Le Cinque giornate di Milano.

 

Introduzione

 

 La città di Milano è sconvolta dalle fondamenta, ed è difficile farsene un'idea. Non centinaia ma migliaia di barricate chiudono le strade, (...). Il carattere di questo popolo mi sembra cambiato come per il tocco d'una bacchetta magica; il fanatismo ha pervaso ogni età, ogni ceto, ogni sesso.

( Radetzky)

 

E' un paradosso, ma non troppo, che a rendere testimonianza della particolarità e dell'ampiezza del moto di rivolta delle cinque giornate sia proprio una dichiarazione del feldmaresciallo Radetzky, comandante delle truppe imperiali nel Regno Lombardo-Veneto , considerato dagli insorti il simbolo politico-militare del potere da abbattere. Da questa ed altre testimonianze è possibile percepire gli eventi di quei giorni non solo come accadimenti storici, ma come storie vissute da persone concrete, capi militari o politici, semplici popolani , ecclesiastici, studenti, artigiani, con le loro fedi, odi, passioni, rivalità, speranze.

Questo  scritto non ha l’ambizione di presentarsi come opera storica , ma vuole essere una sorta di illustrazione divulgativa di  quanto avvenne nelle cinque Giornate di Milano.

Con un rassegna essenziale degli avvenimenti e gli opportuni cenni alle singole posizioni politiche dei patrioti milanesi ho cercato di far risaltare l’importanza e l’esemplarità di questo evento come milanese ed insieme italiano. Le Cinque Giornate infatti appaiono oggi come una grande dimostrazione di coesione sociale e civile per le libertà di Milano e dell’Italia.

Ambizione di queste pagine è offrire un contributo al lettore non specialista e contribuire a  destare o ridestare, l’interesse per le origini della nostra Nazione e per i valori di risorgimento morale e civile dell'Italia propri del Risorgimento, (mi si conceda il gioco di parole). Valori che ritengo ancora attuali ed essenziali per la nostra memoria storica.

 

Premessa  Il 1848 in Europa ed in Italia

 

Le cinque giornate di Milano non sono un episodio isolato, ma contemporaneo ad altri moti di rivolta nazionale in Italia e nel continente europeo.

Il  1848 è l'anno di un una grande conflagrazione europea, ovvero di una serie di rivoluzioni a carattere liberale e nazionale tese a sovvertire l'ordine politico legittimista e assolutista imposto a larga parte dell' Europa dal Congresso di Vienna. In queste rivoluzioni emergono anche i movimenti democratici , con conseguenti  contrasti tra liberali e democratici, e anche i prmi movimenti socialisti. Nel 1848 viene pubblicato Il Manifesto di Karl Marx.

I moti di rivolta in Europa ebbero o rigine in Francia, si estesero alla Confederazione Germanica, alla stesso impero Asburgico con vere eproprie sommosse in Ungheria e nella stessa Vienna. La lotta per la libertà e per il principi di nazionalità si estese anche all’Itali: nel Lombardo-Veneto austriaco insorsero  Milano e Venezia,  la rivolta siciliana obbligo i Borboni a concedere una  costituzione, e il modello costituzionale fu adottato anche dai granduchi di Toscana, da Pio IX, e da Carlo Alberto, re di Sardegna. Lo statuto Albertino sarà destinato in seguito ad essere la costituzione  del futuro Stato italiano fino al referendum monarchia-repubblica del 1946.

La sfortunata prima Guerra d’Indipendenza, terminata con la sconfitta dell’esercito sabaudo, non fermò la rivolta italiana che proseguì generosamente, anche se destinata alla sconfitta: il moto di rivoltà continuò a  Roma, la Repubblica Romana di Mazzini, Saffi, Armellini, a Venezia, sotto la guida di Daniele Manin, a Brescia, la Leonessa d’Italia.

La rivoluzione italiana per l’indipendenza venne repressa, ma solo temporaneamente.

Le successive guerre d’indipendenza prima e la Prima Guerra mondiale poi realizzarono le speranze dei patrioti milanesi ed italiani del 1848.

 

 

Le cinque giornate

 

 1. Precedenti storici

 

Nel 1714 a conclusione della guerra di successione spagnola i Trattati di pace di Utrecht e Rastadt assegnano la  Lombardia al dominio  degli Asburgo. In genere gli storici danno un giudizio positivo del governo imperial , specie se raffrontato con il precedente periodo della dominazione spagnola.

      E’quasi doveroso ricordare che la Lombardia sotto il periodo di governo di Maria Teresa (1740-1780) conosce un periodo di generale progresso economico e culturale. ( Ricordiamo Pietro Verri e la rivista dell'illuminismo lombardo Il caffè, Cesare Beccaria e il suo famoso Dei delitti e delle pene). L'armonia tra sudditi lombardi e corona imperiale comincia però ad incrinarsi sotto il regno dell'imperatore Giuseppe II, per la sua rigida politica di accentramento e controllo amministrativo e politico dei diversi territori dell'impero.

      Rigido è anche il controllo della Chiesa e del clero, attuato anche mediante  la nomina imperiale dei vescovi, riservando al clero locale e al Papa solo un'accettazione formale delle nomine imperiali.

 

1796:  Campagna d'Italia di Napoleone Bonaparte. In Italia si diffondono  gli ideali della Rivoluzione Francese e sorgono prima la Repubblica Cispadana (26.12.1796) e in seguito la Repubblica Cisalpina (9.7.1797), divenuta nel 1805 Regno Italico. Entità statali satelliti della Francia, ma in parte anche esperienza di autogoverno, seppur parziale, per la classe dirigente lombarda costituita dalla nobiltà e dall’alta borghesia.

Nel 1814  il Congresso di Vienna restaura il potere degli Asburgo sulla Lombardia e il Veneto.

 Il governo imperiale opta per una politica di rigido controllo amministrativo e politico e di epurazione di chiunque avesse collaborato con i governi filo-francesi. Il lombardo Veneto è comunque elevato alla dignità di Vice- Regno del Lombardo Veneto con la Patente Imperiale del 7 aprile 1815.[1]

 

L’amministrazione austriaca non manca di efficienza  serietà ed onestà dei suoi funzionari .

Nel 1861 ,ad unificazione italiana avvenuta, il tasso di scolarizzaziione primaria  e di alfabetizzazione medio era il più alto nella penisola; il 18 agosto 1840, viene inaugurato il primo tronco della strada ferrata per Monza, nel 1843 il tratto della ferrovia Milano- Treviglio.

Nel 1845 la città di Milano è dotata di una rete di illuminazione a gas.

I territori italiani dell’Impero, tuttavia, sono oppressi da una forte tassazione, dalla censura su stampa e pubblicazioni e da una repressione poliziesca tanto  rigida quanto efficiente.[2](2)

( Ad es. era pratica assidua della polizia l'ispezione della corrispondenza privata per motivi di ordine e sicurezza pubblica)[3]. La critica più ricorrente di uomini di cultura, economisti, imprenditori all'Austria era quella di subordinare gli interessi locali dei vari popoli dell'impero alle convenienze della popolazione di lingua tedesca. In tema di repressione ricordiamo la soppressione de Il Conciliatore, giornale fondato da Confalonieri e Porro Lambertenghi, che finiranno indagati e imprigionati nel carcere dello Spielberg insieme a Silvio Pellico, Maroncelli, Pallavicino e Borsieri.

Nel resto d'Italia gli anni seguenti alla Restaurazione sono caratterizzati dalla Carboneria e dai moti del 1820-21 invocanti libere costituzioni  a Napoli ( Morelli, Pepe , Silvati) , in Piemonte, (Santorre di Santarosa) dall'attività di Mazzini e della Giovine Italia e dai moti del 1830-31 a Parma (Ciro Menotti) e dal tentativo di insurrezione nel meridione italiano dei fratelli Bandiera (1844)

   Per sfuggire alla repressione l'opposizione degli intellettuali italiani si esercitava  in forma di congressi di scienziati promossi dalla Società dei Congressi proprio negli anni 1844-46 e l'attività di circoli culturali promossi da aristocratici illuminati come quello di  Clara Maffei, animato dalla  partecipazione di  Manzoni, Cattaneo, Cesare Correnti, Luciano Manara, Rossini, Verdi.

Anche a Milano dal 12 al 27 Settembre 1844 si tenne un Congresso degli scienziati italiani. Il podestà Casati su recò successivamente a Vienna per sollecitare riforme invocanti una maggiore autonomia politica del Lombardo-Veneto, col pretesto di presentare ai ministri viennesi i due volumi Milano e il suo territorio, compilati in occasione del congresso.

Un altro evento culturale che insospettisce la polizia austriaca è la visita di Richard Cobden a Milano, apostolo del liberismo e protagonista in Inghilterra della battaglia per l’abolizione del dazio sul grano, accolto con calore dagli intellettuali milanesi tra il 10 maggio e il 6 giugno 1847[4]

 

 Sul fronte istituzionale nel 1847 G.B.Nazzari , membro della commissione centrale lombarda propone la nomina di una commissione composta da rappresentanti delle provincie lombarde, con il compito di esaminare le ragioni del malcontento in Lombardia .Il 12 gennaio 1848 il rapporto presentato proponeva  la costituzione di un dicastero aulico italiano che sotto la presidenza del vicerè governasse con maggiore autonomia il Regno Lombardo-Veneto.

     

 

2) Le Cinque Giornate: dal riformismo alla rivolta.

 

La chiusura ad ogni proposta di riforma, la crisi economica europea del biennio 1846-48, la repressione sempre più serrata si accompagnano alle prime proteste pubbliche.

Il 7 Settembre 1847 i festeggiamenti dei Milanesi per la nomina ad arcivescovo di Milano di Mons.Romilli sono turbati da scontri tra la polizia austriaca e la popolazione. Numerosi i morti e feriti . In forma legale, ma decisa la protesta delle autorità municipali e del  podestà Casati per la repressione della polizia austriaca. In due lettere al cancelliere Pillersdorf il podestà di Milano accusa apertamente la polizia e i suoi dirigenti, specie il conte Bolza,[5] della responsabilità dei disordini e invoca una reale autonomia politica per il Lombardo-Veneto mediante un maggior coinvolgimento del ceto dirigente negli affari di  governo. Le ragioni del malcontento delle popolazioni lombarde risiedono nell’occupazione di tutti i posti rilevanti di governo dall’amministrazione alla giustizia, ai tribunali, da parte di  funzionari di origine austriaca, tirolese, o comunque non italiana. Casati, senza contestare  l’istituzione imperiale in sè considerata propone una maggiore attenzione per la particolarità delle provincie italiane, sollecitando, diremmo oggi, una soluzione federalistica dell’organizzazione politica dell’impero asburgico : Abandoner aux autorités qui gouvernent le pays touts ce qui est d’intéret local,et faire aboutir au centre seulement ce qui est d’un intéret général, voilà, une maxime absolutement nécessaire à  etre adoptée[6]

Per la loro indole i Milanesi sono alieni da uno spirito rivoluzionario ma per le mancate riforme e per il rigido controllo centralistico di Vienna si sentono distanti dal governo,  obeissant par la force de choses[7]

 

Attivi sulla scena politica milanese sono anche i democratici filo-mazziniani propensi ad azioni di aperta rivolta, in polemica, se necessario, anche con l’opposizione legale di Casati.

Una di tali forme aperte di protesta, promossa da Giovanni e Gaetano Cantoni e Giovanni Pezzotti fu la proclamazione dello sciopero del fumo e del gioco del lotto; tabacco e gioco del lotto costituivano una consistente entrata dell’erario imperiale: 4 milioni e mezzo di lire per il tabacco, un milione e settecentomila lire per il lotto.[8]

 

Fumare in pubblico era proibito da una vecchia disposizione del 1821, caduta in desuetudine

ma il testo dell’appello non costituiva una vaga mobilitazione del senso civico quanto un’esortazione  alla disobbedienza o resistenza civile; emblematico, in questo senso l’accenno agli esordi della Rivoluzione Americana :

 

                                               Giovani Lombardi !

Nuovi destini matura all’Italia l’anno che sorge. Più tenaci si stringono oggi le destre e tra i concordi suona grave la parola, quasi religiosa promessa. Ma se i tempi preparano gli avvenimenti, solo la volontà dei forti li compie.

Quando i cittadini di Washington oppressi dalla tirannia inglese fecero la famosa lega per cui fu proscritto il thè per non pagare la gabella che l’avara Inghilterra aveva imposto, fu fato il grande spettacolo della concordia e di quell’indomito valore che dopo trionfò invincibile nella battaglia dell’indipendenza.

O giovani ! Come l’America, ora la patria nostra trovasi in condizioni difficili; ma tra le imposte che l’aggravano stanno il  nostro arbitrio le volontarie. I concittadini di Franklin si astennero tutti dal thè: imitateli; d’oggi innanzi rifiutate il tabacco. Questo sia non un vano conato ma un dovere, uno sforzo e un segno di concordia e di unione.

Non deridete tenui principii che preparano gli animi a sacrifici maggiori e più gravi; sappiate volere  il nostro popolo che vi ode parlare di Patria, domanda esempi e sacrifici, perchè egli è uso a fare davvero.

Comincia a deporre straniere usanze chi vuol fare da sè; nuoce al corpo e mal si addice il fumo del tabacco fra le dolci aure olezzanti dei fiori d’Italia.

Chi oserà dire questo tabacco costume bisogno degli italiani? Per un popolo che sorge, bisogno vero è amare e giovare come meglio si può alla patria [9]

 

Il 3 gennaio 1848 il clima di tensione tra gli scioperanti  e la polizia austriaca degenera in aperti scontri con il luttuoso bilancio di  5 morti e 54 feriti.Nel corso degli scontri viene anche fermato e minacciato dalla polizia il podestà Casati.[10]

Le autorità asburgiche si chiudono sempre di più in un  atteggiamento repressivo, anche di fronte a proposte di riforma avanzate in modi e procedimenti legali come quelle tentate nel gennaio 1848 dai  membri dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, Piola, Litta, Restelli, Rossi, Cattaneo. In particolare le proposte di quest’ultimo prevedevano l’istituzione di un scuola politecnica civile e militare in Lombardia e rivendicavano l’istituzione di reggimenti lombardi di cavalleria ed artiglieria, premessa per la ricostituzione di un esercito lombardo. Misure giustificate dagli alti contributi pagati dal regno Lombardo-Veneto alle cassa imperiali , non ripagati dal centralismo di Vienna. Iniziativa  non gradita alla polizia austriaca che propone al vicerè Ranieri il decreto di deportazione di Cattaneo; proposta non accolta per le pressioni sul vicerè di E.Mylius, membro dell’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere. Da notare che il Cattaneo nella sua ricostruzione di questa vicenda insiste sull’illegalità del provvedimento richiesto dalla polizia imperiale: 

< In tal modo punivasi in noi il compimento d’un dovere; poichè l’Istituto era, per regolamento imperiale, l’organo del governo in quelli argomenti >[11]

 

L’indifferenza ad ogni proposta di riforma e i  fatti di gennaio aumentano il solco tra classe dirigente riformistica lombarda e autorità imperiali e convincono gli attivisti democratici a cercare di organizzare un’opposizione clandestina che prende in considerazione anche l’ipotesi della rivolta armata.

Pietro Maestri,  Attilio De Luigi, Francesco Restelli, Giuseppe Piolti de Bianchi, Anselmo Guerrieri Gonzaga, Carlo Clerici, Cesare Correnti costituiscono quattro comitati: politico, finanziario, di guerra, di polizia. L’azione di questi comitati, tuttavia, non arriva a risultati incisivi e di rilievo: fin dall’inizio le discussioni politiche e di strategia (rivolta legale prima o subito insurrezione? Cercare di coinvolgere il Piemonte? Coinvolgere le campagne? Iniziare la rivolta a Milano o dalle provincie ) bloccarono l’azione.[12]

Un tentativo di coinvolgere i granatieri  italiani di servizio nell’esercito imperiale venne realizzato da Maestri e Correnti che giunsero a prospettare una vera e propria insurrezione con il sostegno dei granatieri italiani per la seconda domenica di marzo. Primo compito dei militari sarebbe stato l’occupazione del Castello Sforzesco. Progetto fallito poichè Radetzky sospettando, o anche semplicemente temendo, contatti tra democratici e militari ordinò il trasferimento del reggimento dei Granatieri a Verona il 12 marzo[13]

Intanto il popolo milanese si dimostra particolarmente attento e partecipe alle notizie che via via giungono dal resto dell’Italia e  saluta con aperte manifestazioni di gioia la rivoluzione palermitana e  la concessione degli statuti a Napoli il 29 gennaio[14].Anche la concessione della costituzione a Firenze, 17 febbraio, dello Statuto Albertino a Torino, 4 marzo, e infine  le notizie della rivoluzione parigina creano aspettative e speranze nei patrioti milanesi[15]

Di fronte a questa situazione le autorità asburgiche accentuano l’azione repressiva e rafforzano l’apparato militare. Il 22 febbraio 1848 le autorità asburgiche emanano in tutto il territorio del Lombardo-Vento  Giudizio Statario, ovvero la possibilità di poter processare ed impiccare entro sei ore dall'arresto tutti i sospettati di sedizione .                             

Mentre la polizia austriaca reprime le manifestazione degli studenti universitari di Pavia e Padova Radetzky fa rafforzare l’apparato militare di stanza nel Lombardo-Veneto portandolo da circa 36.000 uomini a circa 80.000. ( Circa 14.000 uomini tra esercito e polizia nella sola Milano)

 

 

 

3) Le Cinque Giornate: esplode la rivolta.

 

Nei giorni antecedenti il 18 marzo lasciano la città l'arciduca Ranieri d'Asburgo-Lorena, zio dell'imperatore Ferdinando insieme al governatore conte Spaur e al generale conte Carlo Ficquelmont. Rimangono il vice governatore O' Donnel e il Feldmaresciallo Radetzky, ormai vero detentore del potere imperiale a Milano.

In questo clima carico di tensione i già citati attivisti democratici cercarono di coinvolgere gli aristocratici in un progetto di aperta rivolta contro le autorità asburgiche che proclamasse decaduta l’autorità del vice governatore ed insediasse un governo provvisorio, composto dai membri della Congregazione Municipale,simboli dell’opposizione legale, e da altri milanesi distintisi nella protesta contro l’Impero Asburgico.[16]

Fu preparato anche un manifesto per sollecitare la mobilitazione dei milanesi invitati a concentrarsi per le tre pomeridiane in Largo corsia dei servi

 

Popolo di Milano! - L'Europa ha li occhi su di noi, per decidere se il nostro lungo silenzio venisse da magnanima prudenza o da paura. Le provincie aspettano da noi la parola d'ordine. Il destino dell'Italia è nelle nostre mani. Un giorno può decidere le sorti d'un secolo. Ordine!Coraggio!Concordia!

Proclamiamo unanimi e pacifici, ma con irresistibile volere, che il nostro paese intende di essere italiano, e che si sente maturo  a libere istituzioni. Chiediamo, offrendo pace e fratellanza, ma non temendo la guerra :

1) l'immediata abolizione della vecchia polizia e la riorganizzazione di un nuovo magistrato politico sotto il governo del municipio

2) l'immediata abolizione delle leggi di sangue e la liberazione dei detenuti politici

3) Una reggenza provvisoria del regno

4) libertà della stampa per avere l'espressione dei voti del paese

5) Riunire tutti i consigli e convocati comunali perchè eleggano un rappresentanza nazionale

Guardia civica sotto li ordini della municipalità

7) Neutralità colle truppe austriache garantendo loro il rispetto e i mezzi di sussistenza[17]

 

         Nonostante gli sforzi unitari dei democratici Casati e Borromeo si proclamano contrari a questa iniziativa giudicata temeraria pur proclamandosi disponibili ad ascoltare le richieste popolari e a supplire, nell’ambito dei poteri ad essi concessi, a supplire all’assenza del vicerè e del governatore Spaur. Tentativo di mantenersi fedeli fino all’ultimo ad una linea di opposizione legale e  timore di compromettersi eccessivamente con i democratici filo-mazziniani non solo  agli occhi del governo asburgico ma anche agli occhi di Carlo Alberto. Dopo la concessione dello Statuto Albertino si era fatta strada nel patriziato lombardo di tendenze moderate e liberali l’ipotesi di passare dal riformismo alla rivolta, ma sotto la protezione del Piemonte sabaudo esempio di regno costituzionali, ma garanzia al tempo stesso di argine delle tendenze repubblicane  e democratiche presenti nel movimento patriottico italiano[18].

          

          

         Contrario all’iniziativa è anche Cattaneo, militare propenso ad approfittare della debolezza del governo imperiale dopo la rivolta di Vienna per ottenere un’autentica autonomia politica del Lombardo-Veneto, fatta di maggiori libertà e anche da un’esercito proprio. Una riforma in senso federale dell’impero  asburgico, non più assolutistico, ma unione di libere nazionalità.[19]

In un crescendo di avvenimenti, tuttavia, borghesi e aristocratici, democratici e liberali, filosabaudi e filomazziniani sono come trascinati a condurre e a guidare la rivolta, non certo nata dal nulla ed improvvisa, ma anche esplosa al di là delle capacità di previsione e di immaginazione dei politici milanesi del  tempo.

 

Giungono infatti le notizie della rivolta viennese e della concessione della costituzione e della libertà di stampa, che secondo la previsioni delle autorità asburgiche sarebbero state sufficienti a placare  i milanesi.[20]La folla, tuttavia, si comincia a radunare, in piazza Mercanti, corsia dei servi, Duomo, Fontana, in parte aizzata dalla azione dei democratici, in parte trascinata da un impulso spontaneo e si dirige  al Broletto, palazzo della Congregazione Municipale, chiedendo l’istituzione di una Guardia civica .Casati seguito da assessori Belgioioso, Bellotti, Beretta, Greppi guida una manifestazione al Palazzo del governo, in Corso Monforte, per presentare le citate richieste.

Proprio presso il palazzo del Governo  avvengono i primi scontri tra le guardie imperiali e la folla: la prima vittima è un soldato austriaco ucciso da un seminarista, Giambattista Zaffaroni.

Di fronte alle pressioni della folla il vice-governatore O'Donnell firma il decreto di istituzione della Guardia civica e di affidamento alla Municipalità dell'ordine pubblico

                                   .

Radetzky invece non accetta le decisioni del vice-governatore e fa concentrare  le truppe di nel Castello Sforzesco e nei vari presidi minori disseminati in città intimando ai rivoltosi di arrendersi senza condizioni all’autorità militare.                     

Ormai è scontro aperto e il vice-governatore O’Donnell  rimane prigioniero ed ostaggio della guardia Civica. Le prime mosse degli austriaci consistono nella riconquista del Palazzo del Governo e in un assalto al Palazzo del Broletto, sede della Municipalità, dove Radetzky credeva si fosse insediato un governo provvisorio. La strategia del feldmaresciallo consiste nel controllo del Castello e dei Bastioni, da cui dirigere gli assalti verso il centro e le periferie della città. A palazzo Taverna si rifugiano i membri della congregazione municipale, che, insieme ad altre personaggi con Correnti, Cernuschi, Cattaneo, formano di fatto un primo centro direttivo dell’insurrezione.

            

20 marzo : gli austriaci ritirano i presidi più isolati della cerchia dei navigli nel castello Sforzesco.

ed evacuano la direzione di Polizia e delle carceri del tribunale militare.

Un triste e crudele episodio è l’eccidio a sangue freddo del sacerdote Marino Lazzarini della canonica di S.Bartolomeo.

La rivolta comincia a trovare anche una direzione politica. Casati respinge le proposte di costituire un Governo Provvisorio volendo mantenere ancora un posizione dei legalità: la rivolta dei milanesi è stata provocata dal  rifiuto di Radetzky di  rispettare le concessioni di O'Donnell.

Con la nomina di alcuni Collaboratori  al Municipio (Durini,Porro, Grasselli,Guicciardi), vengono comunque poste le prime basi di un governo cittadino nuovo :

 

" La Congregazione municipale della città di Milano

Considerando che, per l'improvvisa assenza autorità politica, viene di fatto ad avere pieno effetto il decreto 18 corrente della Vicepresidenza di Governo, col quale si attribuisce al municipio l'esercizio della polizia, nonchè quello che permette l'armamento della guardia civica a tutela del buon ordine e difesa degli abitanti, s' incarica della polizia il signor delegato Bellati, e in sua mancanza il dottore G.Grasselli aggiunto, assunti a collaboratori del municipio il conte Francesco Borgia, il generale Lechi, Alessandro Porro, Enrico Guicciardi, avvocato Anselmo Guerrieri e conte Giuseppe Durini"   20 marzo 1848[21]         

 

Nella stessa giornata viene istituito un Consiglio di Guerra per la conduzione militare della rivolta composta da Cattaneo, Cernuschi, Terzaghi. La strategia è quella di isolare  presidi militari della città, Brera, S.Simpliciano, palazzo del Genio, P.zza S.Ambrogio e di  tagliare le comunicazioni con il Castello Sforzesco, quartier generale di Radetzky .

Emerge un primo contrasto tra Consiglio di Guerra e Municipalità in merito alla proposta di una tregua offerta dal comando austriaco tramite un’ambasciata del maggiore croato Sigismund Ettinghausen). Il contrasto non concerne solo una diversa valutazione tecnica della tregua ma è anche sintomo di una differenza politica più profonda. Il governo municipale rappresentato da Casati è su posizioni liberali filo-sabaude, mentre il Consiglio di guerra è su posizioni democratiche e repubblicane.

La tregua infine viene respinta con un rinnovato appello del consiglio di Guerra ai cittadini

 

< Cittadini! - Il generale austriaco persiste, ma il suo esercito è in piena dissoluzione. Le bombe ch'egli avventa sulle nostre case, sono l'ultimo saluto della tirannia che fugge.

Molti officiali si danno prigioni. Interi corpi atterrano le armi avanti al tricolore italiano. Alcuni, trattenuti dall'onor militare, domandano a deliberare un istante, supplicandosi di sospendere il vittorioso nostro foco.

Cittadini perseverate sulla via che corre; essa è quella che guida alla gloria e alla libertà. Fra pochi giorni il vessillo italico poggerà sulla vetta della Alpi. Colà soltanto, noi potremo stringerci in pace onorata cole genti che ora siamo costretti a combattere. Cittadini, fra poco avremo vinto; la patria deciderà dei suoi destini; ella non appartiene ad altri che a sè. I feriti sono raccomandati alla vostre cure; alle famiglie povere provvederà la patria>       

20 marzo 1848[22]

 

Merita comunque osservare il senso di equilibrio dimostrato dai capi della rivolta nello scoraggiare i tentativi di vendette sommarie contro i prigionieri austriaci o i funzionari del governo imperiale. Prigionieri  dei rivoltosi oltre al già citato O’Donell erano infatti anche la famiglie del direttore di Polizia Torresani e il conte Bolza suo subordinato accusato  di aver diretto in prima persona la repressione delle manifestazioni del gennaio 1848.

 

" Prodi cittadini! Conserviamo pure la nostra vittoria. non discendiamo a vendicarci nel sangue di questi miserabili satelliti che il potere fuggitivo lasciò nelle nostre mani. E' vero che per trent'anni furono il flagello delle nostre famiglie. Ma voi siete generosi, come siete prodi. Puniteli con il vostro disprezzo."          20 marzo[23]                                                                             

 

Quest’appello del Comitato di Guerra contrasta fortemente, secondo il Cattaneo e anche le altre fonti, con la durezza e violenza riservati dagli austriaci alla popolazione civile e ai loro prigionieri.[24]

 

21 marzo . Il disagio nei rapporti tra governo municipale e Consiglio di Guerra emerge anche dalla nomina  ad opera del Casati di un Comitato di Difesa ( Carnevali, Torelli,  Ceroni, Lissoni. Anfossi), che, nei fatti, fortunatamente, collaborò con il Consiglio di Guerra, lasciando ad esso la conduzione militare della rivolta.

All’esercito imperiali i milanesi oppongono le loro barricate, alla cui costruzione  partecipano tutti, perfino gli allievi del Seminario che ne innalzano una a Porta Orientale. Le comunicazioni interne tra le barricate sono curate dagli allievi dell'orfanotrofio, i martinitt.

Non sono trascurate neanche le comunicazioni con le campagne rese possibili dall’uso di  palloni aerostatici. La brillante idea fu di un cittadino francese, il profumiere Marie-Joseph Dunant e Antonio Stoppani, il futuro prete scienziato, allora chierico nel seminario Arcivescovile di Milano

Questi scritti volanti incitavano le campagne all'insurrezione  

 

                                   A tutte le città e a tutti i comuni del Lombardo-Veneto.

Milano, vincitrice in due giorni, e tuttavia quasi inerme,è ancora circondata da un ammasso di soldatesche avvilita, ma pur sempre formidabili. Noi gettiamo dalle mura questo foglio, per chiamare tutte le città e tutti i comuni ad armarsi immediatamente in Guardia Civica, facendo capo alle parrocchie, come si fa in Milano, e ordinandosi in compagnie di 50 uomini, che si eleggeranno ciascuna un comandante e un provveditore, per accorrere ovunque la necessità della difesa impone.

Aiuto e vittoria[25]

 

           Conquista del palazzo del Genio militare sito in via Monte di Pietà ( Pasquale Sottocorno  vi appicca il fuoco)e verso sera del comando Generale di Palazzo Cusani in via Brera e delle caserme di polizia di via san Simone e via san Bernardino ( attuale via Lanzone)

Il Consiglio di Guerra decide di intensificare gli assalti verso i Bastioni di Porta Tosa,l’odierna Porta Vittoria, nodo cruciale del controllo strategico della città.

Radetky è conscio della pericolosa situazione degli austriaci e la mattina del 21 tenta  di proporre una tregua di tre giorni. Emerge un nuovo dissidio tra Casati e Durini favorevoli per  rifornirsi di viveri, e Cattaneo contrario per non dar tempo al nemico di riorganizzarsi; prevale, infine, ancora la linea del Consiglio di Guerra.

Conscio della situazione in un suo rapporto Radetzky scrive :

La città di Milano è sconvolta dalle fondamenta, ed è difficile farsene un'idea. Non centinaia ma migliaia di barricate chiudono le strade, ed il partito degli insorti applica, nell'esecuzione delle sue disposizioni, una cautela e un ardimento, che lasciano veder chiaro come, alla testa del movimento, vi siano capi militari tolti in prestito all'estero. Il carattere di questo popolo mi sembra cambiato come per il tocco d'una bacchetta magica; il fanatismo ha pervaso ogni età, ogni ceto, ogni sesso. [26]

Il feldmaresciallo  riconosce che si tratta di un moto coinvolgente tutti il popolo milanese, anche se fa esplicito un implicito riferimento ad influenze esterne esercitate da Carlo Alberto.

Certamente, come già accennato, tra le file dei rivoltosi c'era chi guardava con favore ad un coinvolgimento del Regno di Sardegna nella guerra con l'Austria, Casati e i moderati, e c'era chi lo osteggiava apertamente come Cattaneo. A testimoniare dell'interesse del Re di Sardegna per la situazione milanese  giunge lo stesso giorno a Milano Enrico Martini emissario di Carlo Alberto, che prospetta la possibilità di intervento sabaudo, ma solo dopo una richiesta esplicita di  un governo provvisorio. A favore si esprime Casati, e contrario si proclama Cattaneo. Viene comunque trovato un accordo momentaneo che  rimanda a vittoria raggiunta ogni discussione sugli assetti istituzionali .[27]

 

 

 22 marzo : il Governo municipale si costituisce in Governo Provvisorio ed emana un appello al popolo per il rinvio delle decisioni politiche ed istituzionali a vittoria conseguita.

L’appello firmato Casati, Beretta, Borromeo, Durini, Giulini, Litta, Porro, Strigelli, greppi, Cesare Correnti, recita

< Finchè dura la lotta non è opportuno di mettere in campo opinioni sui futuri destini politici di questa nostra carissima patria. Noi siamo chiamati per ora a conquistare l'indipendenza; e i buoni cittadini a null'altro debbono adesso occuparsi che di combattere.

A causa vinta, i nostri destini verranno discussi e fissati dalla nazione >   [28]        

Questa ritrovata, ma temporanea unità, dei patrioti milanesi conduce anche allo scioglimento del Consiglio di Guerra e alla sua unificazione con il Consiglio di Difesa in un unico Comitato di Guerra. Presidente: Pompeo Litta. Membri: Cattaneo, Cernuschi, Terzaghi, Clerici, Carnevali, Lissoni, Ceroni, Torelli.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                      Ormai la situazione bellica volge decisamente a favore degli insorti che  occupano le caserme di S.Simpliciano, S.Vittore,S.Angelo, dell'ospedale militare di S.Ambrogio e del Sul Sul In questa giornata vengono conquistati il magazzino militare di S.Apollinare, e la caserma di S.Eustorgio essenziale per il controllo della Porta Ticinese. Viene anche occupata la residenza di Radetky in via Brisa e "catturate" una sua uniforme e la sua spada.

Particolarmente dura la resistenza del collegio militare di S.Celso dove i cadetti lombardi si rifiutano di combattere e vengono rinchiusi fino alla resa.

Iniziano gli assalti decisivi alle porte, specie a quello della porta Tosa, conquistata temporaneamente tra le 18 e 19 pomeridiane poi ripresa parzialmente dagli austriaci per garantirsi la ritirata

Mentre il bagliore degli incendi e la furia delle artiglierie teneva intento il popolo, le colonne nemiche, richiamate da ogni parte e ammassate dietro il Castello, sfilavano dense e furtive sui viali del bastione. Ma molti dei cittadini, fatti accorti della mente del nemico, accorrevano a tribolarlo, prodigando oramai essi pere il fuoco;(...) Al di fuori i montanari si aggrappavano sugli arbori e sui tetti delle case per trarre di piano sul bastione. Di tempo in tempo, e quando quella molestia era troppo grave, i battaglioni nemici sostavano, rsipondendo con poderose scariche. Li assidui colpi cingevano la città d'un semicerchio scintillante; col mutare del vento  udivasi, ora più da una, ora più da altra parte, il battere a stormo dei sessanta campanili oramai tutti liberi[29]

 

Uno dei primi grandi passi per l’indipendenza italiana era compiuto anche se costituì una tappa momentanea; infatti il 6 agosto gli austriaci, battuto l’esercito sabaudo  di Carlo Alberto rientrava in Milano. Le aspirazioni dei milanesi e degli italiani alla libertà e all’indipendenza avevano dimostrato ormai di avere radici robuste, e, pur nei contrasti tra moderati-liberali,filosabaudi e democratici, cui si accenna nella sezione successiva, gli Italiani seppero conquistare la loro indipendenza, libertà e ed unità. Le cinque giornate rimangono un anello significativo ed essenziale nel quadro degli avvenimenti del Risorgimento italiano.

 

 

4)Alcuni protagonisti particolari

 

Ricordiamo tra i vari protagonisti

 

SYMBOL 183 \f "Symbol" \s 10 \h     il ruolo delle donne di ausilio a costruzione barricate, fabbricazione munizioni,soccorso ai feriti ma anche ruolo attivo nella lotta. Si contano quasi cento cadute tra queste da ricordare Giuseppina Lazzaroni e Luigia Battistotti Sassi.[30]

 

SYMBOL 183 \f "Symbol" \s 10 \h     i martinitt, gli allievi dell'orfanotrofio, che prestarono la loro opera come porta-ordini tra le diverse barricate

 

SYMBOL 183 \f "Symbol" \s 10 \h     il clero. Ad es. i Canonici Cesare Aroldi Aliprandi, Angelo Bianchi e Giovanni Lega, Giovanni Bisesti, Gaetano Vimercati, l'abate Luigi Malvezzi., i già ricordati allievi del seminario.

L' arcivescovo Romilli e mons. gaetano Opizzoni furono membri della delegazione che protestò presso il vicerè per gli incidenti del 3 gennaio, sciopero del fumo, repressi duramente: 5 morti e una cinquantina di feriti

Il Feldmaresciallo Radetzky già sospettava del clero italiano nei mesi precedenti lo scoppio della rivolta:

·      il 6 marzo 1848 redige un rapporto al vicerè sullo spirito rivoluzionario del clero e sulla sua azione sulla gioventù milanese

·      il 15 marzo 1848 emana un divieto ai soldati di confessarsi con preti italiani: il clero italiano in maggioranza appartenente ai nemici della corona.[31]                 

 Nelle giornate di Pasqua vengono fatti circolare nelle parrocchie dei biglietti interpretabili come appello alla libertà

: " Se il figlio di Dio vi avrà liberati sarete veramente liberi " (Parrocchia di S.Eufemia)

- L'arcivescovo  Romilli partecipò alla delegazione civica presentatasi al Broletto dal governatore O'Donnell e nei disordini che ne seguirono, come già accennato, fu un seminarista, Giambattista Zaffaroni ad uccidere il primo soldato austriaco

Bisogna ricordare ,inoltre, che durante i cinque giorni della rivolta le  parrocchie funzionarono da centri di  reclutamento della guardia civica e la barricata di Porta Orientale, in fondo all'attuale Corso Venezia fu  predisposta e difesa dai seminaristi, così come quella di S.Babila da don Cesare Ajroldi            .

La collaborazione tra clero e governo provvisorio procede anche dopo il ritiro di Pio IX dalla guerra ed anche durante il periodo del governo provvisorio. Si può affermare in linea generale che il clero milanese era stato spinto verso la rivolta dalla politica imperiale di rigido controllo sul clero oltre che alla diffusione di ideali patriottici nelle sue file.

Al di là delle interpretazioni la partecipazione del clero ambrosiano alla rivolta e la collaborazione con il governo provvisorio è un fatto riconosciuto dalla storiografia.[32]

 

 

 

5) Il sostegno della Lombardia

 

Fin dal 19 marzo intorno a Milano si concentrarono bande di armati a disturbo delle posizioni austriache.

Le popolazioni delle valli e delle principali città come Como, Lecco, Varese, Bergamo , Brescia, Sondrio insorgono costringendo le guarnigioni austriache alla ritirata.

Analoghe rivolte anche nei centri della bassa lombarda come Cremona e ,in parte, nelle campagne.

L'adesione della campagne e degli altri principali centri urbani rafforza la necessità per gli austriaci di una ritirata prima dell'imminente  ingresso in guerra di Carlo Alberto.[33]

 

6)I caduti

 

Cattaneo riporta un elenco dei caduti contando fino  al 31 marzo morti di ferite più di trecento. Osserva che tra i deceduti in battaglia non figura nessun aristocratico anche se partecipi alla lotta ; tra i caduti vi sono  studenti , sacerdoti, piccoli commercianti, cittadini ticinesi accorsi in soccorso ai cittadini milanesi, ma il prezzo più alto è pagato dalle classi meno agiate :ad es. stampatori, orefici, calzolai, lavoratori del ferro e del bronzo, muratori, scalpellini, cocchieri, cuochi, portinai.

In definitiva  Il prezzo della vittoria fu pagato dai poveri.     [34]                                

Le annotazioni del Cattaneo risentono certo di una polemica politica che cercheremo di delineare nella sezione seguente; rimangono acquisiti , comunque, nella storiografia entrambi i fatti di un grande e generoso sacrificio dei ceti più poveri  e la partecipazione corale di poveri e agiati, nobili, borghesi, artigiani e lavoratori manuali, uomini, donne, studenti, religiosi.

Per completare il quadro di  questa breve rassegna storica occorre ora dare uno sguardo alle figure e al pensiero di due dei protagonisti  più significativi delle Cinque Giornate, quasi sempre in contrasto data l’inconciliabile distanza delle loro concezioni politiche: Gabrio Casati e Carlo Cattaneo.


 

      7) Cattaneo e Casati, due protagonisti a confronto.           

 

Le divisioni politiche di cui si è fatto cenno nella parte dedicata alla cronologia delle cinque giornate di Milano tra Governo Provvisorio, rappresentato dal conte Gabrio Casati e dal Comitato di Guerra, rappresentato da Carlo Cattaneo sono riconducibili a diverse concezioni dell'indipendenza italiana e del Risorgimento stesso che caratterizzarono la storia italiana non solo nel 1848, ma anche negli anni seguenti fino e oltre l'unità d'Italia. L’ esposizione di tali teorie esula dai confini di questo lavoro e  per chi abbia desiderio di approfondire questi aspetti della storia del Risorgimento rimandiamo alla bibliografi citata in appendice

Offriamo tuttavia ai lettori qualche nota sintetica sulla vita e sulle opinioni politiche di Casati e Cattaneo , protagonisti milanesi di diverse concezioni della libertà ed indipendenza italiana

 

7.1) Carlo Cattaneo (1801 - 1869)

 

 

 

·      Nella vita di  Cattaneo impegno intellettuale e impegno civile-politico restarono sempre congiunti costituendo in tal modo un raro esempio di autentico intellettuale militante.

Strumento di espressione del suo impegno e delle sue idee fu la pubblicazione di articoli e saggi vari giornali e periodici , e a partire dal 1839 di una propria rivista

Il Politecnico Repertorio mensile di studi applicati alla prosperità  e cultura sociale

Dopo il 1845 per problemi finanziari fonde la sua rivista con il giornale di Carlo Tenca

Rivista Europea. La serietà scientifica dell’attività e dei contributi del Cattaneo fu riconosciuta anche da incarichi del  governo austriaco, e , nel 1843, dalla   promozione a membro dell'Istituto di Scienze lettere ed arti di Milano.

·      Rifiutò sempre di partecipare a movimenti clandestini come la Carboneria, da lui giudicati settari.Partecipa però attivamente alle  Cinque Giornate. Al ritorno degli austriaci sceglie l’esilio ed emigra a Lugano.Da testimonianza del suo patriottismo partecipando attivamente alle Cinque Giornate e fornisce la sua interpretazione della rivolta di Milano e della prima Guerra d’Indipendenza nell’opera  L’insurrezione di Milano e della successiva guerra.

·      Negli anni successivi continua di politico partecipando nel 1860 all’impresa di Garibaldi, ma successivamente si ritira sostenendo che la prosecuzione della marcia dei garibaldini fino al raggiungimento degli obiettivi  dei democratici avrebbe reso inevitabile una guerra civile.

·      Eletto parlamentare nel 1861 e 1867 non presenziò mai in parlamento per non giurare fedeltà alla monarchia.

·      Nel 1869 ritorna a Lugano dove riprende l’attività di insegnante e di direttore del Politecnico

 Muore a Lugano il 6 febbraio 1869.

 

 

Come si è visto nella parte precedente fino alla vigilia delle Cinque Giornate Cattaneo, uomo politico senz’altro democratico e non legittimista, riteneva percorribile l’ipotesi di una riforma federale dell’Impero Asburgico, fondata su un patto tra nazioni rese libere dal dispotismo e impegnate in una civile convivenza. Il modello indicato erano la Svizzera o il Belgio, dove convivono popoli di lingue diverse , ma all’interno di una stessa organizzazione politica.[35]

La fiducia di questo pensatore, che pure attivamente operò per la libertà italiana, nella possibilità di una riforma dell’Impero asburgico va inquadrata in una più generale visione della libertà  dei popoli italiani che rende la posizione di Cattaneo peculiare ed irriducibile alle altre correnti del Risorgimento, comprese quelle democratiche come quella di Mazzini più politicamente vicine al pensatore milanese.

Analogamente a Mazzini [36]Cattaneo  difende l’idea di un’Italia libera , la cui indipendenza sia raggiunta attraverso le forze proprie del popolo italiano, senza ricorso ad aiuti stranieri nè tantomeno ai principi italiani, accusati dal Cattaneo di essere liberticidi tanto quanto i principi dominatori stranieri.  Nutre analoga sfiducia , tuttavia, anche verso le sette e le società segrete come la Carboneria che , a suo dire,si propongono l’obiettivo dell’indipendenza ma raggiunto solo con la forza e senza educare il popolo all’esercizio della sua  libertà .La forma istituzionale proposta , tuttavia, per l’Italia indipendente è quella di una repubblica federale.

Una federazione di liberi popoli associati tra loro, secondo il pensatore milanese, è la più  adatta al particolarismo italiano, di costumi, tradizioni e lingua ed eviterebbe l’egemonia dei principati più forti sulle regioni più deboli. La polemica contro l’egemonia di casa Savoia , e contro i liberali filo-sabaudi, è costante nelle opere del Cattaneo e particolarmente accesa nel già citato L’insurrezione di Milano del 1849.

La Prima Guerra d’Indipendenza fallì per colpa della strategia di Carlo Alberto e del governo provvisorio a questi succube. Il vero disegno dei Savoia era la conquista della Lombardia e giungere ad un accomodamento con l’Austria per i confini tra Lombardia e Veneto. Da questo progetto ne sarebbero derivati due benefici  per i Savoia: l’espansione territoriale e l’indebolimento del  movimento repubblicano nel Nord Italia.[37]

 

L’organizzazione federale per l'Italia è  l’unica forma istituzionale che possa garantire  libertà ai suoi popoli. Le radici dell'autentico federalismo risiedono nell’organismo sociale più piccolo: il comune. Da questo primo primo  vincolo associativo gli uomini passano a vincoli più allargati, come lo Stato e  la federazione di stati. Uno stato federale composto dai rappresentanti liberamente eletti delle sue diverse regioni è una garanzia di equilibrio tra le necessità e l’autorità dello stato e le libertà dei singoli e delle varie realtà locali.

I modelli esteri di riferimento sono la  Svizzera e gli Stati Uniti, e la è proposta non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa. Italia ed Europa federali come modello di Stati liberi  e democratici alternativi all’Italia e Europa dei principati.[38]

 

 

 

 

7.2) Gabrio Casati ( 1798-1873)

 

 

·      Di famiglia aristocratica e fratello di Teresa Casati Confalonieri, moglie del già citato conte Confalonieri, ricopre la carica di   podestà dal 1837 al 1848.

 

·      Partecipa alle Cinque Giornate e diviene Presidente del Governo Provvisorio di Milano e Lombardia sostenendo l’annessione della Lombardia al Regno di Sardegna

 

·      Al ritorno degli austriaci a Milano segue Carlo Alberto a Torino  e presiede fino all’agosto 1848 il Consiglio dei Ministri del governo sabaudo. Si dimette dopo la firma dell’armistizio con l’Austria.

 

·      Dopo la Prima guerra d’indipendenza sostiene il programma politico liberale di Cavour.

Nel 1853 diviene senatore del regno e nel 1859-60 ministro dell’istruzione.

La legge Casati sull’istruzione rimase in vigore, anche se parzialmente modificata, fino alla riforma Gentile del 1923

 

L’evoluzione politica del conte Casati consiste in passaggio dal riformismo nella fedeltà alle istituzioni imperiali asburgiche[39] ad una rivolta contro queste stesse autorità in nome della libertà italiana, ma nella fedeltà a casa Savoia. da una forma di legittimismo ad un’altra , anche se la seconda forma è coniugata con le libertà costituzionali dello statuto Albertino.

Una monarchia costituzionale e rispettosa delle libertà fondamentali dei cittadini appariva a Casati come la soluzione politica ideale , per il caso italiano,

Che per verità io vi domando qual più bella libertà si potrebbe trovare che un regno unico costituzionale con libertà amplissime sancite dalla nazione stessa e forze imponenti da farsi rispettare al in fuori[40]

La forma monarchico costituzionale costituisce una forma ideale di governo regio e moderato in quanto equidistante dagli eccessi della reazione e della demagogia.

Demagoghi per Casati sono tutti i democratici, specie i mazziniani, poichè fautori di una forma di regime impossibile moralmente e politicamente nel nostro paese[41]

In tale quadro teorico coerente è la pratica risoluzione di invocare un pronto intervento di Carlo Alberto nella guerra contro l’Austria, utile non solo per soccorrere il governo provvisorio contro il nemico militare, ma anche per aiutarlo nella lotta politica contro democratici e mazziniani.[42]

Nella sua posizione di Presidente del governo Provvisorio appare quindi fedele alleato dei Savoia, ma altrettanto determinato a sollecitare Carlo Alberto ad una condotta più decisa della guerra e, in particolare a cercare l’alleanza con la Francia, giudicata da Casati indispensabile per la vittoria finale.[43] Si dimostra patriota convinto, anche se non realista, quando si oppone all’armistizio Salasco e chiede a Carlo Alberto di proseguire la guerra, portando la sua opposizione fino alle dimissioni dalla carica di Presidente del ministero costituzionale.[44]

L’armistizio Salasco è bollato come  precipitoso, illegale, incostituzionale, strumentalizzabile dai repubblicani pronti diffondere la tesi di un intervento strumentale dei Savoia in Lombardia, finalizzato non alla sconfitta  battere l’Austria ma solo all’espansione del Piemonte e al per soffocamento del movimento repubblicano.[45]E’ proprio questa la tesi del movimento repubblicano e anche di Cattaneo secondo i quali  proprio le mire espansionistiche di casa Savoia insospettiscono gli altri principi italiani che si ritirano dalla guerra e causarono l’emarginazione di tutti i democratici e repubblicani dalla direzione della guerra e dall’esercito congiunto del Piemonte e del governo Provvisorio[46].

Diversa è ovviamente la spiegazione che il Casati fornisce del fallimento della guerra regia: per Casati furono le  inefficienze dello Stato Maggiore e l’esistenza di  una casta di ufficiali ancora legati ad un mentalità reazionaria, assolutistica, non aderenti sinceramente al nuovo ordine monarchico -costituzionale a far fallire  la guerra di liberazione dall’Austria. A questo “bastone tra le ruote” si aggiunse anche la demagogia repubblicana di ostacolo ad una buona conduzione della guerra[47].

Mentre il pensiero di Cattaneo appare isolato, o fortemente particolare, anche se volontariamente, all’interno del Risorgimento italiano, per quanto riguarda il conte Casati si può affermare che la  sua posizione politica è simile a quella di altri liberali del Risorgimento, da Cesare Balbo a D’Azeglio, Ricasoli, Rattazzi, Cavour, il regno sabaudo era l'unico considerato in grado di contrastare efficacemente la potenza militare degli Asburgo, e dopo lo Statuto Albertino era considerato un modello politico equidistante sia dai principati reazionari retti da re o principi assoluti, sia da visioni politiche considerate troppo radicali politicamente e socialmente come le teorie Mazzini, Cattaneo, Pisacane e degli altri repubblicani.

Modello monarchico-costituzionale, principio rappresentativo, divisione dei poteri contro l'assolutismo, difesa dell'individuo e delle sue libertà fondamentali (opinione, stampa,associazione, libera iniziativa economica,) tolleranza religiosa ma reciproca indipendenza e non ingerenza di Stato e Chiesa ( libera Chiesa in libero Stato) riformismo graduale ma non rivoluzione sociale sono i punti fondamentali della destra storica risorgimentale. Credo che a buon diritto si possa inserire il conte Gabrio Casati nell’ambito di questa tradizione, pur con le sue particolarità ( ad es. come presidente del governo provvisorio adottò verso la Chiesa una politica concordataria e conciliante, certo diversa da quella dei governi Cavour, memore del sostegno dato dl clero milanese e lombardo alle Cinque Giornate[48])

Cttaneo e Casati, tradizioni politiche diverse, ma entrambe contribuenti al Risorgimento che fa  parte a pieno titolo del retaggio storico di noi italiani.

Visioni diverse e tra loro concorrenti ma sostanzialmente incentrate sul primato della libertà, di una libertà responsabile fatta anche di senso morale e di senso della Nazione.

Quel senso della Nazione che dal 18 al 23 marzo 1848 tutti insieme seppero esprimere liberali, democratici, mazziniani, e , al di là delle scelte politiche, espresse il popolo di Milano, scegliendo di essere italiano.


 

Bibliografia.

Cinque Giornate

Carlo Cattaneo

Dell’insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra

a cura di Folco Portinari

Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1986

 

Notizie naturali e civili sulla Lombardia

La città considerata come principio ideale delle istorie italiane

a cura di Giuseppe Armani, Milano, Garzanti, 1979

 

Franco Della Peruta

Milano nel Risorgimento : dall’età napoleonica alle Cinque giornate

Milano,La Storia, 1992.

 

Arturo Faconti

Le cinque giornate.Morti, feriti, benemeriti

Milano, C.Chiesa e F.Guindani  1894                                       

 

Antonio Monti

Il 1848 e le cinque giornate di Milano.

Dalle memorie inedite dei combattenti sulle barricate                      

Milano, U.Hoepli  1948

 

Domenico Chiattone

Contributo alla storia delle cinque giornate.

I mali trattamenti recati dall'Austria ai prigionieri del Broletto

Milano, Tipografia F.Cogliati  1906

 

Carlo Casati

Nuove rivelazioni sui fatti di Milano nel 1847-1848

tratte da documenti inediti

Milano, U.Hoepli 1885                                                                        

 

Leopoldo Marchetti

Il secondo ministero costituzionale di Carlo Alberto

Milano , Denti , 1948

 

Giuseppe Viezzoli

Le Cinque Giornate di Milano nel rapporto del feldmaresciallo Radetzky

Roma, Istituto Poligrafico dello Stato,

estratto da Rassegna Storica del Risorgimento , A.XXVI,fasc.VIII,1939

 

La insurrezione milanese del 1848

Memorie di Cesare Correnti, Pietro Maestri,Anselmo Guerrieri Gonzaga,Carlo Clerici, Agostino Bertani,Antonio Fossati

Milano-Napoli, Ricciardi,1919

Pietro Lorenzetti

'Catene d'oro' e libertas Ecclesiae : i cattolici nel primo Risorgimento milanese

Prefazione di Giorgio Rumi

Milano : Jaca Book, 1992

 

Risorgimento

 

Giuseppe Mazzini

Antologia degli scritti politici

a cura di G.Galasso, Bologna, Il Mulino,1961

 

Camillo Cavour

Discorsi Parlamentari

Torino, Einaudi,1962

 

Antonio Gramsci

Il Risorgimento

Torino, Einaudi,1949

 

Rosario Romeo

Risorgimento e capitalismo

Laterza, Bari, 1959

 

Denis Mack Smith

Cavour

Milano, Bompiani, 1984

 

AAVV

Il liberalismo in Italia e in Germania dalla rivoluzione del ‘48 alla prima guerra mondiale

a cura di Rudolf Lill e Nicola Matteucci

Bologna, Il Mulino, 1980

 

Alessandro d’Ancona

Spigolature nell’archivio della polizia austriaca di Milano

Palermo, Sellerio, 1977

 

Leo Pollini

Storia d’Italia

volume  secondo, Milano, Ceschina , 1958

 

Luigi Salvatorelli

Sommario della storia d’Italia

Torino, Einaudi, 1955

 

A.Giardina A., V.Sabbatucci. V., V.Vidotto.

Manuale di storia. vol 3. L’età contemporanea

Bari, Laterza, 1988

 

Francesco Traniello

L’europa e il Mondo Contemporaneo.

2 voll. Torino SEI, 1980

AAVV L’opera e l’eredità di Carlo Cattaneo, 2 voll.

 Bologna, Il Mulino,  1976

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                


[1] 1) Lombardia sotto il governo asburgico :

Il territorio lombardo era diviso in nove provincie : Milano, Brescia, Mantova, Cremona, Bergamo, Como, Lodi e crema, Pavia e Sondrio, ciascuna suddivisa in distretti e comuni

Nel 1837 in queste provincie risiedevano 2.470.444 abitanti, il cui numero saliva nel 1846 salivano a 2.596.422.

La provincia di Milano era composta da  16 distretti, 329 comuni e   nel 1840  aveva 539.698 abitanti

Il Vicerè risiedeva a Milano e a Venezia, alternativamente.

Il suo potere era in realtà formale:  rappresentava  il sovrano nelle feste civili e religiose e concedeva udienze settimanali.

Il potere reale era nelle mani del Governatore che comandava esercito e polizia.

Affiancavano Vicerè e Governatore due organismi amministrativi con poteri meramente consultivi: la  Congregazione Centrale si occupava della  ripartizione e riscossione delle imposte, delle entrate e spese dei comuni e d istituti di pubblica beneficenza.

Come appare dalla patente sovrana del 24 aprile 1814 la sua finzione era quella di <sommessamente rappresentare i bisogni, i desiderii, le preghiere della nazione in tutti i rami della pubblica amministrazione, riservandosi all’incontro di consultarla quando lo giudicheremo opportuno >.        

Analogamente le Congregazioni provinciali, risiedenti nelle principali città presiedevano all’ amministrazione economica delle città e della provincia e controllavano agli  istituti di pubblica beneficenza.

L’attività delle Congregazioni Centrale, Provinciale, Municipale concerneva l’ordinaria amministrazione, senza nessun potere di emanare  ordinanze generali,  statuire contribuzioni o imposte, in definitiva senza nessuna potestà giudiziaria o legislativa                                                         

Cfr. Carlo Casati Nuove rivelazioni sui fatti di Milano nel 1847-48 Milano. Hoepli 1885, vol 1 ,Cap.1

 [2] L’organizzazione della Polizia era centralizzata:

Alla  Direzione Centrale di Vienna rispondevano i vari responsabili di polizia delle città e provincie.

A Milano risiedeva la direzione centrale della polizia della Lombardia composta da un direttore generale, quattro direttori aggiunti, 18 commissari superiori, 36 commissari subalterni e i gradi inferiori.

Ogni provincia aveva un direttore subalterno a quello di Milano. 

Dal 1822 la Direzione Generale di Polizia in Milano fu affidata a Carlo Giusto Torresani-Lanzelfeld e Camponero, nato a Cles in Trentino. Non nobile , di modesta famiglia, fin dalla gioventù sostenitore dell’Austria Torresani militò come soldato e poi come capo di bande insorte contro l’occupazione francese, per poi passare ad incarichi governativi ed infine essere promosso a direttore di Polizia.

Aiutante di Torresani era  Luigi Bolza, secondo alcuni usurpante il titolo di conte, nativo di Laveno.

Cfr. Carlo Casati Nuove rivelazioni sui fatti di Milano nel 1847-48 Milano. Hoepli 1885, vol 1 ,pp.25-26

Per quanto concerne la presenza degli alti gradi della gerarchia militare imperiale nel Nord Italia possiamo ricordare che inizialmente il   comando generale del regno Lombardo-Veneto risiedeva a Verona.

Nel 1833 viene nominato comandante generale Giuseppe Venceslao Radetzky, conte di Radetz, promosso  Feldmaresciallo nel 1834 che nel  1836 trasferisce la sua residenza a Milano.

 

[3] Cfr. l’opera di  Alessandro D’Ancona, Spigolature nell’archivio della polizia austriaca di Milano,

                                                                       Palermo, Sellerio, 1977

[4] Cfr. C.Correnti in . La insurrezione milanese del marzo 1848

Memorie di Cesare Correnti, Pietro Maestri, Anselmo Guerrieri Gonzaga, Carlo Clerici, Agostino Bertani, Antonio Fossati

Milano, Napoli, Ricciardi, 1919, pp.18-19

....e C.Cattaneo L’insurrezione di Milano nel 1848 e della successiva guerra,

                                   Milano, A.Mondadori editore, 1995

 [5] intervenir Bolza et exciter le desordre c'est la meme chose

G.Casati, Lettera a Pillersdorf, 19 Settembre 1847, in Carlo Casati , I fatti di Milano...pp. 215-216

[6] G.Casati ,Lettera a Pillersdorf, 18 Ottobre 1847 in C.Casati, op.cit. pp.225-226

[7] G.Casati, lettera citata in op.cit. p.227

[8] Cfr. Franco della Peruta n Franco della Peruta,Milano nel Risorgimento,

                                               dall’età Napoleonica alle cinque Giornate

                                               Milano, La Storia , 1992, p.124

[8]

[9] In F.Della Peruta op.cit. p.124

[10] Nella Lettera alla Congregazione Municipale del 3 gennaio 1848 e nella lettera a Pillersdorf del 18 gennaio

Casati protesta nuovamente per i metodi della polizia , attribuendo ad essa la totale responsabilità degli scontri.

Per questa protesta e per la corrispondenza tra la Congregazione Municipale e il governatore Spaur cfr. C.Casati op.cit. vol 2, pp-443-475

[11] Cfr.C.Cattaneo, op.cit. p. 29

[12] Ma questi provvedimenti volevano tempo, danaro, ordinata quiete, e invece ingrossavano le paure e gli sdegni, fuggiva il tempo, e stentava il denaro

C.Correnti, in op.cit. p.48. Cfr.anche pp.31-32.

[13] Per i dettagli di questa mancata congiura militare cfr. C.Correnti in op. cit. pp.51-54

 [14] Le dimostrazioni continuarono più che mai; per più mesi, dai primi di settembre a mezzo marzo, non si cessò di mostrare al governo sotto le più varie forme il più aperto disprezzo. Quando giunse la novella della vittoria dei Palermitani, una folla, quale non erasi mai veduta, empiè il Duomo e le vie circostanti, a renderne grazie solenni a Dio, al cospetto del vicerè che stava a consiglio con Radetzky nell’attiguo palazzo.

C.Cattaneo, op.cit. p.24

[15] Sulle aspettative che la rivoluzione parigina creò nei patrioti di tendenze democratiche, e sulle speranza che lo Satuto Albertino generò nei liberali in un intervento sabaudo cfr. F.Della Peruta op. cit. pp.151-152

[16] La Congregazione municipale era formata dal podestà Casati, dagli assessori Antonio Beretta, Pietro Bellotti, Giuseppe Belgioioso,Marco Greppi, Vitaliano Crivelli. A questi nella composizione del Governo Provvisorio  avrebbero dovuto aggiungersi Gaetano Strigelli, Alessandro Porro, Anselmo Guerrieri Gonzaga, Cesare Giulini e Cesare Correnti.

 [17] in F.Della Peruta, op.cit., p.160

[18] In questo quadro politico si inserisce la vicenda di Carlo d’Adda e Vitaliano Strigelli riparati in Piemonte in parte per fuggire ad un probabile arresto, in parte per prendere contatti con Carlo Alberto, viste le speranze suscitate negli aristocratici e nei liberali lombardi dallo statuto Albertino. Cfr. Della Peruta, op.cit. pp.152-153 e C.Cattaneo op.cit. pp.25-27.  Caustico il giudizio di Cattaneo sull’atteggiamento del Casati accusato di oscillazione opportunistica tra gli Asburgo ed i  Savoia  Il conte Gabrio Casati, podestà di Milano, non aveva la dignitosa indolenza degli altri patrizi; ma irrequieto e avido di titoli e decorazioni, non si vergognava di farne incetta. Erasi meritato dall’Austria l’ordine della corona ferrea, e la reiterata nomina di podestà. Ma quando gli parve intravedere che la casa di Savoia potrebbe aver occasione d’allargarsi anche in Italia, egli, per tenersi presto ad ogni evento, erasi procacciato anche l’ordine savoiardo di S.Maurizio. Equilibrato, così, tra i due governi, attestava ad ambedue la sua devozione

op.cit.p.26

 [19]Il 17 marzo Cattaneo appresa la notizia dell’abolizione della censura , progetta la pubblicazione di un giornale, Il Cisalpino, per divulgare le sue proposte di riforma strutturale dell’Impero asburgico che avrebbero reso autonomo il Lombardo-Veneto e al riparo dalle mire egemoniche dei Savoia.

Cfr.C.Cattaneo, op. cit. p. 31.

 [20]  (...) Si credeva che ciò sarebbe bastato (  la concessione della costituzione e l’abolizione della censura )  ed avrebbe soddisfatto il popolo milanese;(...) le forze armate erano rimaste nelle caserme perchè lo scoppio di una rivolta pareva impossibile 

Radetzky  in Giuseppe Viezzoli Le cinque giornate di Milano nel rapporto del feldmaresciallo Radetzky Roma Ist.Poligrafico dello Stato,1938 p.6 Estratto da Rassegna storica del risorgimento, A XXVI,fasc.VIII,1939

[21] in Carlo Cattaneo,op..cit.p.38

[22] in Carlo Cattaneo, op.cit. pp.41-42

[23] ibidem, p.40

 [24] Ad es. cfr. e Chiattone  Domenico                                                                                 

Contributo alla storia delle cinque giornate.

I mali trattamenti recati dall'Austria ai prigionieri del Broletto

Milano, Tipografia F.Cogliati  1906

 [25] C.Cattaneo, op.cit. , p.50

[26] in F.della Peruta, op.cit.,p.187

Cfr. anche F.Salata, le cinque giornate di Milano in un diario di Radetzky, in “Corriere della sera”21 marzo 1920

[27] vedi la risposta di Cattaneo a Martini

< Dal consiglio di guerra , 21 marzo 1848

La città è dei combattenti che l'hanno conquistata; non possiamo richiamarli alle barricate per deliberare. Noi battiamo notte e giorno le campane per gridare aiuto. Se il Piemonte accorre generosamente, avrà la gratitudine dei generosi d'ogni opinione. La parola gratitudine è la sola che possa far tacere la parola repubblica, e riunirci in un sol volere.

La saluto cordialmente.

                                               CARLO CATTANEO

 [28] ibidem, p.62

[29] ibidem, p.66

Altre testimonianze di parte milanese e italiana come le Reminiscenze del dott.Carlo Osio, Il marzo 1848, versi milanesi di Giovanni Rajberti,

e Bollettino storico della rivoluzione di Milano di marzo 1848,compilato giornalmente da un cittadino abitante sul corso di Porta Romana sono raccolte in F.della Peruta pp.109-255

Vediamo come visse questo momento la parte avversa

< Devo evacuare Milano; questa è la più triste ora della mia vita! Tutto il paese è in rivolta, sono minacciato alle spalle dal Piemonte, tutti i ponti sono tagliati e non ho legname da costruzione , nè mezzi di trasporto. Non so cosa succede alle mie spalle. io mi ritirerò verso Lodi per evitare i grandi centri. La mia ritirata sui Bastioni sarà difficile perchè il mio carriaggio è molto pesante e i funzionari civili e militari che si sono rifugiati nel Castello, vogliono venire con me.(...)

Le brigate Mauer e Strassoldo si sono unite con me ; nelle vicinanze di Porta Tosa e di Porta Romana tutto è in fiamme >         

Radetzky, in G.Viezzoli, op. cit. p.10

 [30] Cfr. F.della Peruta, op.cit. pp.200-201

[31] cfr. P.Lorenzetti, Catene d'Oro e Libertas ecclesiae, Yaca Book, Milano, 1992

pp.77-78

[32] Sui rapporti clero-Asburgo e clero-governo provvisorio lombardo cfr. P.Lorenzetti,op.cit.,passim.

 [33] Anche Radetzky riconosce il generale stato di rivolta in Lombardia

 Le mie notizie dalle provincia sono allarmanti, tutto il paese è in armi, anche i contadini >

in G.Viezzoli.op.cit.(p.9)

Sull’adesione della campagne ed altre città lombarde alla rivolta cfr. anche C.Cattaneo, op.cit.

e F.della Peruta, op.cit. p.204

Sul Risorgimento stesso come mancata rivoluzione agraria  e sul distacco tra mondo contadino e rivoluzionari democratici

cfr.Antonio Gramsci, Il Risorgimento,Torino,Einaudi,1949.

 

Per una critica della tesi gramsciana cfr. Rosario Romero,Risorgimento e capitalismo,Bari, Laterza,1959

 [34] C.Cattaneo, op.cit. p.69

[35] Cfr. C.Cattaneo in Archivio Triennale, p. 161

[36] Italia libera, unita, repubblicana è il motto politico della Giovine Italia di Mazzini.

 [37] C.Cattaneo, L’insurrezione di Milano..., capp. VII-XIII

Specie cap. VII La Politica di Carlo Alberto.

Analoga accusa al Governo Provvisorio e ai nobili milanesi è sostenuta da correnti e da Maestri nella loro memoria sulle Cinque giornate;  cfr.P.Maestri in La insurrezione milanese del 1848...p. 77

[38] Cfr. Folco Portinari Carlo Cattaneo milanese  e Nota biografica in C.Cattaneo, op.cit.

Giuseppe Armani, Introduzione a C.Cattaneo Notizie naturali e civili su la Lombardia, La città come principio ideale delle istorie italiane, Milano, garzanti, 1979

A.A.V.V. L’opera e l’eredità di Carlo Cattaneo, 2 voll., Bologna, Il Mulino, 1975

 [39] in merito al tentativo riformistico interno all’impero asburgico del conte Casati ricordo ancora le già citate lettere a Pillersdorf del 18 Ottobre 1847 , Cfr. C.Casati, op. cit. vol. 2°, pp. 219- 231.

La via riformistica ,peraltro, fu percorsa  ,come si è visto, anche da  Cattaneo.

[40] Lettera a Castagnetti, 10 aprile 1848

Carteggio Casati - Castagnetti .......                                              

            

[41] Lettera a Carlo Alberto, In L. Marchetti, op.cit. p.123

[42]Amico carissimo

Due righe alla lettera portatami dal cav. Farina.

Non perdete un istante, giacchè, se sono alla testa del governo lo sono semplicemente per iscongiurare l’anarchia o qualche cosa che v’assomiglia. Un ritardo sarebbe fatalissimo alla causa che voi difendete. E’ poi dovere d’umanità por termine ad una guerra di barbari. siamo tornati ai tempi del Barbarossa. Vi assicuro che questi giorni sono tremendi. Dite al re che è tutto per lui il trascurare questo momento. Se si può scongiurare il temporale è cola prontezza di prendere la direzione(...)

Lettera a Castagnetti, 23 marzo 1848

Pochi giorni più tardi Casati esterna all’amico Castagnetti il suo timore politico di Mazzini

 

 Sento che è giunto Mazzini : è fatto grave e non so se la causa d’unione ne guadagni

In Carteggio Casati-Castagnetti ..., p.

 [43] richiesta di alleanza con la Francia più voltare presentata : vedi  lettere di Casati a Des Ambrois, 28 luglio 1848,

a Carlo Alberto, 29 luglio e 2 agosto 1848,

in Leopoldo Marchetti  Il secondo ministero costituzionale di Carlo Alberto,

Milano, M.A. denti editore, pp. 58-59, 65-66, 84-85

 [44] Cfr. lettera a Carlo Alberto del 7 agosto 1848. In tale lettera Casati insiste ancora sull’intervento francese , unica opportunità per rovesciare le sorti della guerra

[45] Lettera a Carlo Alberto, ...agosto 1848 in Marchetti, op.cit. p.124

 [46] Cfr.C.Cattaneo, op. cit.

[47] Lettera a Carlo Alberto, Agosto 1848 in Marchetti,  pp.121-123

Cattaneo cita particolari indubbiamente più imbarazzanti sull’impreparazione dell’esercito sabaudo, come la pressochè totale ignoranza della configurazione del territorio lombardo nei quadri dell’esercito sabaudo; ignoranza che giunge fino all’assenza di una precisa cartografia della Lombardia. Accusa ,insomma, generali ed ufficiali sabaudi di essere passati dalla vita oziosa di presidio alla guerra senza vera preparazione, senza imitare in questo il nemico.

Amara e caustica insieme è la conclusione finale sull’esercito sabaudo e sulla strategia della guerra

 era ben necessario cacciare i barbari, come gridavano il conte Balbo, il marchese D'Azeglio e il general Durando ; ma prima era necessario deporre la vanità, e imitare quelle istituzioni alle quali i barbari dovevano la strana potenza loro in mezzo a noi  C.Cattaneo, op. cit. pp.140-144

 [48] cfr.Pietro Lorenzetti, op.cit.

 

 

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