Golpe Borghese (8 dic. 1970)
Cari amici, esattamente 35 anni fa accaddero i
fatti di cui agli allegati.
Molti non se li ricorderanno, perché troppo giovani; altri perché tali fatti
sono stati coperti da un manto d' oblio e vanno a far pare degli
innumerevoli "scheletri nell' armadio" che pullulano nel nostro amato
Paese.
Altri ancora, invece, ne avranno avuto quantomeno notizia da qualche
reportage o inchiesta giornalistica che comunque ci sono stati su questo
evento tanto interessante, quanto inquietante.
Sempre in questo giorno, ma 25 anni fa, veniva assassinato brutalmente e
senza motivo apparente (se non quello della follia) John Lennon.
La prova che questo non è un mondo perfetto sta nel fatto che, se lo fosse
stato, Mark Chapman avrebbe ucciso Joko Ono.
Saluti a tutti
Alessio
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Tanto si è scritto e tanto si è detto che, nella coscienza collettiva, il tentativo di colpo di stato noto come Golpe Borghese è diventato sinonimo di un maldestro tentativo di rivolta istituzionale messo in atto da un gruppo di sgangherati nostalgici. Niente di più che una buffonata. E invece non è così. L'insurrezione armata che si verifica nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 (la notte dell'Immacolata) è ancora oggi un altro dei tanti punti oscuri della storia repubblicana. Non è chiaro perché fu messo in atto, a cosa realmente mirasse e soprattutto perché fallì e chi lo fece fallire. Tutto ha inizio nella tarda serata del 7 dicembre quando gruppi di militanti dell'estrema destra si riuniscono in alcuni luoghi della capitale: nel quartiere di Montesacro, nei cantieri del costruttore Remo Orlandini, legato al SID di Vito Miceli; in pieno centro storico, nella sede di Avanguardia nazionale; attorno all'Università; in una palestra non distante dalla stazione Termini. Alle porte di Roma si è concentrata intanto anche una colonna armata di guardie forestali, mentre un gruppo di neofascisti è già penetrato nell'armeria del ministero dell'Interno. Il quartier generale del Golpe si è sistemato nel quartiere Nomentano. Ne fanno parte: il principe Junio Valerio Borghese, ex comandante della X Mas, vero capo del complotto; il generale a riposo dell'Aeronautica Giuseppe Casero; il maggiore della polizia Salvatore Pecorella. Il piano prevede, oltre all'occupazione dei ministeri della Difesa e dell'Interno, della sede della RAI (da dove Borghese leggerà un proclama alla nazione), degli impianti telefonici e quelli di telecomunicazione, anche la mobilitazione totale dell'Esercito. Tutto, insomma è pronto, comprese le liste delle personalità politiche e sindacali da arrestare. Eppure il Golpe Borghese fallisce. Lo stesso principe nero riceve una telefonata da un misterioso generale (l'inchiesta della magistratura non chiarirà mai hi fosse) che ordina la sospensione del tentativo insurrezionale. Tutti a casa. Cosa è successo quella notte a Roma? Prova generale per un vero colpo di Stato? Avvertimento inviato ai politici sulla falsariga del Piano Solo di De Lorenzo? Oppure il classico doppio gioco: mostrare i muscoli e allo stesso eliminare l'ala dura del Partito del Golpe che da anni ormai cresce e si ramifica? Di quanto accadde a Roma nella notte dell'Immacolata una sola cosa è certa: i servizi segreti sapevano. Ed erano stati informati anche diversi uomini politici di governo. Lo proverà la documentazione che Andreotti consegnerà alla magistratura romana soltanto cinque anni dopo. Quella stessa magistratura che farà di tutto per insabbiare l'inchiesta giudiziaria e per trasformare il Golpe Borghese in un Golpe da operetta.
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7 - 8 dicembre 1970
4. Il golpe Borghese
Dalla relazione della Commissione Parlamentare sul Terrorismo.
Documento aggiornato al 31/12/2004
Documento presente nella categoria:
Finestre sul '900 italiano ? 4. Anni '70
Può ritenersi ormai certo che nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 si attivò in Roma un tentativo di vero e proprio colpo di Stato, che tuttavia durò soltanto poche ore e fu subito interrotto ben prima che si raggiungesse uno stato insurrezionale. In merito può ormai ritenersi sufficientemente accertato che:
a) Un gran numero di uomini era stato raccolto e organizzato da Junio Valerio Borghese sotto la sigla Fronte Nazionale in stretto collegamento con Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale.
b) Sin dal 1969 il Fronte Nazionale aveva costituito gruppi clandestini armati e aveva stretto relazioni con settori delle Forze Armate.
c) Borghese stesso, con la collaborazione di altri dirigenti del Fronte Nazionale e di numerosi alti Ufficiali delle Forze Armate e funzionari di diversi Ministeri, aveva predisposto un piano, che prevedeva l'intervento di gruppi armati su diversi obiettivi di alta importanza strategica; sin dal 4 luglio 1970 era stata costituita una "Giunta nazionale". Avrebbero dovuto essere occupati il Ministero degli Interni, il Ministero della Difesa, la sede della televisione e gli impianti telefonici e di radiocomunicazione; gli oppositori (e cioè gli esponenti politici dei diversi partiti rappresentanti in Parlamento), avrebbero dovuto essere arrestati e deportati. Il Principe Borghese avrebbe quindi letto in televisione un proclama, cui sarebbe seguito l'intervento delle Forze Armate a definitivo sostegno dell'insurrezione.
d) Nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970 il piano comincia ad essere attuato, con la concentrazione a Roma di alcune centinaia di congiurati e con iniziative analoghe in diverse cittˆ:
1) Militanti di Avanguardia Nazionale, comandati da Stefano Delle Chiaie e con la complicità di funzionari, entrano nel Ministero degli Interni e si impossessano di armi e munizioni che vengono distribuite ai congiurati.
2) Un secondo gruppo di militanti si riunisce in una palestra, in via Eleniana, ove attende la distribuzione delle armi, che dovrà avvenire a seguito dell'ordine di Sandro Saccucci (un tenete dei paracadutisti stretto collaboratore di Borghese) e a opera del Generale Ricci tra le persone radunate, in parte già in armi, vi sono anche ufficiali dei Carabinieri.
3) Lo stesso Saccucci (che avrebbe dovuto assumere il comando del SID) dirige personalmente un altro gruppo di congiurati, con il compito di arrestare uomini politici.
4) Il Generale Casero e il Colonnello Lo Vecchio (i quali garantiscono di avere l'appoggio del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, generale Fanali) dovrebbero invece occupare il Ministero della Difesa.
5) Il Maggiore Berti, già condannato per apologia di collaborazionismo e ciò nonostante giunto ad alti gradi del Corpo forestale dello Stato, conduce una colonna di allievi della Guardia forestale, proveniente da Cittàducale presso Rieti, che attraversa Roma e va ad attestarsi non lontano dagli studi RAI-TV di via Teulada.
6) Il Colonnello Spiazzi (di cui si è già chiarito il ruolo nei Nuclei per la difesa dello Stato) muove con il suo reparto verso i sobborghi di Milano, con l'obiettivo di occupare Sesto San Giovanni, in esecuzione di un piano di mobilitazione reso operativo da una parola d'ordine.
7) L'insurrezione, già in fase di avanzata esecuzione, fu improvvisamente interrotta. Fu Borghese in persona a impartire il contrordine; ne sono tuttora ignote le ragioni, giacché Borghese rifiutò di spiegarle persino ai suoi più fidati collaboratori.
1.2. Sono questi fatti noti, di cui acquisizioni anche recenti hanno consentito una più ampia ricostruzione e una più approfondita lettura. E tuttavia gli stessi, anche per come percepiti nella immediatezza degli accedimenti, appaiono alla Commissione tali da non giustificarne la valutazione minimizzante che hanno avuto in sede giudiziaria (sentenza Corte d'Assise di Roma 14 novembre 1978 e Corte di Assise di Appello del 14 novembre 1984 che condussero al noto esito globalmente assolutorio) ed anche da gran parte dell'opinione pubblica, apparsa spesso orientata da aspetti velleitari dell'operazione e dallo scarso spessore di molti dei suoi protagonisti, a definire l'episodio come un "golpe da operetta". Per ciò che concerne la valutazione giudiziaria, scarsamente condivisibili appaiono alla Commissione innanzitutto le motivazioni con cui già in sede istruttoria furono prosciolti molti di coloro che si erano radunati, agli ordini del Fronte Nazionale; il proscioglimento fu infatti così motivato: "molte persone aderirono al Fronte Nazionale perché illuse e confuse da
ingannevole pubblicità... Nei loro confronti non sono state avanzate istanze punitive nella presunzione che l'iscrizione, il gesto isolato e sporadico, il sostegno 'esterno', la convergenza spirituale di per sé rilevano, piuttosto che un permanente legame, un atteggiamento psicologico non incidente sulla 'condizione' processuale degli interessati". Indipendentemente dalla fondatezza giuridica di tale dichiarata presunzione, va rilevato che tra le posizioni così archiviate ve ne erano alcune riferibili a soggetti che negli anni successivi compariranno in momenti di rilievo dell'eversione di destra, quali Carmine Palladino, Giulio Crescenzi, Stefano Serpieri, Gianfranco Bertoli (autore della strage di via Fatebenefratelli a Milano), Giancarlo Rognoni, Mauro Marzorati, Carlo Fumagalli, Nico Azzi (autore della tentata strage del 7 aprile 1973 di cui si è già detto). Analogamente alcuni dati di fatto - pur non contestati - furono incomprensibilmente svalutati nella decisione della Corte di Assise di primo grado, vhe accetto le più ridicole giustificazioni di condotte che apparivano ictu oculi di straordinaria gravità (come quella del Generale Berti nell'avere condotto un'intera colonna di militari armati di tutto punto e muniti di manette, acquistate senza autorizzazione ministeriale appena pochi giorni prima, fino a poche centinaia di metri dalla sede della radiotelevisione). Esito di tale complessiva lettura minimizzate può ritenersi la finale ricostruzione della vicenda, cui approda la Corte di Assise di Appello romana nella già ricordata sentenza, affermando: "che i 'clamorosi' eventi della notte in argomento si siano concretati nel conciliabolo di quattro o cinque sessantenni nello studio di commercialista dell'imputato Mario Rosa, nella adunata semipubblica di qualche decina di persone nei locali della sede centrale del Fronte Nazionale (adunata cui potettero presenziare anche estranei al movimento, e cioè attivisti dell'M.S.I., incaricati dal loro partito di sorvegliare, senza neppure tanta discrezione, le attività di J. V. Borghese e dei suoi seguaci), nel dislocamento di uno sparuto gruppo di giovinastri in una zona periferica e strategicamente insignificante dell'agglomerato urbano, nel concentramento di un imprecisato numero di individui, alcuni certamente armati ma i più sicuramente non molto determinati, nella zona di Montesacro , in un cantiere impiantato dall'impresa di Remo Orlandini, e, da ultimo, nella riunione di cento o duecento persone, fra uomini e donne, senza armi in una palestra gestita dall'associazione paracadutisti nella via Eleniana di Roma". Così come analogamente minimizzate appare la valutazione che nella medesima sede viene operata del Fronte Nazionale e del suo oraganizzatore: "La formazione creata e capeggiata da J. V. Borghese, con l'apporto determinante soprattutto di elementi legati, se non politicamente ed ideologicamente, almeno sentimentalmente al fascismo, ed al fascismo più deteriore, quello repubblichino, accolse nel suo seno esaltati, se non mentecatti, di ogni risma pronti a conclamare in ogni occasione la propria viscerale avversione al sistema della democrazia liberale, avversione condivisa dal loro capo, nonché ad alimentare deliranti segni di rivalsa e speranze e propositi illusori di rovesciare il regime creato dalle forze andate al potere dopo la disfatta del
fascismo: conseguentemente è indubbio e risulta documentato in atti, che all'organizzazione del Fronte Nazionale
appartennero individui che, in assenza di qualsiasi elemento che potesse conferire caratteri di concretezza ai loro discorsi, presero a farneticare di imminenti colpi di Stato, nei quali essi stessi e il movimento cui si erano affiliati avrebbero dovuto avere un ruolo determinante, o almeno significativo, a spingere le proprie sfrenate fantasie, apparse subito comiche alla generalità dei compari, un po' meno sprovveduti di loro, sino al punto di vagheggiare spartizioni di cariche per sé e per i propri amici e conoscenti
nell'amministrazione centrale e periferica dello Stato, a predisporre proclami da rivolgere al popolo dopo la auspicata instaurazione del fantasticato "ordine nuovo", ad immaginare come imminenti sovvertimenti istituzionali....". Sorprendente appare alla Commissione che a valutazioni siffatte si sia potuto giungere nel 1984, cioè al termine del terribile quindicennio che ha insanguinato la Repubblica; e cioè dopo che una serie di eventi, con la tragicità della loro evidenza, avevano dimostrato la estrema pericolosità dei fenomeni, in cui la vicenda della notte dell'Immacolata veniva ad inserirsi, preannunciando in qualche modo episodi successivi, di cui molti degli aderenti al Fronte Nazionale furono, come già segnalato, i negativi protagonisti. Vuol dirsi cioè che una valutazione giudiziaria così minimizzante dell'episodio avrebbe avuto senso se lo stesso fosse venuto ad inserirsi in un contesto storico sociale assolutamente pacifico; e cioè affatto diverso da quello che caratterizzò il Paese per l'intero decennio degli anni '70. In quel contesto la vicenda della notte dell'Immacolata non può meritare una così intensa sottovalutazione che stride, fino alla inverosimiglianza, con la stessa personalità del suo protagonista, (il Comandante Borghese), quale già all'epoca nota e quale meglio è venuta a precisarsi a seguito di più recenti acquisizioni: un coraggioso uomo d'armi, avvezzo a responsabilità di elevato comando, esperto di guerra e di guerriglia, conoscitore degli aspetti e dei profili occulti del potere, sia in ambito nazionale che internazionale. Appare francamente inverosimile che personalità siffatta si sia posta alla testa di un gruppo di "mentecatti" o di "giovinastri" quali alla autorità giudiziaria sono apparsi gli affiliati al Fronte Nazionale, per assumere i rischi di pesanti responsabilità senza alcun tornaconto personale ovvero senza alcuna concreta
possibilità di successo.
1.3 Peraltro è estremamente probabile che anche gli esiti giudiziari della vicenda sarebbero stati diversi se intense e molteplici non fossero state le condotte di occultamento della verità anche da parte degli apparati. Le varie fasi del tentativo insurrezionale furono infatti costellate da contatti tra uomini del Fronte Nazionale e pubblici funzionari, in cui è difficile distinguere le condotte partecipative di questi ultimi da quelle di mero favoreggiamento successivo. Con nota del 13 agosto 1971, infatti, il SID comunicò all'autorità giudiziaria che le notizie in possesso del Servizio "portavano all'esclusione di collusioni, connivenze o partecipazioni di ambienti o persone militari in attività di servizio". Sin dal 1974 emerse, invece, che il SID aveva occultato rilevanti elementi di prova sugli avvenimenti della notte dell'Immacolata. Erano infatti state raccolte, nell'immediatezza dei fatti (e per alcuni versi persino prima che essi accadessero), informazioni assai particolareggiate sulla organizzazione del colpo di Stato e sulla identificazione di coloro che - a diverso titolo - vi avevano avuto parte. Tra queste informazioni ve ne erano di provenienza non meramente confidenziale, come le registrazioni dei colloqui avvenuti tra il Capitano del SID Antonio Labruna e uno dei congiurati, Remo Orlandini, nonché registrazioni di conversazioni telefoniche raccolte sin dal giorno successivo al fallimento dell'iniziativa. Nel settembre 1974 il Ministro della Difesa, Giulio Andreotti, impose al SID (e per esso al nuovo direttore Casardi e a quello del Reparto D, Gian Adelio Maletti) di comunicare all'autorità giudiziaria le informazioni in possesso del servizio. Furono quindi inviate tre distinte memorie, che riguardavano rispettivamente il Golpe Borghese, la "Rosa dei Venti" e ulteriori fatti di cospirazione dell'estate 1974, a seguito delle quali fu infine esibito il materiale (che all'epoca si ritenne integrale) raccolto dl Reparto D. Già da questo materiale risultò evidente che
il Servizio aveva seguito sin dalla nascita il Fronte Nazionale; risultano accuratamente descritti i contatti con i dirigenti di Ordine Nuovo (tra cui Pino Rauti) e di Avanguardia Nazionale (tra cui Stefano Delle Chiaie, definito "un tecnico della agitazione di massa e della cospirazione"); l'addestramento all'uso delle armi individuali; la preparazioni del colpo di Stato; la disponibilità di armi e i collegamenti con settori delle Forze Armate (ivi compreso il ricorso alle caserme per l'approvigionamento delle armi e munizioni in caso di necessità). Nessuna contromisura risultò però essere stata predisposta e il disvelamento della condotta del Servizio al suo interno portò all'ontanamento del suo Direttore generale Miceli e al rafforzamento di Casardi e Maletti. Fu però soltanto a seguito
dell'assassinio del giornalista Mino Pecorelli (avvenuto in Roma il 21 marzo 1979) che si accertò come solo una parte delle informazioni fosse stata effettivamente posta a disposizione degli inquirenti: quelle concernenti il coinvolgimento di alti ufficiali delle Forze Armate e dello stesso Servizio di informazione erano state in realtà in larga parte soppresse. Nel colorito linguaggio del settimanale OP - che appare sempre di più un singolarissimo crocevia, un luogo fitto di intrecci di svariati "fiumi carsici" che attraversarono la vita del Paese - ciò verrà sintetizzato nella espressione "malloppone e mallopponi" a segnalare che da un originario, grande rapporto erano state ricavate più modeste, purgate informative. I contenuti di OP, decrittati alla luce delle acquisizioni di cui oggi si è in possesso, convincono che tra le responsabilità da occultare vi fu anche con ogni probabilità quella di Lucio Gelli il cui ruolo sarebbe stato quello di cosegnare la persona del Presidente della Repubblica in mano al Fronte Nazionale, avvantaggiato in ciò dai rapporti diretti con il Generale Miceli che davano a Gelli libero accesso al Quirinale. Questo è il ruolo che a Gelli sarebbe stato assegnato nel colpo di Stato del 1970 in danno del Presidente Saragat; analogo ruolo Gelli avrebbe dovuto svolgere in danno del Presidente Leone secondo un altro progetto eversivo del '73-'74, di cui in seguito più ampiamente si dirà.
1.4. In più recenti indagini giudiziarie (159), sulla base di nuovi apporti collaborativi di Spiazzi e Labruna, meritevoli indubbiamente di ulteriori verifiche, è in particolare emerso:
1. L'attività informativa svolta sul Golpe Borghese e sulla Rosa dei Venti, contattando soprattutto Remo Orlandini, e la successiva espunzione e manipolazione dei nastri operata dai responsabili del Reparto D, affinché non divenisse pubblico il coinvolgimento in tali progetti di alcuni alti ufficiali, di Licio Gelli e di parte della massoneria, nonché la piena conoscenza del progetto Borghese e di quelli successivi da parte degli ambienti militari americani.
2. La consegna allo stesso Labruna ad opera del giornalista Guido Paglia, divenuto alla fine del 1972 informatore del SID, di una dettagliata relazione sul ruolo svolto da Avanguardia nazionale nel golpe Borghese e sugli avvenimenti della notte tra il 7 e l'8 dicembre 1970, relazione poi trasmessa al Generale Maletti e mai inviata da questi all'autorità giudiziaria, rimanendo praticamente inutilizzata.
3. La consegna da parte di Guido Giannettini sempre a Labruna di un'analoga relazione sul golpe Borghese, dalla quale i responsabili del Reparto D avevano soppresso la nota relativa all'ammiraglio Giovanni Torrisi affinché non ne emergesse il coinvolgimento nei fatti del 1970. Vengono in tal modo ad aprirsi nuove prospettive di indagine, di cui non è qui il caso di dar compiutamente conto, ma che se utilmente percorse porterebbero in luce più ampie connessioni di apparati istituzionali e con il golpe tentato del '70 e con un successivo progetto eversivo del '73-'74, che avrebbe dovuto perseguire, sempre con modalità sostanzialmente insurrezionali, la realizzazione di un progetto di revisione costituzionale, che portasse all'instaurazione di una Repubblica presidenziale, caratterizzata da programmi socialmente avanzati, ma da forti limitazioni dei diritti sindacali, concentrazione dei mezzi di informazione e da una forte scelta atlantista; un progetto di "stabilizzazione" quindi da realizzarsi attraverso mezzi destabilizzanti (attentati sui treni e in luoghi pubblici, eliminazione di avversari politici, scontri di piazza) la cui responsabilità sarebbe stata apparentemente attribuibile alla sovversione di sinistra, sì da determinare una f orte domanda d'ordine e quindi giustificare l'intervento delle Forze Armate.
1.5. In particolare, con specifico riferimento al tentativo insurrezionale del '70, recenti acquisizioni processuali, soprattutto dell'autorità giudiziaria di Milano e di Bologna, consentono una lettura dell'episodio che ne aggrava la rilevanza, avuto riguardo ad una più precisa individuazione di quanto si sarebbe dovuto verificare. Ad agire in supporto degli insorti non avrebbero dovuto essere solo manipoli di congiurati, raccolti intorno a ufficiali infedeli. In realtà la notte del 7 dicembre sarebbe stato impartito (come afferma lo stesso Spiazzi) l'ordine di mobilitazione delle strutture costituite nell'ambito degli uffici I dell'Esercito con funzione di contrasto di moti comunisti. Si sarebbe trattato dunque della mobilitazione delle strutture miste, costituite da civili e militari, denominate Nuclei di difesa dello Stato, e di cui si è detto in altra parte della relazione. Ciò sembra confermato dalle dichiarazioni di uno dei componenti di questa struttura, direttamente dipendente dallo Spiazzi (Enzo Ferro) e da quelle rese sin dal 1974 da altro componente (con ruoli di maggior rilievo) Roberto Cavallaro. L'ordine, come riferito da Spiazzi, sarebbe stato impartito per radio, attraverso i codici del piano di mobilitazione; Spiazzi afferma che ricevendo, ne chiese conferma, ottenendola, e quindi si mosse; ricevette poi il contrordine, quando ormai aveva raggiunto le porte di Milano e fece ritorno in caserma. Se queste furono le modalità di comunicazione dell'ordine di mobilitazione, è da presumere che anche gli altri Nuclei siano stati attivati, anche se la loro stessa esistenza e poi rimasta coperta dal segreto per oltre vent'anni. E in effetti plurime fonti di recente acquisizione indicherebbero che la mobilitazione ebbe luogo:
1. a Venezia, di civili e militari, d'innanzi al comando della Marina militare;
2. a Verona di civili e militari;
3. in Toscana e Umbria, dove i militanti erano stati dotati ciascuno di un'arma lunga e di una corta e gli obiettivi assegnati;
4. a Reggio Calabria, ove avrebbe dovuto aver luogo la distribuzione di divise dei Carabinieri.
1.6. Si è in presenza, giova ribadirlo ancora, di nuove acquisizioni processuali non ancora sottoposte al necessario vaglio dibattimentale. E tuttavia le stessa appaiono idonee a rafforzare il convincimento della Commissione, nell'ambito delle competenze sue proprie, in ordine alla sottovalutazione già sottolineata che gli avvenimenti della notte dell'Immacolata ebbero nelle segnalate sentenze delle Corti di Assise romane e anche in sede pubblicistica. Ad una riflessione più meditata che tenga conto, come è alla Commissione possibile per la specificità dell'angolo prospettico che ne caratterizza l'indagine, gli avvenimenti oggetto di esame appaiono non già un "golpe da operetta", quanto il punto di emersione di un ampio intreccio di forze, cospirative che furono occultamente attive per un lungo periodo; e che, analizzato nelle sue diverse componenti, rende leggibili una pluralità di avvenimenti anteriori e successivi, che altrimenti sarebbero destinati a restare oscuri e quindi inconoscibili nelle loro nascoste ragioni. Va peraltro riconosciuto che anche in tale più ampia ricostruzione resta irrisolto quello che sin dall'inizio apparve come uno dei nodi principali posti in sede analitica dagli avvenimenti del dicembre 1970; e che attiene alle ragioni per cui il tentativo insurrezionale, che oggi può ritenersi il frutto di un'ampia cospirazione, rientrò quasi immediatamente dopo l'iniziale attivazione. Si è già detto che il contrordine venne dato dallo stesso Borghese che non ne ha mai voluto spiegare le ragioni nemmeno ai suoi più fidati collaboratori. In merito resta aperta l'alternativa tra due ipotesi. La prima suppone che all'ultimo momento solidarietà promesse o sperate sarebbero venute meno, determinando in Borghese il convincimento che il tentativo insurrezionale diveniva a quel punto velleitario e senza possibilità di successo. Sicché lo stesso fu rapidamente abbandonato, fidando nella probabile impunità assicurata dalle "coperture", che poi puntualmente scattarono. Una seconda lettura più articolata ipotizzerebbe invece in Borghese o in suoi inspiratori l'intenzione, sin dall'origine, di non portare a termine il tentativo insurrezionale. Quest'ultimo anche nella sua iniziale attivazione sarebbe stato concepito soltanto come un greve messaggio ammonitore inviato ad amici e nemici, all'interno e all'esterno, con finalità dichiaratamente stabilizzanti. Si sarebbe trattato in altri termini di un ulteriore avanzamento della logica della minaccia autoritaria, già sperimentata con il "tintinnare di sciabole", che come si è visto fortemente condizionò la crisi politica dell'estate del 1964. Paolo Aleandri riferì alla Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P 2 l'interpretazione che ne era stata data da uno dei protagonisti, Fabio De Felice, a Gelli molto vicino. Il contrordine, secondo il De Felice, sarebbe giunto proprio da Gelli, essendo venuta meno la disponibilità dell'Arma dei Carabinieri e non essendo stato assicurato l'appoggio finale degli U.S.A.; Alfredo De Felice, poi, aveva aggiunto che la mobilitazione non aveva una reale possibilità di riuscita e il fantasma di una svolta autoritaria era stato utilizzato da Licio Gelli come una sorta d'arma di ricatto. Queste indicazioni trovano ora conferma nelle dichiarazioni di Andrea Brogi, il quale riferisce informazioni provenienti da Augusto Cauchi, del quale risultano i diretti rapporti con Gelli.
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Si parla del tentato golpe Borghese, anni '70. I media del regime
non ne parlano...d'altronde il pericolo sono i comunisti, che porteranno
DOLORE, MORTE e DISTRUZIONE. Già.
Gli almeno 60 imputati, in 1° grado condannati per INSURREZIONE POLITICA,
hanno poi visto ribaltata la sentenza n 2° grado, e confermata quest'
ultima in cassazione.
Si trattava solo in un "conciliabolo tra quattro sessantenni", afferma la
sentenza. Le intercettazioni consegnate da Giulio Andreotti, all'epoca
Ministro della Difesa, ai magistrati nondanno prove concrete.
In realtà il generale La Bruna, piduista, aveva una copia integrale delle
intercettazioni, tagliate dal Ministro Andreotti o comunque col suo placet
perchè non rilevanti e pericolose poichè parlavano di molti imprenditori
e politici in vario modo implicati, e ciò avrebbe scosso "inutilmente" il
paese. Con le intercettazioni integre sarebbe andata diversamente? Chi lo
sa?...io no
Il tentativo di golpe, progettato dal principe Borghese insieme con altri
neofascisti, vede tra i personaggi principali e non:
- i servizi segreti, in specie il SID
- l'ambasciata americana a Roma, che sapeva e aveva riferito alla Casa
Bianca(PRESIDENZA NIXON)
- la P2, con Licio Gelli e co.
COSA ACCADDE?
Mentre i golpisti dovevano entrare nel Ministero della DIfesa a ROma per
impossessarsi di armi xil colpo di stato, essi, una volta entrati, hanno
ricevuto un controordine e hanno interrotto l'operazione.
Per lungo tempo si è discusso se questi fossero entrati o meno, se avessero
preso armi o meno...alla fine è stata trovata un'arma che non poteva
appartenere al ministero perchè non regolamentare(ora non so se rubata o
altro)
COSA DOVEVA ACCADERE?
Si doveva instaurare una dittatura militare filoamericana, i membri della
P2 dovevabo sequestrare il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat
e uccidere il Capo della Polizia.
Nella puntata parla uno degli implicati, che dopo un lungo silenzio si
decide a spiegare il progetto golpista("conciliabolo tra 4 sessantenni)
che non è stato ovviamente riconosciuto e punito dalla magistratura.
Viene intervistato Andreotti che spiega i motivi per cui il dossier non è
arrivato per intero ai magistrati.
Si ricostruisce la vicenda gettando molte ombre su cosa è stato fatto dai
tribunali. E meno male che la magistratura è in mano ai comunisti.
Si parla anche di Licio Gelli, imputato e poi assolto per prescrizione
dei termini.
RIFLESSIONE PERSONALE:
Intanto il progetto P2 va avanti in Parlamento, dico io, ma nessuno ne
parla.
Il golpe è stato organizzato da neofascisti(se non ho inteso male
AVANGUARDIA NAZIONALE). In Italia e non solo emergono gruppi di estrema
destra che a mio parere dovrebbero destare preoccupazione, non foss'altro
che per lo spostamento del pensiero politico e/o ideologico verso frange
estreme.
Eppure la sinistra, per quanto goffa e il più delle volte incapace di
dare risposte, con dolo o colpa grave o semplice colpa del buon padre
di famiglia, non va a gridare ai quattro venti il pericolo fascista,
semmai ce ne fosse uno.
Da destra continuano invece gli allarmismi su fantomatici comunisti(chi
è ancora comunista in Italia?) che distruggerebbero la "democrazia".
La memoria storica si perde con la facilità con cui si beve un bicchiere
d'acqua. La Costituzione italiana è stata scritta chiaramente con l'
intento di prevenire ulteriori rischi dalla destra estrema. Ma il piano
della P2, consultabile in Rete, assomiglia un pò troppo al programma
attuato dal governo di centrodestra. D'altronde il nostro Presidente del
Consiglio era o no un membro glorioso della P2?...ma forse mi sbaglio
vedo nessi dove non ce ne sono...perchè era iscritto alla P2?
Per moda? Tanto per? Non lo sapeva neanche lui? Ammesso che non lo
sapesse...gli faccio i miei complimenti...aveva ragione ad aderire ad un
movimento che attentava allo stato, visto che il suo pensiero politico
ricalca molto bene quello che era il progetto della P2.
Mi sa un pò di qualcosa che non dico sia uscita dalla porta ed entrata
dalla finestra, ma piuttosto qualcosa uscita dalla finestra ed entrata
dall'ingresso principale.
Vorrei ancora comprendere
- le motivazioni che hanno portato all'interruzione del golpe
- le implicazioni del sig. illustrissimo Giulio Andreotti, uomo che
comunque apprezzo per la sua scaltrezza e per come ha potuto tenere le
fila di un paese per molti anni e dirigerlo come voleva lui.
-il ruolo esatto della P2 e degli americani, nella vicenda
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I VOSTRI CONTRIBUTI:
Carissimo,
non dimentichiamo che in un'epoca in cui l'Italia era il
fronte debole della parte occidentale del mondo (vedi anche dossier Mitrokin
che non può essere meno attendibile di certe fonti giornalistiche) simili
eventi non possono certo considerarsi il frutto di una cena tra amici
nostalgici, ma la traduzione "operativa" di scelte politiche. Non è
mai
stato detto da chi partì quella notte il contrordine ma il risultato fu il
nulla assoluto. Più tardi è emersa la struttura di Gladio che obbediva alle
stesse necessità operative, se vuoi inconfessabili allora ma necessarie.
Fatto sta che qualcuno si scandalizza perchè non ci sono state condanne, ma
per cosa?. Saranno gli stessi che fanno le fiaccolate per la grazia a Sofri
che invece qualche risultato l'ha sortito eccome. Inoltre, per quello che ho
ricostruito io della vicenda, cercando di leggere e di sentire il più
possibile, il colpo era talmente male organizzato che difficilmente avrebbe
avuto buon fine (detto anche "colpo di Stato da operetta").
Tutto questo
affonda le radici, a mio avviso, sempre nel travagliato fine guerra e dopo
guerra, dove i partigiani sono diventati capitani d'industria, presidenti e
quant'altro e i repubblichini hanno continuato a lavorare ma sempre
ammantati dal sospetto di sinistre (in senso di pericolose) recrudescenze.
Un esempio per tutti è sicuramente il principe Borghese, del quale si è
detto tutto e il contrario di tutto che dalla sua Edison gestiva chissà
quale potere mentre il partigiano Mattei (comunque grande uomo) gestiva
tutta la politica dall'ENI. E' la storia dei vincitori che con il tempo
cancella quella dei vinti.
Ora il dopopranzo è finito e torno a lavorare.
Ciao e grazie per gli spunti.
Alessandro
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Probabilmente, anche in questo caso, non
sapremo mai tutta la verità.
Tutte le ipotesi sono aperte: da quella minimalista dei quattro sessantenni
rinco... (che ritengo la meno probabile) al vero e proprio tentativo
golpista in piena regola. In mezzo potrebbe collocarsi uno dei tanti
"diversivi" (talvolta anche cruenti, se non stragisti) da attribuire a
pazzi
sanguinari o ai soliti "anarchici" e che hanno lo scopo di attrarre la
Nazione a far corpo con le Istituzioni, quando queste si indeboliscono e
perdono credibilità. In altre parole, i "quattro sessantenni"
potrebbero
essere stati usati come carne da cannone per fare la parte del bau-bau.
Salvo poi, a bocce ferme (leggi 15 anni più tardi), concedere l' indulgenza
plenaria a quei ragazzacci.
Che bellu paese! (ma, perlomeno, pieno di storie fascinose ed
inquietanti...)
Grazie per avermi dedicato la pausa pranzo!
Ciao
Alessio
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