CHI OSA CHIOSE SU CHIESE CHIUSE?

 

 

Al di là della simpatica allitterazione, qui non c’ è niente da ridere.
Chiese chiuse, si diceva: mi riferisco a S. Giovanni Bosco a Roma, sede
mancata e negata per i funerali di P. Welby e alla moschea tunisina ove si
sono svolte le esequie di due delle vittime della strage di Erba.
Nel primo caso, e lo dico col rammarico del credente, penso che la Chiesa
abbia perso un’ occasione per mostrare il proprio volto misericordioso,
negando la possibilità ad una creatura sfortunata e che aveva a lungo ed
atrocemente sofferto, di avere un dignitoso commiato da questo mondo, quasi
come se gli si volesse negare quella Redenzione, che, per fortuna, non
dipende da lorsignori eminentissimi.
Sembrava ormai abbandonato e superato da tempo il vieto ostracismo della
Chiesa cattolica contro i suicidi, quale Welby, peraltro, non è stato in
senso tecnico. Ma il “busillis” della questione starebbe nel fatto che il
povero Welby abbia manifestato fino all’ ultimo il desiderio di morire per
mettere fine alle proprie sofferenze. Posto che sopprimere una vita (foss’
anche la propria) non spetta mai all’ uomo, perché negare a Welby almeno
quel beneficio del riscatto in extremis, della resipiscenza in articulo
mortis  non incorrendo, così,  nel peccato di “temerario giudizio” ? Quello
stesso beneficio (o forse si trattava d’ altro, chissà…) che ha permesso al
boss della Magliana, Renatino De Pedis di godere l’ Eterno Riposo all’ ombra
delle navate di S. Apollinare.
Mistero della fede.
In Tunisia, invece, un povero padre che ha visto sterminata la propria
famiglia (moglie, figlia, nipotino) si è visto chiudere in faccia le porte
della moschea dove si sarebbero svolti i funerali di rito islamico dei
propri congiunti (figlia e nipote di religione musulmana). Tutto ciò perché
Cristiano e, dunque, “infedele”. Bell’ esempio di civiltà da parte di chi
pretende di vivere la poligamia a dispetto dei santi (e delle leggi) nei
Paesi che, civilmente, li ospitano! Non va certo ad onore degli amici
islamici, poiché, pur non essendo un muezzin, credo con sufficiente certezza
che nel Corano non si predichi il disprezzo della sofferenza altrui in caso
di non “correligionarietà”.
Se si vuole tolleranza, accoglienza e rispetto, bisogna essere pronti a
garantire tutto ciò, mutatis mutandis, in condizioni di reciprocità.
Altrimenti si fa del bullismo ideologico ed il volto dell’ Islam non può
risultare così “friendly” per l’ uomo della strada occidentale di buon senso
comune. A quest’ ultimo, oltre al danno, si aggiunge la beffa del
benpensantismo che lo taccia di intolleranza, razzismo, miopia e grettezza.
Lui!!!




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