23/01/04 - News - Roma - Lo avevano detto. E ora, mentre partono i primi
jukebox di distribuzione musicale a pagamento in Italia e in Europa, sta per
accadere: anche in Italia, come già negli Stati Uniti e in altri paesi,
l'industria discografica sta mettendo a punto una offensiva legale contro la
condivisione non autorizzata di brani sulle piattaforme del peer-to-peer.
Per cercare di capire come si muoveranno i detentori di diritti d'autore qui da
noi e cosa ci si può attendere già nelle prossime settimane, Punto Informatico
ha intervistato Enzo Mazza, direttore generale della Federazione industria
musicale italiana. Un approfondimento tanto più necessario dopo che ieri
l'industria fonografica internazionale associata alla IFPI ha ulteriormente
ribadito che la propria strategia globale comprende l'attacco agli usi illeciti
di Internet che a suo dire provocano danni al settore e, a cascata, alle
economie di interi paesi (qui la nota di IFPI).
Punto Informatico: Prima di tutto chiariamo
un concetto che non è sempre sembrato chiaro a tutti: condividere musica in rete
è illegale in Italia?
Enzo Mazza: La legge che ha recepito la
Direttiva europea in materia ha anche chiarito gli aspetti riguardanti la copia
personale. Vale la pena di rammentarlo.
L'articolo 71-sexies della legge 633/1941 stabilisce che la copia privata
deve essere esclusivamente personale e non deve avere fini direttamente od
indirettamente commerciali.
La norma aggiunge che la realizzazione della copia privata non può essere
affidata a terzi e che essa deve trarre origine da un originale.
PI: In sintesi, dunque, siamo di fronte ad
un fatto platealmente illegale
EM: È opinione comune di tutti i giuristi e
degli esperti che non vi siano dubbi sull'illiceità della condivisione di opere
protette da copyright. Ho anche avuto modo di apprezzare che la "Guida ad un uso
consapevole dei sistemi p2p" a cura di newglobal.it, che offre ampio spazio alle
tematiche della tutela del copyright, conferma che la condivisione di file
musicali tutelati è illegale.
PI: Su Punto Informatico se ne parla tanto,
e molte cose sono giunte anche sui media generalisti: a suo parere gli utenti
italiani del P2P sono consapevoli che certe attività non sono lecite?
EM: Secondo dati rilevati a dicembre 2003 da
Ac Nielsen sono oltre 3 milioni gli italiani attivi sul P2P. Il 50% è
consapevole che scambiare musica protetta da copyright è illegale, c'è un 25%
che ritiene che sia legale e un 25% che dice di non saperlo.
Diciamo che sul piano della pirateria tradizionale i dati non sono molto
diversi. C'è ancora chi compra all'angolo della strada CD pirata e crede che sia
un'attività legale.
PI: Avete dichiarato di aver già denunciato
alcuni grandi uploader di musica, cioè italiani che distribuivano grandi
quantità di musica via peer-to-peer. Di quali quantità stiamo parlando?
EM: In recenti operazioni che hanno
coinvolto soggetti attivi nella riproduzione e distribuzione di musica pirata in
rete le forze dell'ordine hanno perseguito diversi uploader. Alcuni avevano
migliaia di file ed erano sistematicamente connessi ai maggiori software P2P.
Altri casi hanno invece riguardato i dialer che offrivano, tramite connessioni
quali il prefisso 709 migliaia di file illegali, ma questi sono casi diversi.
PI: Come avete fatto ad individuarli? Avete
raccolto il loro IP e avete sporto denuncia contro ignoti? Avete a disposizione
qualche software capace di scorazzare nelle reti P2P a caccia degli IP che
condividono musica?
EM: Noi seguiamo una strada, quella della
denuncia penale, che ha dato ottimi risultati.
Le forze di polizia italiane hanno ottimi investigatori online e i mezzi offerti
dal codice penale e dal codice di procedura penale per contrastare l'attività
illecita consentono rapide e efficaci indagini.
PI: Di fatto, quindi, voi non svolgete una
indagine specifica
EM: Non è diverso da quando in strada
vediamo un venditore con CD falsi. Non c'è bisogno di mettersi a cercare i dati
del soggetto o a seguirlo per vedere dove abita. Non è un compito nostro. Noi
segnaliamo il fatto di rilevanza penale e ci preoccupiamo di fornire, ove
richiesti, un'assistenza tecnica, tramite l'unità antipirateria FPM.
PI: Negli USA nei mesi scorsi l'industria
discografica ha individuato centinaia di utenti del P2P a cui ha inviato lettere
di diffida prima di formalizzare una denuncia. Avverrà lo stesso anche qui in
Italia?
EM: Non è necessario. Poteva essere utile
nel caso di un'azione civile
PI: Possiamo
dire che chi condivide piccole quantità di file musicali non corre il rischio di
una denuncia?
EM: Non ci sono soglie minime per legge,
questo va detto per non dare messaggi che siano fuorvianti. In ogni caso il
nostro maggiore interesse è colpire i fenomeni più rilevanti.
PI: Ma quindi cosa rischia un italiano che
venisse denunciato per aver condiviso sulle piattaforme del peer-to-peer
centinaia di brani musicali? Negli USA la RIAA ha proposto delle composizioni
extragiudiziali delle singole vicende: ci sono grandi downloader che se la sono
cavata pagando 2 o 3 mila dollari
EM: Le composizioni extragiudiziali sono
possibili in caso di azioni civili. Come detto, la strada che abbiamo intrapreso
è quella della denuncia penale. Ci costituiremo in giudizio come già fatto in
altri casi chiedendo il risarcimento dei danni. Saranno i giudici a valutare.
PI: Non temete che un giro di vite sul
file-sharing, diretto a colpire i singoli utenti, possa allontanare i
consumatori e gli appassionati dalle proposte dell'industria discografica e
alienarvi delle simpatie?
EM: Vi sono utenti che sono consapevoli del
danno procurato, e stanno danneggiando anche la filosofia stessa del P2P. Il
file sharing potrebbe avere delle opportunità di sviluppo anche per il mercato
legale, pensiamo a strumenti come il viral marketing, ma così com'è non
decollerà mai, e le società come Sharman Networks che cavalcano gli utenti con
battaglie contro l'industria dei contenuti troveranno sempre meno ascolto perchè
è chiaro a tutti che strumentalizzano la faccenda solo a fine di business.
PI: Ma non ci si può fermare alle denunce
EM: L'industria deve velocizzare la propria
strategia di offerta in rete e dall'altra parte deve offrire più contenuti. Il
caso del DVD musicale è eclatante. Un mercato che è cresciuto del 170% in Italia
solo nel primo semestre 2003 e che è esploso a Natale.
Pur non compensando le perdite del segmento CD, ha mostrato che i consumatori
sono attratti da proposte aggiuntive e di qualità. I DVD musicali più venduti
nel 2003 vedono star come Vasco Rossi, U2, Springsteen, Peter Gabriel, i Queen e
i Pink Floyd con eccezionali performance live che hanno sfruttato l'effetto
dell'home theathre e i consumatori ci si sono buttati a capofitto senza farsi
troppi scrupoli sul fronte del prezzo.
L'aggiunta dell'immagine ad un audio di qualità ha dato al CD quello che gli
mancava. Molti pensavano a strategie sul DVD audio e sul superaudio CD ma per
ora la svolta è stata molto più semplice e solo con il Dolby Digital o al
massimo il DTS.
PI: A questo proposito: da tempo la
condivisione di musica via Internet viene considerata uno dei maggiori problemi
per il mercato discografico. È possibile stabilire in quale misura il download
selvaggio, chiamiamolo così, colpisce le vendite di musica? Con quali criteri si
può misurare una cosa del genere?
EM: C'è una battuta che si può fare. Ad un
certo punto si erano susseguiti studi e dichiarazioni secondo cui il file
sharing di brani musicali produceva un aumento degli acquisti. I dati di mercato
mondiali ed in particolare dei Paesi con una maggiore penetrazione del broad
band e del P2P hanno mostrato un calo complessivo, soprattutto tra la fasce di
consumatori di musica che sono anche più attive nel P2P. Quindi, alla fine c'è
una fetta molto consistente di navigatori che se può scaricare gratis non
compra, questa è la verità. E non compra anche se i prezzi sono bassi o sono
sistematicamente in calo.
PI: A suo parere succede anche in Italia?
EM: In Italia, e non lo dice la FIMI, ma lo
dicono i dati della distribuzione, e perfino un provvedimento dell'Antitrust, il
prezzo medio del CD è calato del 9,3 % nel 2002. Non solo, le case discografiche
hanno fatto ampio ricorso a continue campagne su cataloghi pop, rock, jazz,
classica, ecc. ma le stesse catene di distribuzione hanno costantemente promosso
novità o dischi in classifica a prezzi ridotti. Lo stesso titolo novità si può
trovare a 21 euro ma anche a 14,99 a seconda degli sconti praticati dal
commerciante. Sono aumentate a dismisura le confezioni con due o tre dischi al
prezzo di uno. Bisogna anche ricordare che sul prezzo finale del compact disc
incidono in maniera non irrilevante il margine del commerciante, che arriva fino
al 30-35 %, e l'IVA, al 20 % contro ad esempio il 4 % per un libro.
Le vendite ad unità sono cresciute ma i fatturati si sono ulteriormente ridotti
e quindi si deve da un lato favorire il decollo di nuovi canali distributivi
legali e dall'altro colpire l'attività illecita in qualsiasi contesto.
PI: Come a dire che l'industria sta facendo
tutto il possibile per reagire...
EM: C'è un riflesso molto negativo della
crisi di mercato che si tende ad ignorare. Quelli che soffrono di più sono gli
artisti emergenti e spesso le etichette indipendenti che fanno un grosso lavoro
di ricerca creativa. A causa della riduzione dei fatturati tutta la filiera sta
entrando in crisi. Qualcuno può godere che le grandi major vivano momenti di
difficoltà ma nel bene o nel male da lì arrivavano i maggiori investimenti che
consentivano di lanciare e promuovere nuovi artisti.
La piccola etichetta fa la ricerca, scopre il talento e poi le grandi case
finanziano magari l'ulteriore sviluppo, la penetrazione su altri mercati, la
promozione e il marketing. Oggi questo sistema è in crisi. Le grandi aziende si
concentrano sui titoli degli artisti che consentono di fare più fatturato per
compensare le gravi perdite, tagliano gli artisti minori e disinvestono dal
nuovo e ciò crea problemi anche alle etichette indipendenti e agli artisti
emergenti.
PI: Ma la rete e il P2P non possono in fondo
essere degli alleati per la promozione, soprattutto degli artisti emergenti?
EM: Non si dica che basta mettere i brani in
rete per farsi conoscere o diventare famosi. Oggi una promozione seria ha costi
incredibili anche in rete e inoltre chi ha poco catalogo riesce sempre meno a
competere. Ci sono state start-up che hanno fatto il loro credo far conoscere
giovani artisti e band in rete. Non hanno potuto competere con Napster che
offriva Madonna, i REM, Radiohead o Ligabue gratis e poi con la distribuzione
sul P2P.
Mi piacerebbe sapere dagli appassionati di musica se procedendo con l'attuale
sistema, ovvero la distribuzione gratuita di brani musicali riprodotti senza
autorizzazione, dove pensino di poter reperire nuova musica? Se non si guadagna
nulla non si può investire e se non si investe non si crea. Scaricheremo tutta
la vita i soliti nomi? Chi si assumerà più il rischio di impresa, investendo
sulla nuova musica, forse le società di telecomunicazioni che vendono l'ADSL?
Non credo.
PI: In Italia stanno partendo proprio ora i
primi jukebox a pagamento, come quello di MessaggerieMusicali o di Tiscali-OD2.
È un mercato che altrove è già esploso e sta crescendo rapidamente. La musica in
rete si vende bene. Che aspettative avete per il mercato italiano? Basterà la
distribuzione legale online a compensare il calo nelle vendite dei supporti
tradizionali (CD)?
EM: Ritengo che il mercato europeo avrà
dinamiche di crescita molto forti, con molti player che si muoveranno e in tale
contesto anche quello italiano avrà buoni spunti.
Negli ultimi tre mesi il mercato europeo è cresciuto del 30 % con oltre 300 mila
brani disponibili legalmente. Sono oltre 30 le piattaforme legali disponibili
nei vari Paesi membri. Ci sono brani disponibili di major e di case indipendenti
tra le più note al mondo e ogni giorno vengono aggiunti nuovi titoli. Per non
parlare di altri business model come il webcasting per il quale l'industria
discografica ha lanciato di recente una licenza unica valida per tutti gli Stati
firmatari. Significa semplificare la vita a molti webcaster che non si
troveranno a dover negoziare con ogni singola casa discografica e per ogni
Paese.
PI: Avete già determinato una tempistica per
questa campagna contro l'uso illegale del P2P in Italia? Quando partiranno le
prime denunce?
EM: Siamo ad un stadio sufficientemente
avanzato per poter vedere i risultati a breve.
PI: È l'inizio della fine per le piattaforme
peer-to-peer "prima maniera"?
EM: Circola anche roba ben peggiore della
musica pirata sul P2P. Forse sarebbe l'ora di riflettere, tutti insieme,
compresi ISP e società di telecomunicazioni, su sistemi di filtraggio del
materiale illecito, che consentano di sfruttare la tecnologia peer-to-peer
legalmente, favorendone lo sviluppo come canale di distribuzione.
Intervista a cura di Paolo De Andreis
Articolo tratto da Punto Informatico,
www.punto-informatico.it
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