DALLE MONTAGNE RUSSE

ALLA ROULETTE CINESE

Il gioco economico-politico in un Mercato troppo libero

 

Il compito dei mercati è essenzialmente scontare scenari futuri con la maggiore probabilità di realizzazione. Prevederli. Non si tratta di previsioni a breve o medio termine bensì di quelle relative a 10, 20, 30 anni da adesso. Nel calcolo scientifico delle variabili di mercato, andamento dei consumi e, più in generale, tenuta del sistema economico. Se però le “carte in tavola” cambiano tutti giorni e le variabili suddette diventano imprevedibili, il processo smette di assomigliare ad un percorso, scientificamente fondato e comprovato e assume i connotati di un bel giro sulle montagne russe. E sulle montagne russe gridi e stai male ma, di solito, ti ritrovi esattamente dove eri partito.

Questo ultimo periodo è stato segnato da tre grandi eventi: l'audizione di Greenspan, Presidente della Federal Riserve americana (Fed), davanti alla commissione del Congresso Usa (la Humphrey-Hawkins Testimony); l'abbandono del regime di cambi fissi da parte della Cina; il ritorno della paura in Occidente per gli attentati terroristici.

Ad Agosto Greenspan dice la sua su tassi ed economia: se nel sistema ci sono “troppi” risparmi e questi vengono investiti nei titoli di stato, i governi riescono a finanziarsi a tassi relativamente bassi. L'economia và dunque benissimo ma se, per essere più precisi, i risparmi eccessivi sono quelli asiatici e con essi si comprano titoli di stato americani od europei allora l’economia occidentale non va più tanto bene e i relativi governi devono finanziarsi a credito per poi insistere su manovre restrittive quanto a welfare e politiche sociali. E siccome è un economista si è lasciato scappare una frase in cui ammette che il problema potrebbe “anche” essere visto come una carenza di consumi… Sarebbe a dire: «Se il popolo non ha pane – e né deve averne! – che mangi brioches…»
In effetti Greenspan non si è espresso esattamente in questi termini eppure “l'intelligenza” politica del suo messaggio è spaventosamente simile.

Ora, se lo dicessimo noi comunisti parrebbe scontato ma succede che, nell’annuale articolo di Deutsche Bank, si rispolvera un tale Karl Marx e la sua teoria di «crisi da sotto-consumo»! In pratica una delle più grandi banche d'affari del mondo utilizza uno schema interpretativo marxiano! Davvero sorprendente se si considera che tesi di fondo degli istituti di credito nazionali ed internazionali è la presunta non adeguatezza storica delle teorie di Marx, il loro essere viziate da economicismo positivistico, il fatto di essere “cose dell’Ottocento”! Chiaramente l'analista di Deutsche Bank conclude che l'interpretazione marxiana non è esattamente la cosa a lui e a Deutsche più congeniale ma tant'è… Beh, vedere Das Kapital citato nelle note a piè pagina fa un certo effetto. La crisi da sotto-consumo è una delle potenziali cause di crollo del capitalismo. Forse, in questa fase di nuova e rinnovata instabilità del mondo, anche i capitalisti più “ottimisti” ( o ottusi…) se ne sono accorti!

«Per dirla in breve, il prodotto di un sistema si divide tra la quota che va al lavoro (i salari) e quella che va al capitale (i profitti). I capitalisti ingordi e rapaci fanno aumentare la loro “fetta” (i profitti) fino al punto che i salari sono così bassi che non riescono neanche ad acquistare tutti i beni che il lavoro produce… Il sistema entra quindi in crisi (e a questo punto Marx prevedeva la rivoluzione). Non sembra una descrizione accurata del modello di sviluppo attuale nei paesi del terzo mondo? E poi, come si fa a lamentarsi che paesi del terzo mondo come la Cina ed, in generale, il sud-est asiatico risparmiano troppo?» (L. B. Ingles) Come non pensare, inoltre, alle condizioni economiche di regioni come quelle del Mezzogiorno d’Italia, sacche di sottosviluppo economico-sociale funzionale al mantenimento di standard di profitto sui mercati valutari internazionali…

La soluzione è evidente per Greenspan: vendiamogli brioches! Qualunque cosa pur di non affrontare l'iniquità distributiva del sistema di redditi e risorse. E i mercati all'inizio provano a crederci, salgono tassi e borse ma poi tornano indietro. Il sospetto che Greenspan stia facendo un gioco pericoloso sottostimando la debolezza strutturale delle economie occidentali oramai ce l'hanno in tanti, comunisti e non.

Poi le montagne russe: la Cina abbandona il regime di cambi fissi. La valuta cinese non sarà più ancorata al DollaroUS ma ad un paniere di riferimento non rivelato. La Banca Popolare Cinese fisserà le chiusure ufficiali bilaterali alla fine di ogni giornata e il giorno dopo quelle rappresenteranno la nuova parità centrale della banda d’oscillazione monetaria. Tecnicamente si tratta di un sistema di parità striscianti.

Questo implica: il DollaroUS svalutato con conseguente crescita dell’inflazione negli Usa; che la bilancia tra Usa e Cina si riequilibrerà un po', cioè i cinesi riceveranno un po' meno dollari e quindi compreranno un po' meno titoli di stato americani; che tutti correranno a vendere DollaroUS che crolla e relativi titoli di stato per comprare borse.

Ma oltre la macroeconomia c'è la politica. Le considerazioni da farsi sono molte, diverse. innanzitutto la Cina cede alle pressioni politiche dell'Occidente nel frattempo in grave difficoltà a causa della competizione delle merci cinesi sui mercati mondiali tanto da siglare, lo scorso settembre, un accordo – a perdere! – “d’intesa commerciale” pur di preservare varchi di mercato dalla lunga marcia neocapitalistica cinese. D’altro canto e così facendo, la stessa Cina ottiene anche uno strumento in più per “frenare” la propria crescita impetuosa, allo stato insostenibile per i mercati internazionali; a livello di sistema, il suo adeguamento ai meccanismi economico-finanziari del mondo capitalistico fa un salto avanti notevole – forse più importante dell'adesione al WTO – come importante concessione verso le amministrazioni occidentali. Quale sarà la contropartita politica? Nei panni di politici taiwanesi, forse ci sarebbe da innervosirsi un po'…

Operatori di mercato ed analisti stanno ancora studiando le agenzie stampa per capire l'impatto effettivo degli eventi mentre riecheggiano ancora le notizie degli attentati alla Tube di Londra nello scorso luglio. I mercati sono ancora drammaticamente in fibrillazione, scomposti, instabili. Nel frattempo si moltiplicano, città dopo città, le simulazioni anti-terrorismo. Simboliche certo, eppure  politicamente molto più inquietanti. C’è tensione, la minaccia è continua, presente. E già riecheggiano i sonori proclami contro l’Occidente imperialista da parte dell’Iran dei khomeynisti di governo che riattivano programmi di espansione e proliferazione nucleare con l’appoggio strutturale e logistico del colosso petrolifero russo Gazprom mentre, sorprendentemente, per la prima volta nella Storia, Russia e Cina conducono manovre di esercitazione militare congiunte proprio nel momento in cui si invera la dipendenza reale delle economie occidentali dalle forniture energetiche di quei Paesi. E allora tutti a rivendere le borse appena comprate e a ricomprarsi i titoli di stato appena venduti (e forse a desiderare di fare un altro lavoro). I mercati si rimangiano tutto l'effetto Cina. E giungono, dai governi, manovre correttive e inviti alla prudenza ed al “risparmio” secondo Finanziarie già, di per sé stesse, “lacrime e sangue” per lavoratori, operai e piccoli commercianti mentre il decentramento fiscale ed amministrativo (la cosiddetta devolution in Italia!) amplifica il divario tra flussi monetari sanzionando la separatezza tra regioni depresse e regioni avanzate, Sud e Nord. Così l’economia reale (potere d’acquisto delle famiglie) viene erosa, piegata e spezzata dall’economia nominale (indici statistici dell’andamento dei mercati)…

Il giro sulle montagne russe, come tutti i giri sulle montagne russe, finisce lì dove era iniziato. Tutti a casa a pensare, valutare fatti, calcolare rischi. Negli analisti occidentali vince la paura: cosa accadrà nei week-end quando i mercati sono chiusi e le perdite eventuali non possono essere limitate?. Meglio vendere un pò di borse e ri-parcheggiare i soldi in titoli di stato. Sono “saggi” i mercati!

Poi bombe a Sharm el Sheik, emblema consumistico filo-occidentale in Medioriente mentre le recenti elezioni in Palestina sanzionano la schiacciante affermazione elettorale di Hamas, formazione fondamentalista islamica panaraba ed anti-occidentale, fuori e contro la diplomazia compatibilista imposta per anni dall’egemonia di Fatah…

 

Allacciare le cinture, si riparte! Sapendo bene che le montagne russe d’un mercato libero – e che proprio per questo pone esso stesso le condizioni strutturali delle sue contraddizioni e della sua instabilità – rischiano di trasformarsi in “roulette russa”… o cinese.

 

 

Napoli, 26 gennaio 2006