In Corsica mancano tre cose:
La Corsica o Kallisto
(per i greci: la più bella) è uno scrigno di bellezze naturali che si offrono
al viaggiatore in tal quantità da farla apparire come una terra felice ove
improvvisamente svaniscono problemi e preoccupazioni.. Abbiamo girovagato in
bicicletta per dieci giorni, lungo continui saliscendi (la pianura è un
concetto inesistente!), trasportando i nostri scarsi bagagli sul portapacchi
posteriore. Molto c’è stato svelato….
Partendo da Bastia e
salendo verso il Col de Teghime si coglie subito il senso dell’isola:
infinite montagne che precipitano nel mare ed un caldo secco che la brezza
marina non riesce ad alleviare. I vigneti ed i boschi di Patrimonio appaiono
come uno sberleffo una volta entrati nel torrido deserto degli Agriati. Il
deserto è un labirinto di vallette colonizzate dal vento e dal sole. Il mare
è lontano ed anche il silenzio, talvolta pressoché assoluto, si offre solo a
tratti, mimetizzato in un ribollire di sibilanti refoli d’aria che fuggono
verso la costa. Si supera la Bocca di Vezzu e si precipita sul mare. Ile
Rousse e poi Calvi, i porti settentrionali dell’isola. Localini e spiagge. E
le immancabili torri genovesi edificate in difesa delle baie. Doppiata Calvi
si procede verso sud. Anse della Recisa: la strada serpeggia tra fiordi
incantati dipinti dalle infinite tonalità d’azzurro del mare. Si segue
integralmente il ribelle disegno della costa ubriacandosi di curve e
saliscendi. Si perimetra l’ampia baia di Nicchiareto e per un attimo si
abbandona la costa. L’interno è brullo ed un po’ ci rammenta le ambientazioni di tanti spaghetti western. Di nuovo
la strada sul mare. Il golfo di Galeria si chiude sulla selvaggia valle del
Fango. Una piccola strada risale la
valle offrendo sorprendenti scorci di
un mondo antico ed un ampio acrocoro di pareti verticali dominate dalla mole
del Paglia Orba. Galeria è un piccolo nucleo di case assopite a mezzacosta
sopra il lembo meridionale della baia ed è anche un porto strategico per una
visita al parco marino della riserva di Scandola. Intanto la strada ha
ripreso a salire contorcendosi nel torrido entroterra. La sagoma
dell’intaglio del col de Palmarella compare e scompare ripetutamente alla
nostra vista. Senza gallerie si procede così, canalone dopo canalone, in un
andirivieni sinuoso che solo una bicicletta può fare apprezzare. Dal colle
s’apre una magnifica vista sul golfo della Girolata. Baia stupenda ed antico
quanto imprendibile covo di pirati (o meglio di corsari!). Oggi è una
magnifica spiaggia con annesso ristorantino e facile accesso in battello.
Superiamo il Col de la Croix e planiamo dolcemente su Porto. La marina è
strappata alla stretta gola terminale del fiume omonimo. Il bel porto brulica
di localini e turisti. In alto c’è il colle del Vergio: terra di conifere e
maiali. Le conifere costituiscono la bella foresta d’Aitone che accompagna il
nostro pedalare negli ultimi dieci chilometri di salita. I suini sono per
strada. Dappertutto. Una miriade di
porcellini grufola ai bordi della carreggiata o si sollazza nell'umidità di
grosse pozzanghere. I più intraprendenti si sistemano in mezzo alla strada e
poi muovono pigramente verso il basso ostruendo il traffico. Nessun
automobilista si sogna di usare il clacson per smuoverli! Scendiamo di nuovo
a Porto e saliamo verso Piana. Le Calanche al tramonto sono bellissime. Un
rosso intenso incendia la miriade di guglie e pinnacoli che si stagliano tra
la strada ed il mare che giace lontano attraversato da un riflesso arancione
che sfuma all’orizzonte. I nostri pensieri deragliano verso il metafisico
mentre la salita consuma le ultime svolte fra due ali di turisti che scattano
foto all’impazzata. Piana è un notevole paese divenuto crocevia di strade che
precipitano su belle calette. Dopo Piana si scende. Un anonima discesa verso
Cargese e quindi Sagone. Una serie di spiaggione grigiastre costituisce il
litorale che ci accompagna sino alle pendici del Col di San Bastiano. Salita
infame per caldo ed assenza d’acqua. La discesa successiva non è migliore. Il
traffico di Ajaccio ci propone un imboscata sin dalla rotonda di Mezzavia.
Ansimiamo nella modesta polluzione corsa percorrendo l’ampia tangenziale sino al col di Sta Giulia.
Porticcio è un lungomare animato da cento locali ed una spiaggia dignitosa.
Seguono le spiagge d’Agosta, della
penisola d’Isolella e di Ruppione. Stanchi di marine e salsedine impenniamo
verso Acqua Doria e la curiosa stradina di mezzacosta che domina la baia di
Copabia. Stradina curiosa per asfaltatura: il bitume gronda di pietre in
rilievo che solleticano i copertoni delle bici provocando un fremito del telaio e delle nostre membra
intorpidite. Un'altra vibrazione ci coglie. Lo spettacolo della baia è
abbagliante. Le vele in lontananza riposano sopra un mare assopito che si
rifugia in minuscole calette ove il blu dell’acqua vira in pochi metri sin
alla tonalità dello smeraldo. Transitiamo per Serra di Ferro e scendiamo
all’invitante spiaggia di Olmeto.
Perimetriamo il golfo di Valico e giungiamo a Propriano, cittadella
nervosa che domina dall’alto l’ampio
porto. Poco da dire. Stiamo già risalendo il corso del fiume Rizzanese in
direzione di Ste. Lucie de Tallano, un gruppo di case edificate attorno al
quadruplo fontanone che irrora un acqua fresca e dalle proprietà
taumaturgiche (a giudicare dal numero di indigeni che si fermano a riempire
bottiglie e taniche d’ogni tipo). Poco oltre s’incontra il grande edificio del
convento di San Francesco. Inutile dire che giace sopra un notevole balcone
panoramico che domina la valle sottostante. Saliamo a Levie e poi a Zonza ove
osserviamo la bella chiesa e, poco sopra, il sorprendente ippodromo, perso
nella foresta, che pare incontrare i gusti degli scommettitori d’alta quota.
Ecco le guglie della Bavella. Paiono
il dorso di un colossale dinosauro. Dolomiti in terra corsa. Ci approssimiamo
lentamente al colle che appare immerso in un manto verde. Il colle è un
giardino incantato. Non vi sono solo le guglie che incombono dall'alto ma c'è
anche un magico bosco di pini indigeni (simili al pino loricato) dal quale ci
si aspetta di veder comparire, da un momento all'altro, qualche gnomo o
coboldo. Una statua della Madonna della Bavella occupa il settore sinistro
del colle. Precipitiamo sulle gole del Solenzara transitando per il Col de
Larone. Una strada stretta e sconnessa costeggia il torrente animato da
continue pozze e cascatelle. Difficile descrivere la bellezza di questo tratto.
Brevi strettoie strappate alla roccia si alternano a panoramici tornanti
esposti sulla gola. Si vorrebbe che la stradina non finisse mai. La gola si
addolcisce, la vegetazione scompare e giungiamo a Solenzara, costa orientale,
paesotto di pescatori apertosi al turismo balneare. Quaranta chilometri di
stradone ci conducono a Porto Vecchio, con la città vecchia arroccata in alto
ed ormai popolata da un umanità multietnica e chiassosa. Le strette strade
sono invase dai turisti di ritorno dalle spiagge ‘caraibiche’ della
Palombaggia e Santa Giulia. Fuggiamo verso sud, a Bonifacio, il paese di
pietra edificato sulla scogliera e sconvolti da tanta bellezza dimentichiamo
di essere giunti al termine del nostro viaggio..…
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