REFERENDUM LEGGE 40: A URNE CHIUSE

 

 

13/06/2005 


Cari amici,
ad urne chiuse e a quorum non raggiunto, vi sottopongo alcune mie
riflessioni.
Prima di entrare nel merito dei quattro quesiti (di cui i primi tre si
sovrapponevano fra loro in una singolare teoria insiemistica) farei un
accenno alla campagna (dis)informativa che ha preceduto la consultazione
popolare.
Solo dalla sera di sabato si è spiegato cosa implicava votare "si" o "no" a
ciascuno dei
quattro quesiti. Fino ad allora gli esponenti dei vari schieramenti si erano
limitati a
dire: vota si, vota no, non andare a votare, vota tre si e un no, e via
dicendo, a seconda delle direttive di partito, ingenerando confusione,
spesso ad arte.
Per conto mio, sono convinto che la scelta dei quattro no fosse la più
giusta eticamente. Ripeto, questo è il mio personalissimo e modesto parere,
nel pieno rispetto delle convinzioni altrui, purché sincere.
I quattro no non risolvono la problematica che rimane complessa e di
primaria importanza, ma impedisce che si aggiunga danno a danno.
Quanto alla ricerca sugli embrioni, se riteniamo (e chi crede lo ritiene)
che essi siano già delle persone seppur "in fieri", non ci sono dubbi: no
alla sperimentazione.
Noi tutti siamo ex embrioni e mi sarebbe scocciato alquanto che al tempo
venissi immolato sull' altare della scienza, seppur a fin di bene. Anche chi
uccide bambini per espiantare organi in fondo fa del bene a chi li riceve,
ma non per questo può venir approvato un orrore simile!
Sul secondo e terzo quesito, la questione è più sottile. Il problema di cosa
fare degli embrioni eccedenti i tre da impiantarsi è atroce: congelarli? Ma
se poi "non servono" si buttano? Si usano per la ricerca? E così torniamo
alla problematica di cui al primo quesito. Quanto alla selezione degli
embrioni, si rimane di fronte al dilemma fra una cernita dei "migliori"
(come se si scegliessero le bestie alla fiera di paese), oppure all'
impianto di embrioni potenzialmente "malati" col rischio di un ricorso
successivo all' aborto.
La fecondazione eterologa, infine, mi sembra una sorta di gioco del piccolo
chimico: si può chiamare "figlio" la persona che nasce dal seme e dall'
ovulo di due persone distinte dai genitori? Tanto varrebbe approvare l'
affitto dell' utero o mettere il tutto in un' incubatrice, magari
accelerando il processo di gestazione ed avere, così, un figlio in un
mesetto, anziché in nove.
So che molti disapproveranno queste idee, ma, ci tengo a precisarlo, non
sono frutto di bigotteria o di oscurantismo, quanto, piuttosto, di una
concezione sacrale della vita che non va sfruttata, manipolata, piegata ai
nostri egoismi, al nostro "volere un figlio per forza". Ancor meno,
asservita ad una scienza senza confini, ma anche senza etica e scrupolo
alcuno.

Un caro saluto

Alessio


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