Si dice che esista una locanda dove è possibile capitare nelle notti chiare, quando la luna inonda i prati e le colline. Le finestre illuminate appaiono d'improvviso ai viandanti sperduti o ai sognatori tristi, fuggiaschi di una realtà grigia e sorda, per gettare loro il calore della speranza. In quel luogo sul crocevia per l'ignoto si ritrovano i marinai spossati dalle tempeste della vita, in attesa di un nuovo imbarco che giungerà Domani, senza fretta. Perché alla Locanda si va per ascoltare e raccontare storie, o solamente per bagnarsi le labbra nella schiuma dei ricordi e fissare volti sconosciuti ma in fondo a noi fratelli nell'oscurità e nel freddo delle tormente. E c'è sempre qualcuno che presto o tardi accarezza le corde di uno strumento e comincia a cantare di terre lontane. Perché tutti i menestrelli, prima o poi, finiscono per passare da quella locanda con il loro carico di suoni, bugie e colori. E forse tutti gli avventori, sia quelli solitari e taciturni, sia quelli loquaci e fracassoni, sono in fondo menestrelli in cerca di un pubblico. E là lo troveranno di certo. Lasciate riposare i cavalli, quindi, ed entrate a cercarvi un posto tra le risate grosse e il fumo del cibo. C'è sempre un tavolo libero per i nuovi arrivati. Ascoltate, dunque, e fatevi versare qualche boccale dall'oste. Aspettavano solo voi per cominciare, alla Locanda dell'Ultimo Ballo.