Votate ogni volta che fate la spesa,
ogni volta che schiacciate il telecomando,
ogni volta che andate in banca
sono voti che date al sistema.

(Alex Zanotelli, missionario)

Come combattere le multinazionali

In fondo a questa pagina ho inserito la descrizione di quello che le peggiori multinazionali combinano nel mondo grazie ai nostri acquisti. Sembra strano, ma in un mondo così globalizzato come quello attuale, ogni minima nostra azione si ripercuote anche in zone lontanissime da noi. E così la fame nei Paesi del terzo mondo o le guerre che aumentano sempre più non sono altro che la conseguenza di quello che noi acquistiamo giornalmente. Sembra strano ma è così: i prodotti di maggior consumo di ciascuno di noi non fanno altro che finanziare multinazionali e imperi industriali che oltre a produrre tali prodotti producono sostanze chimiche tossiche di ogni tipo, estraggono il petrolio e costruiscono armi, e rendono sempre più questo mondo un inferno. Con le sostanze chimiche e il petrolio inquinano e distruggono sempre più l'ambiente e con le armi consentono lo sviluppo di guerre in sempre maggiori parti del mondo.

Sempre più gente se ne sta accorgendo, ma pochi sono quelli che cercano di attuare l'unica soluzione possibile a questo problema, ovvero smettere di acquistare tali prodotti.

Mi chiedo che senso abbia scendere in piazza contro le multinazionali, magari indossando scarpe Nike, bevendo Coca Cola o mangiando Nutella. Alle multinazionali non importa niente delle proteste, finché potranno avere i nostri soldi!!! Non si può combattere contro qualcosa che siamo noi stessi a finanziare. Faccio un esempio stupidissimo: che senso ha che Manu Chao dichiari di essere contro la globalizzazione e inviti la gente a protestare, finché lui stesso lavora per la Virgin (una delle più grandi multinazionali) e le fa guadagnare miliardi con le vendite dei propri dischi?

Se vogliamo cambiare le cose è bene che ognuno inizi a cambiare le proprie abitudini quotidiane e faccia qualche sacrificio in prima persona... tutto il resto sono solo parole vuote!

Penso ad esempio alla protesta di Genova: quanti soldi sono stati spesi, la maggior parte dei quali finiti nelle tasche delle multinazionali, che avrebbero potuto essere usati meglio? Alla fine si è fatto il gioco dei potenti... L'unica vera lotta contro le multinazionali e la globalizzazione che queste vogliono è il boicottaggio. Possono scendere anche 1 miliardo di persone in piazza contro le multinazionali, ma fin quando queste persone continuano a finanziarle, le multinazionali non se ne fregano assolutamente niente. È troppo comodo continuare ad acquistare nei supermercati, soprattutto per risparmiare, e poi dispiacerci dei poveri che muoiono di fame e sete, o delle guerre che devastano interi Paesi. Se queste cose accadono dobbiamo renderci conto che è per colpa nostra, non per colpa delle multinazionali.

Dobbiamo cambiare i nostri stili di vita, dobbiamo acquistare solo ciò che è davvero necessario per vivere, tutto il superfluo non fa altro che continuare a far morire di fame e sete i poveri del mondo o ad alimentare le guerre. Dobbiamo capire che risparmiando dei soldi stiamo indirettamente sfruttando o ammazzando qualcuno nel terzo mondo, e stiamo sostenendo gente senza scrupoli che per i soldi è disposta a fare di tutto. Adesso sfruttano e ammazzano i poveri del terzo mondo, un domani ammazzeranno e sfrutteranno noi. Questa è la realtà, se non vogliamo vederla, allora continuiamo pure a scendere in piazza e a farci prendere in giro dai potenti del mondo che continuano a fare tutto quello che vogliamo noi, senza che ce ne rendiamo conto.

È altrettanto inutile aspettare che facciano qualcosa i politici o le istituzioni governative, loro non hanno alcun interesse a cambiar niente, un po' perché stanno bene così e non se ne fregano niente di quello che accade ai poveri del mondo, ma soprattutto perché sono legati nel potere alle multinazionali.

Cambiare i nostri stili di vita sembra difficile da potersi attuare, ma in realtà è possibile, è sufficiente un po' di buona volontà e di amore fraterno per chi soffre per colpa nostra.

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"La globalizzazione? Dipende anche dalle nostre scelte"

Oggi (18/11/2002) sull'Arena, il quotidiano di Verona e provincia, è uscito un articolo su una conferenza di Michele Perazzani (mperazzani@yahoo.it), giovane assistente sociale attivo nel volontariato. E' un'intrusione nell'informazione generalista che spero serva a mettere la pulce nell'orecchio a chi non ha mai avuto modo di affrontare o conoscere questi temi.


"La globalizzazione è come un coltello: può servire per tagliare il pane e dividerlo fra
chi ha fame, o per ferire e uccidere per averlo tutto per sé. Non è una realtà né buona né
cattiva in se stessa; purtroppo, però, per i Paesi poveri la globalizzazione è un coltello
puntato contro": con questa immagine, Michele Perazzani, un giovane assistente sociale
veronese, attivo nel volontariato e legato ai missionari Stimatini, che ha conosciuto la
tragica realtà delle popolazioni dell'Africa più dimenticata del Sud Sudan, ha introdotto
la conferenza sulla "Globalizzazione vista dal Terzo mondo", nel corso di un incontro
organizzato dal gruppo missionario di Quinzano, che si è tenuto alla Casa della Comunità.
"Noi apparteniamo a quel 20 per cento di popolazione che dispone e consuma l'80 per cento
delle risorse mondiali: è nostro dovere aiutare le popolazioni più povere, ma credere di
riuscire a portare tutto il mondo ai nostri livelli di vita è impossibile; siamo noi che
dobbiamo rinunciare a qualche nostro privilegio", ha spiegato Perazzani. Ma che cosa è
possibile fare a livello personale, di piccola comunità, sensibile ai bisogni del Terzo
mondo?, si è sentito chiedere Perazzani dal pubblico di Quinzano. Il giovane volontario
non ha dubbi e ha indicato una serie di comportamenti e di iniziative che ognuno può
attuare nella propria vita, per fare in modo che la globalizzazione non sia quel coltello
che ferisce e uccide i più poveri: "Innanzitutto dobbiamo informarci dei prodotti che
comperiamo; da dove vengono, chi li produce, quali sono le condizioni dei lavoratori che
li realizzano".
Difficile? "Solo un po'", ha assicurato il volontario veronese, "oggi esistono vari canali
informativi, c'è tanta stampa alternativa, c'è internet, e anche i maggiori quotidiani ed
alcune trasmissioni televisive propongono sempre più spesso informazioni e servizi su
queste tematiche".
Ma Perazzani ha insistito soprattutto su un altro aspetto: bisogna cambiare il proprio
stile di vita, condurre una vita più sobria, rinunciare al superfluo. E ha ricordato di
come tanta agricoltura del Terzo mondo è stata distrutta per favorire coltivazioni di
cotone, per soddisfare le nostre mode che cambiano ogni sei mesi: un nuovo modello di
jeans ha significato per esempio in Burkina Faso trasformare in coltivazioni di cotone
tante piantagioni di manioca. Così la gente di quel Paese africano muore di fame, ma le
multinazionali sono servite.
Le politiche agrarie di tanti Paesi poveri sono tese a produrre quello che noi comperiamo,
non il cibo per la loro gente. Perazzani ha poi parlato del consumo critico: "Quando
andiamo a fare la spesa noi siamo sempre attenti al rapporto qualità/prezzo. Ebbene, oltre
a queste voci dovremmo cominciare ad inserirne altre due: la qualità ambientale e quella
umana. Dobbiamo cominciare a domandarci se l'oggetto che acquistiamo è stato prodotto
rispettando l'ambiente e se soprattutto è stata salvaguardata la dignità umana del
lavoratore". Il volontario veronese ha ricordato le varie "Guide al consumo critico", che
sono state pubblicate di recente nelle numerose campagne di sensibilizzazione. Grandi
multinazionali hanno tolto gli appalti, quando sono venute a conoscenza di inquinamenti e
sfruttamenti e questo grazie alla mobilitazione di tanti europei che hanno denunciato
queste situazioni. Perazzani ha ricordato la realtà della Birmania dove alcune
multinazionali del settore dell'abbigliamento sportivo, quando hanno saputo che veniva
favorita una delle più terribili dittature al mondo, hanno dirottato altrove i loro
appalti.
Altro strumento è il commercio equo e solidale che ormai, anche a Verona, vanta una
notevole rete di centri di vendita: "Qui è possibile acquistare prodotti realizzati in
cooperative e realtà economiche che pagano in modo giusto i propri dipendenti, che
rispettano l'ambiente e che tutelano le persone. Attraverso il commercio equo e solidale",
ha ricordato ancora Perazzani, "ha preso il via il grande progetto della Banca etica, che
finanzia anticipatamente alcune iniziative di produzione e di commercio nei Paesi poveri.
La Banca etica per statuto non finanzia chi commercia in armi, chi sfrutta i lavoratori
poveri, chi non tutela l'ambiente".
"È una realtà", ha precisato Perazzani, "che si sta sviluppando sempre di più. Qui a
Verona non è stato aperto uno sportello (come è avvenuto a Padova ed a Rovereto), ma
attraverso la cooperativa La Rondine, nel negozio di via Pallone, è possibile diventare
soci, contattare un promotore finanziario e aprire un conto corrente. Da qualsiasi
sportello delle altre banche si possono poi depositare soldi, facendo bonifici".
L'ultimo tema toccato dal volontario veronese è quanto mai nuovo: il turismo responsabile.
"Sappiamo bene che tanti paradisi delle nostre vacanze all'estero mostrano, fuori del
villaggio, realtà di gravissima miseria. Ed i soldi delle nostre vacanze quasi sempre
ritornano in Europa, visto che il maggior guadagno è degli organizzatori, che sono tutti
occidentali. La popolazione del luogo ne beneficia pochissimo: deve accontentarsi di pochi
soldi, anche se è quella che lavora di più per renderci piacevole la vacanza. Ebbene, il
turismo responsabile sta proponendo pacchetti-vacanza che favoriscono le popolazioni
locali: è un turismo che si propone di aiutare quella gente. Dunque, anche nella scelta
delle vacanze possiamo cominciare ad incidere nelle scelte globali".
Articolo di Emma Cerpelloni

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Gandhi e la sua eredità oggi

Quando sulla scena politica e civile dell'India apparve quel piccolo uomo vestito di semplici panni, con uno sguardo mite ma deciso, il grande impero britannico sorrise con compatimento. Cosa avrebbe mai potuto fare un singolo individuo contro quello che fino ad allora era stato il più vasto dominio coloniale della Terra? Eppure fu proprio quel piccolo uomo chiamato Mohandas Karamchand Gandhi (1869-1948) a strappare ai colonialisti inglesi la sua terra. E senza l'uso di alcuna arma micidiale ma solo con la non violenza, il boicottaggio pacifico, la resistenza passiva.

Il Mahatma o "Grande anima" infatti voleva ottenere per l'India l'autogoverno (Swaraj), basandosi sulla verità ideale (Satya), la non violenza (Ahimsa) e la purificazione attraverso l'amore del prossimo (Brahmacharya) della tradizione indiana. Egli infatti soleva dire che se la resistenza è violenta, l'altro continuerà a usare violenza. Ma se non si cade nella trappola e non si ricambia violenza con violenza, l'altro finirà collo scoraggiarsi e stancarsi. "Morirò comunque prima o poi. Questo è il destino di ogni uomo. Dunque sono pronto spiritualmente. Se vogliono usare violenza contro di me - affermava Gandhi parlando degli avversari - è un problema loro, non mio. La non violenza è fatta di materia solida, è l'arma dei cuori più forti. E' la Satyagraha".

Un atteggiamento divenuto più che mai attuale in un'epoca come la nostra dove la corsa agli armamenti si porta via la fetta più grande dei bilanci degli Stati, Terzo Mondo in testa. Alla violenza si risponde con la violenza e intanto pochi si ingrassano e si lordano le mani col sangue di tanti innocenti. Eppure se tutti quei milioni di esseri umani mandati al macello fossero davvero consapevoli di quanto la guerra sia tutto uno sbaglio e si rivoltassero contro quei pochi capi che si nascondono dietro i loro cadaveri e ballano sulle loro morti per fame di potere, guerra non ci sarebbe.

I pochi che governano sanno che se le popolazioni di tutto il mondo si unissero per pretendere la pace rifiutando la guerra, sarebbe la fine del loro sciacallaggio. Un rischio da non correre, evidentemente. E questo spiega il perché negli ultimi 50 anni l'informazione di massa abbia preso il sopravvento, divenendo strumento del potere per 'addormentare' le persone. Gandhi lo aveva capito e sapeva che solo con la non violenza, o resistenza passiva, l'avversario che basava il potere sulle armi sarebbe crollato sui suoi ruderi sconfitto da un popolo unito e consapevole. Come rendere allora oggi attuale Gandhi? Come raccogliere la sua eredità e portare la pace sulla Terra?

Se n'è parlato a un recente incontro organizzato a Treviso da Associazione filosofica trevigiana, Cooperativa pace e sviluppo, Gildaform, Arci Yoga e Provincia di Treviso insieme a Mark Lindley, uno dei principali studiosi internazionali del pensiero e dell'opera di Gandhi, docente in molte università americane, indiane ed europee e autore di varie opere in molte lingue. "Come far capire Gandhi ai giovani, voi mi chiedete? Se alla televisione - ha risposto Lindley - vedremo più notizie sul Terzo Mondo, se capiremo finalmente che il terrorismo islamico è dovuto all'esportazione del petrolio e se ci rifiuteremo di assistere a tutta quella commercializzazione inutile, allora qualcosa cambierà. Guardateli i vostri giovani: vedono tanti modelli di camicia, si ritengono più interessanti se indosseranno l'ultimo, cercano di averlo a tutti i costi. Com'è possibile che con una televisione così poco seria essi si interessino ai problemi del mondo? Alla pace? Alla fame di quattro quinti di popolazione del Pianeta?"

E smettiamola di parlare di perdita di valori, precisa lo studioso: "I valori sono sempre lì, basta solo avere determinazione per riscoprirli. Ma per noi oggi è difficile avere fiducia in qualche idea. Gandhi non era un dio. I suoi metodi devono essere studiati, adattati, capiti davvero. Ma una cosa vi posso dire: bisogna che ci cambiamo dentro, che limitiamo volontariamente i nostri desideri. E per far questo è necessario che ognuno di noi si conosca bene. Non bisogna mai fare più di quanto siamo in realtà capaci di fare".

Tutto secondo le proprie possibilità e al momento giusto, dunque: "Supponiamo che finalmente venga prodotta su larga scala un'automobile ecologica e io decida di comprarla. Supponiamo anche che io la compri perché meno costosa, perché più conveniente, non perché consapevole del fatto che sarà un beneficio per l'ambiente e per le persone. Ecco: la mia decisione in realtà servirà ben poco. Ma se invece la compro sapendo che quest'auto è necessaria per diminuire l'inquinamento io faccio un piccolo passo nella direzione giusta, cioè del 'pensare' davvero a quel che faccio, secondo le mie capacità. Così sarò presto pronto a fare il prossimo passo quando verrà il momento. Piccoli passi che porteranno al traguardo. Non pensiamo infatti di cambiare tutto e subito. Gandhi diceva: 'Voglio il cambiamento sociale come le nuvole nel cielo', cioè in modo naturale, spontaneo, non forzato".

Gandhi in tal senso fu un guerriero e un vero politico. Aveva ben presenti gli obiettivi finali e i mezzi per raggiungerli. Lui cercava vantaggi che andassero oltre i momenti della lotta, come un politico pensava al 'dopo', al nuovo governo che l'India si sarebbe data. "Se chiediamo dieci e ci offrono cinque e poi prendiamo solo tre - affermava il Mahatma - va bene così. Poi ci daranno anche gli altri sette".

Gandhi si prendeva le responsabilità di tutte le sue azioni, ma soprattutto puntava alla consapevolezza del singolo individuo, troppo spesso diviso dagli altri fratelli da pregiudizi, ignoranza, bugie. Quando l'India boicottò l'industria tessile britannica, ricorrendo ala produzione interna, le fabbriche in Inghilterra andarono in crisi, ci furono scioperi, licenziamenti, rivolte. Gandhi allora partì dall'India e raggiunse lo Stato britannico. "Andrò lì a spiegare cosa sta succedendo in India. Anche se mi linciano".

E queste furono le parole che rivolse a una folla di operai in rivolta: "Non pensate di prosperare sulle tombe dei poveri milioni di indiani. Non voglio dipendere da alcun Paese per il mio cibo e il mio vestiario". Due lavoratrici lo presero per le braccia e gridarono: "Tre urrà per Mr. Gandhi!!!".

"Questa fu la differenza tra Gandhi, Fidel Castro e Stalin per esempio. Essi furono maestri nel vincere il potere con mezzi distruttivi - ha aggiunto Lindley - Poi però dovettero ricominciare con una società distrutta. Gandhi non volle mai questo". Gandhi fin da allora aveva capito gli effetti devastanti di un potere mondiale soggiogato al denaro, oggi chiamato globalizzazione o mondializzazione: "Voleva sviluppare la capacità di ogni villaggio indiano a essere indipendente. Per addolcire gli effetti malvagi della globalizzazione, diceva. Perché il Paese non fosse rovinato, al massimo diventasse un po' meno ricco. Soleva anche dire che la salvezza dell'India consisteva nel dimenticare quanto imparato negli ultimi 50 anni: treni, telegrafi, ospedali. Per Gandhi il capitalismo fu tutto uno sbaglio. Ci voleva invece autodisciplina come ci vuole anche oggi: quando infatti saremo pronti a semplificare la nostra vita per evitare che milioni di uomini muoiano di fame?"

La Bibbia dice: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la Terra, soggiogatela e abbiate dominio su ogni essere vivente". Il testo sacro indiano, l'Upanishad, invece afferma: "Tutto ciò che si muove nell'Universo è intriso dello Spirito. Perciò godi con moderazione: non bramare ciò che non è tuo". Due civiltà, quella europea e quella indiana, dunque totalmente differenti anche nel pensiero religioso che è divenuto base del pensiero civile.

Della civiltà europea Gandhi un giorno disse che essa "era un incantesimo di 9 giorni. Queste civiltà vanno e vengono e poi non lasciano più traccia". Nove giorni o 300 anni, che differenza fa? "Stiamo sfruttando il pianeta da tre secoli almeno, arroganti e sicuri di noi stessi - conclude Lindley - Ma quando finiranno petrolio, carbone cosa faremo? La nostra civiltà si basa su tutto questo, è fragile, effimera e sta facendo terra bruciata intorno a sé. Cosa ci resterà allora se avremo perduto lo Spirito e l'unità con l'Universo? Solo cenere e morti" .

La forza del singolo uomo, come ha dimostrato Gandhi, è dunque la forza di un popolo intero. Non scoraggiamoci allora quando talvolta ci sembra che poteri superiori, quasi invincibili, vogliano decidere per noi e armarci la mano. Nessuno può decidere per nessuno se egli non lo vorrà. Ma per far questo bisogna uscire dall'incantesimo nel quale pochi bramosi di potere hanno gettato l'intera umanità. Togliere i veli dagli occhi si può: non date niente per scontato, dubitate di tutto quello che vogliono farvi credere. Cercatevi da soli la verità e non smettete mai di cercare. Chi cerca trova sempre, prima o poi.

Fantin Paola

tratto da:
C.R.I.A.D.
(Centro di Ricerche e Studi per l'Informatica Applicata alla Didattica)

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Multinazionali

Ecco l'elenco di alcune tra le più famose e potenti multinazionali mondiali

Nestlé - Mitsubishi - Nike - Shell - McDonald's - Monsanto - Walt Disney

Barilla - Kraft - Total - Benetton - Danone - Procter & G

Agnelli - Banche e armi - Novartis - Dow - Philip Morris

Unilever - Chiquita - Esso - Burger King - Kodak - Coca Cola

Pepsi Cola - Sun Diamond - Industrie farmaceutiche - Del Monte - Ferrero

Henkel - 3M

E' importante conoscere prima cos'è il MAI e gli altri "strumenti legali" delle multinazionali: FMI (Fondo Monetario Internazionale), WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio), WB (Banca Mondial). 

 

MAI Multilateral Agreement on Investments


Il MAI (Accordo Multilaterale sugli Investimenti) è un accordo economico internazionale in fase di negoziazione presso l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (d’ora in poi OCSE). Guidate dagli Stati Uniti, le 29 nazioni che costituiscono l’OCSE (USA, Canada, Messico, gli stati membri dell’UE, Svizzera, Norvegia, Islanda, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Turchia, Corea del Sud, Giappone, Nuova Zelanda, Australia) vogliono creare una carta dei diritti e delle libertà per le aziende multinazionali, al fine di rendere più facile per gli investitori individuali e aziendali lo spostamento di capitali all’estero - sia in valuta che sotto forma di immobili industriali. L'ambizione é quella di creare dei principi di applicazione uniformi a partire dai circa 1.800 accordi bilaterali esistenti al momento. E’ interessante notare che 477 delle 500 maggiori multinazionali citate da "Global Fortune" (cioè il 95,4%) hanno sede negli stati membri dell’OCSE.

Le negoziazioni confidenziali - o, se si preferisce, segrete - per arrivare alla ratifica dell’accordo sono partite nel Maggio del 1995 e si prevede che il MAI possa vedere la luce nella primavera del 1998. Un tratto saliente di questo trattato è che qualsiasi stato, anche non appartenente all’OCSE, viene incoraggiato a partecipare, in modo di annoverare tra i membri i paesi in via di sviluppo, economie ancora giovani e quindi vergini dal punto di vista speculativo. Posti davanti alla questione "MIA o nessun investimento estero", i governi di queste nazioni dovranno accettare le condizioni dettate dalle società multinazionali.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI), l’organo responsabile degli aiuti alle nazioni che hanno deficit nella bilancia dei pagamenti e che definisce gli standard valutari, è stato un prezioso strumento nell’apertura di nuovi mercati per le multinazionali. Il FMI introduce nei paesi un insieme di misure di liberalizzazione finanziaria che privano i governi della loro sovranità in campo economico. I "pacchetti per la ripresa economica" che il FMI ha recentemente approntato per le economie disastrate di Tailandia, Indonesia e Corea del Sud contenevano misure che anche il MAI prevede: obbligo per i governi di accettare investimenti esteri in tutti i settori, l’indebolimento degli standard ecologici e di sicurezza sul lavoro per attrarre nuovi investimenti, la rimozione delle misure di salvaguardia contro attacchi speculativi in borsa. Le multinazionali approfittano della crisi delle economie asiatiche per acquisire imprese a prezzi stracciati e per conquistare nuovi mercati.

Il MAI ha lo scopo di stabilire un nuovo corpo di leggi mondiali sugli investimenti che garantirà alle multinazionali il diritto e la libertà incondizionata di comprare, vendere e compiere operazioni finanziarie in tutto il mondo come e quando ritengono opportuno, incuranti di leggi ed interventi governativi

WTO Word Trade Organisation 

Word Trade Organization, che sta per Organizzazione mondiale del commercio, è il frutto di otto anni di negoziati in Uruguay (Round), dal 1986 al 1994 (anno della sua nascita), ed è di fatto erede dell'ex GATT (General Agreement on Tariffs and Trade) nato nel 1948 e attivo fino al 1995. Ha sede a Ginevra. L'organizzazione, presieduta dal luglio scorso da Mike Moore, si occupa del controllo delle regole del commercio mondiale, sostenendo una pressoché totale abolizione di ogni tipo di dazio o tariffa alle frontiere. Dazi e tariffe che riguardano le quantità delle merci, tariffe interne, controlli di salubrità sui prodotti alimentari....A decidere poi la sorte di ogni prodotto alimentare è solo il mercato (secondo il loro giudizio), o piuttosto potrebbe accadere che ogni prodotto alimentare decide la sorte di chi lo acquista.. All'inzio della sua storia come Gatt, contava pochi paesi membri (tanto da essere chiamato"il Club dei ricchi"); ora conta 136 tra cui la Cina, che ha siglato recentemente un accordo "bilaterale" con gli USA; la lunga lista di attesa dei paesi che vogliono entrarvi annovera tra gli altri Russia e Arabia Saudita.

Fondo Monetario Internazionale: la medicina amara per i popoli del Sud

Il FMI è un istituto specializzato dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) creato insieme alla Banca mondiale durante la conferenza di Bretton Woods nel 1944 e diventato operativo nel 1946; i suoi obiettivi sono l'eliminazione delle restrizioni sul commercio estero, la promozione della cooperazione monetaria internazionale e favorire una crescita equilibrata del commercio mondiale con investimenti su scala globale.

Con l'insorgere del problema del debito estero dei paesi in via di sviluppo, l'FMI interviene sempre di più nelle politiche economiche e di sviluppo dei Paesi. Ha imposto piani di austerità con conseguente taglio della spesa pubblica, licenziamenti e privatizzazioni come condizione per accedere ai propri fondi. Fallimentare la gestione della crisi finanziaria asiatico-russa del 1997 per la quale l'Italia ha versato al FMI oltre 7mila miliardi di lire. Il suo intervento piuttosto che prevenire le speculazioni finanziarie le ha legittimate, aumentando i costi sociali ed ambientali per le popolazioni di quei paesi. Presidente dell'FMI e' Horst Koehler, tedesco

Banca Mondiale

La Banca mondiale nasce nel 1944 con la Conferenza di Bretton Woods. Iniziò sostenendo la ricostruzione dei paesi devastati dalla guerra per poi occuparsi principalmente di politiche di sviluppo e lotta alla povertà, finanziando progetti quali dighe, miniere, centrali elettriche, piani di aggiustamento strutturale e l'espansione degli investimenti privati (nel solo 1999, ha investito 29 miliardi di dollari). L'Italia partecipa con fondi pubblici e propri rappresentanti nel Consiglio direttivo. Scarsa trasparenza, e insufficiente consultazione della società civile, mancato rispetto delle sue norme socio-ambientali, ed applicazione di un modello di sviluppo esclusivamente basato sul mercato, queste le principali critiche delle campagne di protesta di organizzazioni non governative e movimenti sociali. Presidente della Banca mondiale e' James Wolfensohn, americano

Tratto dal sito Manitese http://www.manitese.it/boycott/boycott.htm 

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Kraft Jacobs Suchard (sottilette Kraft, formaggio Philadelphia, cioccolata Suchard), multinazionale alimentare che possiede diverse altre marche apparentemente più "nostrane", come le Fattorie Osella, produttrici di formaggio. Ma la Kraft, a sua volta, appartiene ad un colosso come la Philip Morris, cha ha un fatturato di 56 miliardi di dollari...

Barilla, notissima impresa alimentare (pasta, merendine, biscotti, sughi, ecc). Il 49% del pacchetto azionario di questa società appartiene alla Relou Italia srl, nel cui consiglio di amministrazione troviamo molti stranieri, fra di essi, fino a pochi anni fa era presente un certo Walter Wurth, presidente della Oerlikon Buhrle, una importante azienda svizzera produttrice di cannoni, missili e mezzi blindati, nonché di avanzati sistemi elettronici per la difesa. E' presente con i seguenti marchi:
Barilla, Crakers Motta, Essere, Gran Pavesi, le Tre Marie, le Spighe, Mulino Bianco, Pavesini, Voiello, Panem.

Total (Spontex, Pirelli o Mapa). Nessuno immaginerebbe che, fermandosi a fare benzina in una stazione di servizio Total sta finanziando il governo della Birmania, ovvero una delle dittature più oppressive della Terra. Il regime di questo paese protegge l'esportazione di circa il 60% del commercio globale di eroina, foraggia il mercato della prostituzione in Thailandia, utilizza tutti gli introiti derivanti dal commercio con l'estero per le spese militari e distrugge le ultime foreste di pregiato legno di tek esistenti nel suo territorio.

Articolo tratto da "Extra terrestre, nuova scienza nuova coscienza" n°10 Marzo 2000

Schiavitù: in Birmania la Total usa il lavoro forzato
Tratto da l'Unità On-line 21/10/2002

La società petrolifera Total e altre multinazionali continuano ad utilizzare il lavoro forzato per le loro operazioni in Birmania. Lo denuncia un rapporto
della Confédération Internationale des Syndicats Libres (Cisl), l'organizzazione che raggruppa i sindacati dei lavoratori di tutto il mondo, consegnato
lunedì all'Organizzazione internazionale del Lavoro (Oit), un'agenzia dell'Onu con sede a Ginevra.

Nel rapporto sono citate numerose testimonianze che denunciano come il gruppo francese Total Fina-Elf abbia fatto ricorso nel 2002 al lavoro
forzato per la costruzione di una strada e per altri lavori di carattere infrastrutturale collegati con la realizzazione del gasdotto Yadana. E ciò
nonostante che Totale altri gruppi occidentali fossero già stati diffidati dalla stessa Cisl e dall'Oit dal proseguire con tale pratica.

Il rapporto cita la Federazione dei sindacati birmani che denuncia come dei civili provenienti da almeno 16 villaggi sono stati forzati nel 2002 a
partecipare alla costruzione della strada. Nel 2002 molte famiglie sono state costrette a lavoro più di venti giorni al mese. Ad ognuna era affidata la
realizzazione di un pezzo di strada lunga 20 metri e larga 4. Secondo la Cisl la società francese avrebbe versato alla giunta militare al potere in
Birmania il denaro per il lavoro realizzato, ma i lavoratori non sono mai stati pagati. Tutto ciò, nonostante che le «multinazionali come Total Fina-Elf,
sostengano da tempo come non ci fosse alcun legame tra i loro investimenti in Birmania e il ricorso crescente al lavoro forzato».

Nel documento di 350 pagine, che si riferisce al periodo dall'ottobre 2001 al settembre di quest'anno, si citano numerosi casi di coinvolgimento delle
multinazionali nell'utilizzo del lavoro forzato e nelle violenze delle forze armate nei confronti dei sindacalisti.

Secondo la Cisl, il lavoro forzato è in aumento in Birmania, soprattutto da parte dell'esercito e nei campi dove si coltiva l'oppio, mentre i sindacati
sono oggetto di una violentissima repressione. Il 4 agosto 2002 U Saw Mya Than, un sindacalista, è stato ucciso a sangue freddo dopo essere
stato costretto a lavorare per l'esercito.

By Red

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NESTLE'

FATTURATO: 36.530 MILIARDI DI LIRE
AVENUE NESTLE' 55
CH-1800 VEVEY
SVIZZERA

Secondo l'UNICEF un milione e mezzo di bambini muoiono ogni anno poiché non vengono nutriti con il latte materno. E molti milioni in più di bambini si ammalano seriamente. L'allattamento al seno materno fornisce il migliore inizio alla vita per tutti i bambini, ma in una società di poveri costituisce un'indispensabile fonte di sopravvivenza. Le società che producono latte per bambini promuovono il loro prodotto presso mamme ed operatori sanitari, poiché si rendono conto che, se non riescono a far attecchire l'allattamento artificiale, non fanno affari. L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l'UNICEF hanno un Codice Internazionale che proibisce ogni forma di promozione di latte per bambini. La Nestle' viola questo codice più frequentemente degli altri concorrenti.
Una delle strategie di maggior successo della Nestle' consiste in forniture gratuite di latte agli ospedali: allattare con il biberon i neonati favorisce l'insuccesso dell'allattamento naturale. Il bambino viene infatti a dipendere dal latte artificiale. Una volta a casa la madre deve comprare il latte da sé. In molte società ciò può costare più della metà dell'intero reddito familiare. Le madri povere a volte diluiscono eccessivamente il latte in polvere e ciò porta alla malnutrizione. In condizioni di povertà l'acqua mischiata al latte e' spesso malsana; porta a diarrea, disidratazione e spesso alla morte.
Il primo boicottaggio della Nestlé venne sospeso nel 1984, quando la Nestlé' promise di rispettare il Codice Internazionale. La Nestlé rinnegò subito la sua promessa, cosicché il boicottaggio venne nuovamente attivato nel 1988, concentrando l'azione sul prodotto più venduto e famoso della Nestlé, il Nescafè. La Nestlé ora ammette che le forniture gratuite sono dannose, ma si rifiuta di bloccarle negli ospedali, a meno che i governi facciano leggi in materia. La Nestlé' e' impegnata a far diminuire l'allattamento al seno materno allo scopo di vendere più latte in polvere.
Una risoluzione del 1986 dell'Assemblea Mondiale della Sanità aveva stabilito che: "nessuna fornitura, gratuita o con sussidio, di latte in polvere per bambini deve essere data agli ospedali o ai reparti maternità; il piccolo ammontare necessario dovrà essere acquistato dalle istituzioni".

Il boicottaggio della Nestlé sta funzionando ?
La Nestlé' e' chiaramente preoccupata per il danno alle sue vendite e alla sua reputazione. Il boicottaggio è appoggiato a livello internazionale da migliaia di persone, nonché da centinaia di organizzazioni, inclusa la Chiesa d'Inghilterra. Il boicottaggio continuerà finché la Nestlé' interromperà tutte le sue irresponsabili pratiche di commmercializzazione.

Cosa puoi fare:
- Non acquistare più Nescafè, e scrivi alla Nestle' dicendo che sostieni il boicottaggio.
- Distribuisci volantini sul boicottaggio.
- Chiedi a qualsiasi gruppo comunitario, sindacati, chiese ed altre organizzazioni di unirsi alla campagna.

COSA COMBINA NEL MONDO LA NESTLE'

REGIMI OPPRESSIVI: Nestlè ha filiali in Brasile, Cina, Colombia, Egitto, El Salvador, Guatemala, Honduras, India, Indonesia, Kenya, Libano, Messico, Papua Nuova Guinea, Filippine, Senegal, Sri Lanka, Turchia. L'Oreal è presente anche in Perù e Marocco.
RELAZIONI SINDACALI: nel 1989 i lavoratori di una fabbrica di cioccolato a Cacapava, Brasile, fecero sciopero. I lavoratori si lamentavano delle misere condizioni di lavoro, compresa la discriminazione verso le donne, la mancanza di indumenti protettivi e le inadeguate condizioni di sicurezza. Entro due mesi dall'inizio dello sciopero la compagnia aveva licenziato 40 dei suoi operai, compresa la maggior parte degli organizzatori dello sciopero.
COMMERCIALIZZAZIONE IRRESPONSABILE: recenti mosse della Nestlè nel campo del latte in polvere per neonati comprendono un'ulteriore violazione del Codice dell'OMS, cioè la pubblicità del suo nuovo latte ipo-allergenico, Good Start, negli USA. Si è saputo che alcuni neonati hanno sofferto di shock 'anafilattici', con pericolo per le loro vite, dopo essere stati nutriti con questo prodotto. Vedi anche il boicottaggio sotto.
TEST SU ANIMALI: L'Oreal è attualmente oggetto di boicottaggio per il suo uso continuato di test sugli animali. La stessa Nestlè è stata recentemente criticata dalla BUAV (antivivisezionisti inglesi) per aver fatto test di cancerogenicità del suo caffè su topi.
CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO: la Nestlè è attualmente oggetto di un boicottaggio mondiale per la pubblicità irresponsabile del latte in polvere, e L'Oreal per i test sugli animali.

PRODOTTI DI CONSUMO DELLA NESTLE'

BEVANDE: Nescafè, Nesquik, Nestea, Orzoro
ACQUA MINERALE: Perrier, Vittel, Acqua Vera, San Bernardo, S. Pellegrino, Panna, Levissima, Pejo, Recoaro
DOLCI: Smarties, Kit Kat, Galak, Lion, After Eight, Quality Street, Toffee, Polo, Rowntree, Motta, Alemagna
CIOCCOLATO: Perugina, Nestlè
SALUMI: Vismara, King's
OLIO: Sasso
CONSERVE: Berni
FORMAGGI: Locatelli
PASTA: Buitoni, Pezzullo
DADI PER BRODO: Maggi
SURGELATI: Findus, Surgela, Mare Fresco, La Valle degli Orti
GELATI: Motta, Alemagna, Antica Gelateria del Corso
CIBI PER ANIMALI: Friskies, Buffet
COSMETICI: L'Oreal, Lancome

Tratto dal sito Manitese http://www.manitese.it/boycott/boycott.htm 

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MITSUBISHI

MITSUBISHI CORPORATION FATTURATO: 161.500 MILIARDI DI LIRE
520 MADISON AVENUE
NEW YORK N.Y. 10022-4223
U.S.A.

Secondo l' Organizzazione Internazionale per il Commercio del Legname (ITTO), il Giappone è uno dei maggiori importatori di legname tropicale nel mondo. La Mitsubishi Trading Company è una delle più potenti compagnie giapponesi di legname tropicale, ottenuto dalla distruzione delle foreste. Essa ha estese operazioni di sfruttamento delle foreste in Brasile, Indonesia, Filippine, Papua Nuova Guinea, Cile, Canada.
In Malesia le operazioni di disboscamento della Mitsubishi procedono ininterrottamente 24 ore al giorno, distruggendo le foreste negli stati di Sabah e Sarawak al ritmo di 300.000 ettari all'anno. Questa compagnia non solo uccide gli alberi, ma distrugge anche culture. I Penan, i Kayan, i Kenyan, i Kelabit e gli Iban, tribù indigene malesi, stanno disperatamente cercando di salvare la loro casa, la foresta, dalla distruzione. Essi hanno provato con mezzi legali, hanno organizzato blocchi nonviolenti per fermare i camion e i bulldozer, e sono stati arrestati. L'operazione della Mitsubishi è davvero un caso di genocidio culturale: il disboscamento diffonde la malaria e la tubercolosi fra gli indigeni. Molti sono ridotti in povertà perché le loro tradizionali fonti di cibo sono distrutte. Altri ancora sono costretti ad emigrare nelle città.
Oltre alle persone, milioni di animali, uccelli, piante e insetti sono stati spazzati via dalla distruzione della foresta. Pur ammettendo il legittimo bisogno di legname, il Giappone usa la maggior parte del legno tropicale in modo dissennato - casseforme per il cemento armato usa-e-getta, mobili fai-da-te, bastoncini per ristoranti, compensato, e impiallacciatura. In tutti questi casi ci sono alternative meno distruttive dal punto di vista ambientale. La domanda di legno duro tropicale si può fronteggiare in modi che non distruggano l'ambiente o la vita delle persone, con coscienza ed attenzione.
Il Gruppo Mitsubishi, o 'Keiretsu', consiste di 29 compagnie collegate tra di loro, e forma uno degli imperi industriali e finanziari più grandi del mondo, con 131 industrie connesse. Fra queste compagnie vi sono Mitsubishi Bank (la terza nel mondo), Mitsubishi Electric, Mitsubishi Motors, Nikon Corporation, Bank of California, Kirin Beer, e Value Rent-a-car.
Sebbene queste compagnie siano collegate tra di loro in vari modi, comprese quote azionarie incrociate, non c'è nessuna singola compagnia che le possiede tutte. Inoltre, poiché la Mitsubishi Corporation è una compagnia commerciale che non può essere direttamente boicottata, dobbiamo focalizzarci sulle compagnie affiliate, come la Mitsubishi Motors e la Mitsubishi Electric, che, in quanto membri del gruppo principale, possono convincere la compagnia commerciale a consumare meno legname tropicale.

Cosa si può fare
Unitevi alla nostra campagna di boicottaggio della Mitsubishi, contro la distruzione delle foreste tropicali e per la salvaguardia delle culture indigene.

COSA COMBINA NEL MONDO LA MITSUBISHI

REGIMI OPPRESSIVI: il Gruppo Mitsubishi ha filiali in Bahrein, Brasile, Cina, Colombia, India, Indonesia, Iran, Liberia, Messico, Marocco, Perù e Filippine.

DIRITTI ALLA TERRA: nel 1992 Survival International ha criticato le operazioni di una consociata Mitsubishi, la Alberta Pacific, in Canada. Survival sostiene che il taglio degli alberi in una vasta zona a nord-est dello stato di Alberta ha conseguenze negative sulla vita dei popoli Cree e Dene, molti dei quali vivono in territori mai ceduti al governo e tuttora rivendicati dagli Indiani.

AMBIENTE: la Mitsubishi Corporation è coinvolta nell'importazione in Giappone di enormi quantità di legname tropicale. Negli ultimi 15 anni sono state distrutte vaste aree di foresta tropicale in Sarawak, dove le operazioni di taglio continuano per 24 ore al giorno, alla luce di riflettori. La Mitsubishi ha operazioni di taglio in nove nazioni. Un'altra consociata sta per aprire una miniera in un'area costiera della foresta tropicale dell'Ecuador, nelle terre della nazione indiana Awa e nella Riserva Ecologica Cotacachi-Cayapas, una delle zone prioritarie per la conservazione della biodiversità in Ecuador.

ENERGIA NUCLEARE: la Mitsubishi Heavy Industries fornisce i seguenti servizi per l'industria nucleare: servizi di costruzione, equipaggiamento per il trattamento del combustibile, nocciolo dei reattori nucleari, fornitura di plutonio, inceneritori di rifiuti radioattivi, riprocessamento e trattamento delle acque.

ARMI: la Mitsubishi Heavy Industries è anche produttrice di armamenti, in particolare: aerei, missili, cannoni, carri armati.

CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO: Rainforest Action Network ha lanciato una campagna internazionale di boicottaggio della Mitsubishi per l'importazione di legname tropicale, che distrugge le foreste del pianeta.

PRODOTTI DI CONSUMO DELLA MITSUBISHI

TELEVISORI: Mitsubishi
VIDEOREGISTRATORI: Mitsubishi
STEREO: Mitsubishi
AUTOMOBILI: Mitsubishi
MACCHINE FOTOGRAFICHE: Nikon
BIRRA : Kirin

Tratto dal sito Manitese http://www.manitese.it/boycott/boycott.htm 

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NIKE CORPORATION 

FATTURATO: 5.440 MILIARDI DI LIRE
1 BOWERMAN DRIVE BEAVERTON, OREGON 97005 U.S.A.

La Nike, con sede centrale nell'Oregon, USA, produce una vasta gamma di scarpe sportive molto pubblicizzate. Nata negli anni '60, ha assunto il suo attuale nome nel 1985.
Ogni anno 6 milioni di paia di scarpe sportive Nike vengono confezionate in Indonesia sotto licenze normalmente concesse dalla sud-coreana HQ, consociata della Nike. I dipendenti della Nike quotidianamente controllano la qualità nelle 6 fabbriche di Tangerang e Serang. Queste 6 fabbriche sono in competizione l'una con l'altra per mantenere le licenze, che sono rinnovate mensilmente.
Il salario medio giornaliero dei 24.000 lavoratori di queste fabbriche è appena di 1.100 lire. Secondo l'AAFLI (Istituto Asiatico-Americano per il Lavoro Libero) queste fabbriche stanno violando 12 leggi nazionali, tra cui quelle sul salario minimo, il lavoro minorile, gli straordinari, gli orari di lavoro, l'assicurazione, l'organizzazione sindacale e i licenziamenti. Sono stati evidenziati problemi riguardo la salute, le ferie ed i congedi per maternità. Sebbene le fabbriche non siano di proprietà diretta della Nike, finanziariamente la compagnia è nella posizione di poter assicurare il rafforzamento degli standard minimi di vita.

I salari in Indonesia
L'Indonesia ha un salario minimo giornaliero di 2.100 Rupie (circa 1.400 lire), ma anche questo è inferiore ai "bisogni fisici minimi" stimati dal governo. E con 12 milioni di disoccupati su 70 milioni di forza lavoro, è impossibile rafforzare questo minimo. Recenti inchieste hanno rivelato che quasi l'80% dei lavoratori nella regione di Tangerang riceve solo 1.600 Rupie al giorno, e quindi lunghe ore di straordinari sono di solito fondamentali per la sopravvivenza. L'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro) stima che l'80% delle donne lavoratrici in Indonesia sono malnutrite.

E i sindacati?
I sindacati di solito esercitano un controllo effettivo sullo sfruttamento dei lavoratori, ma il governo repressivo indonesiano ne ha a lungo limitato lo sviluppo. Fino dagli anni '60, il movimento dei lavoratori è stato controllato dal governo tramite un unico sindacato legale, l'SPSI (Unione dei Lavoratori di Tutta l'Indonesia). Coloro che desiderano fare parte dei sindacati devono avere il permesso del loro datore di lavoro, che spesso sceglie quello governativo. Nonostante la legge, i lavoratori hanno cominciato a lottare, ed hanno formato nuovi sindacati. Il primo è stato Setiakawan (SBMS), nato nel novembre 1990. Nel giugno 1991, quando 300 dimostranti chiedevano salari più alti, Saut Aritonang, segretario generale del SBMS, e altri quattro, furono rapiti e interrogati dall'esercito governativo.
Il SBMS chiede di esercitare pressioni sul governo per il diritto di libera organizzazione, e sta lanciando un boicottaggio delle esportazioni indonesiane, chiedendo di usare aiuti e investimenti per fare pressione sul miglioramento dei diritti umani. Nel breve periodo, i sindacati sono certo in difficoltà nel tentativo di migliorare le condizioni di lavoro. Ma questo rende il boicottaggio e le campagne sui consumatori le forme di pressione più importanti che possano persuadere la Nike sulla possibilità di un comportamento più responsabile verso i lavoratori.



COSA COMBINA NEL MONDO LA NIKE

REGIMI OPPRESSIVI: tutte le scarpe Nike sono prodotte in Asia, in particolare in Indonesia, Cina, Thailandia, Taiwan, Corea del Sud, Vietnam.

RELAZIONI SINDACALI: in Indonesia i sindacati liberi sono illegali e vengono repressi dall'esercito, i dirigenti sindacali sono licenziati, imprigionati, torturati, ed anche uccisi.

SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: i lavoratori della Nike ricevono un salario da fame, inferiore al salario minimo stabilito dalla legge indonesiana. Lavorano esposti ai vapori delle colle, ai solventi, alle vernici, per 12 ore al giorno.

COMMERCIALIZZAZIONE IRRESPONSABILE: la Nike spende circa 180 milioni di $ all'anno in pubblicità, quando sarebbe sufficiente l'1% di questo bilancio per migliorare le condizioni di 15.000 lavoratori indonesiani.

CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO: nel 1990 Operation Push, un gruppo per i diritti civili, ha lanciato il boicottaggio della Nike perchè, nonostante venda il 45% dei suoi prodotti ai neri, non vi sono afroamericani ai vertici dell'azienda; essa inoltre non concede sufficienti benefici sociali alla comunità nera.

QUANTO COSTA UNA SCARPA NIKE

voce importo percentuale
MATERIALE $ 4,7 4%
MANODOPERA $ 1,3 1%
PROFITTI ALL'INGROSSO $ 62 49%
PROFITTI AL DETTAGLIO $ 57 46%
PREZZO AL PUBBLICO $ 125 100%

Tratto dal sito Manitese http://www.manitese.it/boycott/boycott.htm 

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BENZINA SHELL

ROYAL DUTCH - SHELL OIL CO. FATTURATO: 127.780 MILIARDI DI LIRE
ONE SHELL PLAZA P.O. BOX 2463 HOUSTON TX 77252 U.S.A.

La comunità Ogoni, nella Nigeria meridionale, sta sostenendo una campagna contro i danni all'ambiente e alle risorse agricole causati dalla compagnia Shell, rivendicando adeguati risarcimenti per la distruzione della terra e dei raccolti.
A seguito del massacro avvenuto nell'ottobre 1990, durante il quale furono uccise ottanta persone, il popolo Ogoni, il 4 gennaio 1993, fece una marcia di protesta con 100.000 partecipanti contro le attività delle compagnie petrolifere, compresa la Shell, che avevano lasciato acque inquinate, terreni devastati, eruzioni di gas naturale in combustione 24 ore al giorno, e oleodotti che attraversano i villaggi. Essi considerano il petrolio estratto dalle loro terre negli ultimi 30 anni di loro proprietà e chiedono una percentuale ed un risarcimento per il degrado ambientale. Nell'aprile 1993 un Ogoni fu ucciso ed altri 11 feriti dalle forze di sicurezza nigeriane mentre protestavano per l'istallazione di un oleodotto attraverso le loro terre.
Nei trascorsi 10 anni, la Shell ha riversato più di 5,6 milioni di litri di petrolio in Nigeria. Nel 1990 la Shell fu multata per l'eruzione di gas, ma continuò tale pratica, causando problemi di salute nei villaggi Ogoni. Nel giugno 1993 impiegò più di 50 giorni per tamponare una falla di petrolio dalla rottura di un oleodotto.
L'esercito nigeriano nel 1993 ha sterminato un'intera tribù, provocando più di 1.800 morti, per consentire alla Shell di continuare le trivellazioni nell'Ogoniland: lo sterminio degli Ogoni avvenne nello stato nigeriano di Rivers tra il gennaio '93, quando la Shell sospese le operazioni, e il 22 maggio dello stesso anno, 10 giorni dopo che il governo militare aveva ordinato di fare terra bruciata. Un alto ufficiale nigeriano ha ammesso nell'aprile 1994 che le rivendicazioni degli Ogoni erano "più che fondate".
Lo scrittore nigeriano Ken Saro-Wiwa, Premio Nobel Alternativo per la Pace e leader del Movimento per la Sopravvivenza del Popolo Ogoni (MOSOP), che chiede da anni che i proventi dell'estrazione petrolifera nello Ogoniland rimangano almeno in parte nel Rivers, uno degli stati più poveri, è stato percosso, arrestato e imprigionato il 22 maggio 1994. E' accusato di aver incitato dei membri del suo movimento a uccidere quattro importanti rappresentanti degli Ogoni. Saro-Wiwa è noto per il suo impegno pacifista, e nega ogni accusa. Amnesty International ritiene inoltre che Ken Saro-Wiwa sia un prigioniero per motivi di opinione, e che il suo arresto faccia parte del disegno repressivo nei confronti della popolazione Ogoni, che sta lottando duramente contro i danni causati dalle compagnie petrolifere.
Il 10 novembre 1995 Ken Saro-Wiwa è stato impiccato dal regime nigeriano insieme ad altri otto militanti del movimento degli Ogoni, nonostante le pressioni dell'opinione pubblica internazionale. Secondo Greenpeace questa uccisione "macchierà per sempre il nome della Shell".

COSA COMBINA NEL MONDO LA SHELL

REGIMI OPPRESSIVI: nel 1993, il gruppo Shell possedeva filiali in Brasile, Colombia, Egitto, El Salvador, Guatemala, Honduras, India, Indonesia, Iran, Kenya, Liberia, Mali, Messico, Marocco, Papua Nuova Guinea, Perù, Filippine, Senegal, Siria, Turchia e Uganda.
SALARI E CONDIZIONI DI LAVORO: nel 1991 la Shell violava il codice di condotta della Comunità Europea, pagando ai lavoratori neri del Sudafrica dei salari inferiori al minimo legale. Inoltre è una delle tre multinazionali coinvolte nella causa intentata da 500 contadini del Costarica resi sterili dai pesticidi. La Shell e la Dow Chemical avevano sviluppato e prodotto il pesticida DBCP, che è proibito negli U.S.A. e che ha causato la sterilità nei lavoratori delle piantagioni di banane. La Shell e la Dow Chemical hanno bloccato il processo nel Texas per 7 anni. Negli U.S.A. la Shell Mining Co. era nel 1989 una delle 5 imprese minerarie con le peggiori misure di sicurezza.
DIRITTO ALLA TERRA: secondo un rapporto dell'ottobre 1991, una vasta area di foresta tropicale intatta è minacciata da una serie di 10 dighe idroelettriche, progettate per fornire energia ad un complesso di miniere di bauxite e fonderie di alluminio nel Parà, in Brasile. La miniera di bauxite è il primo di molti progetti minerari in Amazzonia, ed è controllata da ALCOA (U.S.A.) e da una filiale della Shell, Billiton. La fonderia della miniera userà energia proveniente dalla diga Cachoeira Porteira, che inonderà 911 Kmq di foresta tropicale, compresi alcuni villaggi dell'Amazzonia. La diga inonderà anche terre abitate da 23 gruppi di popoli indigeni, alcuni dei quali non sono ancora venuti in contatto con l'uomo bianco. Secondo Survival International, la Shell è coinvolta nelle ricerche di gas naturale sul fiume Camisea in Perù, sulle terre degli Indios Machiguenga, vicino alla zona degli Indios Kugapakori, non ancora contattati, e quindi vulnerabili alle malattie. Nel 1990, secondo "The Ecologist", la Shell ammise di aver scelto una zona in Thailandia per una piantagione di eucalipti perchè sarebbe stato relativamente economico sfrattare e risarcire più di 4.000 indigeni. Fu consentito agli agenti della Shell di usare la corruzione e le minacce di violenza per indurre gli indigeni a lasciare le loro terre.
AMBIENTE: nell'agosto 1989 la Shell fu accusata di aver causato un'eruzione di petrolio alla raffineria di Stanlow. Si ebbe una fuoriuscita di 37.500 litri di petrolio greggio, che inquinò 20 km dell'estuario del fiume Mersey. Nel primo processo da parte della National Rivers Authority, la Shell ebbe una multa di 1 milione di sterline. Fu giudicata incapace di "compiere il proprio dovere di rispetto dovuto alla comunità". Secondo l'Autorità Nazionale dei Fiumi, la Shell era più preoccupata di salvare l'oleodotto che non di impedire la perdita, con un incremento nella fuoriuscita di 7 tonnellate di petrolio. Nel 1992, la raffineria Stanlow a Ellesmere Port era all'undicesimo posto nella lista di Greenpeace dei 50 impianti industriali più 'sporchi', autorizzata dalla NRA a scaricare rifiuti tossici nell'ambiente marino. Fu scoperta ad inquinare illegalmente su 42 dei 275 campioni di acqua prelevati dalla NRA. Fu scoperta anche a scaricare tre sostanze chimiche proibite senza autorizzazione.
ENERGIA NUCLEARE: nel 1993, la British Lead Mills era membro del Forum Nucleare Britannico, ed era fornitore di contenitori per materiale radioattivo.
ARMAMENTI: la Shell è coinvolta nella produzione di tessuti da mimetizzazione tramite Don & Low, e solventi, resine e altri prodotti con la Shell Chemicals. La Shell inoltre fornisce carburante alla marina ed alle forze aeree.
TEST SU ANIMALI: nel 1993 la Shell, su richiesta legale, ha testato veleno per roditori su animali, ed anche altri prodotti chimici come detergenti e anticongelanti prevedono test su animali.
CAMPAGNA DI BOICOTTAGGIO: nel giugno 1993 la Shell interruppe gli accordi per riconoscere i diritti dei lavoratori ad essere rappresentati dai sindacati, nella raffineria Haven nell'Essex. Il sindacato TGWU lanciò nell'agosto 1993 il boicottaggio della Shell, finché non saranno restaurati i diritti democratici dei lavoratori

Tratto dal sito Manitese http://www.manitese.it/boycott/boycott.htm 

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WALT DISNEY

La Walt Disney Corporation e' una delle multi piu' potenti di questo pianeta che ha costruito il suo impero sui fumetti di Paperino e Topolino, ma che oggi da bravi Paperon de Paperoni i manager di Disney hanno le mani su molti dei settori strategici dell'economia ha partire naturalmente dal settore dei media e della comunicazione per estendersi un po'ovunque dall'industria tessile a quella edilizia ecc.

Purtroppo, ma c'era da pensare il contrario?, in tutti questi settori dove domina Walt Disney Corporation opera le scelte più retrive ed antipopolari. Così ad esempio nel campo della comunicazione e della rete internet Disney sostiene l'utilizzo di questo media non come attualmente gestito, ma mutuandolo dal modello televisivo dove emettitore del messaggio (la classe dominante dei ricchi) e ricettore (ossia il branco confuso che deve essere indottrinato dalla propaganda) siano ben distinti. Non per niente e' alleata con Microsoft e per un certo periodo di tempo si poteva accedere al suo sito solo il browser Microsoft Internet Explorer.

Sempre riguardo alla rete, Disney, naturalmente dalla sua posizione di dominio del mercato dei prodotti per la famiglia, sostiene chi vorrebbe regolamentare i contenuti della rete a misura di bambini. Questo a buona parte degli utenti e delle utenti della rete, non va giu'... già' abbiamo una televisione per lobotomizzati non ci potete imporre ovunque il vostro PRODUCI CONSUMA CREPA e soprattutto non farti mai domande e se hai qualche pensiero strano del tipo che pensi non sia giustissimo che un lavoratore haitiano di Disney debba lavorare 100 anni 10 ore al giorno per arrivare a guadagnare quanto guadagna in un'ora l'amministratore delegato di questa corporation... beh l'importante e che tu pensi anche di essere il solo a pensarla così non devi entrare in comunicazione con gli altri... cambia canale, mangia il tuo hamburger e ama la polizia.

A proposito di hamburger, tutti i film di Disney, specie i cartoni animati o comunque quelli per i più piccoli sono accoppiati alla commercializzazione e promozione tramite gadgets diffusi nei negozi McDonald's assieme ai loro pasti. Così le famiglie che dai loro piccoli sono state appena trascinate dentro i cinema o al negozio di videocassette per vedere i prodotti di Disney verranno poi trascinati dentro i "ristoranti" McDonald's dove con l' "Happy Meal" si ottiene in omaggio il pupazzetto di Toy Story o dei 101 o altro... e viceversa.
Non staremo qui ad annoiarvi sul fatto che questo utilizzo così brutale dei bambini da parte di queste multi per trascinare i loro genitori a spendere e' stato più volte stigmatizzato, non solo da noi, ma anche da sentenze dei tribunali di paesi non certo rivoluzionari ed anticapitalisti come l'Inghilterra. Non vi annoieremo neanche troppo standovi a dire che come ormai sappiamo quasi tutti/e, quegli oggettini di plastica
vengono prodotti da donne in semischiavitù in Vietnam, Birmania ed Indonesia.

Anche nell'edilizia Disney e' in prima fila nella costruzione di cittadelle fortificate per colletti bianchi, per ricchi e per turisti che possono spendere, anche la Disney come molte altre multi ha abbandonato Hollywood alla sua terzomondializzazione per costruire metafore di citta' sterili e fortificate del resto "a Los Angeles dietro ogni angolo c'e' gente con cartelli con su scritto LAVORO IN CAMBIO DI CIBO... e non e' piu' cosi' divertente".

World Wide Info


Scheda tratta da Mini guida al consumo critico e al boicottaggio 1998 realizzata da "Movimento gocce di giustizia"

Sede centrale: Walt Disney Company, 500 South Buona Vista Street, Burbank CA 91521 (USA) fax 001 818 8467319

Attività: produzione di filmati, ideazione di personaggi ed attività editoriali, mostre ricreative, attività edilizie, concessioni di marchi e personaggi brevettati.

Sede italiana: The Walt Disney Co. Italia, Via S. Sandri1 - 20121 Milano - fax 02 29085349


I seguenti articoli sono tratti da Boycott

HAITI: GLI SPORCHI AFFARI DI PAPERON DE' PAPERONI

E brava Walt Disney! Topolino difensore della giustizia e della legalità, Pippo e Paperino protettori degli spiriti liberi,Qui Quo Qua, in compagnia del Re Leone, attenti alle tematiche ambientali, Pocahontas, la Bestia e il gobbo di Notre Dame a sottolineare la nuova attenzione per i popoli diversi e i diversi in genere... Brava Disney, entrata nel mirino dei "benpensanti" quando ha deciso di pagare gli assegni famigliari a tutti i dipendenti che vivono in coppia, compresi i conviventi e gli omosessuali. Tutto all'insegna della non discriminazione. Peccato che a 5.500 chilometri di distanza dai suoi begli uffici californiani, migliaia di giovani lavoratrici, poco più che quindicenni, lavorino alla confezione di abbigliamento a marchio Walt Disney per uno stipendio di circa 27 centesimi (430 lire) l'ora.

Haiti. Lo scenario degli impianti, vere e proprie baracche, due soli bagni per qualche centinaia di operaie, offre un contrasto stridente con il candore delle felpe di Pocahontas. Il lavoro va avanti nel rumore più assordante, 8-10 ore al giorno. Si lavora in piedi. Se proprio lo vogliono, le operaie possono portarsi un cuscino da casa. E' proibito parlare così come andare in bagno più di due volte al giorno. D'altronde il ritmo produttivo è così incalzante da lasciare poco più di 10 minuti per la pausa pranzo. Tra le fila delle operaie, i guardiani, con continui urli, percosse e molestie, fanno la loro parte perché la produzione vada avanti. "Ci trattano come animali!" E' questa la protesta delle lavoratrici.Chiunque provi ad organizzare qualsiasi forma di protesta, viene immediatamente licenziata. Non c'è tutela sanitaria e se un'operaia si ammala, non ha diritto a nessuna retribuzione. Di più. Ad Haiti non è legale licenziare le donne incinte, ma i padroni hanno trovato comunque un sistema per evitare il costo della maternità: trasferiscono le donne incinte a lavori ancora più pesanti e malsani finché, poco tempo dopo, è l'operaia stessa a decidere di abbandonare il lavoro. Maltrattamenti, percosse e violenze in cambio di 3.440 lire al giorno. Si calcola che per guadagnare la cifra che l'amministratore delegato della Disney guadagna in un ora, un'operaia haitiana dovrebbe lavorare 101 anni, per 10 ore tutti i giorni!

Agli stabilimenti di Haiti, una tuta di Pocahontas arriva in 11 pezzi. In 13 fasi - cucire i polsini, le etichette, gli orli, ecc... - si arriva al prodotto finito. In 8 ore un'operaia confeziona 50 felpe. Una produzione per un valore pari a 584 dollari (circa 940.000 lire), pagata 2 dollari e 22 centesimi (circa 3.500 lire).Come dire che ad un'operaia occorre 1 settimana e ½ di lavoro per potersi comperare la stessa maglia che produce in meno di 10 minuti.

Il divario fra valore prodotto e salari percepiti avrebbe contorni meno scandalosi se le operaie guadagnassero almeno quanto basta per una vita dignitosa. Il guaio ad Haiti è che i salari sono da Terzo Mondo mentre il costo della vita è da Primo. Lo stipendio di una giornata basta a malapena per consentire alle operaie di mantenersi in vita e di prendere l'autobus per recarsi al lavoro. La conclusione è che per far fronte alle spese del resto della famiglia, esse si indebitano, ma così facendo si impoveriscono sempre di più, perché le condizioni degli usurai sono pesantissime. E' così da sempre. Quando Aristide, eletto dalla popolazione haitiana dopo anni di dittatura, alzò il salario minimo legale, cercando comunque un compromesso con quanti ritenevano che un salario troppo alto avrebbe scoraggiato gli investimenti esteri, per tutta risposta le ditte che gestiscono in subappalto la produzione W.Disney alzarono la quota produzione giornaliera delle loro operaie.

Non è solo per l'economicità del lavoro che molte ditte statunitensi hanno trasferito alcune fasi produttive in paesi stranieri come Haiti. Parte del merito va alla politica neoliberista del governo Reagan. Da parte loro, i governi dei paesi dell'America Centrale per attirare gli investimenti esteri hanno creato delle Zone Economiche Speciali, che garantiscono esenzioni doganali, libertà di esportare i profitti senza essere tassati e, naturalmente, leggi antisindacali. In conclusione, si calcola che di tutto l'abbigliamento prodotto negli Stati Uniti, più della metà è prodotta in condizioni analoghe a quelle haitiane.

Intanto, negli USA è iniziata una campagna nei confronti della Disney. Ad organizzarla è la National Labor Committee (NLC), che si occupa di tutela dei diritti delle popolazioni del Sud del mondo. E' stato Charles Kernaghan, direttore dell'organizzazione,durante un viaggio ad Haiti a rilevare le condizioni delle lavoratrici e a sollevare il caso denunciando pubblicamente il comportamento irresponsabile della Disney. La campagna mira a far accettare ispezioni negli stabilimenti dove si produce per la Disney condotte da organismi indipendenti, che possano parlare liberamente con le lavoratrici per verificare le condizioni reali in cui lavorano, senza che queste debbano temere ritorsioni. Charles Kernaghan precisa di non volere assolutamente il ritiro della Disney da Haiti perché qui c'è bisogno di lavoro, ma chiede che la retribuzione venga portata a 920 lire l'ora (anziché le 485 attuali). Per le lavoratrici resterebbe un salario basso, ma consentirebbe almeno di far fronte ai bisogni di base.

Per ora la Disney nega ogni addebito, sbandierando il "codice di condotta" che la società si è data e che le impedisce di utilizzare lavoro minorile o sottopagato. Le cose sono complicate ulteriormente dal fatto che non è direttamente la Disney a gestire gli stabilimenti haitiani. La produzione tessile è subappaltata a due società statunitensi, la H.H.Cutlere la L.V.Myles, che a loro volta si appoggiano a 4 ditte che lavorano in Haiti. Un sistema di scatole cinesi che facilita il gioco di rimpallo delle responsabilità. Se la Disney afferma di non aver riscontrato irregolarità durante le ispezioni, le società che gestiscono l'appalto si trincerano dietro le regole del mercato: Haiti può offrire solo manodopera a basso costo; alzare gli stipendi significa perdere competitività e conseguentemente lavoro. In realtà, se anche la Disney e le ditte subappaltatrici non intendessero rinunciare a nessun punto percentuale dei loro profitti e spostassero tutto il peso degli aumenti salariali sulle spalle dei consumatori, questi si troverebbero a dover pagare un prezzo più alto di appena 1.000 lire. Una cifra così bassa da non minacciare il volume di vendite.

In questa ennesima battaglia tra diritti dei lavoratori e leggi del mercato, la parola passa direttamente ai consumatori. La forza della Disney, così come di molte altre multinazionali, sta nella propria immagine. La sua debolezza nella consapevolezza di non poter difendere in nessun modo davanti ai suoi clienti salari così da fame e condizioni di lavoro così inique. Per questo, nel tentativo di parare il colpo, e pur di non cedere di fronte alla richiesta di ispezione nei suoi stabilimenti,la Disney si è impegnata a far aumentare la paga delle lavoratrici fino a 550 lire l'ora. Tocca ai consumatori giudicare se il comportamento della Disney è congruo con la sua immagine di portatrice di valori familiari, e quindi agire di conseguenza.

FONTE: I CARE - MARZO 1997


ANCHE IN BIRMANIA!!!

Intanto, la Walt Disney resta nell'occhio del ciclone anche per un'altra triste vicenda: la confezione delle felpe di Topolino in Birmania. Qui le condizioni dei lavoratori sono ancora peggiori che in Haiti. Sei centesimi di paga oraria per un monte ore settimanale superiore alle sessanta. Meno di 300.000 lire all'anno in un Paese dove la dittatura militare impone i lavori forzati, reprime brutalmente qualsiasi rivendicazione sindacale, dove non si contano i casi di sparizioni e massacri. Quella stessa dittatura militare che,oltre ad imporre una tassa del 5% su ogni esportazione, è diretta proprietaria del 45% degli stabilimenti Yangon nei quali vengono prodotte le felpe. Nonostante l'amministrazione Clinton abbia condannato la dittatura e posto la Birmania nella lista dei Paesi fuorilegge (per altro è da qui che arriva la metà dell'eroina consumata negli U.S.A.), nel '95 l'industri tessile statunitense ha importato prodotti "Made in Myanmar" per un totale di 65 milioni di dollari.


HAITI: 150 LICENZIATI DALLA DISNEY

Campaign" ha rivelato che più di 150 lavoratori tessili ad Haiti erano stati licenziati dalla ditta L.V.Myles, che Un recente rapporto della "Disney/Haiti Justice produce per conto della Disney, allo scopo di reprimere la protesta dei lavoratori. Numerosi attivisti avevano scritto alla L.V.Myles a New York o alla Disney in California per denunciare questa ingiustizia.

Chuck Champlin, Direttore delle Comunicazioni per i prodotti Disney, ha parlato recentemente con attivisti dei diritti sindacali affermando di avere avuto un colloquio con Yannick Ettienne di "Batay Ouvriye", la quale "non aveva accennato a questi lavoratori licenziati".

Ettienne comunque disse a "Champaign for Labor Rights" che non aveva fatto cenno ai 150 lavoratori perché il signor Champlin non glielo aveva chiesto. Ettienne ha confermato che più di 150 lavoratori sono stati licenziati prima che una squadra di monitoraggio interno della Disney visitasse lo stabilimento della L.V.Myles. Ettienne ha affermato di aver informato il signor Champlin che "Batay Ouvriye" avrebbe cercato di ottenere i nomi dei lavoratori licenziati ma che sarebbe stato più facile farlo tramite la Disney. Nei contatti con i lavoratori, "Batay Ouvriye" non chiede ai lavoratori il cognome e i lavoratori si conoscono l'uno con l'altro solo per nome. Essi scoprono quando uno dei loro compagni è stato licenziato solo quando qualcun altro prende il suo posto. Il processo di licenziamento è molto veloce: i lavoratori non ritornano in fabbrica a dire ai compagni che sono stati licenziati. La maggior parte delle volte essi ritornano direttamente in campagna. Improvvisamente i lavoratori conosciuti da "Batay Ouvriye" non si trovano più in fabbrica e non si possono rintracciare facilmente.

La Disney potrebbe facilmente scoprire quali lavoratori sono stati licenziati e perché semplicemente chiedendolo alla L.V.Myles. Il Codice di Condotta della Disney, che secondo Champlin è ora disponibile in francese, stabilisce che la Disney avrà accesso a "libri e registrazioni relative a questioni dei lavoratori" di tutte le ditte che lavorano per lei. Il Codice di Condotta richiede anche che "le manifatture rispetteranno il diritto dei lavoratori ad associarsi, organizzarsi e negoziare collettivamente". Esso non menziona il salario minimo ma afferma che la Disney si aspetta che le fabbriche "riconoscano che i salari sono essenziali per soddisfare i bisogni di base dei lavoratori".

FONTE: CAMPAIGN FOR LABOR RIGHTS - GENNAIO 1998

Tratto da http://www.tmcrew.org/csa/l38/multi/disney.htm

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UNITED COLORS OF BENETTON

UNITED COLORS OF BENETTON
============================================
PER FARE IL TUO MAGLIONE. BENETTON SFRUTTA IL LAVORO
MINORILE, ESPROPRIA LE TERRE AI MAPUCHES, RICATTA A
COTTIMO I LAVORATORI DEL SUD, BOICOTTA BENETTON !

Benetton nell'immaginario collettivo è "il capitalismo
dal volto umano": merito delle campagne pubblicitarie
"etiche" con denunce sociali "griffate" Oliviero Toscani.
Non tutti sanno però che secondo molti esperti di
marketing caricare una merce di un valore aggiunto etico o
ideale è solo un modo bizzarro ma efficiente per vendere
di più, spacciando al consumatore un motivo di ipocrita
gratificazione morale.
Eh si, perché dietro la facciata progressista si nasconde
la solita realtà: avidità e sfruttamento, come e peggio
che per i padroni meno "illuminati". Pronti ad un
fantastico giro nelle meraviglie della globalizzazione
neoliberista ?! Partiamo!
Si comincia in Patagonia, da secoli terra degli indigeni
Mapuches. Benetton ha deciso che la tenera erbetta della
Patagonia ben si presta agli allevamenti di pecore et
voilà: niente di più semplice che espropriare gli
indigeni (da sempre alieni al concetto di proprietà
privata) e prendersi la terra: oggi, tramite la Compania
de tierras Sud Argentino SA, il nostro mecenate possiede
tenute per 900.000 ettari dove vengono allevati circa
280.000 bovini, che coprono parte del fabbisogno di lana
del gruppo.
Insomma una sana politica di sapore coloniale che ha
devastato l'economia mapuche. Per gli indigeni è
assicurato un futuro di lavoro sottopagato nelle aziende
Benetton (340 mila lire al mese lavorando dall'alba al tramonto)
per la produzione di lana, come più volte
denunciato dall'organizzazione mapuche-tehuelche "11 de
octubre". Non contento di tutto questo, la multinazionale
nei periodi di siccità chiude con fili spinati l'accesso alle
acque del Rio Lepa per darle alle proprie pecore, mentre
molti indigeni muoiono per mancanza di acqua potabile.
Si continua in Turchia: è uno scoop giornalistico del
Corriere della Sera a rivelare il sistematico sfruttamento
di bambini, spesso kurdi, nelle aziende del fornitore
Benetton in Turchia. Il buon Luciano ha reagito con una
campagna di immagine in Italia e Turchia, ha comprato i
sindacalisti -non senza aver licenziato quello che più si
era esposto- ed ha lanciato un accordo di facciata per non
utilizzare i bambini in produzione. Certo poi l'azienda
lavora in rete coi subappalti e se i fornitori più
convenienti guarda caso sono quelli che sfruttano il
lavoro minorile di nascosto, che cosa ci si potrà mai
fare. !?
Il nostro giro finisce in uno dei tanti Sud del mondo:
quello di casa nostra !
Già l'Osservatorio Benetton (che non è di proprietà di
Benetton.) aveva denunciato il vero e proprio sfruttamento
presente nei tanti laboratori del nostro centro-sud che
lavorano a cottimo per questa e per le altre grandi firme
della moda italiana. Si va dalle gravi carenze igieniche
al vecchio fenomeno del "fuoribusta", al licenziamento
delle ragazze incinte, agli incentivi prodottivi che, in
pratica, costringono le lavoratrici a turni sempre più
massacranti. Il tutto sotto il ricatto di quello che
Luciano Benetton chiama "decentramento produttivo", ossia
il trasferimento della produzione nei paesi dell'Europa
orientale, dove un lavoratore costa meno, molto meno di
100 dollari al mese.
Ora ne abbiamo avuto un piccolo esempio alle porte di casa:
siamo a Pignataro Maggiore, provincia di Caserta, e
Benetton prende circa 50 miliardi di finanziamenti dalla
regione Campania come incentivo per realizzare un sito
produttivo ( è così trend dare incentivi senza vere
garanzie.): l'Olimpias . Dopo due anni Benetton non ha
mantenuto gli impegni sul terreno dell'occupazione. In
compenso chi lavora conosce condizioni di sfruttamento
durissime: 18 macchine da controllare per corridoio (sei
più che a Treviso!), ferie trasformate in giorni di
"fermo macchina" gestite dall'azienda e ciclo continuo
(compresa la notte). Ma ecco che uno dei reparti di
lavoranti alza la testa e osa rifiutare il ciclo continuo
! Che fa allora il nostro mecenate?:prendi i soldi e
scappa. se non accettano le sue condizioni minaccia di
trasferire tutto a Gorizia!
Rete NoGlobal (www.noglobal.org)

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DANONE

La Danone-Marks&Spencer e' una multinazionale che ha avuto profitti record nel
2000, ma non soddisfatta, per aumentare ancora piu' i profitti in borsa (+7%), annuncia 4000
licenziamenti utilizzando questo strumento per accontentare gli azionisti.
Questo significa sfruttare l'economia con l'unico scopo del profitto, creando benessere per gli
investitori in borsa, ma condannando centinaia di famiglie alla fame.
Dalla "Guida al consumo critico" del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, si scopre inoltre che il
Gruppo Danone fa parte di EuropaBio, un'associazione che raggruppa le industrie con
interessi nel settore delle biotecnologie ( il cui scopo è di intervenire a tutti i livelli per
legittimarne l'impiego) e da vari anni gli stabilimenti della sua controllata inglese HP Foods
inquinano gravemente l'ambiente circostante.
E adesso ha scoperto la strategia dei licenziamenti...
Pensateci su quando andate a fare la spesa...
Fonte: http://www.indymedia.org/


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PROCTER & G

Questa multinazionale statunitense (fatturato annuale 76mila miliardi di lire) ufficialmente è boicottata dalle associazioni animaliste (Buav, Peta e Uncaged) perché testa i suoi prodotti sugli animali. Ultimamente però la Procter & G è tornata alla ribalta con le patatine Pringles. Contengono organismi geneticamente modificati. Pringles è un estruso (sfoglie di patate per la precisione) che, dal momento della sua pubblicizzazione, ha fatto registrare un boom al segmento in volume del 50%. Il dato più rilevante è che questo nuovo prodotto ha dato una spinta agli snack salati nel suo complesso, quantificabile in un aumento del 10% della produzione totale. La novità del pack in cartone tubolare, l'introduzione primaria nel mondo giovanile ed in seguito nella distribuzione moderna e la comunicazione pubblicitaria ne hanno fatto, in poco tempo, un fenomeno di brand-icona.
Per quanto riguarda l'ambiente, nonostante le politiche di riduzione degli imballaggi e dei componenti inquinanti, l'azienda rimane una delle maggiori fonti di rifiuti del mondo: i pannolini. In America sono il 2% della spazzatura totale del paese.
E' nota anche per appoggiare associazioni "ambientaliste" che difendono le politiche delle aziende e delle grandi industrie.
Nel 1997 aveva messo a punto un prodotto di sintesi, battezzato Olestra, da utilizzarsi come sostituto dell'olio. Dopo lunghe pressioni sulla Food and Drug Administrator il prodotto era stato autorizzato all'impiego. E' stato accertato che provoca diarrea e impedisce l'assorbimento di vitamine liposubili.

Ulteriori informazioni
- Dal 1977 negli Stati Uniti utilizza come sostituto dell'olio un prodotto chimico privo di calorie. E' stato accertato che (nonostante l'autorizzazione della Food & Drug Administration), la sua assunzione può causare spiacevoli effetti collaterali: disturbi gastrointestinali, con crampi ed effetti lassativi, diarrea. (fonte: ethical Consumer)
- La rivista "Earth Island Journal" e la guida "GM Free" informano che le patatine Pringles sono prodotte con ingredienti transgenici
- Procter & Gamble è attualmente oggetto di un boicottaggio su scala mondiale organizzato da "BUAV" e "PETA" a causa delle vivisezioni sugli animali. (fonte: Ethical Consumer)
- Procter & Gamble fa parte dell'associazione americana "Business Round Table" che è nata con il preciso scopo di fare una forte pressione politica per far compiere scelte economiche favorevoli alle grandi imprese. (fonte:Equonomia)
- Procter & Gamble è elencata tra le prime società che finanziano sedicenti associazioni ambientaliste create per difendere tesi favorevoli alle imprese. (fonte: Consumer Currents)
- Procter & Gamble è ritenuta una delle maggiori produttrici di rifiuti del mondo. (fonte: Nuova guida al consumo critico)
- Nel 1996 una fuoriuscita di oli minerali nello stabilimento irlandese di Nenagh ha contaminato molti pozzi circostanti provocando seri problemi alla popolazione locale. (fonte: Ethical Consumer)

La P&G controla i marchi: Intervallo, Lines, Tampax, Bounty (carta assorbente), Tempo, Senz'acqua Lines, Dignity, Linidor, Pampers, Lenor, Ariel, Bolt, Dash, Tide, Nelsen, Ace, Ace Gentile, Baleno, Febreze, Mastro Lindo, Mister Verde, Spic&Span, Tuono, Viakal, Pringles, Infasil, Heald&Shoulders, Keramine H, Oil of Olaz, AZ, Topexan, Infasil, Dove, Panni Swiffer,


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AGNELLI

L'impero Agnelli comprende anche fabbriche di armi coma la SNIA, BPD, la IVECO e la VALSELLA, produttrice di mine antiuomo.


BANCHE & ARMI

Operazioni relative a esportazioni di armi dall'Italia nell'anno 1997

- Banca Commerciale Italiana 559.606.652.137
- Banca di Roma 126.324.177.990
- Banca Nazionale dell'agricoltura  48.294.412
- Banca Nazionale del lavoro  62.279.996.862
- Banca popolare Bg-Cr Varesino  928.212.520
- Banca popolare di Intra  66.717.561
- Banca popolare di Lodi  2.544.014.344
- Banca popolare di Novara  552.055.054
- Banca di Toscana  491.082.053
- Banco Ambrosiano Veneto  65.237.144
- Banco di Chiavari e della Riviera Ligure  2.591.485.567
- Banco di Napoli  266.001.105
- Banco S. Paolo di Torino  316.135.128.734
- Cassa di Risparmio di La Spezia  35.940.162.652
- Cassa di Risparmio Prov. Lombarda  10.735.915.391
- Credito Italiano  189.452.954.884
- Monte Paschi di Siena 189.984.864.730


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NOVARTIS

E' il risultato della fisione tra Sandoz e Ciba Geigy.
Una delle più grandi multinazionali che vende semi manipolati e i rispettivi pesticidi. 
E' presente con i seguenti marchi:
Céreal, Dietor, Frizzina, Fruttil, Gerber (omogeneizzati), Idrolitina, Isostad, La Buona Natura, Novosal, Ovomaltina, Piz Buin, Sandoz AG, Vantaggio, Vigoplus.


DOW

Conosciuta con il marchio Domopak.
Durante la guerra in Vietnam ha prodotto armi chimiche. E' la seconda industria chimica del mondo e la sesta produttrice di pesticidi o meglio di clorina, un ingrediente base della plastica, dei pesticid e dei solventi che, incenerita produce diossina.


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Philip Morris

E' la maggior industria del tabacco del mondo. Si stima che solo le Marlboro uccidano più di 75mila americani all'anno. In america è famosa per essere una delle maggiori finanziatrici di politici che intraprendono battaglie per l'abolizione dei limiti e divieti di fumo. Fino al 1998 finanziava gli scienziati perché effettuassero studi da cui risultava che il fumo passivo non era nocivo. Solo nel 1999 ha ammesso che il fumo fa male. Nel 1997 ha accettato, insieme ad altre multinazionale del tabacco di pagare 206 milioni di dollari (in 25 anni) per risarcire lo stato delle spese sostenute per curare i malati "di fumo".
La Kraft è stata segnalata perché usa organismi geneticamente modificati nei suoi prodotti.
La Philip Morris controlla il marchio Kraft, Fattorie Osella, Mozary, Invernizzi, Invernizzina, Jocca, Linderberg, Lunchables, Maman Louise, Jacobs caffè e Hag, Simmenthal, Spuntì, Lila Pause, Milka Tender, Terry's, Caramba, Faemino, Splendid, Cote d'Or, Baika, Dover, Gim, Philadelphia, Sottilette, Susanna, Leggereste, Mato-Mato.


Unilever

Molte associazioni animaliste come Animal Aid hanno lanciato una campagna contro la Unilever per lo sfruttamento degli animali durante gli esperimenti.
E' boicottata anche per i salari e le condizioni di lavoro nelle sue piantagioni in India (dove possiede il 98% del mercato del tè).
La Unilever controlla i marchi: Lipton Ice Tea, Coccolino, Bio Presto, Omo, Surf, Svelto,Cif, Lysoform, Vim, Algida, Carte d'Or, Eldorado, Magnum, Solero, Sorbetteria di Ranieri, Findus, Genepesca, Igloo, Mikana, Vive la vie, Calvè, Mayò, Top-down, Foglia d'oro, Gradina, Maya, Rama, Bertolli, Dante, Rocca dell'Uliveto, San Giorgio, Friol, Axe, Clear, Denim, Dimension, Durban's, Mentadent, Pepsodent, Rexona.


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Chiquita

E' coinvolta in tutto. Intrighi internazionali, scioperi repressi nel sangue, corruzione, scandali e colpi di stato. Utilizza massicce quantità di pesticidi, erbicidi e insetticidi. Approfitta della sua posizione di potere per imporre prezzi molto bassi delle aziende agricole da cui si rifornisce.
Nel 1994 il sindacato SITRAP ha denunciato l'esistenza di squadre armate all'interno delle piantagioni in Centro America e in Ecuador. I lavoratori sono sottopagati, senza alcuna assistenza medica. Le attività sindacali sono represse talvolta con la forza.


Esso (Exxon Mobil)

I Verdi del Parlamento Europeo hanno lanciato una campagna di boicottaggio perché la Exxon, l'industria più ricca del mondo, ha sostenuto fortemente l'abbandono del protocollo di Kyoto per la difesa ambientale da parte degli Stati Uniti.


Monsanto

Metà del suo fatturato annuale (34mila miliardi di lire) proviene dalla produzione di erbicidi, di ormoni di sintesi e di sementi geneticamente modificate. Il resto proviene dalle attività farmaceutiche.
E' il terzo produttore del mondo di pesticidi e controlla il 10% del mercato mondiale. E' una delle maggiori aziende del mondo nella produzione di sementi geneticamente modificati (capaci di resistere agli stessi erbicidi prodotti dalla stessa Monsanto).
Nel 1997, negli Stati Uniti, ha pagato una multa di 50mila dollari per pubblicità ingannevole. Aveva definito l'erbicida Roundup un prodotto "biodegradabile ed ecologico".
Ancora nel 1997, in occasione della conferenza sul clima di Kyoto, la multinazionale ha fatto pressioni affinché la conferenza non inserisse gli HFC (idro fluoro carburi, sostanze pericolose perché contribuiscono in misura notevole all'effetto serra) fra i gas da ridurre.
Nel 1999 è stata denunciata per abuso di posizione dominante nel settore delle biotecnologie.
Sempre nel 1999 è stata denunciata perché testava i suoi prodotti sugli animali.
Controlla i marchi: Mivida Misura


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Burger King

In Gran Bretagna è stata al centro dell'attenzione perché stipulava contratti denominati "a zero-ore". I dipendenti non venivano pagati quando ad esempio il negozio era vuoto e quindi non stavano facendo niente.


Kodak

Nel 1990 è stata condannata a pagare una multa di 2 milioni di dollari per essere una delle 10 maggiori produttrici di sostanze inquinanti e cancerogene (è il maggior "emettitore" di metilene cloride degli USA).


Coca Cola

Recentemente alcune associazioni di difesa dei lavoratori colombiani hanno deciso di intentare una causa contro la Coca Cola per l'omicidio di alcuni sindacalisti. Secondo i portavoce delle associazioni la multinazionale usa vere e proprie squadre della morte per "minacciare" i dirigenti sindacali che intraprendono battaglie per i diritti dei lavoratori. Nei primi sei mesi del 2001 sarebbero stati uccisi 50 dirigenti sindacali, 128 lo scorso anno, piu' di 1500 negli ultimi dieci anni.


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Pepsi Cola

Al centro della campagna contro la Pepsi il fatto che la multinazionale appoggia e sostiene paesi con regimi dittatoriali (Birmania, Messico, Filippine). La Pepsico utilizza inoltre animali nei suoi studi ed esperimenti.


Sun Diamond

E' un consorzio di cooperative statunitensi. In Italia distribuisce con il marchio Noberasco. Secondo la sezione sindacale americana Teamstars Local Union usa pesticidi pericolosi. E' stata accusata di licenziare gli scioperanti e dare salari molto bassi.
Nel 1985, in un momento di difficoltà finanziaria, la multinazionale ottenne dai lavoratori un'autoriduzione dei salari del 30-40% e un maggior sforzo lavorativo. Nel giro di poco tempo l'azienda recupero' e i profitti aumentarono del 40%.
Nel 1991 i lavoratori chiesero di far tornare i salari ai livelli originari, ma invece di accogliere la richiesta, la Sun Diamond licenziò i 500 dipendenti in sciopero rimpiazzandoli con nuovi braccianti.
Controlla i marchi: Diamond, Sunsweet


Industrie farmaceutiche

Molte sono le multinazionali farmaceutiche boicottate perché sfruttano gli animali negli esperimenti. Fra i nomi importanti: Bayer, Henkel, Johnson & Johnson, L'Oreal Colgate-Palmolive, Reckitt Banck e Johnson Wax. Nel caso della Bayer citiamo poi il caso Lipobay. 52 persone decedute.
Recentemente è stata inoltre aperta un'inchiesta contro la Glaxo per un farmaco antidepressivo, lo Seroxat.
Segnaliamo invece come buona notizia la concessione della Roche al governo brasiliano di ridurre del 40% il prezzo di un farmaco anti-aids.


Del Monte

Ufficialmente la campagna di boicottaggio della Del Monte è finita, con ottimi risultati. Il vecchio direttore delle piantagioni in Kenya è stato licenziato e la multinazionale ha firmato una serie di accordi che prevedono la regolarizzazione delle assunzioni, l'aumento dei salari minimi in modo da coprire i bisogni fondamentali per tutta la famiglia, la garanzia della libertà e delle attività sindacali, la salvaguardia della salute dei lavoratori e la difesa dell'ambiente. L'azienda si è inoltre impegnata in un progetto di monitoraggio e controllo da parte delle associazioni sindacali e del Comitato nazionale di solidarietà.


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Ferrero

La multinazionale di origine italiana è il quarto colosso mondiale nel settore dolciario a base di cacao (dopo Nestlè, Mars e Philiph Morris). La proprietà del gruppo è della famiglia Ferrero che opera attraverso una finanziaria (Intercandy N.V.) con sede nelle Antille Olandesi.
Fatturato: 8.500 miliardi. Impiegati: 12.000 persone (nei 15 stabilimenti sparsi in 29 paesi)

Marche o prodotti
Nutella, Cacao Ferrero, Ferrero Rocher, Kinder, Mon Cheri, Pocket Coffee, Raffaello, Brioss, Duplo, Fiesta, Kinder Brioss, Pinguì, Estathè, Cristallina.

Ulteriori informazioni
- Non si hanno notizie sulle condizioni di lavoro degli operai negli stabilimenti (di proprietà Ferrero) in Ecuador e Porto Rico.
- Ferrero appalta in Cina a ditte locali la produzione delle sorprese per gli ovetti Kinder senza richiedere controlli sulle condizioni di lavoro, che a detta di alcune testimonianze, sono drammatiche. (fonte: Nuova guida al consumo critico)
- Ferrero compra il cacao attraverso canali commerciali che non garantiscono guadagni dignitosi a braccianti e contadini.

NUTELLA
Ingredienti: Zucchero, oli vegetali, nocciole (13%), cacao magro, lattosio, latte scremato in polvere (5%),proteine del latte, emulsionante: lecitina (di soia), aromi. Non viene fornita nessuna certificazione che escluda l’utilizzo di ingredienti transgenici.


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Henkel

Henkel è un gruppo chimico tedesco classificato al 372 posto della graduatoria mondiale. La società, controllata dalla famiglia Henkel, è attiva nel settore della chimica, degli adesivi industriali e domestici, dei detergenti, dei cosmetici, e degli articoli di cancelleria. Dispone inoltre di una divisione specializzata nella lavorazione di oli utilizzati come materia prima nell’industria farmaceutica e cosmetica.
Fatturato: 22.000 miliardi. Impiegati: 56.600 persone

Marche o prodotti
Pritt Stick, Attak, Pattex, Bostik, Loctite, Pelikan, Atlas Vernel, Dixan, Perlana, Bref, Antica Erboristeria, Fa, Neutromed, Vidal, Squibb, Sidol, Nelsen, Squibb, Testanera.

Ulteriori informazioni
- Nell’ aprile 1996 Greenpeace ha indicato nella filiale giapponese di Henkel, uno dei maggiori produttori mondiali di ftalati, sostanze cancerogene usate per ammorbidire la plastica dei giocattoli e come ingredienti nelle pellicole alimentari (fonte: Ethical consumer)
- Nel 1992 Henkel ha trasferito alcune linee produttive in Irlanda perchè la legge di questo paese consente emissioni tossiche più elevate che altrove. (fonte: Multinational monitor)
- Nel 1994 Greenpeace ha segnalato che Henkel scaricava prodotti tossici come Cadmio, Mercurio, Arsenico, Cromo, Fenoli, ecc. (fonte: Greenpeace)
- Henkel Chimica è iscritta all’albo dei fornitori del Ministro della Difesa.
- Henkel compare tra le imprese che secondo Naturewatch, utilizzano ingredienti sperimentati sugli animali. (fonte: Compassionate Shopping Guide 2000)


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3M

Fondata nel 1902 a St. Paul, nel Minnesota, 3M è oggi una società presente attraverso aziende controllate in oltre 60 Paesi in tutto il mondo, con una rete capillare di unità di produzione e di trasformazione oltre che di centri di ricerca e sviluppo. Negli ultimi anni la Corporation ha ulteriormente espanso la propria organizzazione sui mercati internazionali, con particolare riferimento ai Paesi dell'Est e del Medio Oriente, nonchè ai principali Paesi asiatici emergenti.
Ha filiali in Brasile, Colombia, Filippine, Messico, Perù, Venezuela.
Ha finanziarie in Irlanda (Dublino), Emirati Arabi, Svizzera.
Fatturato: 30.000 miliardi. Impiegati: 73.000 persone

Marche o prodotti
Post It, Scotch Brite, Scotch.

Ulteriori informazioni
- 3M è considerata tra le prime 300 imprese statunitensi che rilasciano sostanze cancerogene (fonte: Ethical Consumer)
- Nel 1994 la divisione per la produzione di mezzi protettivi forniva attrezzature per l’industria nucleare. (fonte: Ethical Consumer)
- Nel 1994 era fornitrice dell’esercito Inglese. (fonte: Nuova Guida al Consumo Critico)
- Nel Dicembre 1995 è stata classificata da Multinational Monitor fra le 10 peggiori imprese a causa del suo prodotto Tambocor, un farmaco cardiologico che ha causato circa 50.000 decessi. Secondo il National Institute of Healt, 3M conosceva gli effetti collaterali del farmaco, ciò nonostante ha condotto una dura campagna di pressione per persuadere la Food and Drug Administration a non ostacolare la commercializzazione del farmaco (fonte: Nuova Guida al Consumo Critico)
- 3M è nella lista delle imprese che utilizzano ingredienti sperimentati su animali (fonte: Naturewatch)


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