante tutti gli sforzi da parte della FIOM, dei compagni più ribelli e più combattivi, non si è riusciti a a inculcare nei lavoratori un messaggio di coscienza. Voglio però fare un passo indietro nel tempo per spiegare cosa è avvenuto prima di tale referendum. Nell'assemblea della Fiom, tenuta nei giorni scorsi, era stata evidenziata la contrarietà all'ipotesi di accordo, ma soprattutto era stata posta all'attenzione di tutti i lavoratori la situazione difficile che attraversava l'azienda in alcune sue aree e reparti. Quindi la contrarietà all'accordo, per noi, non era solo nel merito ma anche nella fase temporale in cui tale accordo doveva avere applicazione. Infatti molte commesse di lavoro sono state perse nel corso degli ultimi anni e altre ancora sono appese ad un filo molto sottili, quindi se la situazione è questa, non capisco quale sia l'utilità di quest'organnizzazione dell'orario di lavoro da parte dell'azienda. Perciò c'è una grande contraddizione su questo punto. In effetti la risposta la conosco bene. La necessità di addivenire ad un accordo è dettata dal fatto che il gruppo AVIO, a breve, dovrà essere posta sul mercato, in pratica dovrà essere venduta. Venduta si, ma al maggior offerente e con un orario flessibile risulterebbe certamente più appetibile. Solo questo è il reale motivo, e non ce ne sono altri! E la cosa più raccapricciante che mentre alcuni di noi si battagliavano per far capire che questo è il disegno dell'azienda, altri sindacati concertativi, ma non solo, invece inseguivano l'azienda sul suo stesso percorso. Come io più volte ho lamentato, non si può fare sindacato senza discutere dei reali problemi che attanaglia un azienda. Per quanto mi riguarda, e per quello che sto imparando nel percorso che da qualche anno ho intrapreso, bisogna cercare di guardare più in là del proprio naso per farsi propositivi e risolutori di problemi. Fare sindacato, a mio avviso, non vuol dire fare accordi per dare una coperta ai lavoratori, e uso, non a caso, una frase di alcuni sindacalisti concertativi di cui parlavo prima. Oggi purtroppo si perso la coscienza perchè le politiche sindacali degli anni passati hanno decretato lo spegnimento della voglia, appunto, di lottare per raggiungere un arricchimento della propria personalità. Senz'altro mi riferisco alla personalità dei lavoratori tutti, che non sanno più, e con l'avvento delle nuove generazioni ciò si amplificato ancor di più, che solo con la lotta si può rivendicare un diritto presente e futuro.
A questo punto bisogna che il sindacato tutto vada a ratificare l'accordo, visto che i lavoratori lo hanno accettato, nonostante le preoccupazioni manifestate da alcuni di noi. Io però devo dire una cosa: non firmerò e mi dovranno costringere a farlo. Spiego però i motivi di questa mia scelta. Non ho mai condiviso la trattativa che ha accompagnato l'accordo. Non ho condiviso neanche il referendum perchè ritenevo fosse viziato fin dalla nascita e per un motivo molto semplice: ho dichiarato che l'accordo era insoddisfacente, per cui per coerenza non volevo sottoporlo ai lavoratori. Si è arrivati al referendum solo per decisioni di maggioranza all'interno della RSU, e come ben si può capire io rappresentavo la minoranza. Quindi io penso di essere coerente con me stesso e con gli altri, a cui ho dichiarato le mie idee, se decido di non andare a firmare. Comunque c'è un lavoro immane da fare nei prossimi mesi ed anni, che è quello di educare tutti i lavoratori, cercando di riuscire a farli capire che solo il ragionamento sulle questioni pratiche, presenti e future, può aiutare a sviluppare la coscienza di ognuno di noi, e perciò a valutare la giustezza di certe azioni e di certi comportamenti o viceversa. Fino a quando io ci sarò, cioè fino a quando ricoprirò l'incarico di rappresentante dei lavoratori, mi adopererò affinchè ciò avvenga. Questo, per me, vuol dire mettersi in discussione. Adesso vi lascio e ................ alla prossima.