Spamming
Dal primo gennaio 2004 entrerà in vigore il Codice di
protezione dei dati personali: il Codice garantisce che il trattamento
dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle
libertà fondamentali, nonché della dignità
dell’interessato con particolare riferimento alla riservatezza,
all’identità personale ed al diritto alla protezione dei dati
personali.
Il tutto deve avvenire secondo principi di armonizzazione,
semplificazione ed efficacia delle modalità previste per la
tenuta dei dati. Inoltre il codice si basa sul cosiddetto principio di
necessità in quanto i sistemi informativi ed i programmi
informatici devono essere configurati riducendo al minimo
l’utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da
escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei
singoli casi possono essere realizzate mediante dati anonimi od
opportune modalità che permettano di identificare l’interessato
solo in caso di necessità.
Il Codice affronta anche la questione dello spamming. Con il termine
spamming si indica la tecnica di invio di messaggi di posta elettronica
non richiesti ai fini commerciali. Lo spamming causa ovviamente costi
all’utente nonché sottrazione di tempo in quanto deve discernere
le e-mail di interesse rispetto a quelle di mera comunicazione
commerciale o promozionale, senza poi considerare che lo spamming
spesso provoca intasamento del canale di trasmissione.
Riassumendo i principi stabiliti dal Garante sino ad oggi mediante
pronunce inerenti lo spamming, si può in sintesi ritenere che:
è soggetto all’applicazione della privacy ed equivale a spamming
l’invio di messaggi anche da parte di persone fisiche quando si tratti
di comunicazione sistematica; l’invio di e-mail commerciali
indesiderate dovrebbe essere possibile solo qualora il destinatario
abbia precedentemente acconsentito a ricevere tali messaggi ed infine,
la presenza di un indirizzo e-mail di una persona su un sito internet
non autorizza le aziende, per il solo fatto di essere pubblico, ad
utilizzarlo per inviare pubblicità, in quanto internet non
equivale ad elenco pubblico.
In materia specifica di spamming, il Codice interviene in particolare
su due voci aventi ad oggetto le comunicazioni indesiderate ed il
direct marketing, rispettivamente disciplinati dagli artt. 130 e 140.
In merito alle comunicazioni commerciali, il Codice stabilisce che
l’uso di sistemi automatizzati di chiamata per l’invio di materiale
pubblicitario o di vendita diretta è consentito con il consenso
dell’interessato. Tale disposizione si applica anche alle comunicazioni
elettroniche, effettuate per le suddette finalità mediante posta
elettronica, sms, mms o altro. Se il titolare del trattamento utilizza,
ai fini di vendita diretta di propri prodotti o servizi, le coordinate
di posta elettronica fornite dall’interessato nel contesto della
vendita di un prodotto o di un servizio, può non richiedere il
consenso sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto
della vendita e l’interessato, informato, non rifiuti inizialmente o
successivamente, tale uso.
È vietato in ogni caso l’invio di comunicazioni a scopo
promozionale effettuato camuffando o celando l’identità del
mittente o senza fornire un idoneo recapito presso il quale lo stesso
mittente possa esercitare i diritti previsti dal Testo Unico.
In merito al direct marketing, il Garante promuove la sottoscrizione di
un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei
dati personali effettuato ai fini di invio di materiale pubblicitario o
di vendita diretta ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di
comunicazione commerciale, prevedendo anche, per i casi in cui il
trattamento non presuppone il consenso dell’interessato, forme
semplificate per manifestare e rendere meglio conoscibile l’eventuale
dichiarazione di non voler ricevere determinate comunicazioni.
Sembra perciò doversi ritenere che per l’invio di messaggi di
posta elettronica a contenuti commerciali e promozionali si debba
ottenere il consenso informato del destinatario; tale consenso è
necessario anche quando gli indirizzi sono formati ed utilizzati
automaticamente mediante un software; inoltre tale consenso deve essere
chiesto prima dell’invio e solo dopo aver informato l’interessato sugli
scopi per i quali i suoi dati verranno usati; vale la regola e del
opt-in e non opt-out.
Non sono peraltro ammissibili messaggi anonimi, soprattutto alla luce
dei diritti inerenti il titolare dei dati raccolti che in qualsiasi
momento deve poter esercitare i diritti di modifica, aggiornamento,
cancellazione, ecc. previsti già dalla legge 675/96 e ribaditi e
puntualizzati nel nuovo Codice. Inoltre la formazione di un elenco di
chi intende ricevere e-mail pubblicitarie o di black-list non deve
comportare oneri per gli interessati.
Qualora non siano rispettati i suddetti criteri, l’Autorità ha
disposto una serie di penalità consistenti sia in multe (sino a
30 mila euro in caso di omessa informativa all’utente) sia in vere e
proprie sanzioni penali quali ad esempio la reclusione da sei mesi a
tre anni qualora l’uso illecito dei dati sia stato effettuato al fine
di trarre per sé o per altri un profitto o di arrecare ad altri
un danno. Sanzione accessoria, la pubblicazione della pronuncia penale
di condanna.
Sembra pertanto potersi dire che con l’entrata in vigore del Codice si
assisterà ad una svolta a favore dell’utente contro continui
“ingombri” della posta elettronica e contro la selvaggia raccolta di
indirizzi di posta elettronica in rete.
Dott.ssa Valentina Frediani
consulentelegaleinformatico.it