Estetica
del bonsai
di
Yasushi Onuma
da
"Bonsaitalia" si ringrazia per la collaborazione
Quando si parla di estetica bonsai, la
prima cosa che viene in mente è "Armonia". L'armonia tra vaso e pianta,
tra tronco e rami, tra i diversi rami, tra il bonsai ed il tempo ed infine l'armonia
tra il bonsai e chi lo coltiva. Per gli appassionati come per i coltivatori,
questo concetto di armonia è di certo Più facile da capire che da realizzare.
Uno degli elementi più importanti che costituiscono l’armonia
nel piccolo albero è l’equilibrio,
visto come una collocazione ben bilanciata delle masse o dello slancio. Nell’impostare
un bonsai si evita di proposito ogni forma di equilibrio simmetrico, preferendo
cercare un equilibrio asimmetrico come viene proposto
in qualsiasi arte giapponese influenzata dalla filosofia Zen. Ad esempio il
Kado (ikebana), il Sado (arte del tè). il Suiboku-ga (disegno alla china), il
giardino, le arti marziali, ecc.
In ognuna di queste arti, l’asimmetria delle forme e dei numeri dispari sono
simbolicamente associate alla fragilità ed alla instabilità, che altro non sono
che la vita stessa.
Per visualizzare questo equilibrio asimmetrico, immaginate di applicare alle
estremità di un bastone due pesi uguali e di legarvi al centro una funicella.
Quando si solleva un tale sistema per la funicella, esso deve trovarsi bilanciato
in equilibrio simmetrico.
Ora raddoppiate il peso da una parte, e subito constatate che per recuperare
l’equilibrio dovrete spostare la funicella verso il peso maggiore: nel farlo
avrete creato un equilibrio asimmetrico.
Il secondo elemento da cui dipende l’armonia del bonsai è
per me di importanza essenziale per il suo valore filosofico: si tratta della
nozione del vuoto o, più concretamente, la presenza di spazi
vuoti.
Nell’Universo, dove non c’è materia c’è il vuoto: ma è questo vuoto apparentemente
sterile che in realtà determina a sua volta la presenza ed il movimento della
materia stessa. L’analoga relatività della vita, per cui noi viviamo in quanto
esiste la morte. Senza la morte non c’è vita, Il vuoto non è una entità negativa,
anzi esiste in modo molto concreto, tanto da determinare in molti casi la forma.
Questa espressione di vuoto trova un parallelo in quei poemetti giapponesi di
17 sillabe, chiamati Haiku. Eccone uno famoso di Matsuo Basho (1644-1694).
Il fosso scuro
La ranocchia salta
Nel rumore dell’acqua
L’autore ha voluto descrivere un silenzio totale, usando
delle parole che non hanno alcun legame col termine “silenzio”. Il fosso esiste,
come la ranocchia ed il rumore che si sente quando cade nell’acqua, ma si avverte
il silenzio assoluto in cui questa situazione si verifica e che appena suggerisce.
Ecco un altro esempio.
Quante persone
Sono passate nella pioggia autunnale
Sul ponte di Setà
In questo caso la sensazione indotta è del tempo che fugge.
Sul piano tecnico sia il bonsai che l’haiku ricorrono di proposito alla soppressione,
alla riduzione e alla semplicità.
La riduzione serve a rendere l’idea di qualcosa di più piccolo e più semplice,
nel senso di cercare di esprimere il sentimento, cioè l’emozione, esattamente
con gli elementi che sono stati soppressi nella descrizione. Un’arte insomma
espressa attraverso degli elementi non espressi.
Il terzo componente dell’armonia sono Wabi
Sabi
Wabi, letteralmente può essere tradotto con povertà: l’utilizzazione
di materiale umile e grezzo con delicatezza ed eleganza, ossia l’estrema semplicità.
Sabi indica la patina del tempo e l’usura che ne deriva; la trasformazione di
materiale brillante dovuto all’invecchiamento e descrive il trascorrere del
tempo.
Il bonsai è d’altra parte la tecnica che tende a far apparire un albero vecchissimo,
partendo da materiale molto più giovane (ci si può ritenere soddisfatti nel
realizzare un bonsai che sembri avere 50 anni coltivandone uno di 5: l’età reale
dei bonsai non ha alcuna importanza).
Wabi e Sabi sono in fondo dei concetti legati ai sentimenti ed alle emozioni
più che alla tecnica ed alla materia: evocano il nostro rapporto integrale di
uomini, con la natura.
Il comportamento della natura è
il quarto componente dell’armonia. In quest’arte si utilizza del materiale vivente
cioè l’albero, che vive secondo regole fisiologiche sue proprie. Così un Acero
non crescerà in cima ad una montagna, come non si troverà un Pino a cascata
al centro di una pianura, né una Zelkova con una struttura eretta a palchi.
E’ allora evidente che si deve rispettare questa coerenza con la natura spontanea.
Una latifoglia a scopa, vicina ad una roccia con al piede un tempietto in miniatura
è non solo innaturale ma grottesca.
Affinché il bonsai sia un’arte a pieno titolo bisogna andar oltre la forma spontanea
del materiale vegetale, traendone una rappresentazione più intensa.
Solo così un bonsai è diverso da una qualsiasi pianta in vaso.
Il bonsai non è semplicemente un albero miniaturizzato, né il mero risultato
di una ricerca estetica formale, ma piuttosto la rappresentazione di un universo
in cui sì può ritrovare vento, pioggia, neve, fuoco, mare, cielo e il fluire
del tempo. E’ gioia, tristezza, collera e felicità.
Una traduzione può facilmente tradire, ma ho voluto cercare di esprimere quanto
io provo come giapponese ed amante del bonsai. Temo però di non essere riuscito
appieno, in parte per la mia poca confidenza con la lingua ed ancora per lo
stadio in cui mi trovo nelle mie riflessioni sull’arte della vita nel suo insieme
.
Tuttavia una cosa posso dire con certezza riguardo questa
coltivazione. Bisogna imparare a far vivere bene le proprie piante prima di
incominciare ad usare un qualsiasi attrezzo, poiché se esse non possiedono quella
vitalità e forza primordiale che gli è intrinseca, il concetto di bonsai non
avrebbe senso di esistere.