Tabella e spiegazione del calcolo del grado di difficoltà elaborati da
Gabriele Codifava
Piccola Legenda; indico il significato dei simboli che impiegherò nel seguito.
D – indice di difficoltà; è il risultato della formula
d – dislivello totale (espresso in metri)
di – dislivello parziale tra due punti (espresso in metri), riferito cioè all’i-esimo tratto della salita
P – pendenza media, espressa in percentuale
pi – pendenza dell’i-esimo della salita, espressa in percentuale
L – lunghezza totale della salita, in Km
li – lunghezza parziale di un tratto di salita, in Km
NB: l’indice "i" vuole significare che stiamo considerando dei termini parziali, su cui poi si opererà una somma; così la scrittura S li*pi^2 significherà "somma su tutti gli i-esimi tratti di suddivisione del prodotto tra un tratto di lunghezza parziale e una pendenza parziale elevata al quadrato". Es: in una salita fatta così
p3
p2
p1
l1 l2 l3
S li*pi^2 = l1*p1^2+l2*p2^2+l3*p3^2.
I criteri su cui mi baso per elaborare una formula, partendo dalla tua ben collaudata, sono i seguenti:
mettere in risalto quanto più possibile le pendenze, evitando quindi di fare delle medie su tutto il percorso che tenderebbero a diluire i tratti più ripidi, cioè più impegnativi; bisognerà considerare i vari tratti di salita ripida, meno ripida o falsopiano e sommare i risultati al termine;
fare in modo che salite uguali, seppur inserite in percorsi differenti, diano risultati autoconsistenti. Mi riferisco all’esempio della salita di Prada o Punta Veleno che dir si voglia: a mio avviso la seconda dovrà contemplare tutta la difficoltà della prima, più eventualmente un qualcosa in più visto che comunque ha qualche tratto di salita supplementare;
rendere il meno arbitraria possibile la divisione dei tratti di salita;
per salite regolari (la cui pendenza media è uguale alla pendenza parziale in ogni tratto) le formule vecchia e nuova devono dare gli stessi risultati.
Di seguito illustro come ho costruito quella che valuto una buona soluzione.
Come prima cosa, mi è sembrato necessario dividere le salite nei tratti a diversa pendenza, perché la media rischia di non evidenziare la vera difficoltà. Mi spiego con un esempio.
Io ritengo molto più impegnativo affrontare 500m di salita al 20% piuttosto che 1km al 10%, e credo che questa opinione sia condivisa da molti (se non tutti!). Secondo la formula
Difficoltà = (Pendenza * Pendenza * Lunghezza)/10 + 4*Pendenza
non ci sarebbero differenze:
0 1 (km) 0 l1 0.5 l2 1 (km)
D = (10*10*1) / 10 + 4* 10 = 50
Io propongo invece di considerare, spezzando la salita in due parti, di attribuire un peso molto maggiore alla parte ripida e annullare il contributo di quello piatto, tenendo conto però della lunghezza relativa dei due tratti rispetto all’intera salita. Occorre calcolare la pendenza su mezzo km invece che su uno, ma così non si addolcisce l’ascesa! Un primo passo può portare a:
D=S li*pi^2 /10+S 4*pi*(li/L)
Applicando all’esempio di sopra: D= ½ * 0^2/10 + 4*0*1/2 + ½*20^2/10 + 4* ½*20= 60
Se invece ci trovassimo di fronte realmente a una salita costante al 10%, questa formula darebbe come risultato ancora 50, in accordo del resto con quella precedente.
Già questo risultato è abbastanza soddisfacente, perché la nuova formula riesce a discriminare i due casi. Se ancora si volessero fare ulteriori suddivisioni, in tratti di 250 m così da ottenere quattro segmenti, non cambierebbe il risultato, e questo ci conforta perché esso non viene a dipendere dal numero di suddivisioni che facciamo.
C’è però un problema da risolvere; supponiamo che ci troviamo a descrivere un "muro" tra due tratti sostanzialmente piatti, cioè del tipo
p3= 0
p2
p1 = 0
l1 l2 l3
In questo caso (può essere applicato al caso reale della descrizione della salita di Prada dal punto di vista del solo tratto di salita o includendo i falsipiani come riportato in Punta Veleno) ancora una volta il tratto molto ripido rischia di essere diluito sui falsipiani a causa del termine li/L, che ora ha valore 1/3.
D = 56.6 !
Tanto maggiore il falsopiano che prolunga la lunghezza totale, tanto minore D. Questo è inaccettabile e contrasta con il punto 2 delle norme che ci siamo dati per una buona formula. Per correggere la situazione, bisogna fare una considerazione: così come abbiamo "pesato" (è il termine tecnico della statistica!) la pendenza di un i-esimo tratto, pi, rispetto alla lunghezza relativa del tratto su tutto il tracciato, dobbiamo valutare la medesima pendenza rispetto a tutta la pendenza media. Questo perché è molto significativo se la pendenza, e conseguentemente il dislivello, è concentrato in un tratto o disperso su tutto il tracciato. Mi spiego: se su 3 km due sono quasi piatti e uno solo di vera salita, bisogna che tutta la difficoltà ricada su quel km, ed essa deve essere pari a quella che si avrebbe considerando una salita pari solo a quel tratto.
=
Viene così ad aggiungersi un coefficiente pi/P, dove P è la pendenza media. Nell’esempio numerico di prima, il tratto di salita è al 20% su ½ km, preceduto e seguito da un altro ½ km piatto. P=(100/1.5)/10 = 6.66 % (100 sono i metri di dislivello)
Applicando la formula completa
D = S [ li*pi^2/10 + 4*(pi/P)*(li/L)*pi ] (F)
al caso particolare (nei tratti iniziale e finale pi = 0 non dà alcun contributo) si ottiene:
D = ½ * 20^2/10 + 4*(20 / 6.66)*(0.5/1.5) * 20 = 60 !
NB il 6.66 è in realtà un 6.6 periodico, che quando compare a divisore di 20 dà esattamente 3. Questo termine controbilancia perfettamente 1/3 che deriva da li/L ! L’introduzione del coefficiente pi/P non è un trucco per far tornare i conti ma la constatazione che occorre opportunamente contrastare la diluizione che si introduce valutando la pendenza rispetto alla sola lunghezza. Si nota anche che nel caso di salite regolari pi = P per ogni tratto (quindi pi/P = 1 sempre) e non c’è bisogno di suddivisione in tratti, ma è sufficiente un unico tratto dove li = L, quindi ricadiamo nella formula tradizionale.
La formula F è a prima vista complicata e di difficile calcolo. Sviluppando opportunamente è però sorprendente il risultato a cui si approda.
Ricordiamo che la formula che lega il dislivello alla pendenza percentuale e alla lunghezza è
disl. = pend. * lungh. * 10 (F2),
riscriviamo F nel seguente modo:
D = S [li*pi^2/10 + 4* (li * pi^2) / (P*L) ] = S [ li*pi^2 * (1/10 + 4/PL) ]
Ricordando la formula F2, si nota che PL = d/10, per cui:
(1/10 + 4/PL) = (d + 400)/ (10*d) dove d = dislivello totale
D = [ (d +400) / (10*d) ]* S [li * pi^2/10]
che è una formula molto facile, in cui entra solo il dislivello totale d in più. Con ulteriori passaggi matematici si può esprimerla solo attraverso dislivelli e lunghezze (è comoda in questa forma perché evita il calcolo delle pendenze, ed è facile avendo a disposizione una cartina sufficientemente dettagliata, come molte volte accade con le carte stradali), oppure solo con dislivelli e pendenze. Riassumendo:
D1 = (1/1000) * (1 +400/d) * S (di^2/li)
D2 = (1/100) * (1+400/d) * S (di*pi)
D3 = (1/10) * (1+400/d) * S ( li * pi^2)
Io ho eseguito alcuni calcoli sulle salite reali, e mi sembra che i risultati siano corretti, nel senso che rispettano i criteri dall’1 al 4 che ci eravamo posti in partenza. Se essi non sono condivisi, il risultato non è di conseguenza giudicabile buono. In generale ho osservato un ritocco verso l’alto dei valori, come ci si poteva aspettare, visto che tutto sommato si cercava di far risaltare la difficoltà legata alla pendenza.
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