L’USO CORRETTO DELLA VENTILAZIONE A PRESSIONE POSITIVA NELLO SVEZZAMENTO DIFFICILE DAL VENTILATORE E COME AUSILIO AL TRATTAMENTO DELLA POLMONITE

  Relatore: Sarzi Sartori Wilmer

Infermiere Cardiochirurgia T.I. – Azienda Ospedaliera di Parma

 

 

Introduzione

  Negli ultimi anni sono state impiegate nelle terapie intensive un numero di modalità di ventilazione in aumento e si assiste ad un perfezionamento delle caratteristiche tecniche dei respiratori.

Il supporto ventilatorio meccanico rappresenta una metodica di frequente utilizzo nell’assistenza ai pazienti critici. La ventilazione meccanica è un supporto invasivo, costoso e gravato da una varietà di potenziali complicanze. Il rischio di contrarre un’infezione polmonare legata alla ventilazione artificiale è causato da molteplici fattori. Tra questi, in particolare, la durata della ventilazione meccanica.    La rimozione precoce del tubo endotracheale rappresenta una delle strategie più efficaci e raccomandate nella prevenzione non-farmacologica della polmonite. Tuttavia, la prematura sospensione del supporto ventilatorio può aumentare l’incidenza di errate estubazioni.

Deconnettere un paziente dal ventilatore automatico è una procedura estremamente delicata, che deve tenere conto delle condizioni del soggetto nella sua globalità. La deconnessione dal ventilatore richiede il massimo impegno da parte del personale assistenziale.

Lo scopo di questa relazione è individuare gli interventi infermieristici appropriati nell’approccio allo svezzamento attraverso: un lavoro multidisciplinare; l’uso corretto della ventilazione meccanica a pressione positiva; l’impiego di criteri validi di svezzamento (weaning).

 

SOMMARIO

 

 

 

                         I.      Il processo di svezzamento dal ventilatore automatico

                         

ü     Definizione

 

 

                      II.          Lo svezzamento difficile

 

ü     Definizione

ü     presupposti non respiratori

ü      presupposti respiratori

 

 

                     III          Le tec          Tecniche dello svezzamento

 

ü     Pressione di Supporto

ü     SIMV

ü     Tubo a-T con Bipap/Cpap

 

                 IV.           Criteri di svezzamento

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           i.  

 

                    V.           Complicanze dello svezzamento

 

 

                 VI.                  Conclusioni

 

 

 

              VII.                  Bibliografia

 I.      Il processo di svezzamento dal ventilatore automatico

  Cosa significa svezzare il malato dal respiratore?

       Quando si parla di svezzamento occorre precisare prima di tutto cosa si intende esattamente, perché non esiste una sola definizione.

Lo svezzamento può coincidere con:

Ø     la progressiva riduzione del supporto ventilatorio artificiale (cambiamento delle modalità e dei parametri di ventilazione all’interno del regime ventilatorio assistito);

Ø     l’interruzione della pressione positiva o il raggiungimento dei valori minimi della stessa;

Ø     l’estubazione e ripresa del respiro spontaneo;

 

Tutte le affermazioni sopra citate sono corrette ma incomplete.

Nella maggioranza dei casi i pazienti che richiedono un’assistenza ventilatoria sono anche intubati, ma questo non è sempre vero. Si pensi, per esempio, alla ventilazione non invasiva in Bipap applicata una volta rimosso il tubo endotracheale o al paziente tracheostomizzato, che è perfettamente autonomo dal punto di vista ventilatorio, collegato con un semplice flusso di ossigeno umidificato, ma che richiede frequenti aspirazione per la presenza di secrezioni abbondanti e dense. Questo per capire, come lo svezzamento sia un processo ampio, che non è esclusivamente legato alla presenza di un tubo endotracheale e va oltre alla manovra di estubazione .

Inoltre l’assistenza ventilatoria non è un intervento semplice, ma al contrario costituito da una serie di azioni tra loro collegate: erogazioni di volumi a pressione positiva intermittente; aumento di volume polmonare mediante PEEP; arricchimento delle miscele respiratorie con ossigeno; umidificazione; aspirazione delle secrezioni; uso di farmaci (es. broncodilatatori).    

Lo svezzamento, quindi, potrebbe essere di volta in volta inteso come una minor richiesta di: volume, ossigeno, umidificazione, broncoaspirazioni.

 

Lo svezzamento dal respiratore o weaning può essere definito come quel processo di progressivo trasferimento del lavoro respiratorio dal ventilatore automatico al paziente, il quale riacquista in tempi più o meno rapidi l’autonomia ventilatoria momentaneamente perduta.

 

Come dicevo prima, quando si parla di svezzamento si pensa immediatamente alla manovra di estubazione del paziente ma in realtà sono due processi differenti. Nella maggior parte dei casi lo svezzamento viene seguito a distanza di poco tempo dall’estubazione. Il primo per la definizione data indica la riacquisizione delle capacità ventilatorie mentre l’estubazione indica la riacquisizione della capacità di mantenere la pervietà delle vie aeree. La capacità di ventilare spontaneamente non sempre coincide con la capacità di mantenere pervie le vie aeree. L’edema delle vie aeree, per esempio (provocati dalla chirurgia della carotide o intubazioni prolungate), è uno dei fattori che può portare alla reintubazione, anche quando i parametri indicano una buona respirazione spontanea o in pazienti tracheostomizzati ( stati vegetativi, polineuriti) che non sono in grado di eliminare le secrezioni.

 

Lo svezzamento dal ventilatore automatico non è sinonimo di estubazione,

         può non coincidere con la rimozione del tubo endotracheale.

 

L’estubazione viene eseguita dopo aver valutato una serie di criteri indipendenti da quelli dello svezzamento. I presupposti per iniziare lo svezzamento, li vedremo in seguito.

            II.             Lo svezzamento difficile

 

Lo svezzamento è legato alla patologia del paziente. Il paziente, per esempio operato di appendicectomia, riacquista la capacità ventilatoria in pochi minuti, una volta risvegliato dall’anestesia, mentre il soggetto con broncopatia cronica ostruttiva, malnutrito, che è andato incontro ad un episodio di polmonite e che è stato ventilato per due settimane presenta gravi problemi di distacco dal ventilatore automatico. Quindi possiamo parlare di svezzamento difficile di fronte a soggetti con diverse problematiche. La deconessione dal respiratore può essere resa complessa per un malato obeso, politraumatizzato o che è andato incontro ad un episodio di insufficienza respiratoria acuta (ARDS) o ventilato con elevate concentrazioni di ossigeno a pressione positiva continua o sedato e curarizzato per molto tempo. Il processo di svezzamento dalla ventilazione meccanica convenzionale inoltre, può costituire un problema per i pazienti con BPCO, malattie neuromuscolari, o deformità della gabbia toracica che hanno richiesto intubazione endotracheale per episodi di insufficienza respiratoria acuta. Nei pazienti, per esempio, con BPCO il periodo di svezzamento può rappresentare oltre il 50% della durata totale della ventilazione meccanica.

Anche una errata valutazione del processo di svezzamento può dare luogo ad uno svezzamento difficile. Uno svezzamento iniziato precocemente o dopo una superficiale valutazione dei parametri, può fallire prolungando ulteriormente la degenza, aumenta il rischio di contrarre infezioni, influisce sulla sfera psicologica del malato. Le cause del fallimento sono soprattutto respiratorie in particolare meccaniche, ma esistono anche cause extrapolmonari tra cui: cardiocircolatorie, acido-basiche, elettrolitiche, neurologiche, metabolico-nutrizionali e psicologiche. 

Per la sua complessità lo svezzamento viene distinto in tre fasi:

-         fase di preparazione allo svezzamento

-         fase di svezzamento

-         respiro autonomo

La prima fase (preweaning) considera la valutazione di parametri respiratori e non, per stabilire se il paziente è nelle condizioni di poter affrontare il processo. 

 

L’approccio a questa fase deve essere multidisciplinare, con la partecipazione quindi di medici, infermieri e fisioterapisti. Lo svezzamento di un paziente difficile da intubare o instabile o difficile da staccare deve essere fatto in presenza di uno staff sufficiente, generalmente il mattino.

 Prima di iniziare la procedura di svezzamento dal ventilatore è necessario   rimuovere prima tutte le cause respiratorie e non respiratorie che potrebbero comprometterne l’esito. L’infermiere quindi, deve assicurarsi che vi siano tutti i presupposti per iniziare lo svezzamento.

 

 

Presupposti non respiratori per lo svezzamento

 

1.     Miglioramento della patologia che ha giustificato l’inizio della ventilazione meccanica

Lo svezzamento deve essere considerato a partire dal momento in cui le ragioni della ventilazione meccanica vengono meno. È ragionevole lasciare un paziente in respirazione meccanica per ragioni programmmate (es.esame strumentale) in attesa di completare l’indagine diagnostica.

     

2.     Assenza di febbre

La febbre può essere l’origine di una condizione di ipermetabolismo. Questo viene provocato oltre che dalla febbre elevata, dal brivido, convulsioni o semplice agitazione psicomotoria. L’ipermetabolismo determina un aumento della domanda di ossigeno e quindi delle richieste ventilatorie.

§                    L’infermiere controlla una volta per turno o quando necessario la temperatura corporea.

 

3.     Livelli di emoglobina adeguati

L’emoglobina lega l’ossigeno e lo trasporta a tutti i tessuti. Riduzioni elevate dei valori di emoglobina possono ricondurre ad una perdita ematica significativa. Il sanguinamento post-operatorio, ad esempio per il malato cardiochirurgico, è valutabile attraverso l’applicazione di uno o più drenaggi oppure un’ecografia nel caso di un tamponamento cardiaco o una radiografia al torace se si tratta di un versamento pleurico.

§                    L’infermiere, quando vi sono dei drenaggi, valuta la quantità oraria e l’aspetto (sierose, ematiche) delle perdite; quando necessario provvede alla trasfusione di emoderivati; esclude una eccessiva diluizione dell’Hb attraverso l’infusione di liquidi.   

 

4.     Funzione cardiovascolare (emodinamica) stabile

La respirazione e la circolazione sono legate tra loro ed importante è il ruolo che ha quest’ultima nel trasporto dell’ossigeno; i malati in stato di shock, ipovolemici o comunque con circolazione instabile e quelli con scompenso cardiaco o aritmie significative non dovrebbero essere sottoposti a svezzamento dalla ventilazione meccanica, soprattutto se prolungata, perché il lavoro respiratorio sarà inadeguato. Per esempio in un soggetto anziano con patologia polmonare e cardiaca potrà andare incontro facilmente ad uno scompenso cardiaco acuto. Infatti, quando il respiro meccanico passa a quello spontaneo si verifica un aumento sia del precarico (per aumento del ritorno venoso), sia del postcarico (per aumento della pressione transaortica), mentre le maggiori richieste di sangue da parte dei muscoli respiratori sottraggono sangue al miocardio.

§                    L’infermiere rileva i parametri vitali e segnala le alterazioni; controlla la corretta infusione dei farmaci (vasodilatatori, inotropi);  insieme al medico valuta la portata cardiaca ( catetere di Swan-Ganz) e lo stato di riempimento attraverso il bilancio dei liquidi o ematico, pressione atrio dx; garantisce una buona volemia.

 

5.     Condizioni muscolari e  neurologiche soddisfacenti

     L’attività dei muscoli  può essere sensibilmente ridotta dalla malnutrizione. Importante è lo stato nutrizionale generale: la malnutrizione, oltre ad indebolire i muscoli respiratori, modifica la dinamica respiratoria
e abbassa il potere immunitario dell’organismo, predisponendolo alle infezioni. Per tale motivo viene cominciata la nutrizione parenterale prima e enterale successivamente appena è presente un buona tolleranza e motilità  gastrica.

§                    È importante mobilizzare il malato appena possibile se le condizioni migliorano e lo permettono. Deve essere attentamente valutato da parte dell’infermiere lo stato neurologico assicurandosi che non siano subentrati dei deficit in seguito all’intervento e che questi non possano interferire con lo svezzamento. Per esempio il trauma cranico può provocare iperventilazione o la chirurgia della carotide può complicarsi in una sofferenza celebrale con emiparesi. In un paziente che presenta un danno neurologico postoperatorio si sospetta l’incapacità dello stesso a mantenere pervie e pulite le vie aeree. Devono essere presenti i riflessi della tosse e della deglutizione.

 

6.     Correzione delle alterazioni  metaboliche ed elettrolitiche

L’acidosi metabolica  determina una iperventilazione per aumentate richieste. Ipofosfatemia, ipomagnesemia, ipo/iper-natremia o ipo/iperpotassiemia provocano aritmie o difetti della conduzione miocardia.

§                    L’infermiere esegue esami ematochimici e ne riconosce l’alterazioni dei valori.

 

7.     Presenza di un ritmo veglia/sonno soddisfacente – Fattori psicologici

I farmaci sedativi e miorillassanti rendono difficile o impossibile un processo di svezzamento per cui devono essere sospesi. Il paziente deve essere cosciente, vigile, orientato, collaborante e motivato a superare la condizione di dipendenza dal ventilatore. Soprattutto dopo un tentativo fallito di svezzamento può insorgere uno stato d’ansia, preoccupazione, paura d’insuccesso, sconforto soggettivo del paziente.

§                    L’infermiere ha il compito di provare a dare le giuste motivazioni instaurando una relazione efficace con il malato. La sfera psicologica del malato a volte è la più complessa delle attività umane e l’infermiere si trova di fronte una persona sfiduciata che possiede però tutte le capacità fisiche necessarie per raggiungere l’indipendenza dal ventilatore. Compito dell’infermiere rendere partecipe il malato dei progressi, impedire che esso si isoli dal contesto, rendere meno opprimente l’ambiente di Terapia Intensiva, aiutarlo a mantenere viva la presenza dei famigliari anche se il più delle volte solo nell’immaginario della persona.

 

Presupposti respiratori per lo svezzamento

 

1.      Recupero della forza dei muscoli respiratori

L’attività dei muscoli respiratori può essere sensibilmente ridotta dalla malnutrizione, dai disturbi elettrolitici (fosfato, calcio, magnesio e potassio), dall’atrofia, ostruzioni delle vie aeree, difetto meccanico della parete (cifoscoliosi), dall’iperinflazione che induce acidosi respiratoria.

L’iperinflazione induce un’importante alterazione della geometria del diaframma, ne riduce la forza di contrazione e la resistenza. In tale situazione anche un piccolo aumento delle resistenze delle vie aeree (paziente cardiochirurgico con secrezioni abbondanti o broncospasmo) tale da indurre rapidamente una respirazione rapida e superficiale con aumento dello spazio morto.

I muscoli respiratori risentono dell’immobilità che porta all’atrofia degli stessi conseguente al non uso dei muscoli durante la ventilazione meccanica per lunghi periodi in soggetti curarizzati. La ventilazione meccanica può indebolire la muscolatura respiratoria ma non quella accessoria in quanto il diaframma non essendo un muscolo volontario non arresta la propria funzione durante la ventilazione meccanica. Quest’ultimo non è in grado di accumulare delle riserve energetiche proprie ed è influenzato dalla gittata cardiaca. Se la gittata cardiaca ( volume di sangue immesso nell’unità di tempo) è bassa, le riserve energetiche sono scarse con conseguente affaticabilità. Al contrario una buona gittata cardiaca garantisce le risorse energetiche sufficienti.

 

2.      Adeguato carico di lavoro imposto ai muscoli respiratori

L’aumento del carico di lavoro può dipendere da un aumento delle richieste ventilatorie per aumentata produzione di CO2, per la presenza di spazio morto o per aumento del lavoro respiratorio in alcune  malattie del parenchima polmonare: enfisema, edema polmonare, embolia polmonare, pneumectomia, atelettasia, fibrosi polmonari. Il carico di lavoro aumenta anche in presenza di un tubo endotracheale stretto (es.per ostruzione, masticamento) o resistenze del circuito respiratorio.

                III.                 Complicanze dello svezzamento

 

 

Nonostante si riduce al minimo il lavoro del respiratore, il paziente, deve confrontarsi con carichi di lavoro del tutto nuovi, che non erano presenti durante la ventilazione meccanica.

In particolare:

 

1.     comparsa di edema delle vie respiratorie superiori, con parziale ostruzione;

2.     rischio di atelettasia, per rimozione della PEEP e comparsa di respiro frequente e superficiale ovvero riduzione della capacità funzionale residua;

3.     aumento delle resistenze delle vie respiratorie, per incapacità di rimuovere completamente le secrezioni, essendo il riflesso della tosse per lo più inefficace, almeno nelle prime ore seguenti all’estubazione;

4.     rischio di aspirazione, per in coordinazione dei muscoli laringo-faringei, con conseguente difetto del riflesso della deglutizione;

5.     accumulo di liquido nel polmone, soprattutto nei pazienti cardiaci, per eccessivo aumento del lavoro respiratorio che sottrae ossigeno al miocardio;

6.     confusione mentale o stato d’ansia;

 

 

                 IV.      Le tecniche di svezzamento

 

Il processo di weaning rappresenta la seconda e più complessa fase. La scelta del metodo di svezzamento è fondamentale in alcuni casi, così come i criteri di riduzione del lavoro meccanico. Le tecniche di svezzamento sono diverse e non esiste una regola che stabilisce quale adoperare in quanto più efficace o più rapida. La scelta della tecnica verrà stabilita caso per caso sulla base della patologia.

 

Voglio ora introdurre il concetto di pressione positiva.

La PEEP (positive end expiratory pressure) alla fine di ogni espirazione garantisce una pressione positiva all’interno delle vie aeree e negli alveoli. Impedisce a questi ultimi di chiudersi. Per esempio in un quadro di atelettasia  (complicanza respiratoria frequentemente provocata dall’assenza di ventilazione durante la circolazione extracorporea impiegata nella chirurgia al cuore) caratterizzato dalla mancata aerazione degli alveoli polmonari di un segmento oppure di una intera lobo-superficie polmonare, la funzione della pressione positiva durante il respiro spontaneo è quella di aumentare il gradiente pressorio tra alveoli e pleura (pressione transpolmonare), vale a dire la pressione di distensione degli alveoli; questo comporta un aumento della capacità funzionale residua (CFR), che significa reclutamento di alveoli funzionalmente esclusi e/o maggior espansione di alveoli a scarsa resa funzionale. L’aumento della CFR comporta un miglioramento della compliance polmonare e una riduzione delle resistenze delle vie aeree il che si traduce in un ridotto lavoro respiratorio. Inoltre l’aumento modesto ma continuo della pressione nelle vie aeree, stabilizzando gli alveoli e la loro perfusione, può promuovere la rigenerazione del surfattante (membrana fosfolipidica che riveste gli alveoli, importante nel controllo della tensione superficiale). Da questo deriva un miglioramento degli scambi gassosi con aumento netto del trasporto di O2 e miglioramento della portata cardiaca. L’aumento delle pressioni intratoraciche comporta una riduzione del preload (precarico) che nel caso del trattamento di un edema polmonare acuto è da considerarsi un evento favorevole.

 

Durante il periodo di svezzamento viene mantenuto un certo livello di PEEP non inferiore a 5 cm H2O  in modo da garantire una buona capacità funzionale residua e contrastare l’eventuale presenza di PEEP intrinseca (Pressione delle vie respiratorie distali) soprattutto nei pazienti con patologie croniche ostruttive e nello stesso tempo, un livello di Pressione di Supporto PS non inferiore a 10 cm H2O tale da superare le resistenze offerte al flusso aereo dal tubo endotracheale, così da ridurre al minimo il lavoro respiratorio.

 

Esistono fondamentalmente tre tecniche di svezzamento dal ventilatore automatico:

1.     PSV o ASB

2.     SIMV + ASB

3.     cicli di respiro spontaneo in tubo-a-T alternati a cicli di Bipap o Cpap

 

Pressione di Supporto (Pressure Support Ventilation)

 

La PSV o ASB (assisted spontaneus breathing) è la tecnica di svezzamento più diffusa e quella impiegata nella Terapia Intensiva Cardiochirurgica.

Viene impostata una pressione di supporto o pressione positiva in inspirazione detta anche sopra PEEP di solito compresa tra i 20-30 cm H2O, la FiO2 ed una PEEP. Il paziente respira spontaneamente. L’atto respiratorio inizia da un tentativo del paziente di inspirare, il ventilatore eroga immediatamente un flusso inspiratorio molto ampio fino ad ottenere la pressione di supporto impostata. Questa pressione viene mantenuta constante per tutto il tempo durante il quale il paziente inspira o finchè il flusso inspiratorio, che come in tutte le modalità di ventilazione pressometriche è decelerato, non scende al di sotto  del 20% del flusso di picco iniziale. La frequenza respiratoria dipende dal paziente, ed in particolare dal suo senso di dispnea. Il volume corrente, come nella pressione controllata, dipende dalle resistenze delle vie aeree e dalla compliance, e quindi la pressione di supporto va regolata in modo da ottenere il volume corrente e la frequenze respiratorie (non superiore a 25-30 atti respiratori) appropriati. Generalmente aumentando la pressione di supporto e quindi il volume corrente, la frequenza respiratoria tende a scendere. In questo modello ventilatorio non si può valutare  facilmente il rapporto I:E anche se a frequenza respiratorie elevate questo tende ad aumentare creando problemi di iperinflazione dinamica e PEEPi. In linea di massima non è un modello ventilatorio adatto a polmoni a bassa compliance od alte resistenze. Dal valore iniziale lo svezzamento procede attraverso una progressiva, graduale riduzione del livello di PS in tappe di 5 cm H2O alla volta, fino ad un valore di PS 10 cm H2O. Se il paziente tollera per un periodo sufficientemente lungo, tale supporto minimo, si ritiene che sia pronto all’estubazione. L’infermiere deve controllare il volume minuto e la frequenza respiratoria perché il paziente può andare incontro ad episodi di ipoventilazione.

 

 

Ora farò un esempio in cui mostrerò attraverso quali modalità di ventilazione avviene il passaggio dalla ventilazione controllata a quella assistita tramite i respiratori impiegati in Cardiochirurgia:

1.     Drager Evita 1-2:

IPPV + PEEP             SIMV/MMV + ASB 25         ASB 25           ASB 10                                                                      

2.     Siemens:

IPPV + PEEP        SIMV + ASB 25         ASB 25       ASB 10  

 

SIMV (Sincronicity Intermittent Mandatory Ventilation)

 

Si impostano volume corrente e frequenza respiratoria desiderata, la FiO2 ed una PEEP. il ventilatore cerca di ottenere, variando la pressione di pressurizzazione, il volume corrente ed il volume al minuto. È il paziente che decide la frequenza respiratoria perché respira spontaneamente. La frequenza impostata eroga sempre un certo volume corrente. I vantaggi della SIMV sono quello di garantire il volume corrente in caso di apnea e permette il reclutamento alveolare grazie ad un volume corrente elevato. Mentre lo svantaggio maggiore è quello di non favorire la ripresa dei muscoli respiratori in quanto lo sforzo del paziente sia durante i respiri spontanei che in quelli assistiti è uguale.

 

Cicli di respiro spontaneo in tubo-a-T alternati a cicli di BIPAP (Bi-level positive airway pressure) o CPAP (Continuos positive airway pressure);

 

 

Il paziente viene scollegato per un certo intervallo di tempo (variabile tra i 30-120 min.) dalla ventilazione meccanica e viene garantito solo un flusso di O2 umidificato. Al termine di un ciclo il paziente viene messo a riposo collegandolo al ventilatore a pressione positiva. Analogamente alla PEEP la CPAP opera un ampio reclutamento degli alveoli non ventilati.

In Cardiochirurgia questa procedura viene applicata in particolare a pazienti in cui la permanenza in Terapia Intensiva è prolungata. Possono essere pazienti precedentemente estubati con un esito negativo o affetti da patologie a carico dell’apparato respiratorio, renale, usciti dalla sala operatoria contropulsati o con un supporto farmacologico della funzione emodinamica alto o provenienti dal reparto di degenza con problemi documentati nell’anamnesi. Questi pazienti sono definiti lungodegenti non necessariamente sono pazienti critici, a volte lo sono altre no, sicuramente da considerarsi impegnativi da un punto di vista assistenziale. La tracheotomia identifica bene la condizione del pz. lungodegente. Sono pazienti tracheostomizzati quindi,  in cui lo svezzamento si svolge in tempi molto lunghi e con passaggi graduali (abbassamento dei livelli di pressione positiva, aumento della durata del tempo in assenza di pressioni positive). I risultati vengono ottenuti dopo alcuni giorni fino a 2-3 mesi.

 

 

Un occhio di riguardo merita una nuova metodica di ventilazione PVRC di cui è dotato il SERVO, un ventilatore elettronico di ultimissima generazione. Questo dispositivo è stato adottato di recente in UCI.

PVRC (volume garantito a regolazione di pressione) è una ventilazione all’avanguardia: il paziente riceve il volume impostato con pressioni inspiratorie basse calcolate tramite un sistema a feed-back che regola in modo automatico il livello di pressione inspiratoria in funzione della compliance e delle resistenze del paziente, misurate in tempo reale atto per atto dal ventilatore. Con tale modalità il volume viene garantito tramite un incremento o decremento automatico della pressione, al massimo di 3 cm H2O per atto respiratorio. Il volume garantito diventa volume assistito tramite l’opzione di AUTOMODE che consente al paziente di respirare in modo spontaneo e di riprendere a ventilarlo in caso di apnea.

Essendo da poco introdotto nella nostra unità operativa rimane  uno strumento ancora poco conosciuto, ma grazie alle sue caratteristiche ha già ottenuto ottimi risultati nello svezzamento di pazienti lungodegenti.

 

V.     Criteri di svezzamento

 

 

PARAMETRI RESPIRATORI

PARAMETRI NON RESPIRATORI

Ossigenazione

Stato neurologico

Ventilazione

Stato emodinamico

Meccanica polmonare

Crasi ematica

 

Stato idro-elettrolitico ed acido-base

 

Stato nutrizionale

 

Fattori psicosociali

 

L’osservazione clinica deve riconoscere precocemente i segni dell’insufficienza respiratoria. Oltre alle anomalie dell’emogasanalisi l’infermiere rileva segni sistemici: eventuale dispnea, iperventilazione, respiro corto e superficiale, respirazione addominale, tachipnea, tachicardia, sudorazione, cianosi e segni mentali: agitazione, stato d’ansia/confusionale.

La comparsa dei segni clinici può precedere il deterioramento dei parametri emogasanalitici.

Gli infermieri giocano un ruolo importante soprattutto nella osservazione del paziente, dal momento che sono gli operatori che trascorrono più ore accanto al malato. L’osservazione del paziente deve essere costante attraverso una serie di controlli che vanno ripetuti periodicamente:

-         Valutazione della frequenza respiratoria (osservazione clinica)

-         Valutazione del modello di ventilazione (parametri del respiratore)

-         Valutazione dei volumi respiratori

-         Valutazione dei parametri emogasanalitici

Un  criterio diagnostico fondamentale è l’Emogasanalisi (EGA). I valori dell’emogas sono determinanti nella valutazione dell’ossigenazione: il rapporto tra PaO2 (pressione arteriosa dell’ossigeno) e FiO2 (frazione inspiratoria di ossigeno, concentrazione di ossigeno nell’aria inspirata); l’ossimetria SO2%; quadro metabolico PH, basi, bicarbonati.

 

TABELLA              VALORI DI  SVEZZAMENTO

 

  PARAMETRO        VALORE NORMALE      LIMITE DELLO SVEZZAMENTO

                                                                                                               PaO2/FiO2                                             > 400                                    > 200

TIDAL VOLUME                               5-7 Ml/Kg                              5 mL/Kg

FREQUENZA RESP.                         14-18 /min                              < 25 /min

CAPACITA’ VITALE                        65-75 mL/Kg                         > 10 mL/Kg

VENTILAZIONE MINUTO              5-7 L/min                               < 10 L/min    

 

 

                                                          GRANDE PREDITTIVITA’ 

 

FREQUENZA/ TIDAL                        < 50 min/L                             < 80 min/L

  Esempio di rapporto PaO2/FiO2 = 130 / 40 % (=0.4) = 325

Esempio di rapporto Frequenza (frequenza respiratoria media)/Tidal Volume (volume corrente medio) = 18 / 500 (=0.5) = 36

 

I due rapporti rappresentano gli indici validati da numerosi studi come indici di predittività dello svezzamento, vale a dire la probabilità di successo nel caso venga iniziato lo svezzamento. Mentre il primo si è dimostrato utile per brevi periodi di intubazione quindi meno affidabile per malati complicati da patologie respiratorie, il secondo rapporto è risultato di grande predettività anche per pazienti con malattie rspiratorie. Per esempio, un malato con BPCO che ventila con una frequenza di 40 e un volume di 15 L (volume corrente = 375 ml) avrà un indice di: 106 e molto probabilmente presenterà delle difficoltà di svezzamento o d’insuccesso una volta rimosso il supporto ventilatorio. Aumenta la predettività se entrambe gli indici sono favorevoli.

 

 

  Conclusioni

 

Lo svezzamento dal respiratore rimane ancora oggi un processo complesso a causa di una serie di fattori che siamo andati ad analizzare. Le complicanze che possono insorgere ci fanno capire quanto è delicata e rischiosa tale manovra. Non esistono verità assolute in merito alle tecniche, ai criteri, ai parametri adottati, ma degli studi che dimostrano le prove d’efficacia migliori attualmente disponibili.

Il ruolo dell’infermiere è conoscerle e saperle impiegare nella pratica clinica.

 

Bibliografi a

-      “prevenzione della polmonite associata a ventilazione artificiale” M.Benetton, L.Peressoni,   Miconi. “controllo e prevenzione della polmonite da ventilatore in UCI cadiochirurgica” A. D’Errico, M.Scardino. Atti del Congresso Nazionale ANIARTI 7/11/02.

-         “la ventilazione meccanica: dalla teoria alla pratica”. U. Corbanese. Rianimazione Conegliano

-         “la ventilazione meccanica” S.Coppa sito internet www.

-         “il paziente critico” A.Gentili, M.Nastasi, L.A.Rigon, C.Silvestri, P.Manganelli. ed. Ambrosiana

-         “il malato critico” E.Romani. ed. UTET

-         “distacco dal respiratore” protocollo Cardiochirurgia T.I. Parma

-         “ventilazione non invasiva a pressione positiva” atti convegno, Parma .02, Dipartimento Cuore.

-         Sito internet www.pneumonet.it