Nella giornata di venerdì 15 dicembre è sopraggiunta la tanto temuta comunicazione da parte dell’azienda di aprire la procedura di Cassa Integrazione Guadagni nei confronti di 210 lavoratori. Cassa che si protrarrà per un intero anno e a detta dell’azienda sarà di tipo straordinario.

I rappresentativi delle organizzazioni sindacali presenti in fabbrica sono stati subito informati e, riunitisi in R.s.u., hanno valutato il colpo di mano da parte dell’azienda. Dopodiché è stato deciso di effettuare un presidio dinanzi ai cancelli per il giorno seguente. Colpo di mano perché l’azienda stessa aveva pattuito di incontrarsi con la R.s.u. per il giorno 18 dicembre, il cui ordine  del giorno era appunto l’eventuale apertura della procedura di Cassa Integrazione.

Facendo un passo indietro nel tempo va detto che è dal mese di settembre che si discute della grave situazione che sta attanagliando il sito di Pomigliano. Da settembre ad oggi si vede che a nulla sono serviti i tavoli istituzionali, le interrogazioni parlamentari e le tante discussioni fatte in tutte le sedi, ed è per questo che si rende necessario un attento esame. Una lezione che bisogna quindi imparare è che il dialogo o il confronto  a nulla servono se non sono accompagnati, di pari passo, dall’agire concreto, o meglio dalla partecipazione di tutti quei soggetti che sono investiti dal problema. Questa considerazione si lega al fatto che in questi quattro mesi di confronto, nel sito di Pomigliano si procedeva alla normale produzione senza, quindi, effettuare nessun tipo d’iniziativa di conflitto che determinasse diversamente il destino dell’azienda e perciò dei lavoratori. Solo qualche iniziativa si è avuta per sbollentare gli animi e per non reprimere la rabbia dei lavoratori (due giornate consecutive di scioperi), ma nulla di propositivo, almeno per noi lavoratori.

Tutto ciò è stato reso possibile perché l’azienda, ma come tutti gli imprenditori, sapeva sin dall’inizio con chi aveva a che fare e cioè con un collegio sindacale che non sarebbe mai andato fino in fondo. Proprio quei rappresentanti sindacali che dovrebbero tutelare il bene comune, in quanto è diritto nostro di godere di una dignità sostanziale, determinata dalla certezza del nostro futuro lavorativo.

Tornando alla discussione che ha portato al provvedimento unilaterale, è lampante vedere che nessun passo indietro c’è stato da parte dell’azienda e conseguentemente nessun ruolo di particolare rilevanza è stato assunto dal sindacato. Inoltre questo lasso di tempo (da settembre ad oggi) è servito sempre all’azienda per poter fare ciò che ha sempre sostenuto: la Cassa Integrazione per un numero cospicuo di lavoratori. Non è stato un caso che poco prima dell’informativa dell’apertura della procedura di Cassa, esattamente il giorno precedente (14 dicembre), si è avuta notizia della formalizzazione del passaggio di proprietà: l’intero settore produttivo passa dalle mani del gruppo CARLYLE/FINMECCANICA nelle mani del fondo inglese CINVEN.

Certamente, non poteva il nuovo proprietario comprarsi un’azienda in conflitto! Non sarebbe stato un buon affare! Meglio un’azienda in crisi con la rassegnazione dei lavoratori, determinata dall’azione sindacale e dalla mancata coscienza della stragrande maggioranza degli stessi lavoratori, che un’azienda in crisi con lo spirito della lotta da parte dei lavoratori stessi! Anche in questo caso bisogna trarre un insegnamento, e cioè: temporeggiare è uno strumento nelle mani dei padroni per perseguire i propri interessi.

Adesso i sindacati cercano di trovare una valida alternativa per uscire dall’ennesimo atto unilaterale dell’azienda, ma la cosa non sembra affatto facile. Tutte le iniziative si sono esaurite, a mio avviso, nel momento in cui si è aspettato che l’azienda decidesse di fare ciò che aveva predeterminato. Adesso cosa accadrà? La mia visione delle cose mi dice che il sindacato andrà incontro all’azienda, ma non potendo ripristinare la situazione antecedente il fatto, si accorderà per un accordo che dovrà salvare il salvabile. E la conseguenza sarà comunque la chiusura del reparto revisioni, la consistente diminuzione dell’occupazione e la perdita di potenzialità professionali di cui vantava la stessa azienda a livello internazionale. E’ la stessa pratica seguita nel passato per procedere all’ottenimento di accordi da parte dell’azienda. Infatti ancora fresco è il ricordo di ciò che è successo con il precedente accordo relativo ai 17 turni, dove l’azienda è partita unilateralmente e dove il sindacato ha seguito per disciplinare la materia della turistica in azienda. Ciò che voglio dire è che ormai la pratica degli accordi unilaterali  sembra essere una prassi consolidata per l’azienda, un provvedimento che serve ad avere accordi sindacali. Ed inoltre tale provvedimento serve anche al sindacato per accordarsi su una situazione che, a mio avviso, cerchi, quanto meno, di salvare il salvabile. Andando di questo passo, non è che arriveremo alla chiusura delle aziende? Tanto le politiche sindacali sono già fallite nel momento in cui hanno nuovamente deciso di riesumare la pratica della concertazione. Pratica che però, al giorno d’oggi, conduce solo ed unicamente al peggioramento delle condizioni di vita di tutti i lavoratori. Bisognerebbe invece fare riferimento al fatto che il dialogo, se deve servire all’altra parte che siede al tavolo delle trattative per fare accordi di basso profilo per tutti noi lavoratori, allora dobbiamo invece volere la pratica della lotta, del conflitto per poter invertire le sorti di un dialogo che oggi sono decisamente segnate. Agiamo prima di confrontarci, tenendo conto che solo noi siamo gli artefici del nostro futuro e renderlo più consono ai nostri bisogni. Perseguiamo quella certezza futura che serve a non continuare a perdere diritti che si ritenevano acquisiti e per conquistarne di altri, per noi e per tutti coloro che stanno peggio di noi. E questo perché i nostri diritti sono diritti di tutti e non solo di chi li rivendica. Questa è  proprio la base su cui si poggia la solidarietà generazionale. Facciamo in modo che il nostro contributo serva, un domani, a raggiungere tale obiettivo.