Dipartimento Diritti di Cittadinanza
Ufficio Nuovi Diritti
ORIENTAMENTO SESSUALE, IDENTITA’ DI GENERE
E DIRITTI FONDAMENTALI
depenalizzazione, norme antidiscriminatorie
e riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali e transessuali
Torino, 9-10 marzo 2001
Palazzo Carignano
Piazza Carlo Alberto
Lavoro e discriminazioni
Relazione di Maria Gigliola Toniollo
La concezione del lavoro supera oggi nella società la funzione più tradizionale e immediata di fonte di sussistenza per definirsi come potenzialità e facoltà di espressione della persona, della sua dignità, della sua creatività e socialità: il lavoro è autonomia, esperienza, autodeterminazione e anche crescita culturale e multiculturale, tanto da costituirsi a elemento fondamentale di stabilità personale e di relazione. Lo dimostrano i dati delle ricerche psico-sociali sul disagio derivante dalla dissoluzione delle grandi unità industriali, avvenuta in Italia in particolare negli anni novanta, dati che descrivono una popolazione fortemente disorientata che reagisce alla perdita di alcune certezze di vita, il posto sicuro tra queste, opponendo una disgregazione complessiva, il grosso incremento nel consumo degli psicofarmaci, la moltiplicazione degli incidenti stradali e una crisi irreversibile del rapporto personale, sociale, anche familiare.
L’occupazione per suo ruolo non può in alcun modo limitarsi a fattore meccanico di risposta al mercato e creare occupazione, provvedimento antidiscriminatorio per eccellenza, non può quindi essere un’operazione che si definisce in numeri e percentuali, si pensi al così detto decent work, il lavoro e non solo… come elemento-asse di stabilità sociale e di società democratica.
Per queste ragioni, proprio dal confronto con la natura collettiva del lavoro e con il peso che esercita nella vita delle persone, appare ancor più protagonista la misura del riconoscimento dei diritti e la fruizione delle libertà personali. L’esclusione e ogni forma di discriminazione in questo campo, al suo accesso o a legittime aspettative di mantenimento e avanzamento di carriera, non possono essere lette esclusivamente come problema o come dramma economico, ma anche come rifiuto e profonda, intima negazione di dignità, speranza e sogni della persona.
Nel caso di discriminazione e esclusione subita da lavoratori e lavoratrici omosessuali, lesbiche e transessuali, lo scudo che si produce pare essere impenetrabile: resistenze e difficoltà di accesso al mercato del lavoro sono generate da ignoranza, conservazione e familismo, risolutivi soprattutto perché inscritti dentro una situazione inevitabilmente selettiva e concorrenziale, dato il perdurare della difficile condizione occupazionale nei vari Paesi. In Italia inoltre è drammaticamente sentita l’ingerenza delle gerarchie cattoliche e vaticane negli affari di Stato, gerarchie che con il loro integralismo fuor d’epoca e fuor di ragione, predicando contro e condannando ancora oggi da eminenti pulpiti e con carismatiche figure tutto ciò che non si omologa al rassicurante concetto della famiglia tradizionale, producono l’inevitabile conseguenza di rafforzare il rifiuto e troppo spesso pesanti e dolorose autolimitazioni nelle persone interessate.
Le ragioni della discriminazione delle persone omosessuali e transessuali non vanno quindi certo ricercate dentro la loro condizione, ma nella presenza di nuovi e vecchi integralismi, nella resistenza a recepire e nell'inadeguatezza culturale e storica da parte della società a riconoscere come propri stili di vita non corrispondenti a standard rassicuranti definiti "socialmente accettabili".
Omosessualità e transessualismo sono situazioni infinitamente diverse, con bisogni, istanze separate, unite tuttavia dalla battaglia per un mondo civile, contro il pregiudizio, insieme nei Pride, a memoria della storica rivolta di Stonewall. Sulla fierezza, sull’offesa e sulle conseguenze di ogni forma di negazione dovrebbe molto riflettere certa stampa irresponsabile, certa televisione trash o chi ha il gusto della barzelletta e della battuta volgare. Per gay e lesbiche c’è il problema dello stereotipo, dell’irrisione, spesso la necessità di rifugiarsi in un anonimato senza comunicazione, proprio in ambienti di dialogo forzato, in cui tutti prima o poi raccontano fatti di vita. C’è anche, da non sottovalutare, l’impossibile accesso, a norma di legge, a tutto ciò che è previsto per lavoratori e lavoratrici regolarmente coniugati come i permessi parentali, le agevolazioni nelle ferie, i punteggi nei concorsi, ecc. La particolarità principale e più evidente della condizione transessuale invece resta la visibilità, infatti, il transessualismo è una condizione che non può prescindere dal rendersi pubblica dato che la "rivoluzione estetica" che la scelta transessuale comporta come condizione indispensabile ha sempre una immediata ricaduta su tutti gli aspetti della vita affettiva, familiare e lavorativa. Entrambe queste specificità esistenziali pongono irrimediabilmente le persone a ischio di discriminazione.
La discriminazione verso le persone omosessuali o transessuali sul lavoro non è mai manifesta, prevedendo la legge specifiche tutele. In ogni caso la discriminazione per l’orientamento sessuale o per l’affermazione dell’identità di genere, lungi dal riferirsi a fatti esclusivamente privati, descrive una convivenza genericamente fondata su falsi valori, è la punta di un iceberg di una infinita serie di possibilità discriminatorie. Affermare il diritto del gay, della lesbica, del transessuale e della transessuale a essere se stessi e riconosciuti come tali, significa affermare un diritto per tutti di scegliere il proprio modo di vivere e di migliorare la qualità della propria vita. In questo senso assume significato strategico più generale e collettivo un impegno specifico da parte del sindacato che collabora strettamente con associazioni che, soprattutto nelle grandi realtà urbane, costruiscono reti di supporto formali o informali anche ricercando occupazione, diventando organo consultivo nella realizzazione di azioni positive e facendosi riconoscere come interlocutore rappresentativo in diverse istanze amministrative e politiche.
Del resto il quadro legislativo frammentato e diversificato nei paesi dell'Unione Europea, dimostra come in molti stati membri la tutela nel luogo di lavoro dei gay, delle lesbiche, dei transessuali e delle transessuali sia ovunque una pratica complessa e da questo punto di vista le attività delle associazioni gay, lesbiche, transessuali e transgender, dei sindacati e di alcune parti politiche si dimostra l'unico punto di appoggio nelle istanze di tutela dei diritti di queste persone nei luoghi di lavoro. In alcuni paesi dell'Unione Europea, le organizzazioni sindacali si occupano non da molto tempo specificatamente della questione gay, lesbica, transessuale, con impegni ed iniziative diversificate e recentemente queste tutele hanno avuto un recepimento formale anche dalla Conferenza Europea dei Sindacati, all'interno della Segreteria Politiche Sociali.
Nel febbraio del 1994 il Parlamento Europeo approvò una storica raccomandazione sulla "Parificazione dei diritti di gay e lesbiche nella Comunità Europea", ancora oggi non accolta formalmente e concretamente dal nostro Stato e da molti altri. Come spesso ricordato in questi giorni il Trattato di Amsterdam offre strumenti specifici di intervento.
Politicamente, a destra, anche in Italia, è praticato un forte ostracismo nei confronti di omosessuali e transessuali, mentre a sinistra il clima é senz'altro diverso anche se permangono ambiguità e reticenza nelle proposte legislative e contrattuali, come in genere per tutte le questioni che in qualche modo attengono a sesso o a identità di genere, e pare evidente che, nel loro accanimento, soltanto i "grandi nemici" della causa hanno l'aria di riconoscere il vero, formidabile potenziale rivoluzionario delle istanze omosessuali, lesbiche e transgender.
La forte crisi del mercato del lavoro crea precarietà e difficoltà per tutti, in particolare, come si è più volte affermato, per quei soggetti che non riproducono l’icona rassicurante del lavoratore maschio, bianco eterosessuale e padre di famiglia. Per gay, lesbiche e transessuali ciò significa quasi sempre, oltre a tutto il resto, una dolorosa condanna a dipendere da una famiglia che li respinge.
La normativa italiana offre spunti interessanti di tutela contro le discriminazioni dovute all'orientamento sessuale o al cambiamento della propria identità di genere sia all'atto dell'assunzione sia durante il rapporto di lavoro. Nessun provvedimento sanzionatorio può essere preso a motivo esplicito dell'orientamento sessuale delle persone o di un loro cambiamento di identità di genere (Sentenza EU). Pertanto le discriminazioni sono mascherate da pretesti legali, indirette e quasi mai l'omosessualità del dipendente (o un suo cambiamento di genere) é motivo "ufficiale" di un provvedimento disciplinare. Una parte consistente dei problemi denunciati da gay, lesbiche e transessuali non deriva esclusivamente da condotte vessatorie dei datori di lavoro, ma anche da una difficile convivenza con i colleghi. Potremmo amaramente ironizzare sul fatto che in tempi in cui è diventato moda occuparsi di mobbing, noi ne conoscevamo tutte le sfumature sin dall’inizio della nostra attività sindacale.
Oggi la progressiva precarizzazione dell'occupazione pone sempre più limitazioni nella difesa del posto di lavoro, garantito in modo diverso in tutte le aziende secondo il numero di dipendenti per unità produttiva sul territorio nazionale. La lotta contro una flessibilità selvaggia e senza barriere di protezione diventa anche in questo caso l'unica vera strategia efficace per controbattere una classe imprenditoriale spesso fortemente legata al pregiudizio, ma ancora più spesso pronta a strumentalizzare pregiudizio e stereotipi. Anche chi abbia come riferimento aree politiche che auspicano flessibilità, intercambiabilità e precarietà dei posti di lavoro come necessari per lo sviluppo economico nazionale, deve mettere in conto che questo ipotetico balzo in avanti segnerebbe pesantemente la pelle di persone che per loro caratteristiche di vita non corrispondono agli standard cari dalla maggioranza dei datori di lavoro, e tutto sarebbe a spese loro, un prezzo troppo alto, come senza tanto riguardo è già accaduto nelle selezioni per la riduzione di posti di lavoro e per e scelte di messa in cassa integrazione del personale.
Un importante capitolo sulla condizione omosessuale e transessuale è rappresentato dalle molestie, intese come "qualsiasi comportamento indesiderato a connotazione sessuale attuato nel posto di lavoro". Alcuni contratti nazionali prevedono da tempo norme di comportamento che rafforzano, anche in questo senso, la tutela della dignità delle persone, come le recenti norme del contratto nazionale dei postelegrafonici. In più possiamo affermare che lesbiche e transessuali sono discriminate in primo luogo in quanto donne e poi per la loro omosessualità o per la loro identità di genere in transizione. L'omosessualità femminile è relativamente poco visibile e perciò meno problematica, ma anche l'omosessualità femminile costituisce un fattore discriminante nell'ambiente di lavoro il più delle volte sottovalutato dalle stesse donne.
Nel primo articolo del suo Statuto la CGIL pone l'orientamento sessuale tra le questioni fondamentali per la realizzazione di eguaglianza di diritti e di doveri per i suoi membri: questo comporta un impegno esplicito al rispetto, a politiche di pari opportunità sul lavoro e l'osservanza di specifiche norme antidiscriminatorie. Il nostro sindacato rimane ancora oggi l'unico in Italia ad operare in argomento, contrastato dai sindacati della destra e dalla CISL, vicina al mondo cattolico e pertanto particolarmente interessata a politiche di stampo familistico.
Il Dipartimento Diritti di Cittadinanza, l'Ufficio Nuovi Diritti e alcune Camere del Lavoro hanno promosso in questi anni iniziative pubbliche di discussione, organizzato convegni, seminari, partecipato ai congressi delle principali associazioni nazionali ed internazionali. Sono stati aperti sportelli di consulenza e ascolto per gay, lesbiche e transessuali nelle Camere del Lavoro di Milano, Torino, Bologna e Genova, dato che la tutela dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori omosessuali e transessuali si realizza pienamente solo se in primo luogo essi si sentono riconosciuti e previsti dall'organizzazione. Sono stati inoltre tentati, per ora con scarso successo, inserimenti significativi di clausole nella contrattazione nazionale, come per esempio l'estensione dei permessi parentali alle coppie di fatto.
L'impegno della CGIL sui temi dell’omosessualità, del transessualismo e delle politiche transgender ha ormai una storia consolidata, anche se é tutt'altro che esente da problemi. Il movimento sindacale, le cui ragioni di esistenza si fondano sulla tutela di tutti i lavoratori e di tutte le lavoratrici, ha ancora oggi infatti difficoltà ad occuparsi a fondo della condizione gay, lesbica e transessuale e vi é quindi bisogno di formazione sindacale, di norme specifiche, di iniziative mirate e di una forte collaborazione con le associazioni.
In tempo di World Pride la discussione per l’approvazione di un Ordine del giorno del Direttivo nazionale della CGIL, peraltro molto importante, aveva evidenziato desiderio di partecipazione e condivisione, ma anche il permanere della difficoltà e dell'imbarazzo dell'insieme dell'Organizzazione nel superare pregiudizi e diffidenze, anche dopo anni di attività, nonostante l'esistenza dell'Ufficio Nazionale Nuovi Diritti (esperienza unica in Italia) e dei centri di consulenza gay e trans sparsi per il territorio nazionale. Il gruppo di lavoro nazionale ha denunciato più volte l'insufficienza numerica delle persone che vi si possono dedicare, la difficoltà a reperire risorse economiche e permessi sindacali, la scarsità di iniziative e di sportelli, in particolare nel centro-sud dell'Italia.
Sempre nello stesso ordine del giorno si é evidenziata inoltre la necessità e l'urgenza che l'organizzazione nel suo insieme assuma una responsabilità diretta in queste politiche sia rispetto alle risorse umane, sia rispetto a quelle economiche, rinnegando posizioni di marginalità o peggio di tolleranza.
Riassumendo, le istanze principali su cui é necessario concentrare i più urgenti interventi in vista di rimuovere barriere e ostacoli alla convivenza, alla realizzazione delle persone e promuovere una reale cultura della libertà sono:
di civiltà, nel riconoscere a tutti gli effetti l'omosessualità e il transessualismo come caratteristiche della personalità, componenti naturali del comportamento umano;
di carattere formativo e informativo, garantendo ai giovani il diritto a un'educazione familiare e scolastica che non costringa e non pregiudichi lo sviluppo della propria personalità e agli insegnanti, agli addetti ai pubblici uffici, ai sindacalisti la possibilità di approfondimento degli argomenti relativi all'omosessualità e al transessualismo anche tramite i corsi di formazione;
di carattere culturale, nel far conoscere con tutti gli strumenti e le iniziative possibili la reale situazione gay, lesbica, transessuale e le politiche transgender combattendo pregiudizi e stereotipi e garantendo una sana quotidianità alle persone;
di carattere giuridico-legislativo, nell'impegno di relazione con il Parlamento affinché siano prodotte leggi e regolamenti che prevedano diritti e competenze per le singole persone e non norme rigidamente riservate ai componenti della famiglia o della coppia legalmente riconosciuta, fonte diretta di discriminazione; deve essere previsto comunque il ricorso a norme antidiscriminatorie e il riconoscimento delle coppie di fatto anche fra persone dello stesso sesso; per quanto attiene la situazione transessuale si ritiene indispensabile anche per l'Italia che il cambiamento anagrafico avvenga sulla base del "Real life test" e che le prestazioni previdenziali includano anche gli interventi essenziali all'adeguamento estetico al sesso di appartenenza;
di carattere istituzionale, con la richiesta di recepimento da parte di tutti gli Stati della risoluzione di Strasburgo e della piena applicazione del trattato europeo di Amsterdam
di diritto internazionale, tramite azioni coordinate a livello internazionale di denuncia e di tutela del rispetto dei diritti umani di gay, lesbiche e transessuali nei Paesi in cui subiscono condanne e torture per il loro orientamento sessuale o per la loro identità in transizione.
Roma, 7 marzo 2001