Perché aderisco allo sciopero generale della Università, Ricerca e AFAM proclamato per il 14/11/2008

 

Lo sciopero era stato proclamato per sostenere la battaglia contro i provvedimenti sull’Università e sugli Enti di Ricerca contenuti nella Legge 6 agosto 2008, n.133. Di tale provvedimento sono stati ampiamente criticati i tagli indiscriminati alle spese per le Università e per la ricerca, in particolare con le limitazioni al “turnover” che stabilivano un limite per nuove assunzioni al 20% dei posti cessati nell’anno precedente. Il provvedimento stabiliva, altresì, un taglio progressivo ai fondi per il finanziamento ordinario delle università (FFO) nei prossimi anni, contestualmente alla possibilità per le Università di trasformarsi in “Fondazioni” aperte a capitali privati e libere di adottare regolamenti, anche in deroga alle norme dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici. La contestualità di questi due provvedimenti tradiva il disegno verso una progressiva privatizzazione senza regolamentazione delle Università.

Come molte altre persone all’interno dell’Università, sono nettamente contrario a questo indirizzo politico. Penso, infatti, che, nella situazione di fatto del mondo della produzione in Italia, questo indirizzo potrebbe avere effetti positivi solo per un sottoinsieme molto ristretto di università e di aree disciplinari , mentre determinerà un appiattimento della gran parte delle università su esigenze formative principalmente di tipo applicativo e spesso estremamente settoriali. La ricerca di base ed altre attività culturali senza ricadute applicative immediate ne risulterebbero gravemente penalizzate.

E’ noto che il governo ha varato, in data 10 novembre 2008, un nuovo decreto urgente che corregge alcune delle disposizioni della legge 133 e che, in seguito alla pubblicazione di tale decreto e ad un incontro con il Ministro della Pubblica Istruzione, uno dei sindacati, la CISL, ha sospeso la sciopero. Era quindi mio dovere, prima di aderire allo sciopero, cercare di capire se i contenuti di quest’ultimo decreto indichino un netto cambiamento di rotta del governo, tale da determinare un sostanziale cambiamento di giudizio da parte mia. Il decreto, sul quale fornisco informazioni più puntuali alla fine di questo documento, è certamente positivo in alcuni punti: allenta (senza cancellare) alcune delle disposizioni più restrittive sul blocco del turnover per le università e gli enti di ricerca e stanzia esplicitamente dei fondi per il diritto allo studio. Stabilisce, inoltre, nuove procedure per la formazione delle commissioni di concorso per il reclutamento di ricercatori e docenti ed enuncia il principio, rimandando i decreti attuativi conseguenti, che i trasferimenti finanziari alle Università debbano tenere conto di parametri di valutazione sulla qualità delle loro attività formative e di ricerca.

Non mi pare che il decreto contenga alcuna indicazione di una inversione di tendenza rispetto alla paventata privatizzazione delle università, motivo principale delle preoccupazioni all’interno delle Università. Non posso fare a meno, poi, di fare un’altra osservazione: l’impianto del decreto sembra rispecchiare un intento di tipo propagandistico piuttosto che un tentativo di affrontare in maniera seria ed organica i problemi – sicuramente gravi - dell’università. In questo senso debbono essere, a mio parere, interpretati sia i tagli draconiani per le “cattive università”, sia i cambiamenti dei criteri per la formazione delle commissioni di concorso. D’altra parte questo era stato il leit-motiv nella risposta che il governo ha dato alle agitazioni all’interno delle Università: le Università si oppongono ai provvedimenti governativi, perché cercano di mantenere uno status quo di inefficienza e di corruzione.

Personalmente non nego che le Università abbiano molto da rimproverarsi. Mi pare, però, che affrontare questi problemi con l’accetta, senza un quadro coerente e di ampio respiro, ma con provvedimenti estemporanei destinati solamente a cavalcare i luoghi comuni dell’ uomo della strada, non sia il modo giusto di procedere. È uno stile che questo governo ha adottato anche con altri provvedimenti (come la famigerata legge 169 sulla scuola, la cui pochezza personalmente trovo sconcertante) destinati solo ad aumentare il disordine e la confusione normativa.

Per tutti questi motivi, confermo la mia adesione allo sciopero.

Seguono alcune informazioni e collegamenti alla documentazione sul decreto del 10 novembre.

 

 

Decreto Legge 10 novembre 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 novembre 2008 n.263:Disposizioni urgenti per il diritto allo studio, la valorizzazione del merito e la qualita' del sistema universitario e della ricerca”

 

I punti salienti sono:

 

-       Blocco totale delle assunzioni (e del trasferimento di fondi per consentire concorsi di ricercatore) per le università il cui bilancio è dedicato per più del 90% alle spese fisse per il personale.

-       La disposizione della legge 133 che imponeva limiti alle nuove assunzioni (<=1/5 della spesa e <= 1/5 delle persone cessate nell’anno precedente) è sostituita da un limite del 50% alla spesa, con indicazioni per un uso prioritariamente (60%) destinato ai posti di ricercatori.

-       Esclusione degli enti di ricerca dalle disposizioni della L. 133 che imponeva una riduzione >= 10% della spesa relativa al numero di posti di personale non dirigenziale. 

-       Nuove procedure di formazione delle commissioni per i concorsi a posti di ricercatore e di docente.

-       Stabilisce il principio che i trasferimenti finanziari alle università dal 2009 terranno conto di parametri di valutazione da precisare.

-       Stanziamento di fondi per il diritto allo studio (edilizia e borse di studio)

 

Leggi alle quali si fa riferimento:

 

Legge 27 dicembre 1997, n. 449, art. 51 comma 4

Legge 28 febbraio 2008,  n.  31, art. 12 comma 1 . Proroga di validità dell’art. 5 della legge 4 giugno 2004, n. 143 e dell’articolo 1 dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17.

Legge 27 dicembre 2006, n. 296 art.1 comma 650

Legge 6 agosto 2008, n. 133   art.66 comma 13 (blocco nuove assunzioni)

                                               art.74 comma 1, lettera c (riduzione delle spese di personale)